Teksti-TV 666 – Aidattu tulevaisuus

Il disco è frutto di una rara ispirazione, nel senso che questi ragazzi sono un amalgama difficilmente ripetibile: la loro musica genera un terremoto di meraviglia, con tanti generi che si fondono con l’obiettivo comune di portare l’ascoltatore in un altro luogo.

I finlandesi Teksti-TV 666 sono uno dei gruppi più interessanti e validi del panorama mondiale, e dovete sentirli per crederci.

Non fanno un genere ben preciso, a meno che non si trovi un nome per lo shoegaze che si fonde con il punk ed il garage, o per la psichedelia che diventa hardcore. Tutto ciò lo si era già sentito nel loro magnifico debutto del 2016, che li ha poi portati in giro con i Kvertelak, un altro gruppo eccellente e dalla difficile classificazione, e qui nella seconda opera raggiungono un livello ancora maggiore, se possibile. Questo disco non è un lp né un ep, ma un qualcosa che è atterrato sul nostro pianeta e che è un oggetto musicale non identificato. Dentro possiamo trovarci di tutto, dallo shoegaze pesante al surf che si dilata in un trip di dieci minuti, alla new wave che entra in territori nuovi ed inesplorati, il tutto distorto e suonato in una maniera inedita. I Teksti-TV 666 riescono a portare le contraddizioni in musica, ed in maniera assolutamente felice. Il disco è davvero difficile da descrivere, perché genera sensazioni molto forti che ognuno interpreterà in maniera diversa, ed è frutto di una rara ispirazione, nel senso che questi ragazzi sono un amalgama difficilmente ripetibile: la loro musica genera un terremoto di meraviglia, con tanti generi che si fondono con l’obiettivo comune di portare l’ascoltatore in un altro luogo. Non bisogna pensare tanto, ma lasciarsi trasportare da questo disco lasciandolo scorrere e, come un’esperienza sciamanica, lui verrà da voi e vi condurrà dove vorrà.

Tracklist
1 Turbo-Mondeo
2 Aidattu tulevaisuus
3 Rauhankone
4 Serverny
5 Katko

TEKSTI TV 666 – Facebook

Sir Reg – The Underdogs

Esperienza, ritmo e talento per la melodia rendono questo disco una delle migliori cose che potrete sentire negli ultimi tempi in ambito celtic punk.

Gruppo di celtic punk molto melodico e ben composto, i Sir Reg vengono dalla Svezia ad esclusione del cantante arriva invece viene dalla verde Irlanda.

The Underdogs è il loro quinto album, ed è assai godibile, molto ballabile e vi darà molte gioie. Il celtic punk è un genere internazionale e molto amato che ha uno zoccolo molto fedele di fans, e i Sir Reg sono fra i migliori interpreti di questo suono. Il disco è strutturato principalmente sulla melodia, che traspare in molti modi, sia con dalle chitarre mai eccessive, o dai momenti migliori che sono quelli con gli strumenti tradizionali irlandesi in primo piano. Certamente ci sono molti gruppi simili in giro, e forse il genere è quasi inflazionato, ma questi svedesi danno nuova linfa al tutto facendo quello che dovrebbe essere un disco di celtic folk punk: divertente, malinconico e da ascoltare mentre si beve al pub, ridendo e ricordando le cose belle e quelle brutte. Sicuramente la voce irlandese di Brendan Sheehy regala una marcia in più, ma non è solo quello il motivo, perché il gruppo funziona molto bene e ha radici punk ben salde che escono molto spesso, contribuendo in maniera importante a costruire l’identità del gruppo. Bisogna lasciarsi trasportare dalla forza di questa band che è in giro dal 2009 e che ha suonato con molti nomi importanti ed in diversi festival, offrendo sempre live molto infuocati. Esperienza, ritmo e talento per la melodia rendono questo disco una delle migliori cose che potrete sentire negli ultimi tempi in ambito celtic punk.

Tracklist
01.the underdogs
02.conor mcgregor
03.giving it up (the drink)
04.fool (fight of our lives)
05.cairbre
06.take me to your dealer
07.the day that you died
08.the stopover
09.stereotypical drunken feckin’ ir
10.don’t let go
11.sinner of the century

Line-up
Brendan Sheeh : vocals & acoustic guitar
Karin Ullvin : fiddle
Chris Inoue : electric guitar
Mattias Liss : drums
Filip Burgman : mandolin
Mattias Söderlund : bass

SIR REG – Facebook

Street Dogs – Stand For Something Or Die For Nothing

Stand For Something Or Die For Nothing è un disco che suona molto bene e fresco, inserendosi tra i migliori ascolti punk che si possano fare quest’anno.

Gl Street Dogs vengono da Boston ed incarnano molto bene ciò che significa il punk rock nella loro città.

Attivi dall’ormai lontano 2001, i nostri sono ormai dei veterani della scena, e questa esperienza si sente tutta nella loro ultima prova. Il suono è un energico concentrato di punk rock dalle forti influenze inglesi ed oi, nato nella stessa fertile atmosfera dei concittadini Dropkick Murphys. Il disco è un buon compromesso tra melodia e velocità, il tutto con cori che porteranno molta gente a volare giù dal palco e ad alzare il dito in aria cantando a squarciagola. Punk rock come questo è un qualcosa che non stancherà mai, ma che, anzi, porterà sempre nuove leve ad appassionarsi a questa musica. Gli Street Dogs sono uno di quei gruppi che viaggia e suda per conquistarsi ciò che ha, e non a caso la loro reputazione nella scena è ottima. Il disco è un bel manuale di come si possa fare punk rock orientato al passato con passione, bravura e tante melodie che ti entrano nel cuore. La musica degli Street Dogs è fatta dalla classe operaia per il divertimento della classe operaia, ma non è assolutamente musica disimpegnata. Certamente il loro punk rock è molto americano e nella fattispecie bostoniano, veloce e da cantare a squarciagola, e con quel gran cuore che contraddistingue i gruppi che vengono da quelle parti. Inoltre Stand For Something Or Die For Nothing è un disco che suona molto bene e fresco, inserendosi tra i migliori ascolti punk che si possano fare quest’anno.

Tracklist
1. Stand For Something Or Die For Nothing
2. Other Ones
3. The Comeback Zone
4. Angels Calling (feat. Slain)
5. These Ain’t The Old Days
6. Working Class Heroes
7. Lest We Forget
8. The Round Up
9. Mary On Believer Street
10. Never Above You, Never Below You
11. Torn And Frayed

Line-up
Mike McColgan – Lead Vocals
Johnny Rioux – Bass
Matt Pruitt – Guitar
Lenny Lashley – Guitar
Pete Sosa – Drums

STREET DOGS – Facebook

Nofu – Interruzione

I Nofu con i loro magnifici testi e l’hardcore punk vecchia scuola sono una bellezza da sentire e da vivere, perché potrebbero darvi il codice sorgente per hackerare la nostra vita.

I Nofu sono uno uno dei migliori gruppi hardcore punk con tocchi metal italiani di sempre.

Interruzione è il loro disco più recente del 2017, uscito in free download e in forma fisica sempre attraverso il contributo di diverse etichette, con il metodo della cospirazione do it yourself, che è un vaffanculo al capitalismo musicale, essendo una produzione dal basso. I Nofu con i loro magnifici testi e l’hardcore punk vecchia scuola sono una bellezza da sentire e da vivere, perché potrebbero darvi il codice sorgente per hackerare la nostra vita. Il loro suono deve molto ai Negazione, da quel maledetto giorno quando li ascolto o li nomino il pensiero va sempre a Marco Mathieu in coma da mesi, e a quella fantastica scuola italiana, anche se qui c’è un prepotente tocco di hardcore americano. I Nofu riescono a fondere molto bene testi forti e musica veloce, ed è uno dei modi più validi di fare politica, ovvero quella cosa che cambia la vita in meglio, o che dovrebbe farlo. Ascoltando il gruppo romano si entra in un mondo senza filtri e soprattutto liberato dal leviatano capitalista, analizzando le nostre vite e i nostri rapporti con gli altri, non dando risposte ma scatenando dubbi. Un testo come Interruzione Pt. 2, la traccia che chiude il disco, è un qualcosa di pazzesco e di molto indicativo su cosa sia diventata la musica alternativa, perché i Nofu non sono la vetrina, ma il sasso che la spacca. Inoltre i Nofu possiedono una tecnica invidiabile e molto forte, che non va nella direzione dell’onanismo musicale, ma che è sempre al servizio della musica. Un disco forte e che ti entra dentro, come facevano e come faranno sempre i dischi suonati con il cuore e per la tua gente.

Tracklist
1.L’odio e le risa
2.Noi
3.Cenere
4.Disposto soggetto
5.Interruzione
6.Fragile Incompiutezza
7.Instabile (feat Giovanni Confusione/Flic dans la tete)
8.Spettri
9.In proprio
10.Interruzione pt.2

NOFU – Facebook

Settle Your Scores – Better Luck Tomorrow

Dischi come questo sono sempre più difficili da sentire, perché nel pop punk la tentazione di rendere il tutto molto mieloso è sempre presente, invece qui le chitarre viaggiano veloci e la batteria mena, e non sbagliano un ritornello.

I Settle Your Scores sono i diretti discendenti della scuola americana del pop punk veloce che prende qualcosa dal melodic hardcore.

Nati nel 2014, hanno debuttato nel 2016 con il disco The Wilderness, e si sono posti all’attenzione prima della scena del Midwest, poi di quella nazionale e non solo. E non potrebbe essere altrimenti ascoltando questo Better Luck Tomorrow, un disco di pop punk veloce, calibrato e dalle grandi melodie, che non manca di cattiveria quando serve, facendone un prodotto notevole. Una delle peculiarità maggiori del gruppo è il cambiare repentinamente e molto bene la velocità ed il tono della canzone, per arrivare ad un ritornello che ti rimane stampato in testa per molto tempo. I Settle Your Scores sono figli delle grandi suburbie americane, che tanto hanno dato alla musica negli anni, quando la noia regna, chi vuole fare qualcosa suona e spesso il risultato è ottimo come in questo caso. La band regala divertimento, velocità e tante melodie, con stile ed intelligenza, inserendosi in una certa tradizione, ma aggiungendo qualcosa di nuovo che rende più saporito il tutto. Ogni canzone è un potenziale singolo e Better Luck Tomorrow  è uno dei migliori album di pop punk che potrete sentire negli ultimi anni. Dischi come questo sono sempre più difficili da incontrare, perché nel pop punk la tentazione di rendere il tutto molto mieloso è sempre presente, invece qui le chitarre viaggiano veloci, la batteria mena e non c’è un ritornello sbagliato.

Tracklist
1. On the Count of Three
2. Zero Hour
3. Growing Pains – Throwing Blame
4. Dead Man Stalking
5. Keep Your Chin Up and Your Expectations Down
6. Stuck in the Suburbs
7. Rise Fall
8. Off / On
9. No Ragrets
10. Your Teeth vs. the Pavement
11. Valar Morghulis
12. My Reason to Come Back Home

Line-up
Christian Fisher – vocals
Ricky Uhlenbrock -guitar/vocals
Patrick Bryant – guitar
Jeffrey Borer – bass
Caleb Smith – drums

SETTLE YOUR SCORES – Facebook

Madball – For The Cause

Dopo tanti anni, dischi, guai e storie di fratellanza, i Madball con For The Cause producono uno dei dischi migliori della loro discografia.

Tornano i detentori a vita della cintura di campioni di New York hardcore, i Madball, nati come progetto parallelo degli Agnostic Front (il cantante Freddy Cricien è il fratello minore di Roger Miret) nella seconda metà degli anni ottanta, in un periodo di gran fermento per la scena newyorchese.

Dopo tanti anni, dischi, guai e storie di fratellanza, i Madball con For The Cause producono uno dei dischi migliori della loro discografia. Chiunque li ami sa cosa aspettarsi, ma è proprio ciò che si vuole da loro, musica veloce, hardcore da cantare sudati ed abbracciati sotto ad un palco. In nuce nel loro suono è sempre stato presente il seme di altri generi, come l’hip hop, infatti l’hardcore newyorchese è stato fondamentale in ciò, con i Biohazard migliore esempio di questo ibrido sonoro. Come il titolo di una canzone di questo disco, i Madball sono Old Fashioned, vecchia scuola che però parla e dialoga con i giovani, e questo disco suona davvero fresco e veloce. Da qualche anno i Madball stanno vivendo una seconda giovinezza, sono sempre più amati e For The Cause è la testimonianza sonora di questo momento di grazia. Per chi pensa che l’hardcore sia solo violenza, si vada a vedere un concerto dei Madball o senta questo disco, ci sono più valori che in tanti proclami o pose. Certamente gli anni passano e nessuno, né loro né noi, ha più vent’anni ma se l’età fa fare dischi così, i Madball saranno ancora lì nei prossimi venti anni. Hardcore, amicizia, birra e la strada, i Madball hanno un’identità ben definita, newyorchesi ed ispanici, hardcore con venature oi e rap. Es Tu Vida è il pezzo in castigliano che rende omaggio alle loro radici e fa pensare che un disco in questa lingua sarebbe bellissimo.
Per la causa i Madball ci sono sempre.

Tracklist
1. Smile Now Pay Later
2. Rev Up
3. Freight Train
4. Tempest
5. Old Fashioned
6. Evil Ways feat. Ice T
7. Lone Wolf
8. Damaged Goods
9. The Fog feat. Tim Timebomb
10. Es Tu Vida
11. For You
12. For The Cause
13. Confessions

Line-up
Freddy Cricien: Vocals
Hoya Roc: Bass
Mike Justian: Drums

MADBALL – Facebook

The Damned – Evil Spirits

Evil Spirits è comunque una buona prova per un gruppo che difficilmente sbaglia disco, anche se i vecchi Damned erano tutt’altra cosa.

Nuovo capitolo di una delle carriere più lunghe e tenaci della storia del punk rock.

Secondo molti i The Damned furono i primi a pubblicare un singolo ed un disco punk rock nonché i primi ad andare in tour negli States. Come si può facilmente intuire la questione è più complicata, ma questa non è la sede adatta per dirimerla. I The Damned sono stati invece sicuramente il primo gruppo punk rock ad introdurre forti elementi gothic nella loro opera. Evil Spirits è la loro prima apparizione su disco dal 2008, quando pubblicarono So, Who’ S Paranoid, e ha visto la luce grazie alla raccolta fondi dei fans: si tratta di un lavoro pop gothic, molto inglese nella sua essenza, ovvero con melodie e atmosfere quasi alla Smiths e con il cantato di Vanian che è, come sempre, una delle cose migliori dei Damned. Il confronto con i dischi passati è impossibile da fare, perché i Damned prima erano un’altra cosa, e comunque anche questo disco è qualitativamente buono. Un po’ come per l’ultimo disco dei The Adicts, i suoni fin troppo curati e i volumi contenuti non riescono a rendere quella magia degli anni passati, anche se l’intelaiatura è presente. Il disco è scorrevole, l’organo di Monty Oxymoron fa un grandissimo lavoro, anzi è forse l’attore protagonista, però si sente che i The Damned portano a casa il risultato perché sono un gruppo che ha molto talento e mestiere, che contrappongono alla mancanza di idee. E allora si buttano sulla melodia, che certamente non è mai mancata, e grazie a questa si salvano. Ci sono canzoni migliori delle altre, e forse se la durata media delle stesse fosse minore il discorso sarebbe più compatto. Evil Spirits è comunque una buona prova, per un gruppo che difficilmente sbaglia disco, anche se, come detto,  i vecchi Damned erano tutt’altra cosa.

Tracklist
01. Standing On The Edge Of Tomorrow
02. Devil In Disguise
03. We’re So Nice
04. Look Left
05. Evil Spirits
06. Shadow Evocation
07. Sonar Deceit
08. Procrastination
09. Daily Liar
10. I Don’t Care

Line-up
David Vanian – Vocals
Captain Sensible – Guitar
Monty Oxy Moron – Keyboard
Pinch – Drums
Paul Gray – Bass

THE DAMNED – Facerbook

Death Alley – Superbia

La varietà del songwriting potrebbe far storcere il naso a più di un ascoltatore, ma passate le prime burrasche motorheadiane che portano nuvoloni color cremisi, il sound dei Death Alley si apre all’ascoltatore come un libro aperto e sfogliato dalla rude carezza del vento.

La scena rock/metal olandese, spesso dimenticata a favore di quelle statunitensi e nord europee, ma altrettanto importante, ha sempre regalato gruppi e realtà di un certo spessore specialmente in generi come il metal estremo.

Si osa e molto nei Paesi Bassi parlando di musica, una libertà di espressione che ha portato alla nascita di band originali o comunque coraggiose nel proporre la loro idee di musica rock.
I Death Alley sono una di queste: attivi da circa sei anni e con una discografia che vede, oltre ad una manciata di lavori minori, un album licenziato nel 2015 dal titolo Black Magic Boogieland e la firma con la Century Media, tornano sul mercato con Superbia, lavoro che nel suo essere assolutamente vintage brilla per personalità, con quel tocco di insana originalità che contribuisce ad una innata follia artistica.
D’altronde non è così semplice inglobare in un sound che all’apparenza risulta scarno, poco lavorato e dal mood rituale e fumoso, schegge punk rock, jam psichedeliche e mood progressivo facendone un piccolo scrigno di musica old school ma ben salda nel presente musicale, in questo inizio di millennio.
La band, guidata dal chitarrista Oeds Beydals, ci consegna un album che senza alcuna riverenza amalgama King Crimson e Motorhead, The Stooges e Hawkwind, Mc5 e primi Pink Floyd, passando da brani diretti e garage punk come The Chain o Shake The Coil, a lunghe jam progressive/psichedeliche come l’opener Daemon, Feeding The Lions o la conclusiva The Sewage.
Ovviamente al primo ascolto la varietà del songwriting potrebbe far storcere il naso a più di un ascoltatore, ma passate le prime burrasche motorheadiane che portano nuvoloni color cremisi, il sound dei Death Alley si apre all’ascoltatore come un libro aperto e sfogliato dalla rude carezza del vento.
Abituati ormai da alcuni anni al ritorno di sonorità che credevamo ormai esclusiva di rocker nostalgici, Superbia non può che diventare un punto fermo degli ascolti dei giovani amanti del rock di scuola 60’/70′, mentre la curiosità per dove andrà a parare il sound del gruppo olandese è pari alla sua imprevedibilità.

Tracklist
01. Daemon
02. The Chain
03. Feeding The Lions
04. Headlights In The Dark
05. Shake The Coil
06. Murder Your Dreams
07. Pilgrim
08. The Sewage

Line-up
Douwe Truijens – Lead Vocals
Oeds Beydals – Guitars, Backing Vocals
Sander Bus – Bass
Uno Bruiniusson – Drums

DEATH ALLEY – Facebook

Super Trutux – Trilogia dell’Halibut

Usando l’hardcore melodico i Super Trutux ci portano in profondità dentro i gangli che hanno causato la degenerazione nostra e della società, e ci rendono partecipi del nostro dolore.

La Trilogia dell’Halibut è una raccolta che ri-aggrega in una unica opera i tre video-album Halibut Sociale, Halibut Ambientale e Halibut Individuale, realizzati dai Super Trutux nel periodo tra il 2010 e il 2017.

L’ intenzione dei Super Trutux è quella di concepire un’opera totale, con musica e video che vanno di pari passo dall’atto creativo a quello dell’esposizione. I tre dischi si possono gustare ora nella loro interezza e di seguito, e lo sguardo d’insieme accresce il valore dell’opera. I tre video album formano un corpus unico, un’opera unica nel suo genere ed ambiziosamente proletaria, nel senso che rappresentano un lavoro dal basso che illustra magistralmente meccanismi che regolano le nostre vite e che ci schiacciano ogni giorno. Usando l’hardcore melodico i Super Trutux ci portano in profondità dentro i gangli che hanno causato la degenerazione nostra e della società, e ci rendono partecipi del nostro dolore. La musica potrebbe essere addirittura definita come hardcore melodico progressivo, che mette nella giusta tensione psicologica per andare avanti in questo abisso. Il primo dei tre dischi, Halibut Sociale, descrive come funziona l’economia nel nostro mondo, e qui ci sono i prodromi della distruzione, che è come un circolo vizioso, perché per vivere perpetriamo un capitalismo davvero inumano, che porta poi al secondo disco della serie. Il secondo episodio è l’Halibut Ambientale, seconda tappa della nostra degenerazione, e parla sia dell’abbrutimento ambientale, sia dell’ambiente sociale, che dell’ambiente dentro e fuori da noi. Come nel primo disco la voce narrante, che è giustamente inquietante ed incalzante, ci porta per il labirinto. Il tutto è davvero ben calibrato e con ottimi risvolti, induce a pensare, e pensare fa sempre bene. Arriviamo quindi al terzo ed ultimo atto dell’opera, l’Halibut Individuale. Quest’ultimo è il risultato degli altri due Halibut, ovvero una psicosi generata da una continua esposizione ad un ambiente negativo, che frammenta l’anima e l’essere umano, e lo porta a fratturasi dentro. La Trilogia dell’Halibut è qualcosa di unico, sia per la profondità, sia come riuscita. Non è solo un disco, non è solo un video, è molto altro e va oltre. Si entra nei nervi della società nella quale sopravviviamo e nemmeno sempre. Un disco che spiega più di molti libri la nostra vita, inevitabilmente persa nell’halibut.

Tracklist
01 – Halibut della società del malessere
02 – La società del malessere
03 – Halibut della tecnologia
04 – La tecnologia
05 – Halibut di Adam Smith
06 – Adam Smith
07 – Halibut del monetarismo
08 – Monetarismo
09 – Halibut della fiducia, dell’etica e del decoro
10 – Fiducia, etica e decoro
11 – Halibut della carenza e della scarsità
12 – Carenza e scarsità
13 – Halibut dell’utopia del benessere sociale
14 – Utopia del benessere sociale
15 – Il cerchio aperto
16 – Gli stimoli ambientali devianti
17 – Una idea molto fuorviante
18 – Buddha
19 – L’inverno della fame olandese
20 – La predisposizione
21 – La teoria della fase zero
22 – Il ricordo del proprio passato
23 – Le conseguenze negative dell’ambiente
24 – La metamorfosi
25 – Il cerchio chiuso
26 – L’orlo del precipizio
27 – L’inizio delle emicranie
28 – Il sovraccarico mentale
29 – Il caos nel cervello
30 – Il graduale spegnimento interiore
31 – Il conflitto con l’io
32 – L’insonnia
33 – Il disagio
34 – I tentativi di guarigione
35 – Il fallimento dei tentativi di guarigione
36 – La voce nella testa
37 – L’ossessione
38 – La resa

Line-up
Bennetts: Batteria
Drino: Basso
Folsi: Chitarra

SUPER TRUTUX – Facebook

Burn The Priest – Legion: XX

Legion: XX non è assolutamente un’operazione dettata dalla sete di soldi, ma è un tentativo riuscitissimo di dare una nuova accezione ad un suono che non è mai morto e che scorre sempre sotterraneo.

Album devastante di cover da parte dei Burn The Priest, ovvero i Lamb Of God con il loro primo nome scelto quando si formarono nel lontano inverno del 1994, quattro anni dopo che si erano conosciuti, escluso il cantante Randy Blithe, alla Virginia Commonwealth University.

In seguito assumeranno il monicker di Lamb Of God, facendo la storia del metal. Qui i nostri vanno alle radici del loro suono, mostrandoci le passioni musicali e la bravura nell’interpretarle, spaziando dal groove metal all’hardcore, arricchendo e rendendo migliore, ed in alcuni casi non era affatto facile, le canzoni che hanno scelto. Ad esempio un pezzo che rende benissimo l’intento del disco è Kerosene dei Big Black, che anche grazie al video di Zev Deans è un po’ il manifesto dell’intera operazione. Il video si ispira al film punk Suburbia ed è la perfetta descrizione di cosa voglia dire vivere nei sobborghi e nella provincia, solo che a sentire certa musica poi ti escono i Burn The Priest e, quindi i Lamb Of God, che non è affatto un brutto risultato. Il disco che ci propongono i Burn The Priest è molto bello e farà la gioia di quei non pochi a cui manca quel suono tra hardcore, noise e metal che tante gioie aveva regalato negli anni novanta e duemila, ma non disperate, qui ne avrete a piene mani. Ovviamente il talento e la caratura superiore dei Burn The Priest fanno la differenza e le cover acquistano vita propria, basti pensare al primo pezzo, Inherit The Earth degli Accused, qui in una versione killer, o a One Voice degli Agnostic Front ancora più veloce cattiva ed incazzata. Album come questo appaiono ogni tanto nel mare standard della musica attuale, e sono calci e pugni. Legion: XX non è assolutamente un’operazione dettata dalla sete di soldi, ma è un tentativo riuscitissimo di dare una nuova accezione ad un suono che non è mai morto e che scorre sempre sotterraneo. E questo disco conferma che gruppo immenso siano i Lamb Of God, incredibili ad ogni latitudine. Se comprate il vinile, la bonus track è In The Meantime degli Helmet, e non dico altro. I Lamb Of God saranno in tour con gli Slayer nel loro giro di addio, con altri gruppi, tanto per completare il massacro.

Tracklist
01. Inherit The Earth (originally performed by THE ACCUSED)
02. Honey Bucket (originally performed by MELVINS)
03. Kerosene (originally performed by BIG BLACK)
04. Kill Yourself (originally performed by S.O.D.)
05. I Against I (originally performed by BAD BRAINS)
06. Axis Rot (originally performed by SLIANG LAOS)
07. Jesus Built My Hotrod (originally performed by MINISTRY)
08. One Voice (originally performed by AGNOSTIC FRONT)
09. Dine Alone (originally performed by QUICKSAND)
10. We Gotta Know (originally performed by CRO-MAGS)
Bonus Track (LP only!):
11. In The Meantime (originally performed by HELMET)

BURN THE PRIEST – Facebook

Deny – Parasite Paradise

I gruppi come i Deny sono fieramente underground e non fanno certamente musica per fare soldi, ma sono anzi delle persone che vogliono comunicare qualcosa, per cui se sono tornati è perché hanno qualcosa da dire.

Primo disco dal duemila per questi protagonisti dalle scena svedese crust hardcore punk dal 1995 al 2000.

I Deny tornano con un ep di otto canzoni molto veloci e potenti, ben bilanciate fra il crust e l’hardcore. Il loro stile risente molto della vecchia scuola scandinava di quei generi, ma non c’è solo questo. I Deny con Parasite Paradise fanno capire perché all’epoca erano uno dei gruppi più interessanti. In queste otto tracce non troverete momenti stanchi o pesanti, ma solo cavalcate della giusta lunghezza, composte in maniera da poter esprimere la massima potenza anche dal vivo. Parasite Paradise è inoltre un nuovo inizio per loro, dato che sarà solo uno dei nuovi lavori che pubblicheranno nel 2018, e la loro etichetta Cramada ristamperà inoltre per via digitale il vecchio materiale, che è davvero molto valido. Il ritorno del gruppo svedese conferma una tendenza che fortunatamente era già nell’aria da tempo, ovvero l’aumentare di gruppi nuovi o il ritorno dei vecchi nella scena crust hardcore, che ultimamente non aveva vissuto anni brillanti, mentre invece ora sta vedendo di nuovo la luce. I gruppi come i Deny sono fieramente underground e non fanno certamente musica per fare soldi, ma sono anzi delle persone che vogliono comunicare qualcosa, per cui se sono tornati è perché hanno qualcosa da dire.
Aumenta la crisi, aumenta il crust.

04TRACKLIST
1. Inbred Insanity
2. Make It Great
3. Bring Me Down
4. Victims
5. Resisting Hard
6. Denied
7. What I Deserve
8. You Feed My Hate

LINE-UP
Bjuren – Vocals
Tobbe – Guitar
Jonsson – Guitar
Martin – Bass
Arvid – Drums

DENY – Facebook

Pennywise – Never Gonna Die

I Pennywise sono uno dei gruppi migliori del punk rock, o hardcore melodico qual dir si voglia, e come altre band di una certa età regalano una prova impeccabile e molto ben bilanciata, sicuramente una delle grandi uscite di questi ultimi tempi nel genere.

Venticinquesimo disco nella lunga carriera dei californiani Pennywise e non si vede ancora la fine per questa band, ormai leggendaria.

Never Gonna Die è una chiara dichiarazione di intenti fin dal titolo, ed è un disco potente e che contiene tutto il talento ed il mestiere del gruppo, che riporta sempre sui solchi la carica e la cattiveria che ha dal vivo. Il disco mostra anche lati musicali dei Pennywise che sono meno noti, come una maggiore complessità delle canzoni, e la capacità di cambiare registro musicale più volte all’interno della stessa canzone. Il suono è quello classico dei Pennywise, ma testimonia la loro bravura e soprattutto la loro capacità di fare dischi diversi al contrario di come dicono molti. I Pennywise sono uno dei gruppi migliori del punk rock, o hardcore melodico qual dir si voglia, e come altre band di una certa età regalano una prova impeccabile e molto ben bilanciata, sicuramente una delle grandi uscite di questi ultimi tempi nel genere. Never Gonna Die è pieno di ottime canzoni, possiede uno grande spirito e ha dentro ancora tantissima rabbia. Oltre al desiderio di suonare e di girare per il mondo i Pennywise hanno ancora tantissima rabbia dentro, che è il loro motore primo e lo si può sentire molto bene: le canzoni sono rabbiose anche perché più passano gli anni e più il livello della merda sale. Il gruppo della sud California rappresenta una bella porzione di americani incazzati, che non ci stanno a subire le cose che stanno succedendo, perché l’America non è soltanto la Bible Belt o New York. Molte sono le citazioni dai dischi precedenti dei Pennywise sulla bella copertina. Un viaggio che si preannuncia ancora molto lungo e seminatore di rabbia.

Tracklist
1. Never Gonna Die
2. American Lies
3. Keep Moving On
4. Live While You Can
5. We Set Fire
6. She Said
7. Can’t Be Ignored
8. Goodbye Bad Times
9. Can I Get A Little Hope
10. Won_t Give Up the Fight
11. Can_t Save You Now
12. All The Ways U Can Die
13. Listen
14. Something New

Line-up
Jim Lindberg – vocals
Fletcher Dragge – guitars
Randy Bradbury – bass
Byron McMackin – drums

PENNYWISE – Facebook

Methedrine – Built For Speed

Built For Speed è composto da quattro brani sparati in faccia tra attitudine hardcore e stile motorheadiano, per un sound che, se trova ovviamente le sue radici negli anni ottanta, non manca di dire la sua anche di questi tempi.

I Methedrine (monicker che ricorda una delle sostanze preferite da Lemmy e Johnny Cash) sono la nuova band di vecchie volpi della scena punk/hardcore tricolore (Lou e Bone, attivi dai primi anni ottanta con gli Upset Noise e Mark dei Tytus).

Built For Speed è il loro debutto,quattro brani sparati in faccia tra attitudine hardcore e stile motorheadiano, per un sound che, se trova ovviamente le sue radici negli anni ottanta, non manca di dire la sua anche di questi tempi.
Raggiunti da Trampax alla sei corde e Chainsaw al basso, la band ci travolge, diretta e maleducata come se il tempo si fosse fermato; carichi come sveglie attaccate a letali candelotti di dinamite, iMethedrine partono con la quinta inserita e non si fermano più, sconvolgenti nelle ritmiche indiavolate, urgenti e devastanti nelle ripartenze dal piglio che tanto sa di rock’n’roll di YouPorn Generation e War Machine.
Nove minuti, d’altronde il genere concede tanto in pochissimo tempo, di puro ed elettrizzante punk/hardcore/metal tripallico e distruttivo come un ordigno in un negozio di cristalli.

Tracklist
1.YouPorn Generation
2.Alpha Loser
3.Dirty Harry
4.War Machine

Line-up
Lou – Vocals
Trampax – Guitar
Mark – Guitar
Chainsaw – Bass
Bone – Drums

METHEDRINE – Facebook

Out In Style – Broken Dreams

Una certa maniera di fare punk degli anni novanta non è passata inosservata dalle nuove generazioni, e si può ben affermare che un gruppo come gli Out In Style avrebbero fatto una gran figura anche negli anni d’oro del genere.

Pop punk di alta qualità, melodico e veloce come deve essere per questo gruppo internazionale, che è diviso fra Canada e Brasile, e hanno inciso in Italia al Titan’s Lab di Ferrara.

La qualità è molto alta, il gruppo brasiliano (chiamiamolo così per facilità ), sa benissimo dove andare e lo fa con decisione e stile riprendendo il loro nome. Le composizioni delle tracce sono in pieno stile pop punk anni novanta, per cui nessun accordo mollo o batteria quasi inesistente come usa nel pop punk moderno, qui la batteria è quasi sempre in doppia cassa, e le chitarre assieme al basso vanno a mille, e tutto il gruppo gira benissimo. Una certa maniera di fare punk degli anni novanta non è passata inosservata dalle nuove generazioni, e si può ben affermare che un gruppo come gli Out In Style avrebbero fatto una gran figura anche negli anni d’oro del genere. Broken Dreams è un disco molto bello e divertente anche quando parla di cose non piacevoli, e non sono poche in questo disco. La disillusione che porta a fare sbagli ancora maggiori, anche la bottiglia che può peggiorare il tutto, ma per gli Out In Style giustamente c’è ancora speranza. La rabbia e la voglia di divertirsi possono essere due sentimenti in contrasto che però guidano a fare cose buone. Il disco giusto per chi ama il pop punk fatto bene come lo fanno questi ragazzi da Curitiba in questo bel lavoro, che non fa gridare al miracolo ma fa cantare tutti i ritornelli e non è affatto poco.

Tracklist
1. Looking for you
2. Straight and fast
3. Dreaming
4. Ellie
5. Lucid Dream
6. Glass
7. Just before dawn
8. Dead end
9. Interlude
10. O’Brein
11. Your smile
12. Blindfolded
13. Drinking in hell
14. The great perhaps

Line-up
João Xavier : vocals/bass
Marlos Andrews : guitar
Ricardo Niemicz : drums

OUT IN STYLE – Facebook

Asino – Amore

Un sound che sposa l’attitudine punk con l’elettricità noise e i testi in italiano, per sette brani che formano un concentrato di suoni dissonanti, dall’approccio indie rock ma con la forza espressa che si avvicina al metal alternativo.

Amore è il terzo lavoro di questo duo toscano chiamato Asino e formato da Giacomo “Jah” Ferrari (voce, batteria) e Orsomaria Arrighi (voce, chitarra).

L’album chiude una trilogia iniziata nel 2012 con Crudo e proseguita con l’EP Muffa due anni dopo e che ha portato i due musicisti toscani in giro per il nostro paese ad incendiare palchi con il loro rock, molto originale, scarno ed essenziale.
Il sound sposa l’attitudine punk con l’elettricità noise e i testi in italiano, per sette brani che formano un concentrato di suoni dissonanti, dall’approccio indie rock ma con la forza espressa che si avvicina al metal alternativo: chitarra e batteria, voci che intonano testi irriverenti ed ironici, basi che si avvicinano a campionamenti industriali e rendono la proposta diretta come una serie di sette pugni allo stomaco, rock nella sua forma più grezza e sempre alla ricerca di uno spunto originale nelle atmosfere caotiche di tracce come Sentirsi Male, Offensivo o la conclusiva Trenita.
Difficile fare nomi per rendere più facile l’approccio ad Amore, forse le più indicative in tal senso sono proprio quelle delle note di presentazione dell’album: “pensate agli White Stripes senza il blues, pensate ai Tweak Bird senza lo stoner, pensate agli Zeus! senza il metal, pensate ai Lightning Bolt senza una maschera, pensate a Simon & Garfunkel senza una mano”.

Tracklist
1.Sentirsi Male
2.Enorme
3.Umberto Space Echo
4.Orsomariah Curry
5.Offensivo
6.Schiaphpho Dve
7.Trenita

Line-up
Orsomaria Arrighi – Vocals, Guitars
Giacomo Jah Ferrari – Drums

ASINO – Facebook

Napalm Death – Coded Smears And More Uncommon Slurs

I Napalm Death fermano la nostra astinenza con un doppio disco di brani inediti, pezzi apparsi in split o raccolte, e canzoni rimaste fuori dagli album che vanno da The Code Is Red…Long Live The Code del 2004 fino all’ultimo Apex Predator – Easy Meat del 2014.

I Napalm Death fermano la nostra astinenza con un doppio disco di brani inediti, pezzi apparsi in split o raccolte, e canzoni rimaste fuori dagli album che vanno da The Code Is Red…Long Live The Code del 2004 fino all’ultimo Apex Predator – Easy Meat del 2014.

In questo intervallo di tempo molte cose sono cambiate, non lo schifo che fa il mondo e la rabbia di questi signori inglesi che più passano gli anni più sono incazzati. Chi li ha visti dal vivo sa che tornado possono essere i Napalm Death, un gruppo che lascia davvero un’impronta e che ha creato in pratica un genere musicale. L’ottimo livello dei pezzi presenti in questa raccolta conferma la bontà della produzione musicale del gruppo di Birmingham che, nonostante i numerosi album della loro discografia, ha quasi sempre colpito nel segno. Per intensità e discorso musicale questa raccolta può essere intessa come un disco vero e proprio più che un momento interlocutorio, dato che qui ci sono i Napalm Death seconda versione, ovvero quelli dal suono più attuale, non più lento, ma più precisi e chirurgici, ed in pratica tutto quello che hanno fatto per la Century Media. Ci sono momenti davvero notevoli come Outconditoned, cover dei Despair comparsa sulla raccolta Covering 20 Years Of Extremes. I Napalm Death sono un gruppo estremo composto da persone intelligenti e di cuore, e questo li ha sempre fatti amare tantissimo dal pubblico, che è rimasto fedele durante gli anni, e forse questa raccolta ne è la prova maggiore, poiché il gruppo inglese lascia canzoni di ottima qualità fuori dagli album ufficiali e ciò prova la qualità del materiale. Oltre novanta minuti di Napalm Death, una match di football senza intervallo in compagnia dei nostri estremisti musicali preferiti. I tafferugli sono consentiti.

Tracklist
CD1:
1. Standardization
LP-only bonus track from ‘Utilitarian’ album sessions 2011
2. Oh So Pseudo
Bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
3. It Failed To Explode
Japan-only bonus track from ‘Utilitarian’ album sessions 2011
4. Losers
Bonus track from ‘The Code Is Red…Long Live The Code’’ album sessions 2004
5. Call That An Option?
Bonus track from ‘Smear Campaign’ album sessions 2006
6. Caste As Waste
Japan-only bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
7. We Hunt In Packs
Japan-only bonus track from ‘Time Waits For No Slave’ album sessions 2008
8. Oxygen Of Duplicity
From Melvins Split EP, recorded 2013
9. Paracide
Gepopel cover / Japan-only bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
10. Critical Gluttonous Mass
Bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
11. Aim Without An Aim
Bonus track from ‘Utilitarian’ album sessions 2011
12. An Extract (Strip It Clean)
From Split EP with Heaven Shall Burn, recorded 2014
13. Phonetics For The Stupefied
From Split EP with Voivod, recorded 2014
14. Suppressed Hunger
Bonus track from ‘Time Waits For No Slave’ album sessions 2008
15. To Go Off And Things
Cardiacs cover / From Split EP with Melvins, recorded 2013

CD2:
1. Clouds of Cancer / Victims Of Ignorance
G-ANX cover / Bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
2. What Is Past Is Prologue
Bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
3. Like Piss To A Sting
From Split EP with Melt Banana, recorded 2014
4. Where The Barren Is Fertile
From Split EP with Melt Banana, recorded 2014
5. Crash The Pose
Gauze cover / Japan-only bonus track from ‘The Code Is Red…Long Live The Code’’ album sessions 2004
6. Earthwire
Download only as DZI Foundation benefit following the 2015 Nepal earthquake, recorded 2014
7. Will By Mouth
From Split EP with Converge, recorded 2012
8. Everything In Mono
Bonus track from ‘Utilitarian’ album sessions 2011
9. Omnipresent Knife In Your Back
Bonus track from ‘Time Waits For No Slave’ album sessions 2008
10. Lifeline
Sacrilege cover / From ‘Respect Your Roots Worldwide’ compilation, recorded 2011
11. Youth Offender
B-Side from ‘Analysis Paralysis’ EP; recorded 2011
12. No Impediment To Triumph (Bhopal)
From Split EP with Converge, recorded 2012
13. Legacy Was Yesterday
From Decibel magazine Flexi EP, recorded 2010
14. Outconditioned
Despair cover / From ‘Covering 20 Years Of Extremes’ compilation, recorded 2008
15. Atheist Runt
Bonus track from ‘Smear Campaign’ album sessions 2006
16. Weltschmerz (Extended Apocalyptic Version)
Bonus track from ‘Smear Campaign’ album sessions 2006

Line-up
Mark “Barney” Greenway – Vocals
Shane Embury – Bass
Mitch Harris – Guitar, Vocals
Danny Herrera – Drums

NAPAKM DEATH – Facebook

Viboras – Eleven

I Viboras sono ancora, e forse anche più di prima, un ottimo gruppo punk rock.

Reunion per il gruppo italiano punk rock dei Viboras, che tornano dopo l’interruzione delle attività voluta nel 2010.

Nati nel 2003, mentre l’onda lunga del punk rock italiano si era trasformata in risacca, i Viboras, che hanno sempre avuto un approccio particolare alla materia, hanno prodotto fin dall’inizio un punk rock veloce e fisico, molto melodico, con punte di hardcore, il tutto assai apprezzabile. Nel 2015 tornano in pista con con un disco, e da quel momento la storia continua fino ai giorni nostri. Rispetto ai giorni gloriosi nei quali i Viboras erano sull’epica Ammonia Records molta acqua è passata sotto i ponti e tantissime cose sono mutate, specialmente nel mercato discografico. A quei tempi la cantante del gruppo Irene faceva video con J Ax e il genere era sulla bocca di tutti, mentre ora gli adepti sono sensibilmente calati, ma l’ottima notizia è che i Viboras fanno ancora ottimo punk rock. Le canzoni sono veloci, con ottime melodie, ben composte e ben prodotte, la carica ed il talento ci sono sempre e ne viene fuori un album entusiasmante, che non lascia spazio a dubbi o ripensamenti: la reunion di qualche anno fa è molto positiva e sta dando buoni frutti. Per i Viboras è inoltre molto importante la dimensione dal vivo, che completa e supera l’esperienza fonografica. Irene è in splendida forma, e con lei tutto il gruppo è oliato molto bene, anche grazie ai numerosi live che stanno facendo in giro per la penisola. I Viboras sono ancora, e forse anche più di prima, un ottimo gruppo punk rock.

Tracklist
1. Pray
2. I don’t care
3. Where were you
4. Run away
5. Leave this place
6. Drives me insane
7. Can’t breathe
8. No more
9. Jaime
10. Away from here
11. Raise

Line-up
Irene Viboras
Giò Poison
Beppe Best
Sal Viboras

VIBORAS – Facebook

The Lead – Again

La Roxx Records licenzia questi quattro brani inediti dei The Lead, punk rock band cristiana che unisce allo storico sound anni ottanta non poche ispirazioni crossover provenienti dal decennio successivo.

La label statunitense Records licenzia questi quattro brani inediti dei The Lead, punk rock band cristiana che unisce allo storico sound anni ottanta non poche ispirazioni crossover provenienti dal decennio successivo.

Il gruppo è composto da tre dei quattro membri originali (Julio Rey, Nina Llopis, Rob Christie), riunitisi dopo trent’anni da Burn This Records, album uscito nel 1989.
Con Steve Rowe, leader della storica christian metal band australiana Mortification, come ospite su Heaven Is Waiting, i The Lead danno alle stampe questo Again, tutto sommato un buon lavoro che permette di fare la conoscenza di un gruppo atipico nel panorama punk rock, sia per il concept cristiano dei brani, sia per una funzionale fusione di punk vecchia scuola e digressioni crossover/alternative.
Per chi conosce il gruppo il tempo sembra essersi fermato a trent’anni fa, con il sound di Again che percorre la strada intrapresa dall’album del 1989, con la produzione che segue l’ispirazione old school dei brani e risulta il tallone d’Achille del mini cd.
Un’operazione assolutamente underground e dedicata ai fans del gruppo americano, fortemente devoto ed assolutamente fuori da ogni esagerazione tipica del punk rock.

Tracklist
1. Dressed in a Robe (Rev. 19)
2. The World Tomorrow / Adoration
3. Every Fear Forgiven
4. Heaven is Waiting (featuring Steve Rowe of Mortification)

Line-up
Nina Llopis – Vocals, Bass
Julio Rey – Vocals, Guitar
Robbie Christie – Vocals, Drums

THE LEAD – Facebook

Satanic Surfers – Back From Hell

Back From Hell è un disco che porta direttamente al meglio dell’hardcore punk degli ultimi anni, e la conferma che la storia dei Satanic Surfers sarà ancora lunga e con molte soddisfazioni, sia loro che nostre.

In un momento in cui praticamente tutti i gruppi punk hardcore e non solo degli anni novanta si sono riformati, mancavano loro, uno dei migliori gruppi del genere, i Satanic Surfers da Lund, Svezia.

Ascoltando questo Back From Hell c’è la felicità di sentire che non hanno perso nulla della loro bravura, della loro immensa capacità di fare musica veloce e potente con una grandissima melodia, ottenendo un risultato che solo loro sanno dare. Chi si ricorda la magia di dischi come 666 Motor Inn, Going Nowhere Fast o Hero Of Our Time, sappia che i ragazzi sono ancora al loro massimo, e anzi, questo è uno dei loro dischi migliori, forse anche più di quelli usciti con la mitica etichetta svedese Burning Heart, una label che ci regalò molte gioie. Questo disco esce dopo tredici anni di silenzio discografico e non è una mera riproposizione delle glorie passate, ma un fantastico album di un gruppo che sa fare canzoni molto belle, con mille stop and go, molta melodia unita ad una grande potenza, in un connubio che ha un nome di due parole : Satanic Surfers. C’è sempre stata una particolare magia in questa band e questa ultima prova è un ulteriore passo in avanti. Come detto poc’anzi, molte riunioni sono un qualcosa di quantomeno triste, mentre questo disco è uno splendido esempio di cosa si può fare se si ha talento e voglia da vendere. Rodrigo è come sempre alla batteria ed alla voce, uno dei talenti più cristallini mai comparsi sulla scena hardcore punk mondiale, che con grande umiltà riesce sempre a regalarci grandi melodie. Back From Hell è un disco che porta direttamente al meglio dell’hardcore punk degli ultimi anni, e la conferma che la storia dei Satanic Surfers sarà ancora lunga e con molte soddisfazioni, sia loro che nostre.

Tracklist
1.The Usurper
2.Catch My Breath
3.Self-Medication
4.All Gone To Shit
5.Ain’t No Ripper
6.Madhouse
7.Going Nowhere Fast
8.Paying Tribute
9.Pato Loco
10.Back From Hell

Line-up
Rodrigo
Magnus
Andy
Stefan
Max

SATANIC SURFERS – Facebook

Totenwagen – Notte Di Guai

Tutto è originale e molto molto partenopeo: Napoli è una città ricca e dalle tantissime contraddizioni, perché è piena di vita, e la vita porta conflitto, come questo disco meravigliosamente unico.

Gli Squallor del metal, ma nemmeno del metal, sono proprio una cosa mai vista questi napoletani.

Squallor per l’attitudine assolutamente senza compromessi e libera. Come ebbe a dire la mai abbastanza famosa Susanna Messaggio, questi ragazzi sono così metal che lo fanno senza chitarre, ed è proprio vero, non hanno le chitarre. Cantano in tedesco ed in napoletano e ci portano nel loro potentissimo circo musicale e non solo. Detta così sembrerebbe un’operazione un po’ vaga, ma bisogna davvero sentire il disco per capire, tanto più che i Totenwagen lo regalano in download libero. C’è di tutto qui dentro, come una folle corsa in una notte di guai per i vicoli partenopei, ma soprattutto troviamo la musica vera, quella sentita e senza pose. Attraversando Notte di Guai si passa per tantissimi territori, davvero troppi da elencare, ma è la sintesi dei Totenwagen quella che conta. Notte di Guai potrebbe essere una storia gothic punk metal, dove il lo fi incontra la qualità intellettuale, e seguite molto bene i testi perché sono interessanti. Strane chitarre, batteria che pulsa, un basso che indica la via, organo che entra sempre benissimo ed un cantato collettivo che sale al cielo come un sol uomo. Notte di Guai è davvero un’esperienza unica sia da sentire che da vivere tout court. Tutto il disco è bellissimo, ma ci sono momenti di pura genialità come Spit And Run per dirne una, un veloce rock italiano anni 80. Ma qui tutto è originale ed unico, e molto molto partenopeo, perché Napoli è una città ricca e dalle tantissime contraddizioni, perché è piena di vita, e la vita porta conflitto, come questo disco meravigliosamente unico. Per me uno dei dischi più belli dei primi mesi del 2018.

Tracklist
1.Bestialische Friedenlust
2.Nocturno punk
3.Quando cala la notte… Allor’ si te ne fotte
4.Spit and run
5.Beschmutzer
6.Nduvosck
7.Notte di guai
8.Audacess
9.Funerale all’ italiana

TOTENWAGEN – Facebook