Teverts/El Rojo – Southern Crossroads

Southern Crossroads è uno split da non perdere per gli amanti dello stoner doom rock che vogliono approfondire la conoscenza della scena tricolore.

Questo split curato dalla Karma Conspiracy Records ci presenta due realtà psych/stoner provenienti dalle calde terre del sud Italia, Teverts ed El Rojo.

I due gruppi ci invitano ad una passeggiata nelle aride terre dove si respira l’afosa atmosfera del deserto americano che tanto ha ispirato le band storiche del genere.
I Teverts, con più di dieci anni di attività, un paio di lavori pubblicati ed una esperienza live che li ha portati a dividere il palco con nomi importanti della scena stoner/doom nazionale, ci ipnotizzano con il loro stoner rock venato di psichedelia.
Road to Awakeness ipnotizza con le sue sfumature che evidenziano una vena pinkfloydiana su un tappeto di rock duro proveniente dagli angoli più remoti della Sky Valley.
Un sound lavico, un sinuoso discendere lungo aridi crinali come micidiali serpi, questo risulta lo stoner rock dei Teverts.
Gli El Rojo arrivano dalla provincia di Cosenza, hanno pubblicato il loro debutto lo scorso anno (16 Inches Radial) e con The Longest Ride si avvicinano di più al doom classico rispetto ai loro compagni di split.
Un doom chiaramente pregno di umori stonati, potente, pachidermico, venato da ispirazioni settantiane e dalle band di casa Hellhound Records, è quello che troviamo in The Longest Ride, magnifico brano che in coppia con il precedente vanno a formare uno split da non perdere per gli amanti del genere che vogliono approfondire la conoscenza della scena tricolore.

Tracklist
01. Road to Awakeness (Teverts)
02. The Longest Ride (El Rojo)

Line-up
Teverts :
Phil – Guitars/voices
Mario – Bass
Angela – Drums

El Rojo:
Evo Borruso – Vocals
Luigi Grisolia – Guitar 2016 – 2018
Fabrizio Miceli – Guitar 2019 – now
Fabrizio Vuerre – Guitar
Pasquale Carapella – Bass
Antonio Rimolo – Drums

TEVERTS – Facebook
EL ROJO – Facebook

Even Vast – Warped Existence

Warped Existence risulta un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni doom/sludge ma non solo: la natura estremamente eterogenea di brani come I Know, Somebody o Upon Deaf Ears, costituisce una risorsa per entrare nelle corde degli ascoltatori più attenti e liberi dalle catene che imprigionano la musica nelle buie celle dei generi.

Gli Even Vast tornano dopo dodici anni dall’ultimo lavoro con una line up rinnovata ed un sound che, abbandonate le spoglie dark/gothic, si riveste di doom/sludge di matrice britannica (Cathedral, Orange Goblin): una montagna che si sgretola a colpi di riff pesantissimi, convincente in ogni passaggio, che non lascia vuoti e ci investe con tutta la sua potenza.

Luca Martello, chitarrista e fondatore del gruppo, costruisce una diga sonora su cui vanno ad infrangersi onde sludge/rock che ricordano fragori alternative, in un incontro/ scontro tra la tradizione anglosassone e quella statunitense e con la presenza qua e là di un sax che ne sottolinea l’alta personalità della proposta.
Entrare in sintonia con un lavoro del genere non è impresa facile perché la band, senza soluzione di continuità, ci investe e ci aggredisce con un bombardamento sonoro potentissimo, per poi ricamarci sopra tendenze che vanno dallo stoner al doom, dall’alternative all’hard rock, in un sorta di sabba al cui centro danzano Danzig, Life Of Agony e Kyuss, mentre Lee Dorrian è il sacerdote folle che lo officia.
Warped Existence risulta un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni doom/sludge ma non solo: la natura estremamente eterogenea di brani come I Know, Somebody o Upon Deaf Ears, costituisce una risorsa per entrare nelle corde degli ascoltatori più attenti e liberi dalle catene che imprigionano la musica nelle buie celle dei generi.

Tracklist
1.Warped Existence
2.I Know
3.Imaginary Friend
4.I Wish
5 Somebody
6.How Long
7.Same Old Story
8.Inside Your Head
9.Upon Deaf Ears
10.Be There

Line-up
Luca Martello – guitars
Chris Taylor – lead vocals
Nicholas Mark Roe – drums
Steve Kilpatrick – bass
Alessandro D’Arcangeli – sax/chorus

EVEN VAST – Facebook

Planet Of Zeus – Live In Athens

Live In Athens è un ottimo supporto per fare la conoscenza dei Planet Of Zeus o comunque per per saggiarne le potenzialità on stage.

Dopo dieci anni dall’uscita del debutto Eleven The Hard Way, i greci Planet Of Zeus immortalano una loro perfomance su dischetto ottico.

Trattasi del concerto tenutosi al Gagarin205 di Atene lo scorso 12 maggio, raccolto in un doppio cd a riassumere la fin qui una onorata carriera di un gruppo molto popolare nel proprio paese.
Per chi non conoscesse la band ed il suo sound, questo è un ottimo modo per riempire la lacuna data l’ottima resa live dei brani pescati dai vari lavori che hanno visto i Planet Of Zeus alle prese con un metal moderno dai rimandi stoner.
Ruvida il giusto senza perdere quall’appeal melodico che fa la differenza, la band ellenica dà vita ad un buon concerto, molto seguito dal pubblico di casa, sciorinando una forma invidiabile e diciotto brani per cento minuti di musica rock dal buon piglio, battente bandiera a stelle e strisce e quindi rivolta ai fans dei nomi più noti provenienti dal deserto americano.
I Planet Of Zeus non inventano nulla, suonano metal/rock, pesante e melodico e lo fanno alla grande, coinvolgendo gli astanti con le pesanti scariche stoner di brani come Macho Libre, A Girl Named Greed, Devil Calls My Name, Leftlovers e i due brani che concludono lo show, la massiccia The Beast Within e il rock’n’roll di Vigilante.
La band gira come una macchina perfettamente oliata, il pubblico si diverte e il live man mano che passano i minuti prende sempre più le sembianze dell’evento, almeno per chi sta sopra e sotto il palco.
Live In Athens è un ottimo supporto per fare la conoscenza dei Planet Of Zeus o comunque per per saggiarne le potenzialità on stage.

Tracklist
CD1 :
1.Unicorn without a horn
2.Macho Libre
3.Doteru
4.The Great Dandolos
5.A Girl Named Greed
6.Loyal To The Pack
7.Devil Calls My Name
8.Something’s Wrong
9.Them Nights
10.Your Love Makes Me Wanna Hurt Myself
11.Little Deceiver
CD2 :
12.Stab Me
13.No Tomorrow
14.Leftovers
15.Woke Up Dead (William H. Bonney)
16.Vanity Suit
17.The Beast Within
18.Vigilante

Line-up
Serafeim “Syke” Giannakopoulos – Drums, backing vocals
Babis “Bizen” Papanikolaou – Vocals, guitar
Stelios “Yog” Provis – Guitar, backing vocals
Giannis “JV” Vrazos – Bass

PLANET OF ZEUS – Facebook

Electric Mary – Mother

Rusty è un cantante eccezionale e trascina tutto il gruppo, musicisti rock di livello superiore che fanno storia a sé, ed infatti il disco bissa e supera la già alta qualità di III, il disco precedente.

In Australia hanno un tocco particolare per il rock in tutte le sue forme, ma in particolare per quelle più ruvide e vicine allo spirito del blues.

Gli Electric Mary sono appunto australiani e fanno un ottimo hard rock, molto bene suonato e dominato dalla bellissima voce di Rusty, fondatore del gruppo nel 2003. Da una sua particolare visione musicale nasce questa band che con Mother arriva al quarto album, con un seguito sempre maggiore in tutto il mondo. La gente che ama il gruppo oceaniano troverà in Mother un approdo sicuro, un hard rock di alta qualità che vive di momenti diversi, alcuni quasi stoner, altri molto blues, che è poi un po’ la cifra stilistica che lega il tutto. Il suono è ciò che fa smuovere i cuori di molti amanti dell’accezione più ruvida del rock, dove la strada diventa bollente e ci fa muovere gli stivali. Rusty è un cantante eccezionale e trascina tutto il gruppo, musicisti rock di livello superiore che fanno storia a sé, ed infatti il disco bissa e supera la già alta qualità di III, il disco precedente. C’è un qualcosa di sensuale e di fisico nelle note di Mother, un richiamo alla nostra vera natura, un riportarci là dove ci sono polvere e sudore. Il gruppo ruota benissimo dietro alla voce blues e maledetta del cantante, e si arriva ad un livello alto; infatti la band ha suonato in giro per il mondo con nomi molto importanti e nella loro Australia sono molto famosi, anche quella nazione ha una grande attenzione per gruppi come gli Electric Mary, dalla formula musicale in apparenza semplice ed in realtà di grande effetto. Non si trova nulla fuori posto in questo disco, tutto scorre bene, ma per ottenere un tale effetto il lavoro è grandissimo e deve essere strutturato molto bene. Venticinque anni fa questo disco avrebbe venduto moltissimo e gli Electric Mary sarebbero stati fissi in America; i tempi sono cambiati, ma un album così apre ancora i cuori di chi ama questi suoni stradaioli e da bar fumosi. L’hard rock continua a produrre buone cose grazie a realtà come queste, figlie della passione e della preparazione tecnica.

Tracklist
1 Gimme Love
2 Hold Onto What You Got
3 How Do You Do It
4 Sorry Baby
5 The Way You Make Me Feel
6 It’s Alright
7 Long Long Day
8 Woman

Line-up
Rusty – vocals
Pete Robinson – guitar and vocals
Alex Raunjak – bass guitar
Brett Wood – guitar and vocals
Paul “Spyder” Marrett – drums

ELECTRIC MARY – Facebook

Warp – Warp

Diverse ma ancora più estreme rispetto a quelle americane, le aree desertiche del loro paese hanno ispirato non poco questo trio israeliano che dimostra notevole competenza in fatto di psichedelia, stoner ed heavy doom.

Questa macchina macina riff chiamata Warp proviene da Tel Aviv e debutta con questa mezzora di stordente e psichedelico lavoro omonimo.

Diverse ma ancora più estreme rispetto a quelle americane, le aree desertiche del loro paese hanno ispirato non poco i tre musicisti israeliani che corrispondono a Itai Alzaradel (chitarra e voce), Sefi Akrish (basso e voce) e Mor Harpazi (basso e voce), un trio che dimostra notevole competenza in fatto di psichedelia, stoner ed heavy doom con questa jam di mezzora divisa in otto brani potenti, drogati ed ispirati tanto dall’heavy rock settantiano, quanto dallo stoner/doom anni novanta.
Il riff viene rimesso sul trono del rock dagli Warp, stordente come i raggi del sole che scaldano la sabbia del deserto, accompagnato da liquide parti jammate dove psych e hard rock si fondono tra le rocce arroventate tra le quali stanno in agguato serpi e scorpioni micidiali in attesa del passaggio delle loro vittime.
Licenziato in cd dalla Reality Rehab Records ed in seguito nella versione in vinile dalla Nasoni Records, Warp ci fa viaggiare tra illusioni ottiche in cui appaiono oasi di musica fuori dal tempo, tra atmosfere dilatate, solos incisivi e blues sporco di hard rock stonato a caratterizzare brani come l’opener Wretched, Gone Man, Out Of My Life e la conclusiva Enter The Void.
Sleep, Orange Goblin, Radio Moscow sono i primi nomi che sovvengono tra gli indistinti miraggi che appariranno dopo le troppe ore trascorse al sole.

Tracklist
1.Wretched
2.Into My Life
3.Gone Man
4.”Confusion Will Be My Epitaph” Will Be My Epitaph
5.Intoxication
6.Out Of My Life
7.Hey Littly Rich Boy II
8.Enter The Void

Line-up
Itai Alzaradel – Lead Guitar, Vocals
Sefi Akrish – Bass Guitar, Vocals
Mor Harpazi – Drums, Vocals

Acajou – Under The Skin

Questo lavoro è la dimostrazione che talento, sicurezza e possibilità di non dover dimostrare nulla possono portare a fare ottime cose, e Under The Skin è una di quelle piccole che rendono migliore la vita.

Tornano dopo molti anni i padovani Acajou, con il loro secondo disco Under The Skin.

Il gruppo fu incluso nella mitica raccolta Stone Deaf Forever, in compagnia di The Atomic Bitchwax, Beaver, Ufomammut, Spirit Caravan, Unida ed altri. Nati a cavallo dell’epoca grunge con quella stoner, i padovani sono tornati e sono molto meglio di prima. Il loro disco di esordio era un quattro pezzi del 1998 intitolato Hidden From All Eyes ed era piuttosto stoner grunge, mentre quello attuale è un lavoro maturo a basi di blues, rock, grunge, funky e tanta classe. Si rimane sinceramente stupiti dalla fluidità e dalla quieta bellezza di un disco composto e suonato in totale libertà. Ascoltando Under The Skin i suoni caldi, sinuosi e potenti degli Acajou in breve tempo conquisteranno l’ascoltatore che in seguito non ne potrà più fare a meno. Davvero peculiare un ritorno dopo così tanto tempo di un gruppo che ha suonato ere musicali fa, e per di più di così grande impatto poi. Definire un genere è difficile per questo album, perché si spazia in molti lidi musicali, ma si può dire che il sentimento generale sia blues rock, e c’è anche del ritmo funky in una miscela che raramente troviamo alle nostre latitudini. Questo lavoro è la dimostrazione che talento, sicurezza e possibilità di non dover dimostrare nulla possono portare a fare ottime cose, e Under The Skin è una di quelle piccole che rendono migliore la vita. La voce di Marco Tamburini scalda il cuore e lo scartavetra un po’, con il suo timbro blues ma adatto anche a molto altro. Un disco molto piacevole da ascoltare, che libera l’anima e predispone bene senza negare che la vita sia un casino, ma se mettiamo i piedi per terra qualcosa sarà.

Tracklist
01 La Ferrari
02 We’ve Never Met
03 Old Home Boy
04 Under The Skin
05 In The Waves
06 Sometimes
07 Jeez (in The Mood For Love)
08 Dim Noise

Line-up
Filippo Ferrarretto – basso
Nicola Tomas Moro – chitarra
Simone Ruffato – batteria
Marco Tamburini – voce e synth

ACAJOU – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=EhdIePuVll8)

Hollow Leg – Civilizations

Fluidità, pesantezza e tanto bel suono granitico fanno dell’ultima opera degli Hollow Leg una delle più belle uscite del 2019 appena cominciato.

Tornano i re incontratati del groove sludge: dalla Florida ecco gli Hollow Leg.

La caratteristica principale del gruppo americano è saper rendere in maniera sublime un continuum sonoro sludge stoner di rara bellezza. I riff sono chiari e molto ben marcati, il suono è originale e ha un’andatura maestosa, come se uno degli antichi di Lovecraft stesse camminando per un deserto terrestre in cerca di qualcosa da distruggere. Civilizations è la loro opera migliore di una carriera veramente notevole, granitica e di qualità come il loro suono. Rispetto al precedente Crown del 2016, la produzione è più tonda e mette in risalto un suono più corposo, dove tutti gli elementi sonori si fondono alla perfezione, e troviamo anche una melodia costruita in maniera più barocca e ricca. Durante l’ascolto del disco ci sono moltissime cose che soddisfaranno i più diversi palati: sludge vigoroso e potente, stoner alla massima potenza, ma sopratutto lo stile Hollow Leg su tutto. Ci sono momenti di vera e propria illuminazione mentre si ascolta Civilizations, nei quali si aprono le braccia, si chiudono gli occhi e ci si tuffa nelle casse, che sono caldissime e grondano una delle migliori musiche pesanti che possiate ascoltare. La completezza e la semplice complessità di questo lavoro si possono avvertire fin dal primo riff. L’immaginario creato dal gruppo è uno dei più potenti che possiate ritrovare nell’alternativo mondiale: parla di occulto, di spazio profondo e di cose antiche che continuano a vivere dentro e fuori di noi. Fluidità, pesantezza e tanto bel suono granitico fanno dell’ultima opera degli Hollow Leg una delle più belle uscite del 2019 appena cominciato.

Tracklist
1 Litmus
2 Dirt Womb
3 Mountains of Stone
4 Black Moon
5 Hunter and the Hunted
6 Intro
7 Chimera
8 Akasha
9 Exodus

Line-up
Brent
Tim
Scott
Tom

HOLLOW LEG – Facebook

Cloud Taste Satanic – In Search Of Heavy

Ogni riff è rilevante e va a comporre insieme agli altri elementi un quadro pesante e pensante: le composizioni ad ampio respiro sono da ascoltare e riascoltare, dato che contengono tantissime cose notevoli e che si scoprono mano a mano che si procede nell’ascolto.

Un lento incedere, distorte maledizioni che provengono da eoni lontani, pensieri che si palesano nel fumo pesante e legnoso di droghe che bruciano su carni umane …benvenuti in un disco dei newyorchesi Cloud Taste Satanic.

L’opera completa di questo fondamentale gruppo di musica pesante per la prima volta insieme in un cofanetto di quattro cd intitolato In Search Of Heavy è uscito a dicembre in edizione super limitata di cinquanta copie, e contiene tutti loro quattro bellissimi dischi To Sleep Beyond The Earth, Your Doom Has Come, Dawn of The Satanic Age e The Glitter of Infinite Hell. Tutto ciò per preparare il terreno alle loro due nuove uscite del 2019, la prima sarà fuori la notte di Valpurga e la seconda ad Halloween, per un anno che si preannuncia molto pesante in casa Cloud Taste Satanic. Per chi non li avesse mai ascoltati si può dire che essi suonano come dei Karma To Burn più acidi e metallosi, più psichedelici ma al contempo più pesanti, come una valanga di neve che si muove sinuosamente ma che poi a terra rompe ogni cosa. Il suono è molto piacevole e ha la forma di lunghissime jam, quasi tutte sopra il quarto d’ora, nelle quali i riff montano come hashish sotto la fiamma, e il groove è continuo, una rotazione che non si ferma mai, un continuo andare avanti, bianche spirali che salgono in cielo. Nati nel 2013 a Brooklyn questi signori disco dopo disco stanno portando la commistione doom stoner sludge ad un altro livello, alzando e di molto l’asticella. La loro musica ed il loro immaginario sono descritti molto bene dai quadri di Hieronymus Bosch che spesso compaiono in loro presenza, o anche le incisioni dantesche di Gustavo Doré, perché la loro musica è una dolcissima dannazione. Pochissimi gruppi possiedono un groove equivalente a questi americani, e ancora meno un talento simile nel riuscire ad esprimere miliardi di cose con una bellissima musica strumentale. Che non è noiosa, ma è molto difficile da fare in una maniera credibile e strutturata. Ogni riff è rilevante e va a comporre insieme agli altri elementi un quadro pesante e pensante: le composizioni ad ampio respiro sono da ascoltare e riascoltare, dato che contengono tantissime cose notevoli e che si scoprono mano a mano che si procede nell’ascolto. The Glitter Of Infinite Hell del 2017 è forse la loro opera più compiuta, ma bisogna dire che tutta la discografia contenuta in questa uscita è degna di nota, mostrando molto bene la loro crescita. Un’uscita eccezionale per un gruppo assolutamente fuori dal comune.

Tracklist
1.To Sleep Beyond The Earth (Parts I & II)
2.To Sleep Beyond The Earth (Parts III & IV)

1.Ten Kings
2.One Third of The Sun
3.Beast From The Sea
4.Out of The Abyss
5.Dark Army
6.Sudden…Fallen

1.Enthroned
2.We Die We Live
3.Retribution
4.The Brocken
5.Just Another Animal
6.Demon Among The Stars

1.Greed
2.Treachery
3.Violence
4.Wrath

Line-up
Steve Scavuzzo – Guitar
Sean Bay – Bass
Greg Acampora – Drums
Brian Bauhs – Guitar

CLOUDS TASTE SATANIC – Facebook

Prehistoric Pigs – Dai

Ascoltare per godere dovrebbe essere scontato ma non lo è affatto in questi tempi plastici, e Dai è un massaggio per orecchie e mente, un luogo dove si sta bene per davvero.

Piacevolissimo terzo disco di questo trio composto da due fratelli ed un cugino che, con molta semplicità, suonano da anni musica strumentale dal potente potere evocativo.

I Prehistoric Pigs possono sembrare un gruppo come tanti, ma appena si mette su il disco si ascoltano cose per nulla comuni. Il loro nucleo musicale è uno stoner psych strumentale con una forte influenza desert. Il trio fa sostanzialmente musica libera da schemi ed è un gran piacere da ascoltare. Slegati da ogni laccio di appartenenza ad una qualche scena musicale i Prehistoric Pigs vagano liberi e compongono bellissimi racconti di viaggio musicale e non solo. Nella loro proposta sonora ci sono molte reminiscenze hendrixiane e della psichedelia anni sessanta e settanta, con il fondamentale tocco del krautrock che è uno strato importantissimo. Ma poi che importa dei generi quando si è lanciati nello spazio a folle velocità ? Una delle cose che impressiona maggiormente di questo gruppo è la totale naturalezza delle loro composizioni, tutto ciò che succede dentro queste canzoni è bello e godibile, non ci sono pezzi noiosi, e anche gli assoli di chitarra sono piacevoli e nel contesto di totale libertà. Il viaggio è composto da musica caleidoscopica ma al contempo con quella ruvidezza e pesantezza che piace davvero molto. Tutto ciò è frutto del grande lavoro che compie il trio, con un basso notevolissimo, la chitarra che ricama senza mai fermarsi ed una batteria che compie evoluzioni su evoluzioni, e tutti contribuiscono a rendere pazzesco il tutto. Di gruppi strumentali in giro ce ne sono, ma nessuno ha questa scioltezza, questa esatta consequenzialità di scelte sonore e questa godibilità sonora. L’unico difetto di questo disco è che dovrebbe essere un doppio, e pure un triplo, ma se mettete la ripetizione passerete delle belle ore in compagnia di questo trio. Ascoltare per godere dovrebbe essere scontato ma non lo è affatto in questi tempi plastici, e Dai è un massaggio per orecchie e mente, un luogo dove si sta bene per davvero.

Tracklist
1 Hasenjio
2 Pest
3 Geppetto M24
4 Soft-Shell Grab
5 No Means No

PREHISTORIC PIGS – Facebook

Speechtones – Step

Step è un primo passo, una fondazione di un nuovo mostro sonoro che nasce non a caso in Sardinia, una terra molto fertile per l’underground di qualità.

Dalla Sardegna esordio assoluto per gli Speechtones, un gruppo che fa musica diretta e di sostanza, scegliendo come generi lo stoner, l’heavy rock e sua maestà il desert, tutto in maniera ben fatta e coerente.

Ascoltare la loro prima prova, in download libero sul loro bandcamp, oltre a far scoprire un nuovo valido gruppo underground riesce a regalare bei momenti a chi si vuol lasciare rapire da un suono che è meglio lasciar fluire ad alto volume. In questo gruppo sardo convivono diverse anime e i generi cambiano con facilità, anche grazie al talento compositivo e alla freschezza musicale e mentale. La produzione può essere ampiamente migliorata, ma questo ep Step è la pietra miliare di una strada ancora in costruzione, dato che il lavoro è stato registrato con il primo batterista che non è più in formazione. I tre pezzi possono sembrare pochi, ma illustrano molto bene ciò che è e ciò che potrebbe diventare questo gruppo. Come tante band al proprio esordio le idee sono giustamente tante e spingono tutte per uscire fuori. Il risultato sono tre canzoni, tre appunti di ciò che è e di ciò che sarà. Perché questo gruppo è solido e andrà avanti. La psichedelia è presente in forme diverse, ma sicuramente gli Speechtones non la interpretano nella concezione classica del termine, anche se hanno dei bei momenti stupefacenti soprattutto nel primo pezzo, che è anche quello di maggior respiro dato che supera gli otto minuti. La coppia di canzoni rimanente è più breve e mette in luce altre peculiarità della band, come la capacità di usare lo stoner e il desert rock anche se in realtà lo stile parte da questi assiomi ma è una miscela originale e in totale divenire. Step è un primo passo, una fondazione di un nuovo mostro sonoro che nasce non a caso in Sardinia, una terra molto fertile per l’underground di qualità.

Tracklist
1.Popular Express
2.Sharks and Dogs
3.Speechless

SPEECHTONES – Facebook

600000 Mountains – Mister Sartorius

Rispetto alla maggior parte dei gruppi stoner i catanesi hanno un gran bel tiro naturale e, soprattutto, riescono ad andare molto in profondità grazie a ruvide melodie che escono da distorsioni dall’incedere influenzato dal prog.

Dal fertile sottobosco musicale catanese arriva l’ep autoprodotto di esordio dei 600000 Mountains, un gruppo che fa uno stoner molto acido e ben strutturato.

Una breve descrizione del loro suono è quella scritta sopra, ma se si ascoltano i primi tre pezzi di questo ep di esordio si possono trovare molte altre cose. Rispetto alla maggior parte dei gruppi stoner i catanesi hanno un gran bel tiro naturale e, soprattutto, riescono ad andare molto in profondità grazie a ruvide melodie che escono da distorsioni dall’incedere influenzato dal prog. I 600000 Mountains non cantano, ma sarebbe forse superfluo o magari lo faranno in futuro, sicuramente con questo disco non annoiano, perché la musica interamente strumentale non è affatto tediosa come dicono molti, ma è più difficile da offrire in termini di qualità. A volte i testi nascondono imbarazzanti vuoti creativi, perché se suoni bene, hai le idee chiare in testa e viaggi lontano come qui non v’è bisogno di favellare. I tre pezzi sono tutti di ampio respiro, con il secondo che oltrepassa gli otto minuti, e hanno uno sviluppo molto ben congegnato, come fossero viaggi che accompagnano l’ascoltatore là dove le nubi toccano oltre il cielo, verso lo spazio. I punti di riferimento sono più o meno gli stessi della maggioranza dei gruppi di questo genere, ovvero Kyuss, Karma To Burn e ovviamente i Tool, soprattutto per quanto riguarda la composizione. Ascoltare questi tre pezzi è molto gratificante e rende bene l’idea di un trio che ha molte qualità e possiede altrettanto talento nel creare certe atmosfere che piacciono a chi ama la musica come fuga, ed è sempre bello ascoltare cosa nasce nelle salette e nei garages della penisola. Un buon esordio che fa presagire un futuro radioso e fumoso.

Tracklist
1. Take Care and Survive
2. Omelette Man
3. Horse Suplex

Line-up
Simone Pellegriti -guitar
Guido Testa – bass
Giorgio Rosalia – drums

600000 MOUNTAINS – Facebook

Autori Vari – Marijuanaut Vol.V

In Italia, ormai da anni, nella musica pesante ci sono delle cose notevoli, è un flusso che scorre e che si deve ascoltare con attenzione, perché nasce dalla vera indipendenza e dalla passione.

Puntuale come la morte e la buona musica, ecco arrivare al termine del 2018, come da cinque anni a questa parte, la raccolta del meglio del sotterraneo italiano negli ambiti stoner doom e sperimentale, con la compilation della webzine Doomabbestia.

Quest’ultima è una delle migliori espressioni di giornalismo musicale fatte da appassionati per amanti di questi generi. Doomabbestia è il frutto di divertimento, perché quando si trattano le cose che si amano si fanno meglio, ma anche di sacrificio, perché non essendo professionisti si deve sacrificare qualche ambito della nostra vita per poter rincorrere la musica. Da anni questo spazio di critica e di proposta musicale è quanto di meglio un amante delle sonorità heavy in quota psichedelica possa trovare e questa bellissima raccolta in download libero ne è la testimonianza più lampante. Ascoltando gli episodi precedenti si aveva una fotografia molto precisa e puntuale della scena underground italiana per quanto riguarda i sottogeneri che vanno dallo stoner al doom, passando per lo psych ed il fuzz ed andando oltre. Questo quinto episodio incarna la grande qualità di quelli precedenti, ma li supera perché qui ci sono gruppi davvero notevoli, che ci fanno ascoltare come in Italia ci sia una vibrazione che è presente in molte cantine e garage, e che dà vita a qualcosa di assolutamente originale e vibrante. Non si vuole nominare un gruppo in particolare, sia perché sono tutti eccezionali, sia perché questa raccolta può essere ascoltata come un album classico, dato che c’è un filo conduttore comune a tutte le tracce che è quello della creatività e della bravura. Si spazia tantissimo in questa raccolta che è attesa con ansia ogni fine anno dagli appassionati di musica pesante e pensante, e con ragione, poiché qui ce n’è per tutte le inclinazioni. In Italia, ormai da anni, in tale ambito emergono cose notevoli, è un flusso che scorre e che si deve ascoltare con attenzione, perché nasce dalla vera indipendenza e dalla passione. Il meglio delle uscite italiane di musica pesante secondo i ragazzi di Doomabbestia, e non finisce qui per cui, come dicono loro, alzate il volume e accendetene una.

Tracklist
1.Greenthumb – The Black Court
2.Mr Bison – Sacred Deal
3.LORØ – Last Gone
4.Sabbia – Manichini
5.Messa – Leah
6.The Turin Horse – The Light That Failed
7.Killer Boogie – Escape From Reality
8.John Malkovitch! – Nadir
9.Go!Zilla – Peeling Clouds
10.Tons – Sailin’ the Seas of Buddha Cheese
11.Suum – Black Mist
12.Haunted – Mourning Sun
13.Organ – Aidel
14.Satori Junk – The Golden Dwarf
15.Sherpa – Descent of Inanna to the Underworld

DOOMMABESTIA – Facebook

Kotiomkin – Lo Albicocco al Curaro Decameron 666

Le fondamenta di questo suono sono le colonne sonore dei film italiani minori degli anni sessanta, settanta e ottanta, film innovativi e dalle grandi soundtrack, nelle quali l’avanguardia musicale poteva mostrarsi nuda e senza remore, regalando molte gioie.

Nuovo disco di questo duo italiano che confeziona splendide colonne sonore di film immaginari.

Il gruppo nasce da un’idea di Ezio P. Zender nel 2012 e ha già pubblicato Maciste Nell’Inferno Dei Morti Viventi – Peplum Holocaust e Squartami Tutta – Black Emanuelle Goes To Hell: i titoli dicono molto ma la questione è ancora meglio. La musica di questo duo è un qualcosa di inedito per molte orecchie, un viaggio di synth e chitarra, inframezzato da estratti da questi film immaginari. In pratica come se fosse una jam adattata alle immagini, questa musica che ora si attarda ora si slancia impetuosa è qualcosa che scorre senza mai ripetersi per tutto il corso del disco. Le idee dei Kotiomkin sono molteplici e tutte buone, l’ascoltatore non sa mai cosa lo aspetta, e il viaggio sonoro è molto bello. Le fondamenta di questo suono sono le colonne sonore dei film italiani minori degli anni sessanta, settanta e ottanta, film innovativi e dalle grandi soundtrack, nelle quali l’avanguardia musicale poteva mostrarsi nuda e senza remore, regalando molte gioie. Per la prima volta nella sua carriera il gruppo abbandona le chitarre per fare il tutto con i synth e la batteria. Il suono è molto fresco e ha un forte sapore di improvvisazione jazzistica, un andare oltre la forma canzone rompendo molti schemi in nome di un’avanguardia che è soprattutto mentale. La fisicità e il sesso sono qui onnipresenti, legandosi al dimonio che guida le azioni di donne e falli sventurati, e anche questo è reso benissimo ed in maniera molto fantasiosa. Una suora suicida, un padre che non si arrende, un demonio e tanto altro per una storia avvelenata come un albicocco al curaro. Qui i generi musicali si sovrappongono, dal noise al lounge satanico, stoner, prog e tanto altro, per un qualcosa di davvero originale ed unico. Non costa molto vendere l’anima ai Kotiomkin, ne ricaverete solo grande godimento.

Tracklist
Lo Lato A
I. Fatal Commestio
II. Sexy Averno
III. Metti lo Diavolo Ne Lo Convento

Lo Lato B
IV. Vilan Chesserton
V. Satanasso “Protettore” Delle Donne

Line-up
Enzo P. Zeder – Bass & Analogic Synthesizers
Gianni Narcisi – Drums

KOTIOMKIN – Facebook

Nosexfor – Nosexfor

A differenza di ciò che deve essere compreso attraverso i social media, questo disco, fatto in maniera antica ma non per questo antiquata, mette la musica al centro di tutto rendendola strumento di narrazione.

Esordio per il duo vicentino Nosexfor, composto da Severo Cardone e Davide Tonin.

Al primo ascolto non si rimane particolarmente impressionati dalla loro musica e dai loro testi, ma dopo un po’ che li si ascolta si rimane stupiti di quanto siano bravi e capaci nel rendere melodie e pensieri, fissandoli su piccoli bassorilievi musicali che colpiscono per la loro originalità e credibilità.
La prima impressione non era certo colpa del duo veneto, che infatti poi convince appieno, ma della nostra abitudine a sentire cose in poco tempo cercando di trovarci del senso e delle cose che in realtà non ci sono. In questo periodo storico, nel più completo rovesciamento della realtà, il cosiddetto indie è diventato più mainstream del mainstream stesso, attraverso formule musicali che sono per lo più vuote e barocche; quando contano più i followers su Instagram che la musica, l’atto musicale passa quasi in secondo piano, sotterrato da nuovi guru sonori. Poi arrivano dischi come questo d’esordio dei Nosexfor che, con parole adeguate e musica minimale e veritiera, ti aprono gli occhi riportandoti dove vorresti sempre essere stato. La formula chitarra e batteria è stata percorsa da molti gruppi negli ultimi anni, c’è chi lo ha fatto bene chi un po’ meno, ma i Nosexfor appartengono decisamente al gruppo di chi ha qualcosa da dire e lo grida bene. Non ci sono pose particolari, nessuna costruzione senza fondamento, ma un uso intelligente e potente della musica e delle parole. Melodie inusuali, momenti accelerati e fasi più intime che si incontrano e danno vita ad una formula assai inusuale per l’Italia, ovvero una specie di stoner rock dai molti risvolti, con tanta realtà raccontata in maniera mai isterica e puntuale. A differenza di ciò che deve essere compreso attraverso i social media, questo disco, fatto in maniera antica ma non per questo antiquata, mette la musica al centro di tutto rendendola strumento di narrazione. Inoltre c’è un sentore di blues che aleggia per tutto il lavoro, arricchendolo di una forza calma ed inoppugnabile. I Nosexfor fanno un qualcosa che è nell’aria e che c’è per chi ne sa cogliere la presenza, un piccolo tesoro che aspettavamo da tanto, con quella voce in italiano su un tappeto di suoni che sgorgano incessanti.

Tracklist
1Pensavo fosse ok
2 Zero Meno
3 Perdere la testa
4 Ma non ti preoccupare
5 L’America
6 Niente luci in centro
7 Noi
8 Bambino Vodu’
9 Eva
10 Quello che resta

NOSEXFOR – Facebook

Subtrees – Polluted Roots

Partendo dall’assennato assunto di Italo Svevo che la vita attuale è inquinata alla radice, i bolognesi Subtrees debuttano con un disco meraviglioso e pieno di tossici gioielli.

Partendo dall’assennato assunto di Italo Svevo che la vita attuale è inquinata alla radice, i bolognesi Subtrees debuttano con un disco meraviglioso e pieno di tossici gioielli.

Tutti portiamo un certo grado di tossicità dentro di noi, abbiamo un lato che come un click difettoso non funziona molto bene, o funziona molto meglio della parte che crediamo sana, comunque c’è e vive assieme a noi come un simbionte. La sensazione più importante fra le tante che regala questo disco è il tremendismo, un senso di catastrofe imminente che fortunatamente non si riesce a cogliere nella sua pienezza perché siamo intossicati, e i nostri pensieri viaggiano molto lentamente. Musicalmente il disco esplora diversi lidi e tocca molte istanze musicali, a partire da un forte retrogusto grunge che permea tutta l’opera, ma si va anche verso il noise anni novanta, tenendo sempre ben presente la propria impronta originale. Procedendo nell’ascolto si trova anche un incedere tipico degli Isis, ovvero un passo musicale davvero ampio e che abbraccia l’ascoltatore mentre lo porta lontano. La musica dei Subtrees è qualcosa che riscalda e che scorre direttamente nelle vene, come un droga salvifica, rinnovando la nostra tossicità, rendendola inevitabile e immanente. La completezza del disco è difficile da descrivere a chi non lo ascolterà, perché è sempre la musica che deve spiegare, qui possiamo solo dare indicazioni di ascolto, e questo è un ascolto da fare assolutamente. Le atmosfere create dal gruppo sono bolle temporali nei quali ci si sente confortevoli e al contempo viene esposto il nostro disagio. Non ci sono momenti particolarmente veloci, è tutto molto incisivo e ben composto, con trame che non si sentivano da tempo per un gruppo davvero notevole.

Tracklist
1.Syngamy
2.Everything’s Beautiful, Nothing Hurt
3.Conversation #1 (Hero’s Death)
4.Conversation #2 (Adam’s Resurrection)
5.Reflections
6.Motorbike
7.Jungle/Overexposure

Line-up
Roberto Andrés Lantadilla – voce, chitarra e testi
Nicola Venturo – basso e sintetizzatori
Riccardo Pantalone – chitarra e ostrich guitar
Alberto Lazzaroni – batteria

SUBTREES – Facebook

Pressor – Weird Things

Pesanti come macigni, i quattro brani che compongono questo ep non lasciano scampo: nel genere i Pressor sono un gruppo sicuramente da seguire nelle sue prossime mosse.

La lava scende inesorabile dalla lontana Russia e brucia migliaia di chilometri, violentando l’ovest per poi esplodere in un fragoroso boato stoner sludge metal.

Pesantissimo, stonato e psichedelico arriva, trasformando tutto in un letale magma metallico il nuovo lavoro dei Pressor, combo russo dalla discografia che dal 2012 si dipana in ep e split.
Formata da musicisti dal passato doom/death e black metal, la band sforna l’ennesimo e monolitico tsunami di magma vulcanico intitolato Weird Things, composto da quattro brani aperti dal lento incedere della monolitica Heavy State, oppressivo ed ossessivo episodio che sfocia nella più dinamica title track, stone nell’indole pur mantenendo intatta l’anima estrema della proposta.
Gli strumenti formano un muro sonoro invalicabile e Tripping Deep torna a rallentare la corsa, valorizzata da ottimi intrecci ritmici.
Tastiere settantiane fanno da tappeto a Hexadecimal Unified Insanity, traccia conclusiva e brano più americaneggiante del lotto, salutandoci prima d’essere fagocitati dall’onda lavica alzata dai quattro rockers russi.
Pesanti come macigni, i quattro brani che compongono questo ep non lasciano scampo: nel genere i Pressor sono un gruppo sicuramente da seguire nelle sue prossime mosse.

Tracklist
1.Heavy State
2.Weird Things
3.Tripping Deep
4.Hexadecimal Unified Insanity

Line-up
Stas – guitar, vocals
Anton – guitar, vocals
Denis – bass
Danya – drums

PRESSOR – Facebook

https://noname666.bandcamp.com/

Wasted Theory – Warlords Of The New Electric

L’ascolto di Warlords Of The New Electric è coinvolgente e assai scorrevole, le canzoni non presentano pause o riflussi, ma si è sempre lanciati verso l’incandescente magma.

Torna uno dei gruppi più divertenti e devastanti della musica pesante, dal Delaware e dal Maryland ecco a voi i Wasted Theory, sempre per l’italiana Argonauta Records.

Il loro suono è divertente e dà assuefazione molto presto, è come un joint di ottima erba, che ti fa volare la testa e magari ascoltare una colata di riffs e sezione ritmica incessante, questo è ciò che offrono i Wasted Theory. La musica ce la mettono loro, la droga no, che poi magari qualcuno capisce male. I nostri americani sono al loro terzo album sulla lunga distanza, e se già i precedenti dischi erano ottimi questo li supera tutti, portando alla massima altezza possibile le loro caratteristiche migliori, ovvero dare musica pesante e divertente che deriva dai sacri Black Sabbath, prende molto dallo stoner ma anche dal metal southern, il tutto con una miscela davvero esplosiva, condita da molta ironia. Pochi gruppi possono vantare un groove imponente e allo stesso tempo ben strutturato come i Wasted Theory, che avevano già stupito tutti con il precedente Defenders Of The Riff, che li aveva portati alla ribalta internazionale. Chi aveva amato il precedente album rimarrà ancora più colpito da questo ultimo lavoro, davvero completo e curato fin nei minimi particolari. L’ascolto di Warlords Of The New Electric è coinvolgente e assai scorrevole, le canzoni non presentano pause o riflussi, ma si è sempre lanciati verso l’incandescente magma. Oltre a possedere un groove tra i migliori nel genere, i Wasted Theory sono capaci di sviluppare ritornelli che stendono chiunque e che non lasciano indifferenti. Nel disco si possono trovare molti riferimenti al meglio dell’hard rock e del metal, ad esempio ci sono passaggi che riportano alle sonorità dei Thin Lizzy, un gruppo che è nelle orecchie di molti e che, a volte anche inconsciamente, ritornano. Come si diceva prima, c’è anche un grande sapore southern, che da un tocco in più al tutto. Un disco davvero divertente e molto corposo.

Tracklist
1.Rawhide Hellride
2.Drug Buzzard
3.Bongronaut 05:38
4.The Son of a Son of a Bitch
5.Bastard County
6.Heavy Bite
7.Weed Creature
8.Doomslut Rodeo

Line-up
Larry Jackson, Jr.- Vocals/Guitars
Andrew Petkovic – Guitars
Brendan Burns – Drums

WASTED THEORY – Facebook

Flying Disk – Urgency

Ascoltare Urgency dà l’idea che il noise e il grunge si possano ancora incontrare per fare ottime cose, con un pezzo come Hammer che è nei dintorni dei migliori Unsane.

I Flying Disk sono giovani, vengo da Fossano provincia di Cuneo e suonano divinamente.

Con questo secondo lavoro i ragazzi superano il già buon esordio del 2014 Circling Further Down, che li ha portati all’attenzione di chi ama le sonorità pesanti ben strutturate e con una melodia solida e che si snoda per tutta la canzone. Il gruppo fossanese ha un tiro micidiale, una naturalezza nel muoversi che rende piacevole e solido tutto ciò che fa. Urgency è il disco perfetto fatto da chi sta in provincia, ma possiede una grande apertura mentale, per quanto riguarda la musica, di chi ha talento e vuole suonare. Ci sono momenti di estrema goduria nell’ascoltare questo disco, e alcuni pezzi hanno un deciso retrogusto grunge, nel senso che si ha quello stato di grazia fra melodia e pesantezza che solo i grandi gruppi possiedono. Sulla risposta alla domanda se i Flying Disk siano appunto un grande gruppo, la risposta è un sì molto deciso. Ascoltare il loro nuovo disco ti da l’idea che il noise e il grunge si possano ancora incontrare per fare ottime cose: un pezzo come Hammer è nei dintorni dei migliori Unsane, creando quella bella tensione musicale che solo il noise sa fare, con mille rivoli che vanno a formare un unico fiume lavico. Inoltre ci sono dei momenti di grazia vera e propria dove sembra di trovarsi con loro in saletta a suonare come se fuori ci fosse l’apocalisse. La chitarra sale e scende, il basso pulsa e la batteria è bella pulita con una voce che è pressoché perfetta per questo tipo di musica. Chi vedrà dal vivo questa band capirà quanta passione e dedizione abbia: i Flying Disk fanno fluire la musica in una provincia che non ti dà molto ma ti dà la spinta e il giusto inquadramento, nel senso che sai che probabilmente non farai mai i soldi, ma resterai sempre te stesso e potrai fare dischi bellissimi come questo Urgency, album che non conosce data di scadenza, e che a ogni nuovo ascolto regala sempre qualche sorpresa.

Tracklist
1. One Way to Forget
2. On the Run
3. Straight
4. Dirty Sky
5. Night Creatures
6. Hammer
7. Young Lizard
8. 100 Days

Line-up
Simone Calvo – Guitars, Vocals
Enrico Reineri – Drums
Luca Mauro – Bass

FLYING DISK – Facebook

L’Ira Del Baccano – Si Non Sedes Is – Live MMVII

Torna in doppio vinile e in cd digipack una delle pietre miliari della psichedelia pesante italiana, un autentico capolavoro di suggestioni e stimoli neuronali.

Torna in doppio vinile e in cd digipack una delle pietre miliari della psichedelia pesante italiana, un autentico capolavoro di suggestioni e stimoli neuronali.

Il disco uscì in origine nel 2007 ed era finora disponibile esclusivamente in download digitale o in copie pirata in rete. Ora è il momento del suo ritorno in uno splendore maggiore rispetto all’originale, dato che il Pisi Mastering Studio ha compiuto un ottimo lavoro sullo spettro sonoro e sul bilanciamento dello stesso. In questa ristampa della Subsound Records si po’ quindi godere maggiormente della bellezza sonora di questo gruppo che è ciò che si avvicina di più in Italia alla mentalità dei Grateful Dead, ovvero suonare in libertà, bellissime jam che fluttuano libere nell’atmosfera. Ciò che è ancora più bello e che è L’Ira del Baccano fa psichedelia pesante. Questo esordio ha inoltre una storia particolare, perché è l’atto di nascita del nome L’Ira Del Baccano (tra l’altro un nome fantastico che avrebbe fatto la felicità degli esoteristi junghiani), dato che il disco fu registrato in due concerti nei quali il gruppo si chiamava ancora Loosin’o’Frequencies che ebbe un mini cd prodotto da Paul Chain come unica uscita. Oltre a sancire il cambio di nome, il disco dal vivo fu anche il decisivo momento di svolta per il gruppo, che divenne da quel momento totalmente strumentale. Inoltre il cambio di ragione sociale fu deciso quando il mix era già pronto. Questa è la storia per i posteri, ma la cosa più importante è che ci hanno dato questo disco che è un autentico capolavoro di libertà musicale, di psichedelia che si congiunge carnalmente con il metal, riuscendo a rimanere eterea e a far sognare l’ascoltatore. Infatti il disco all’epoca dell’uscita e negli anni successivi si fece una solida e molto meritata fama nel sottobosco musicale, e molti lo indicano come uno dei dischi fondamentali dell’ambito. Ascoltandolo ci si perde catturati dalla bellezza di queste note libere, suonate con uno spirito che si rifà agli anni settanta, ma che è anche proiettato anche nel futuro, perché infatti nei due ottimi dischi successivi, Terra 41 del 2014 e Paradox Hourglass del 2017, il discorso cominciato nel 2007 continua ulteriormente. Questo disco è bellissimo da ascoltare senza mai staccare le cuffie dalla testa, in un continuum spazio temporale appartenente ad una dimensione diversa dalla nostra.
Un’importante ristampa di un disco fondamentale per la musica pesante italiana e non solo.

Tracklist
1.Doomdance
2.Sussurri Di Nascita Celeste/Grateful to Jerry
3.875
4.Don Bastiano
5.Tempus Inane Flago Requiem Spatiumque Furori
6.Live Jam on Sussurri Theme (INEDIT VINYL ONLY bonus track)
7.Doomdance Apocalypse ’80 mix(VINYL ONLY bonus track;from ” Split 2010 ” digital ep)

Line-up
Alessandro “Drughito” Santori – guitar/direction and architecture of Baccano
Roberto Malerba – guitar/synth
Sandro “fred” Salvi – drums
Ivan Contini Bacchisio – bass

L’IRA DEL BACCANO – Facebook

Earthless – From The West

La band californiana è un ensemble che affonda le sue radici e la sua ragion d’essere nella musica dal vivo, fatta per stare su un palco e volare alto.

Album dal vivo per i magnifici Earthless, che hanno la loro missione nello stare davanti ad un pubblico a suonare.

Il disco è stato registrato dal vivo a San Francisco il primo marzo 2018 e cattura alla perfezione tutta la potenza e la varietà musicale di questo grande gruppo. Si può affermare forse a sproposito che questa band potrebbe corrispondere ai Grateful Dead della psichedelia pesante, nel senso che dal vivo cambia tutto rispetto all’ascolto su supporto fonografico. Il tour del concerto qui presente era quello dell’ultima fatica, Black Heaven che è già un bel disco di per sé, che qui viene stravolto rimanendo un punto di partenza per ciò che saranno gli Earthless nel futuro, o forse già solo dal prossimo concerto. La band californiana è un ensemble che affonda le sue radici e la sua ragion d’essere nella musica dal vivo, fatta per stare su un palco e volare alto. La già ricca musica dal vivo si espande, raggiunge lo stato gassoso al più presto e viene inalata dagli spettatori. L’impianto è quello della jam, quasi fosse un’equazione da sviluppare dati gli elementi di partenza, e che nel suo sviluppo acquista vita propria. Per fare pezzi di dieci minuti, ed anche oltre, dal vivo bisogna avere un talento fuori dal comune, perché non è per nulla facile. Le trame sonore si fondono fra loro nel suono stesso, e il trio ha una potenza psichedelica notevole che si fonde con un tiro musicale che va bene oltre i generi o le classificazioni. Dentro ci si può sentire anche un po’ della grandezza dal vivo dei Grand Fuck Railroad, quel vivere per suonare e stare su di un palco che è una dote innata. Prendere il proprio disco e plasmarlo in una veste radicalmente diversa dal vivo, ecco cosa fanno gli Earthless, infatti questo è da considerare a tutti gli effetti una raccolta di inediti, perché sono davvero altro rispetto alla versione in studio. In From The West troviamo anche una cover di Communication Breakdown degli Zeppelin che da ben l’idea di cosa siano gli Earthless, ovvero un gruppo psicotropo più che psichedelico. Un disco dal vivo gigantesco e bellissimo.

Tracklist
01. Black Heaven
02. Electric Flame
03. Gifted By The Wind
04. Uluru Rock
05. Volt Rush
06. Communication Breakdown
07. Violence Of The Red Sea
08. Acid Crusher

Line-up
Mario Rubalcaba
Isaiah Mitchell
Mike Eginton

EARTHLESS – Facebook