Mechina – Acheron

Altro straordinario capolavoro di musica estrema targato Mechina.

Esattamente come lo scorso anno il primo di Gennaio si è riaperto lo Stargate e, dall’abisso spaziale in cui era stato esiliato, torna quel mostro apocalittico chiamato Mechina.

A un anno esatto dal capolavoro “Xenon” e pochi giorni dopo l’uscita del mio best of, dove il gruppo dell’illinois era presente come rappresentante della musica estrema moderna, Acheron, il nuovo straordinario lavoro, conferma ed aggiunge nuove sfumature al sound di questo gruppo immenso, andando oltre al suo predecessore ed aumentando il bombardamento sinfonico che è il protagonista assoluto del songwriting del gruppo.
Magniloquente, arabeggiante, fantascientifico, un incubo proveniente da un altro mondo, l’apocalisse palpabile in ogni secondo di questa monumentale sinfonia, terrorizza come solo la musica dei Mechina riesce a fare, toccando vette operistiche in un contesto death/industrial che fa della band un monumento alla musica estrema.
David Holch continua con il suo growl a rendere Mechina un mostro di brutale violenza, la sezione ritmica (Steve Amarantos al basso e David Gavin a devastare tamburi) non tradisce e continua la sua battaglia con ritmiche cyber fredde come lo spazio profondo; Joe Tiberi tra la sei corde ed il programming fa il bello e cattivo tempo ma, come da tradizione, è ancora una volta la parte sinfonica ad essere il vero motore del sound, tra cori orientaleggianti e monastici, vera colonna sonora della fine dell’universo conosciuto e l’inizio di un nuovo “tutto”.
Un opera di oltre un’ora che fa dei Mechina qualcosa di diverso da qualsiasi band estrema vi possa venire in mente: lo scorso anno scrivevo dei Fear Factory per raccontarvi Xenon, ma ormai è troppo tardi, o meglio, la loro musica è ormai troppo lontana da poterla schematizzare avvicinandola a qualsiasi altra band (Ode To The Forgotten Few / The Hyperion Threnody ne è l’esempio) entrando in un’aura di spettacolare magnificenza.
I Mechina sono tornati e questo straordinario Acheron non fa che renderli ancora più inavvicinabili, almeno per chi si raffronta con la musica estrema moderna; ancora con un’autoproduzione, non so se per scelta della band o per sordità incurabile da parte degli addetti ai lavori.
Devo far presto, lo Stargate sta per richiudersi ed io mi sono inevitabilmente perso …

Tracklist:
1. Proprioception
2. Earth-Born Axiom
3. Vanquisher
4. On the Wings of Nefeli
5. The Halcyon Purge
6. Lethean Waves
7. Ode to the Forgotten Few
8. The Hyperion Threnody
9. Adrasteia
10. Invictus Daedalus
11. The Future Must Be Met

Line-up:
Joe Tiberi – Guitars, Programming
David Holch – Vocals

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Mechina – Xenon

Se vogliamo dare un senso alle contaminazioni nel death metal, beh, allora qui siamo veramente nel futuro del genere e non solo, ma di tutta la musica estrema.

Il primo gennaio 2014 verrà ricordato, da chi avrà avuto la fortuna di ascoltarlo, come il giorno dell’uscita della colonna sonora dell’apocalisse, secondo gli americani Mechina.

Noi siamo fortunati, perchè questo lavoro è talmente avanti che l’anno di uscita potrebbe essere il realtà il 3014. Questo stupendo lavoro è ciò che più si avvicina a “Demanufacture” dei seminali Fear Factory, datato 1995 e, addirittura, sotto certi aspetti, riesce a superarlo in impatto e nell’uso massiccio di musica sinfonica in una miscela annichilente.
Ma facciamo un passo indietro e andiamo a conoscere un pò di più questi quattro geni: intanto il disco è autoprodotto e non è il primo, e arriva dopo che la band dell’Illinois ha già partorito svariati mini e tre full- length: “The Assembly Of Tyrants” del 2005, “Conqueror” del 2011 e Empyrean.
Xenon è un macigno industrial cyber metal dalla potenza devastante, dove il drumming di David Gavin è al limite dell’umano, il growl di David Holch sembra arrivare direttamente dalla gola di qualche essere relegato in un profondo abisso perso nell’iperspazio, la voce pulita, così come i cori operistici, non fanno altro che conferire al tutto, come se non bastasse, un’aura ancor più inquietante.
A rendere questo lavoro qualcosa di veramente ultraterreno è la parte sinfonica che, attenzione, non è usata in stacchi solo per alleggerire il sound, ma è parte integrante dello stesso per un risultato sconvolgente.
In pratica è come se l’essere immondo di cui parlavo affrontasse una battaglia per il dominio dell’universo contro gli angeli, intervenuti direttamente dal paradiso per rigettarlo nell’abisso.
I ritmi sincopati e la base industrial è più o meno la stessa ma, laddove i Fear Factory si muovevano intorno a strutture di stampo metalcore, i Mechina vanno anni luce oltre, con orchestrazioni apocalittiche da pelle d’oca. Zoticus, Terrae, Tartarus, Thales, sono solo alcuni tra i dieci brani capolavoro di questo mostro chiamato Xenon.
Se vogliamo dare un senso alle contaminazioni nel death metal, beh, allora qui siamo veramente nel futuro del genere e non solo, ma di tutta la musica estrema.
Disco epocale!

Track list:
1. Xenon
2. Ailthea
3. Zoticus
4. Terrae
5. Tartarus
6. Phedra
7. Thales
8. Erebus
9. Amyntas
10. Actaeon

David Holch – Vocals
Joe Tiberi – Guitars, Programming
Steve Amarantos – Bass
David Gavin – Drums

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Mechina – Empyrean

E’ sempre una piacevole sorpresa scoprire perle che giacciono sepolte nel sottobosco underground un po’ in tutto il mondo: l’ascolto di Empyrean dei Mechina in questo senso è stato un vero fulmine a ciel sereno.

Immaginate di imbattervi in qualcuno che riesca ad amalgamare in maniera perfetta alcuni aspetti del migliore death-black metal sinfonico con le sonorità industriali dei primi Fear Factory, inclusa una voce pulita affine a quella di Burton C.Bell, integrata nell’occasione da female vocals appropriate: questi sono i Mechina, from Batavia, Illinois.

Questo gioiello della durata di cinquanta minuti si abbatte sui nostri padiglioni auricolari con la chirurgica precisione dei suoi riff che, fondendosi con le futuristiche orchestrazioni di stampo cinematografico, formano un quadro francamente inattaccabile, se non forse per la registrazione che sacrifica in parte i toni bassi (ma ricordiamo sempre che qui si parla di un’autoproduzione).
La prestazione vocale di David Holch, come già accennato, è assolutamente impeccabile: ad un growl incisivo si affiancano in maniera naturale le clean vocals “belliane”, mentre la coppia Steve Amarantos e David Gavin si dimostra una metronomica e implacabile base ritmica volta a suportare il riffing e il creativo programming di Joe Tiberi.
Di questo disco è sufficiente ascoltare un solo brano, Anathema, per rendersi conto dello spessore qualitativo dell’intero lavoro: questo è il classico pezzo che il buon Dino Cazares non riesce più a comporre da oltre 15 anni e mai come in questo caso appare superfluo il tentativo di descriverne a parole i contenuti, pertanto l’unica possibilità è quella di farsi avvolgere dalle sue le atmosfere maestose .
Violento, intenso, emozionate, Empyrium non possiede momenti di debolezza e, oltre all’episodio appena citato, Catechism, Elephteria, la title-track ed Infineon sono altri brani che marchiano a fuoco un disco che, paradossalmente, è emblematico dello stato di crisi del mercato discografico: infatti, se una band di questa levatura (autrice anche di altre due magnifiche autoproduzioni su lunga distanza assolutamente da riscoprire, “The Assembly of Tyrants” del 2005 e il più recente Conqueror del 2011) non ha mai trovato il supporto di un’etichetta intenzionata a puntarvi in maniera decisa, significa davvero che in questo mondo succedono ancora troppe cose che sfuggono alla logica di noi comuni mortali …
Supportate questa grande band, non ve ne pentirete !

Tracklist :
1. Aporia
2. Asterion
3. Interregnum
4. Imperialus
5. Anathema
6. Catechism
7. [Cryostasis_simulation__2632_01]
8. Elephtheria
9. Empyrean
10. Infineon
11. Terminus

Line-up :
Joe Tiberi – Guitars, Programming
David Holch – Vocals
Steve Amarantos – Bass
David Gavin – Drums

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