The Devil’s Trade – What Happened To The Little Blind Crow

What Happened To The Little Blind Crow in poco meno di quaranta minuti regala tutto quanto ci si attenderebbe sempre da un disco: profondità , sentimento, emotività, dolore, malinconia e, soprattutto, poesia trasformata in musica da questo splendido artista, meritevole d’essere inserito fin d’ora tra i migliori esponenti del cantautorato rock/folk dei nostri tempi.

Quando si parla di cantautorato, probabilmente molti appassionati di metal non saranno spinti a soffermarsi e prestare un ascolto a quanto viene loro proposto; ebbene, se così fosse fanno decisamente male, soprattutto perché, in quest’ultimo periodo, ne stanno emergendo alcuni che, anche grazie ad un background metallico, riescono ad imprimere ai loro lavori un carico emotivo superiore alla media.

Se recentemente abbiamo constatato la grande maturazione dell’ex A Forest Of Stars Duncan Evans, oggi è il momento di spalancare il sipario su un talentuoso musicista ungherese, David Makò (con un presente nella stoner band HAW ed un passato recente con i doomsters Stereochrist), il quale da qualche anno ha intrapreso una carriera solista sotto il nome The Devil’s Trade che ne ha visto crescere esponenzialmente le quotazioni.
What Happened To The Little Blind Crow è un vero e proprio capolavoro, all’interno del quale Makò assembla una serie di brani intensi, commoventi, ruvidi ma al contempo melodici, ricchi di sfumature blues e richiami etno folk, esaltato poi da un’interpretazione vocale sentita e vibrante.
La bellezza dell’’incipit acustico I Can Slow Down Time Pt. 1 è già sufficiente a farci comprendere che il lavoro si attesterà su un livello tale da lasciare letteralmente annichiliti: David usa solo la voce e la chitarra (o il banjo) e nonostante questo riesce a riempire qualsiasi spazio, indipendentemente dalla direzione verso la quale la sua musica possa fluire. To An End colpisce con le corde degli strumenti acustici che paiono quasi frustate e si stempera a in un finale folk (che verrà ripreso nella chiusura della conclusiva I Can Slow Down Time Pt. 2) preparando il terreno alla perfezione rappresentata da Your Own Hell, canzone che non può lasciare indifferenti, grazie ad un’interpretazione vocale e ad un chorus che vanno a creare un connubio realmente da brividi.
La lunga St. James Hospital si ammanta di un’aura blues, che il retaggio del musicista magiaro rende un qualcosa di unico, con il dolente sentire del doom che si tramuta in un mood più malinconico e soffuso.
12 To Die 6 To Rise è l’altra traccia segnante dell’album, capace di replicare lo spasmodico incedere di Your Own Hell: è proprio in queste occasioni che Makò si trasforma in una sorta di versione irruvidita del Mick Moss più appassionato ed introspettivo (per intenderci quello di Leaving Eden), ma questo accostamento, che forse a qualcuno potrà persino apparire improprio, è utile sostanzialmente ad inquadrare il potenziale evocativo del lavoro.
What Happened To The Little Blind Crow in poco meno di quaranta minuti regala tutto quanto ci si attenderebbe sempre da un disco: profondità , sentimento, emotività, dolore, malinconia e, soprattutto, poesia trasformata in musica da questo splendido artista, meritevole d’essere inserito fin d’ora tra i migliori esponenti del cantautorato rock/folk dei nostri tempi.

Tracklist:
1. I Can Slow Down Time Pt. 1
2. To An End
3. Your Own Hell
4. Only As A Ghost
5. St. James Hospital
6. No One Here
7. 12 To Die 6 To Rise
8. I Can Slow Down Time Pt. 2

Line-up:
David Makò

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