TREVOR AND THE WOLVES

Quando si intervistano personaggi come Trevor, non bisogna nemmeno introdurli, ma solo mettersi comodi e leggere cosa dicono, e Trevor ha molto da dire, sia sul suo ultimo progetto che sul resto.
Buona lettura.

ME Ciao. Ci racconti come nasce questo progetto ?

TREVOR: Ciao ragazzi, intanto grazie per quest’opportunità. Un saluto a tutto lo staff di MetalEyes e a tutti i lettori.
Trevor and the Wolves è il mio progetto solista, lontano dai miei Sadist. Ho voluto mettere in piedi questa nuova avventura con lo scopo di fare qualcosa di alternativo alla mia band principale, pur restando consapevole che sono nato come cantante death metal e voglio restare tale. L’hard rock, l’heavy classico appartengono a tutti noi che ascoltiamo musica da fine anni settanta, era mia intenzione fare qualcosa che fosse legato a quegli anni e credo che Road to Nowhere rispecchi appieno tali sonorità. Si tratta del mio album solista, ma che al tempo stesso richiedeva il supporto di una band che potesse sposare il progetto stesso, e così sono nati i “miei Wolves”, musicisti di ottima caratura tecnica, scelti non sono per le loro capacità sul singolo strumento ma perché si tratta di grandi amici prima di essere esecutori. Da subito c’è stato buon feeling e anche in sede live abbiamo sperimentato l’amalgama e l’amicizia che ci portiamo sul palco. Avere buona attitudine e il giusto approccio è basilare per una band rock.

ME Quali sono state le influenze musicali che sono confluite nel lavoro?

TREVOR: Come detto, Road to Nowhere è un album hard’n’heavy che rispecchia i canoni del genere, sia musicalmente parlando che attitudine. I rimandi sono quelli che ci portano indietro nel tempo, nonostante la produzione curata da Tommy Talamanca nei Nadir Studios sia da considerarsi assolutamente odierna. Gli stilemi dell’hard rock richiedevano un mixing acustico, suonato con cuore e passione. Sono davvero soddisfatto del lavoro venuto fuori, non ho nulla da recriminare e questo è ciò che più conta. Devo fare i miei più sinceri complimenti alla band e a tutte le persone che hanno lavorato duro per la realizzazione di questo disco. Road to Nowhere è da considerarsi un album a km 0, visto che tutti i miei collaboratori, oltre ad essere persone preparate e professionalmente parlando molto serie, sono anche ottimi amici e che non sono solo vicini affettivamente. Matteo Siri ha diretto il video di Burn at Sunrise così come il secondo che uscirà a breve, di cui non voglio svelare altro, Ennio Parodi si è preso cura di tutto il set fotografico, mentre Eloisa Parodi e Manuel Del Bono hanno lavorato a quattro mani su tutta la parte grafica. Ne è scaturito un gran lavoro da parte di tutti che mi rende orgoglioso. Infine la produzione esecutiva del disco fatta da Nadir Music S.R.L. Ad arricchire il disco sono intervenuti alcuni super musicisti che hanno voluto partecipare alla realizzazione di questo mio sogno, grandi nomi come quelli di Christian Meyer batterista di Elio e le Storie Tese, Stefano Cabrera violoncello dei Gnu Quartet, Paolo Bonfanti, chitarrista e bluesman apprezzato anche oltreoceano, Grazia Quaranta con la sua voce blues/soul (ascoltare per credere), Francesco Chinchella e Daniele dei Winterage, rispettivamente alla ghironda medioevale e cornamusa. Ne è scaturito un gran lavoro grazie anche a loro.

ME Dopo anni di permanenza e di duro lavoro in campo musicale cosa pensi della musica e dell’industria musicale?

TREVOR: Purtroppo non penso bene, sono un pessimista di natura e ovviamente spero di sbagliarmi. Questo non vuol dire che bisogna gettare la spugna anzi, siamo tutti tenuti a fare di più, tuttavia temo che per troppi anni nel nostro paese si sia pensato che il metal fosse divertimento, sono stati persi almeno vent’anni di lavoro e questo si ripercuote sulla nostra scena musicale. L’industria musicale è in netta crisi ormai da anni, non crediamo però che il nemico numero uno sia la masterizzazione, il download o i siti digitali, anzi la fortuna del nostro genere è quella che il feticcio fisico tiene ancora. Il male peggiore è il cambiamento storico e generazionale oltre che l’over offerta, negli anni ottanta le nuove uscite erano venti/trenta l’anno, mentre oggi parliamo di centinaia in un solo mese, è una cosa scontata, la carcassa è divisa da più predatori. Poco importa, ho le spalle larghe e non ho assolutamente voglia di alzare la bandiera bianca, anzi il vessillo col teschio pirata è sempre issato.

ME Se dovessi dare la definizione di metal cosa diresti?

TREVOR: Cuore, passione, fede, spirito di sacrificio, ore di sala prove, adrenalina incontenibile che sconvolge il tuo modo di essere. Credetemi, il metal non è per tutti, bisogna averlo dentro, non si è mai trattata di una moda. Il mio modo di vivere il metal è sempre stato molto viscerale, così come per la squadra del cuore, non puoi concederti alcun tradimento.

ME La musica può essere quindi uno stile di vita?

TREVOR: Assolutamente sì, specie come detto nel caso del metal, e comunque nelle forme di rock. Sono sempre più felice e soddisfatto di appartenere ormai da tanti anni a questo mondo, appartengo al metal e il metal appartiene a me!

ME Quali obiettivi ti poni con questo nuovo progetto?

TREVOR: Sto raggiungendo i miei primi cinquant’anni, sarebbe stupido vivere di sogni e illusioni, questo non significa essere disincantati, a volte sognare è bello ma bisogna sempre avere almeno un occhio aperto che ti possa far vivere le emozioni con i piedi saldi a terra. Non mi sono posto alcun obiettivo se non quello di fare le cose al meglio e di lavorare sodo sulla promozione dell’album. Una cosa è certa, Road to Nowhere non sarà un capitolo isolato, anzi a dire il vero sto già pensando a un nuovo full length anche se ora è forse prematuro, visto che oltre alla promozione del disco appena uscito sono impegnato anche con la stesura dei brani relativi al nuovo album Sadist; insomma si tratta di una bellissima catena di montaggio!

ME Il bellissimo video di Burn At Sunrise è stato girato in posti a te molto cari…

TREVOR: Il progetto Trevor and the Wolves da una parte nasce per soddisfare la mia voglia di fare qualche passo indietro nella mia storia di musicista, di metalkids, di ascoltatore, dall’altra posso confermare che si tratta di un omaggio alla mia terra. Il videoclip di Burn at Sunrise ne è la prova: nonostante a tratti alcune riprese ci rimandino al Nord America in realtà siamo sull’Appenino Ligure in luoghi a me molto cari, avvolti da un fascino incredibile. Ma non è tutto, il brano di chiusura Unforgivable Mistake si riferisce al “Road to Nowhere”, lungo viaggio che mi ha portato in giro per il mondo, a visitare posti incantevoli ma che, al tempo stesso, mi ha ricordato ancora una volta che non c’è partenza più bella del ritorno a casa!

ME In Italia è possibile fare metal di buon livello?

TREVOR: Assolutamente sì, il metal è arte e non dobbiamo dimenticarci che l’Italia è un paese di grande cultura e arte. Purtroppo non abbiamo supporto dai media di maggior rilevanza ma questa è storia vecchia, fortuna che abbiamo imparato a camminare con le nostre gambe. Nel nostro paese abbiamo grandissime band che suonano ogni giorno in anguste sale prova. Dovremmo solo cercare di essere più uniti, specie tra le band più giovani. Quello che di certo fa male alla scena musicale è l’assenza quasi totale di cooperazione, l’unione fa la forza non è solo un proverbio.

ME Grazie mille. Ciao.

TREVOR: Grazie a te e tutta la redazione, un forte abbraccio a tutti voi e ai lettori di MetalEyes, ci si vede on stage e come sempre… In alto il nostro saluto!!
Trevor