Un mito di Francia: i Massacra dal thrash al death

I transalpini Massacra, per quanto grandi e fondamentali, non vengono mai adeguatamente ricordati dalla storiografia metal. Eppure, si tratta di una band storica e di livello assoluto. Sono stati i primi in Francia e tra i primissimi in Europa a traghettare il thrash nella direzione del death metal, insieme ai più longevi connazionali Loudblast.

Il gruppo si costituì nel 1986 a Franconville, nell’Ile-de-France, attorno al leader Fred Duval (voce e chitarra, dopo un inizio come batterista), con Pascal Jorgensen (basso), Jean-Marc Tristani (chitarra) e Chris Palengat (batteria), tutti appassionatissimi di heavy classico e di speed metal. Tra il 1987 e il 1989, i Massacra registrarono tre demo tapes e nel 1990, per la tedesca Shark, apparve finalmente il disco di debutto, lo straordinario e pionieristico Final Holocaust, dal titolo del loro secondo nastro, inciso nel 1988. Fu un esordio davvero fenomenale, che rileggeva in termini personali e originali la lezione europea di Protector, Kreator, Coroner, Pestilence, Merciless, Cancer e Messiah, guardando anche a quanto giungeva allora dagli USA (Possessed, Sadus, Morbid Angel, Master, Morbid Saint) e dal Sud America (Sepultura).
La fanfara annuncia Apocalyptic Warriors un brano essenziale (tratto dal demo culto Nearer from Death), che racchiude nei suoi cinque minuti di puro orgasmo sonoro, quanto di meglio abbia potuto offrire – in quegli anni – il combo francese. Un Death Metal veloce, impreziosito dai classici mid-tempo thrash che, nei primi anni novanta, rappresentavano il core di un qualsiasi brano death. Si arrivava dal thrash ottantiano, e nessuno poteva (e riusciva, anche volendo) esimersi dal reinterpretare il genere di Destruction, Kreator, e Sodom, qualora avesse voluto approcciarsi all’emergente Death Metal (almeno per quanto riguarda l’Europa). Accelerazioni improvvise (ma mai casuali) calate in una caldaia di thrash ribollente, in una fusione perfetta, tra due generi simili per tanti versi, in un connubio matrimoniale quasi perfetto. Suoni sporchi di fango e grezzi come il marmo ancora da scolpire si, come nel secondo brano Researchers of Tortures, fondamento di tale amalgama, ma lindi e candidi nella loro purezza primeva . Certo, la corsa perdifiato di Sentenced For Life (anch’esso dal demo del 1989), faceva già desumere che i Massacra fossero più propensi a ritmi veloci ed accelerazioni , in una ricerca della velocità più tipica dei un Death Metal emergente, che del consolidato thrash europeo – siamo nel 1990 – già allora realtà imprescindibile. Ma lo spedito drumming di Chris Palengat non è mai violenza fine a se stessa; come in War Of Attrition (uno dei brani più famosi del combo francese), che risulta essere un meraviglioso ed ordinato cagliostrico miscuglio di mid-tempo thrash e scale Death. La sapiente bravura del drummer emerge in tutto il suo splendore nel brano successivo – Trained to Kill – vera ovazione per i tedeschi Kreator (ad onor del vero il compianto Fred “Death” Duval canta proprio “alla Petrozza” impreziosendo ulteriormente il brano).
Rivista ma non troppo, la famosa title track del citato “cult” del 1989. Nearer from death è un’ulteriore conferma di quanto i Nostri sapessero il fatto loro. Un capolavoro assoluto che ha ispirato centinaia di band dal 1990 ad oggi. Insegnare si sa, diventa facile solo quando si è imparato bene. E i Massacra hanno saputo trarre dall’esperienza di band primeve tutto l’essenziale, per trasmettere il loro sound originale (per quegli anni) e soprattutto sono riusciti a debuttare con un album che non conosce down ma solo up; mai cadute, in un’iperbole di favolosi brani, come nei successivi – meno famosi ma non per questo meno affascinanti – Final Holocaust ed Eternal Hate, che insieme alla finale The Day Of Massacra (auto celebrazione ed elogio a violenza e distruzione) ci accompagnano alla fine di un album che era già storia nel 1991, e che ora è oramai leggenda.

Lungi dal cullarsi sugli allori e incuranti della crisi che iniziava ad innescarsi nel movimento thrash, i Massacra proseguirono lungo la propria strada, continuando a perfezionare il loro perfetto mix di thrash e di death primevo, con i successivi Enjoy the Violence (1991) e Signs of the Decline (1992), altri due dischi stupendi, creativi e violenti, tecnici ed ottimamente suonati, sorretti da una scrittura musicale sempre più matura, con testi solo in apparenza banali e capacità non comuni.
Ripetere il successo di un debutto/capolavoro è per pochi – se non per quasi pochissimi – ed in effetti, Enjoy The Violence – uscito l’anno successivo di Final Holocaust, nel 1991 – è un album che perde un po’ del primitivo pathos che il combo aveva trasmesso alle moltitudini, donandoci però in cambio un album maturo, adulto, completo sotto ogni punto di vista. Una struttura studiata nei minimi dettagli, senza mai sbavature o eccessive cadute, che consacra i francesi a veri Prime Mover del genere, elargendo sapienti “consigli” a cui hanno attinto centinaia di band, nel mondo di allora, sino ai giorni nostri. E così Enjoy The Violence scivola via gradevole (grazie anche ad una produzione di gran lunga superiore a quella del debutto) come sabbia tra le dita, ma non senza lasciarci granelli di erudita musica, da cui raccogliere l’essenziale. Brani come la title-track o Gods of Hate e ancora Atrocious Crime ci colpiscono come un pugno nello sterno, facendoci barcollare, ma non arretrare, coraggiosamente spavaldi, “petto in fuori”, pronti ad accogliere nuove percosse. L’incontro con l’Obituariana Full Of Hatred, rinnova la nostra consapevolezza della capacità dei Massacra, di sapere attingere dal passato, rieditare e rinnovare, interpretando soggettivamente quanto il “mercato” di allora proponeva. Brano splendido, lento quanto basta, dopo tanta furia sonora, che però non tarda ad arrivare, nella cortissima Seas Of Blood, semplice nella sua struttura di alternanze mid and up, che sciorina, in soli due minuti (!) una serie impressionante di cambi, in un lasco di tempo davvero breve, mostrando bravura e capacità uniche, come nell’ultima Agonizing World, il loro pezzo più floridiano (pare uscito da un album dei Morbid Angel di allora).
Anche nei brani un po’ più minimalisti ed essenziali dell’album quali Near Death Experience e Sublime Extermination, i Massacra sono capaci di trasmettere all’ascoltatore un’energia unica, che ci assorbe totalmente, proiettandoci con la mente ai primi novanta quando, ciò che oggi appare semplice e scontato, allora era novità, coraggiosa sperimentazione e – soprattutto – difficile creazione, poiché, quando sei un Prime Mover, non puoi certo copiare, quello che nessuno, prima di te, ha mai realizzato.

Signs Of The Decline, forse è stato solo un album sfortunato, o forse (visto il titolo) si è un po’ portato sfortuna da solo. Fatto sta che nel 1992, i Massacra avevano – purtroppo – già perso l’appeal degli esordi; molto più di quanto ci si aspettasse.
Intendiamoci, l’album è il risultato di finimenti artistici, dovuti principalmente all’improvement degli strumentisti. Qui, il frontman Tristani da il meglio di se stesso con riff sapienti, potenti e curati. Il nuovo drummer Limmer è una vera macchina da guerra e le parti vocali di Jorgensen – oramai totalmente growl – sono impressionanti. Il Death oramai la fa padrone, dimenticando quasi totalmente le fasi thrash, che tanto hanno caratterizzato gli esordi. Brani come Evidence of Abominations o Mortify Their Flesh sono veri calci in bocca, traumatici nella potenza e scioccanti nella velocità; ma quando ti accorgi che Excruciating Commands risulta molto simile alla precedente Traumatic Paralyzed Mind, forse realizzi che qualcosa è cambiato. Quando hai la consapevolezza che stai ascoltando qualcosa di bello ma di già sentito, alla fine, un ottimo album – quale è Signs Of The Decline – lascia un po’ di amaro in bocca; e non basta l’ultima (perfetta) track – Full Frontal Assault – a farti cambiare opinione. Un brano Morbid Angel style, direttamente (forse troppo) da Blessed Are The Sick, ma strutturata nel corpo del mid-tempo centrale, come un brano dei Pantera, anzi, forse, troppo Pantera, quasi un preludio al definitivo (e triste) cambiamento del 1994.

Dopo tre album, purtroppo, l’etichetta non rinnovò loro il contratto e i Massacra approdarono così in casa Vertigo, distribuita dalla Phonogram. Quando, dopo un anno di pausa, nel 1994, uscì il nuovo disco in studio, intitolato Sick, si intuì subito che molta magia si era persa: di fronte a nuove mode e tendenze musicali, con il nuovo batterista Matthias Limmer, i Massacra provarono senza successo a cercare rinnovate ed ulteriori direzioni sonore, guardando da un lato ai Metallica ed ai Demolition Hammer, dall’altro al nascente groove metal. Intendiamoci: Sick non era certo spregevole, anzi, però non era sincero nel suo cambiamento e in molti, tra fans e critici, provarono nostalgia per i primi tre capolavori del combo francese. La nuova strada intrapresa dai Massacra fu tuttavia confermata, nel 1995, da Humanize Human, pubblicato dall’inglese Rough Trade con un nuovo avvicendamento alle percussioni (ora dietro le pelli sedeva Bjorn Crugger) ed una tendenza al groove ancor più marcata e insistita. Il riscontro, peraltro, fu minimo. Intanto Fred Duval iniziò a avere gravi problemi di salute e, quando un brutto male se lo portò via – il 6 giugno 1997, all’età di soli ventinove anni –, il gruppo si sciolse. Alcuni membri dei Massacra confluirono nel progetto industrial metal Zero Tolerance, i quali realizzarono per la Active Records un disco, passato sotto silenzio. In poco più di dieci anni – come una candela che brucia da ambo le parti – tutto era finito ed uno dei più grandi gruppi francesi di sempre si era infine consegnato alla storia. Postume sono apparse, in seguito, le due compilation Apocalyptic Warriors Part 1 (2002) e Day of the Massacra (2013). I primi tre indimenticabili dischi della band, nel 2014, sono stati finalmente ristampati dalla Century Media ed ancora risplendono in tutta la loro luce. Vi è non poca nostalgia nelle parole di chi scrive, anche per l’irripetibile stagione di cui i Massacra sono stati alfieri e protagonisti di assoluto primo piano a livello internazionale.

(a cura di Dazagthot e Michele Massari)