Raventale – Planetarium

Planetarium contiene quattro tracce splendide, nelle quali la componente estrema è brillantemente stemperata da un’ispirazione melodico/atmosferica spinta al suo massimo livello.

Quello dei Raventale non è certo un nome sconosciuto per gli osservatori più attenti della scena estrema dell’est europeo.

La one man band ucraina, il cui titolare è Astaroth Merc, con Planetarium arriva all’ottavo full length in una dozzina d’anni di attività contraddistinta da una qualità media elevatissima, offrendo una personale interpretazione del black metal che, a mio avviso, con questo ultimo album trova la sua sublimazione.
Planetarium contiene quattro tracce splendide, nelle quali la componente estrema è brillantemente stemperata da un’ispirazione melodica spinta al suo massimo livello, come si può facilmente evincere dall’ascolto dell’iniziale Gemini – Behind Two Black Moons, traccia talmente ariosa che talvolta finisce per lambire il post black e persino il progressive, nel momento in cui si palesa uno struggente assolo di chitarra.
Del resto non si scopre oggi il fatto che Astaroth Merc sia un musicista di classe cristallina ed ogni strumento che passa per le sue mani è trattato con maestria, lasciando come di consueto ad un ospite (in questo caso l’ottimo Atahamas, suo compagno anche nei Balfor e nei Deferum Sacrum) il compito di interpretare le linee vocali.
Dopo la splendida prima traccia, il sound si fa ancor più solenne e maestoso con il capolavoro Bringer Of Celestial Anomalies, brano più aspro e ritmato ma trascinante come di rado accade ascoltare: un furioso blast beat viene per lo più sovrastato da pennellate tastieristiche che conferiscono al tutto una magica aura cosmica capace in questi casi di fare la differenza.
Dopo tanta bellezza è oggettivamente difficile fare meglio, e At The Halls Of The Pleiades offre un volto più arcigno, con il suo riffing profondo che non penalizza però una componente atmosferica la quale, anzi, si riprende ampio spazio nelle fase centrale del brano; la chiusura è invece affidata a New World Planetarium, altro episodio che supera i dieci minuti, complessivamente più compassato senza che venga meno il mood che ha contraddistinto l’album lungo la precedente mezz’ora.
Volendo fare un parallelismo magari audace, Planetarium potrebbe rappresentare l’ideale prosecuzione del discorso che gli Arcturus portarono avanti inizialmente con Constellation e poi con Aspera Hiems Simfonia, prima di abbandonare tale vena prog/atmosferica per virare su sonorità avanguardiste, visto che di quelle pietre miliari l’opera targata Raventale possiede lo stesso suggestivo respiro cosmico. A questo quadro va aggiunto che il black metal proposto da Astaroth Merc è anche contraddistinto da una componente doom, forse oggi più attitudinale che non espressa con particolari rallentamenti: ma non è un caso, però, il fatto che il musicista ucraino sia stato chiamato ad esibire le doti della sua creatura al recente Doom Over Kiev, festival che ha visto all’opera la massima espressione del doom death atmosferico europeo con Saturnus, Swallow the Sun, Clouds e Eye Of Solitude. Tutto ciò rende l’idea di quale considerazione godano i Raventale in patria e, alla luce di questo, non sarebbe male che gran parte degli estimatori del black/doom al di fuori di quei confini desse il giusto risalto ad un progetto guidato da un musicista che, come pochi altri, è riuscito a produrre con una tale continuità album di assoluto valore.

Tracklist:
1 Gemini – Behind Two Black Moons
2 Bringer Of Celestial Anomalies
3 At The Halls Of The Pleiades
4 New World Planetarium

Line-up:
Astaroth Merc – All Isntruments
Athamas – Vocals

RAVENTALE – Facebook

Thyrgrim -Vermächtnis

L’ascolto di Vermächtnis si rivela una piacevole passeggiata su sentieri già percorsi più volte, ma sempre forieri di belle sensazioni, ammirando paesaggi ben conosciuti ma ogni volta in grado di arricchire lo spirito.

Dei Thyrgrim, blacksters di lungo corso tedeschi, avevo già parlato due anni fa in occasione dell’uscita di Dekaden, che avevo collocato nella categoria degli album che non cambiano né peggiorano la vita di chi li ascolta.

Direi che lo stesso si può tranquillamente affermare per questa nuova fatica intitolata Vermächtnis, la sesta su lunga distanza per la band fondata nel 2005 dal vocalist Kain, anche se a mio avviso i brani appaiono ancora più intrisi nel loro complesso di un’aura solenne e gradevolmente epica.
I Thyrgrim, in fondo, appartengono a quello zoccolo duro di band che comunque non deludono mai, e pur senza strabiliare, offrono un’interpretazione del black metal talmente competente e devota alle sue linee guida che non si può non apprezzare se si è autentici amanti del genere.
Kain e soci non propongono solo una serie di piacevoli brani contraddistinti da ritmi stabilizzati sul mid tempo, ma dimostrano anche di saper rallentare ed infiorettare il loro operato come dimostrano nella splendida Die Ewige Suche, che non a caso è una delle tracce più assimilabili ai dettami della scuola tedesca, oppure centrando malinconiche linee melodiche come in Gefangen im Wandel.
In buona sostanza, il black metal nell’interpretazione dei Thyrgim conserva e rinforza la sua funzione primaria di genere il cui substrato misantropico non impedisce l’emergere di una componente emotiva, che diviene poi decisiva per la sua fruibilità.
Quello che ne consegue è che l’ascolto di Vermächtnis si rivela una piacevole passeggiata su sentieri già percorsi più volte, ma sempre forieri di belle sensazioni, ammirando paesaggi ben conosciuti ma ogni volta in grado di arricchire lo spirito.

Tracklist:
1. Die Heilung dieser Welt
2. Frühlingsdämmerung
3. Die Ewige Suche
4. Das Dunkel meiner Seele
5. Ich sehe euch brennen
6. Sklaven eines toten Gottes
7. Pfade der Vergänglichkeit
8. Gefangen im Wandel
9. Sterbend 3
10. Das Ende einer

Line-up:
Kain – Vocals
Berath – Bass
Irrsinn – Guitar
Morbus – Session Guitar
Non Serviam – Session Drums

THYRGRIM – Facebook

Tony Mills – Streets Of Chance

Un ottimo album, intenso, raffinato ed elegantemente melodico, suonato e cantato da un nugolo di musicisti che fanno parte della crema del genere, e soprattutto composto da belle canzoni.

Cantante di livello assoluto e protagonista fin dal lontano 1983 nella scena hard & heavy internazionale Tony Mills torna con un nuovo lavoro, il quinto della sua carriera solista iniziata all’alba del nuovo millennio con l’album Cruiser.

Parlare della vita artistica di Tony Mills vuol dire ripercorrere almeno una trentina d’anni di hard rock di altissima qualità, prima con gli Shy, poi con i TNT e con altre realtà più o meno importanti della scena come China Blue e Serpentine.
Il suo nuovo album intitolato Streets Of Chance è stato prodotto e mixato da Pete Newdeck (Tainted Nation, Blood Red Saints, The Shock) e masterizzato da Harry Hess.
Ma il bello di questo splendido lavoro sono gli ospiti che sono stai invitati e si sono seduti alla tavola rotonda di questo vecchio cavaliere britannico dell’ hard rock, formando una line up che, nel genere. è difficilmente eguagliabile.
Al microfono, insieme a Tony, troviamo Pete Newdeck (Tainted Nation, Blood Red Saints, The Shock), anche dietro ai tamburi, mentre a dispensare note melodiche prodotte da magiche sei corde si alternano chitarristi del calibro di Joel Hoekstra (Whitesnake, Night Ranger), Tommy Denander (Radioactive, Alice Cooper, Paul Stanley), Robby Boebel (Frontline, Evidence One, State of Rock), Neil Frazer (Rage of Angels, Ten), Tommy Denander, Robby Boebel e Pete Fry (FarCry).
La lista dei bassisti si ferma a Toine Vanderlinden (Martyr, Rebelstar Rock) e Linda Mills (Dolls of Disaster) e quella dei tastieristi a Eric Ragno (The Babys, Joe Lynne Turner, China Blue),Tommy Denander and Robby Boebel.
Con una line up del genere mancava solo un songwriting degno di questo ritrovo di talenti e gli amanti del rock melodico sono stati accontentati, con un lotto di brani davvero belli che mettono in risalto la splendida voce di Mills, a suo agio tra brani raffinati ed altri più graffianti, mentre gli strumenti valorizzano il talento del leone britannico senza risultare invadenti.
Ma d’altronde si parla di hard rock melodico, da sempre ricco di emozioni e su Streets Of Chance i brividi non si fanno attendere già dall’opener Scars, mentre la seguente When The Lights Go Down accende le luci intense di un’arena rock in balia di splendidi chorus direttamente dagli anni ottanta.
Legacy accentua le ritmiche mentre il refrain ci conquista al primo passaggio e l’album continua a dispensare grande musica mentre i toni si attenuano con Battleground e Dream On.
C’è ancora tempo per tornare su livelli altissimi con le ultime due tracce (Storm Warning, Seventh Wonder), fulgidi esempi di hard rock grintoso ma elegante e raffinato, con un Mills sugli scudi malgrado il tempo che avanza inesorabile.
Un ottimo album, intenso, raffinato ed elegantemente melodico, suonato e cantato da un nugolo di musicisti che fanno parte della crema del genere, e soprattutto composto da belle canzoni.

Tracklist
1. Scars
2. When The Lights Go Down
3. Legacy
4. Battleground
5. Dream On
6. Weighing Me Down
7. When We Were Young
8. The Art Of Letting Go
9. Storm Warning
10. Seventh Wonder

Line-up
Tony Mills – Vocals

Pete Newdeck – Vocals, Drums
Joel Hoekstra – Lead Guitars
Tommy Denander – Lead Guitars, Rhythm Guitars, Keyboards
Robby Boebel – Lead Guitars, Rhythm Guitars, Keyboards
Neil Frazer – Lead Guitars
Pete Fry – Rhythm Guitars
Toine Vanderlinden – Bass
Linda Mills – Bass
Eric Ragno – Keyboards

TONY MILLS – Facebook

Lostair – Ad Jubilaeum

Ad Jubilaeum è un album davvero bello e sorprendente, dalle atmosfere drammatiche ed oscure e attraversato da una sacralità che accompagna il thrash metal classico di ispirazione statunitense del gruppo.

La Revalve Records licenzia il secondo full length dei thrashers vicentini Lostair, band attiva dal 2004, condizionata da un continuo via vai di musicisti per quasi tutta la sua carriera che ha rallentato ma non fermato il gruppo veneto.

Dunque un ep e l’album di debutto uscito ormai cinque anni fa (Anguane) e tanta esperienza live, acquisita di supporto a band storiche del metal, tricolore e non, hanno rappresentato fin qui la carriera del gruppo in questi tredici anni: ora, dopo la firma con l’ottima label nostrana, ecco l’uscita di Ad Jubilaeum, concept album incentrato sull’immenso potere acquisito nei secoli dalla cristianità al di là dell’aspetto puramente spirituale, come ben raffigurato dall’artwork.
Religione e thrash metal, due mondi lontani ma che vengono ben rappresentati dalla musica dei Lostair, potente e pesante, veloce ed attraversata da mid tempo epici , oscuri e tragici.
Molte atmosfere di Ad Jubilaeum mi hanno ricordato gli Iced Earth ed il loro bellissimo Something Wicked This Way Comes, specialmente quando sfumature solenni rivestono di sacralità le devastanti cavalcate metalliche che la band concede senza tregua, nobilitandole con un lavoro tecnico che mette in risalto le performance di Andrea Girardello e Teo Lost (anche al microfono) alle chitarre e quella della sezione ritmica, composta da Gorgi al basso e Stizza alla batteria.
Un violento pugno nello stomaco, potente e diretto, drammatico ed oscuro come le tante guerre e le atrocità che si sono consumate ed ancora si consumano a causa della religione, curato nei minimi dettagli, a tratti molto diretto e valorizzato da parti in cui la melodia è padrona, a partire dal bombardamento sonoro intitolato At the Hands of Black Inquisition, preceduto dall’intro Exodus, dove lupi e corvi banchettano sui cadaveri lasciati dalla furente battaglia in Terra Santa.
Non c’è tregua, Rise e Where The Angels Die sono esplosioni di violento thrash metal americano e solo i cori liturgici di Vaticanum fermano il massacro solo per poco, prima che l’atmosfera sacrale si trasformi in un’altra bordata metallica.
E’ notevole anche l’atmosfera orientaleggiante di Trinity, uno dei picchi del lavoro, così come i cori operistici della conclusiva Finis Dierum, brano dal flavour orchestrale che ribadisce l’ottima vena compositiva dei Lostair.
Ad Jubilaeum è un album davvero bello e sorprendente, dalle atmosfere drammatiche ed oscure e attraversato da una sacralità che accompagna il thrash metal classico di ispirazione statunitense del gruppo.

Tracklist
1.Exodus
2.At the Hands of Black Inquisition
3.Rise
4.Where the Angels Die
5.Vaticanum
6.The Bible Code
7.Trinity
8.The Fall of Any Gods
9.Finis Dierum

Line-up
Teo Lost – Guitars, Vocals
Stizza – Drums
Gorgi – Bass
Andrea “Spin” Girardello – Guitars

LOSTAIR – Facebook

NUDIST

Il video di “Bury My Innocence”, dall’album omonimo in uscita a novembre (Argonauta Records).

Il video di “Bury My Innocence”, dall’album omonimo in uscita a novembre (Argonauta Records).