VIBORAS

Il video di “Where Were You”, primo estratto dal nuovo album “Eleven”.

Il video di “Where Were You”, primo estratto dal nuovo album “Eleven”.

Le parole della band sul nuovo video:
“Where Were You” è stato girato in un angolo di sala prove in cui il focus è volutamente la fisicità della band e ovviamente la canzone. Il brano in particolare chiede ad un immaginario interlocutore il perché della sua assenza proprio nel momento del bisogno.
E’ stato girato a settembre 2017 al 33Hz Studio di Trezzo (MI).
Regia e concept sono di Sal Rinella e Gio Poison.

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BIOGRAFIA
I Viboras nascono nel settembre 2003, pochi mesi dopo l’incontro-colpo di fulmine tra i componenti della band sul set del video dei Berenice Beach (già band di Sal e Beppe) “Jennifer”: Irene, all’epoca protagonista del video e Gio, il regista, trovano subito il feeling con il chitarrista Sal che propone di fondare un nuovo gruppo chiedendo a Beppe di unirsi al progetto.
Nell’arco di 4 mesi la band compone e registra un demo al Malibu di Milano, “We Bite”, e dopo una breve label search entra nel roster Ammonia Records, registrando l’album “Wrong” presso il celebre West Link Studio di Pisa allo scoccare dell’anno dalla formazione.
Da quel momento la band gira in Italia, Austria e Spagna unendosi a festival punk d’eccellenza come Eastpak Etnika Rock e alla prima edizione di Rock in Idro, condividendo palchi con nomi storici quali Toy Dolls, Darkest Hour, Punkreas, Derozer, Pornoriviste, Alberto Camerini.
Durante la composizione del secondo album Irene Viboras partecipa a brani di Thee STP, Punkreas e J-AX: quest’ultimo con 2,5 milioni di visualizzazioni del video “Tre Paperelle” e i successivi live sold out agli MTV TRL Awards e Live Club, aprono la band ad un ampio pubblico dai gusti musicali liberi da genere.
Nel 2010 i componenti decidono di mettere in standby la band per concentrarsi sui progetti artistici personali, ma l’assenza dell’entità “Viboras” si fa sentire da tutti. Dopo aver finalmente pubblicato “We Are With You Again” nel 2015 ripartono live e composizione e gli anni di pausa danno alla luce “Eleven”, terzo studio album registrato al 33Hz Studio di Frank Altare a Trezzo Sull’Adda (MI).
La band entra a far parte del roster di The Jack Music Agency ed è pronta per la release del nuovo album, il prossimo 23 febbraio.

Eternal Helcaraxe – In Times of Desperation

In Times of Times of Desperation è il classico lavoro che cresce con gli ascolti, consentendo di scoprire ogni volta qualche nuova interessante sfumatura, all’interno comunque di un sound robusto ma nel contempo mai eccessivamente spinto all’estremo.

Secondo full length per gli irlandesi Eternal Helcaraxe, band attiva da circa un decennio ma dall’attività piuttosto diradata, visto che il precedente Against All Odds risale appunto al 2012.

Poco male, se l’attesa produce un black metal così valido sotto tutti gli aspetti: In Times of Desperation è, infatti, un lavoro che unisce intensità e buon gusto melodico derogando un po’ dalle sfumature più atmosferiche del genere alle quali siamo abituati con le band che fanno parte del roster della Naturmacht.
L’album si rivela sufficientemente elaborato e vario, sempre dotato di una buona fruibilità che si esplica in un brano emblematico come la lunga Bannow, dove troviamo anche il gradevole contributo di una voce femminile, oltre che nelle trascinanti End Of All Things e From Seeds To Forest e nella più evocativa e conclusiva One Journey.
Come sempre le band irlandesi non si rivelano banali, qualsiasi possa essere il genere da loro prorosto: In Times of Times of Desperation è il classico lavoro che cresce con gli ascolti, consentendo di scoprire ogni volta qualche nuova interessante sfumatura, all’interno comunque di un sound robusto ma nel contempo mai eccessivamente spinto all’estremo.

Tracklist:
1. Our Time In The Sun
2. End Of All Things
3. Kneel Before None
4. The Healer And The Cross
5. Bannow
6. From Seeds To Forest
7. In Times Of Desperation
8. One Journey

Line-up:
Tyrith – Drums
Praetorian – Guitars, Keyboards, Vocals
Maulgrim – Guitars, Vocals (backing)

ETERNAL HELCARAXE – Facebook

Visigoth – Conqueror’s Oath

I barbari statunitensi si ripresentano dopo due anni da The Revenant King con un buon lavoro devoto ai canoni dell’epic true heavy metal,roccioso e fiero, ma inferiore allo splendido esordio.

Duri come l’acciaio, i barbari di Salt Lake City si ripresentano dopo l’ottimo debutto del 2015, The Revenant King, con un nuovo disco forgiato con il classico epic true heavy metal.

Le radici sono profondamente immerse nel suono epic americano dei bei tempi e i cinque musicisti ripercorrono con grinta, tenacia e discreta personalità questa strada, sguainando riff devoti e abbastanza memorabili, vocals e chorus rocciosi e carichi di pathos: il loro intento è sincero e convinto, non volendo modificare le regole del genere ma solo scrivere canzoni battagliere e indomite. Otto brani per quaranta minuti di musica dal forte impatto energetico: fin dall’opener Steel and Silver i canoni del genere vengono rispettati, con grandi chitarre che tagliano l’aria con riff e assoli fortemente epici ed il vocalist Jake Rogers che intona fieri inni accompagnato da chorus che esaltano l’atmosfera.Tutti i brani sono di buon livello, tranne forse Salt City, un po’ fuori fuoco e più “easy”, ma le vere punte del lavoro si trovano in Warrior Queen (bel titolo) compatta e decisa nel suo incedere, con un bel interplay di chitarra che ha sentori di NWOBHM e un’interpretazione molto sentita di Rogers. La melodia iniziale di Traitor’s Gate, accompagnata dalle accusatorie vocals, esplode in un tornado irrefrenabile scandito dal chorus vibrante e teso per una song che alza la temperatura della battaglia e sarà memorabile in sede live. La velocissima Blades in the Night continua a infiammare gli animi e non concede tregua attraversata da assoli perentori, mentre la title track è un mid-tempo quasi marziale dove sono ripercorsi con inalterata fierezza i canoni del genere e nel quale non mancano momenti esaltanti, con chitarre tonanti e chorus il cui motto è “sing through our souls like thunder and blood”. Una classica ma splendida cover completa un buon lavoro che a mio parere rimane però al disotto del disco d’esordio.

Tracklist
1. Steel and Silver
2. Warrior Queen
3. Outlive Them All
4. Hammerforged
5. Traitor’s Gate
6. Salt City
7. Blades in the Night
8. The Conqueror’s Oath

Line-up
Jamison Palmer Guitars
Leeland Campana Guitars
Matthew Brown Brotherton Bass
Mikey Treseder Drums
Jake Rogers Vocals

VISOGOTH – Facebook

Eye Of The Destroyer – Starved And Hanging

Quattro brani, quattro pallottole death/grind/hardcore sparate ad altezza d’uomo da questa macchina da guerra estrema per la quale la parola d’ordine è fare male, senza pietà.

E’ giunto anche per l’ep Starved and Hanging degli americani Eye Of The Destroyer il momento dell’uscita su supporto fisico in queste prime battute del nuovo anno.

Il gruppo proveniente dal New Jersey, nato nel 2013, ha un solo full length all’attivo (Methods Of Murder) ed un buon numero di ep di cui questo è l’ultimo arrivato: la band suona death metal, contaminato da furiose parti hardcore e grind, quindi una proposta musicale assolutamente estrema e senza compromessi.
Il mini cd in questione è composto da quattro tracce per soli dieci minuti di macello sonoro che si rifà alla scena d’oltreoceano, con echi di Dying Fetus e Cannibal Corpse che si ritrovano in un concept che unisce tradizione metal e frustate core per una pesantissima e quanto mai devastante proposta.
La durata del lavoro aiuta non poco l’ascolto, anche se la natura underground e violentissima del prodotto risulta materia solo per chi di questi suoni si nutre abitualmente.
Quattro brani, quattro pallottole death/grind/hardcore sparate ad altezza d’uomo da questa macchina da guerra estrema per la quale la parola d’ordine è fare male, senza pietà.

Tracklist
1.Obsessed with Death
2.Crushed Between Earth and Bone
3.Starved and Hanging
4.Mandatory Bludgeoning

Line-up
Joe Randazza – Drums
Chris Halpin – Guitars
Christopher Vlosky – Vocals
Dan Kaufman – Bass

EYE OF THE DESTROYER – Facebook

DISAFFECTED

Il video di “Glossolalia”, dall’album “The Trinity Threshold” (Chaosphere Recordings).

Il video di “Glossolalia”, dall’album “The Trinity Threshold” (Chaosphere Recordings).

Prog/Death metal band Disaffected release new video for “Glossolalia”. “Glossolalia” is taken from Disaffected’s third studio album “The Trinity Threshold”, which was released last November via Chaosphere Recordings.

The clip was filmed at Black Sheep Studios (Mem Martins, Portugal), and was directed and produced by Ivo Martins.

Order new album “The Trinity Threshold” – https://disaffectedmetal.bandcamp.com/

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Deathcult – Cult Of The Goat

Cult Of The Goat è senz’altro un album ricco di sostanza e in grado di soddisfare chi disconosce gran parte di quanto offerto in ambito black metal nel nuovo secolo, prediligendo l’impatto di sonorità a loro modo datate ma sempre in grado di fare molto male

I Deathcult sono una band norvegese dal curriculum di tutto rispetto in ambito black metal, visto che a far parte del trio troviamo musicisti che hanno collaborato con nomi quali Gorgoroth e Taake (di questi ultimi addirittura lo stesso Hoest, qui nel ruolo di bassista).

Neanche a dirlo, quello dei Deathcult è un black devoto alla tradizione del genere ma con qualche piacevole variazione sul tema, quindi resta all’insegna di un’interpretazione del genere diretta e senz’altro lineare ma senza che vengano disdegnati cambi di ritmo oppure passaggi relativamente più ricercati.
Un brano di apertura come Climax Of The Unclean basta ed avanza per farsi un’idea esaustiva del contenuto di un album come Cult Of The Goat, dal quale tutto bisogna attendersi fuorché  sperimentazioni o fascinazioni provenienti da altri filoni stilistici, anche se l’esperienza dei musicisti coinvolti fa sì che ogni traccia si riveli ricca di spunti e curata in ogni dettaglio, produzione inclusa.
Davvero notevole si rivela Man Versus Beast, travolgente nelle sue ritmiche incessanti, mentre The Oath sposta nel finale le sue coordinate verso un sapiente black’n’roll che anticipa una inquieta Devilgoat, nella quale va rimarcato il pregevole lavoro al sitar dell’ospite Gjermund Fredheim.
Da segnalare anche l’ospitata di Attila Csihar, magari non fondamentale  per il contributo fornito ma significativa di quanto questo gruppo di musicisti goda di una solida credibilità all’interno della scena.
In definitiva Cult Of The Goat è senz’altro un album ricco di sostanza e in grado di soddisfare chi disconosce gran parte di quanto offerto in ambito black metal nel nuovo secolo, prediligendo l’impatto di sonorità a loro modo datate ma sempre in grado di fare molto male.

Tracklist:
1. Climax Of The Unclean
2. Bloodstained Ritual
3. Ascension Rite
4. Man Versus Beast
5. The Oath
6. Devilgoat
7. Laudate Hircum

Line-up:
Skagg – Vocals, Guitar
Hoest – Bass
Thurzur – Drums

Guests:
Dirge Rep: Lyrics
Attila Csihar: Vocals
Lava: Guitar
Gjermund Fredheim: Guitar/Sitar/Baroque Guitar and Bow
Carmen Boveda: Cello
Gøril Skeie Sunde: Cello

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