LEATHERJACKS

Il video di Persona Non Grata, dall’album di prossima uscita Songs For The Strangest Ones.

Il video di Persona Non Grata, dall’album di prossima uscita Songs For The Strangest Ones.

“Persona Non Grata” is the new single for our 2nd upcoming album, entitled “Songs For The Strangest Ones” (No Release Date Yet). This is the Official Lyric Video of the song.

– All Voices, Guitar and other Instruments by Mauro Cordeiro.
All Lyrics, Song and Arrangements by Mauro Cordeiro.
Mixing and Mastering by Mauro Cordeiro.

– After Effects Video Editing, Motion Graphics, Art, Animations, and Concepts by Mauro Cordeiro.

– Produced by Mauro Cordeiro at MauCor Music.

SirJoe Project – Letze Baum

A tratti sembra davvero di vivere l’emozione visiva di terre lontane e la bellezza del mondo animale, tra canti e cori etnici, trasportati e cullati dalla musica di questo splendido lavoro, che del progressive prende la sua caratteristica di non genere, o meglio di un’unione di stili che formano un quadro musicale in l’arcobaleno scaglia come frecce i suoi colori.

Nel mondo della musica le sorprese sono sempre dietro l’angolo e dopo quasi quarant’anni di ascolti, lo stupore e la consapevolezza di essere al cospetto di un lavoro sopra le righe è sempre vivo e rappresenta il motore per continuare ad ascoltare, senza costruirsi inutili barriere, cercando il bello in ogni angolo del mondo musicale rock/metal.

Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, l’ultimo animale libero ucciso, vi accorgerete… che non si può mangiare il denaro.
Questa bellissima, tragica e drammatica frase è lo spunto da cui nasce Letze Baum, concept ideato dai SirJoe Project, che altri non è che un musicista storico della scena dark/progressive/rock, il chitarrista Sergio Casamassima dei Presence, qui aiutato da una manciata di bravissimi musicisti come il cantante Alessandro Granato, il bassista Mino Berlano, il tastierista Luciano Longo ed il batterista Peppe Iovine.
Il musicista, compositore e maestro, crea questo viaggio di denuncia attraverso il nostro pianeta, a bordo di una macchina musicale che non trova ostacoli, tra bellissimi brani che ci portano dall’Africa, all’Oceania, dalla vecchia Europa alle Americhe, passando per i poli denunciando e difendendo il pianeta e la sua splendida madre, la natura.
A tratti sembra davvero di vivere l’emozione visiva di terre lontane e la bellezza del mondo animale, tra canti e cori etnici, trasportati e cullati dalla musica di questo splendido lavoro, che del progressive prende la sua caratteristica di non genere, o meglio di un’unione di stili che formano un quadro musicale in l’arcobaleno scaglia come frecce i suoi colori.
Grandi melodie all’interno di un sound vario e progressivo, dunque, per più di un’ora (non poca di questi tempi) nel corso della quale i SirJoe Project tessono spartiti, legano ispirazioni diverse tra musica etnica e rock riuscendo ad unire terre, popoli e natura, in tempi in cui le divisioni purtroppo sono sempre più nette.
Gli impulsi musicali quindi arrivano dal rock, come dal metal, dal progressive come da stili lontanissimi dal normale sentire per chi si nutre di queste sonorità, come la musica etnica e la world music, il tutto unito da trame melodiche affascinanti.
Settantadue minuti di musica, divisa in tredici perle musicali che trovano il sottoscritto in difficoltà nel suggerirne una piuttosto che un’altra: quindi prendete un po’ del vostro tempo e dedicatelo a qualcosa che vi riempia il cuore, come questo splendido lavoro, non ve ne pentirete.

Tracklist
1.Forgive Us
2.Thieves In The Temple
3.Coltan Grave
4.I Pray The Rain
5.The Power Of The Sea
6.Deadly Waltz
7.Anyway
8.Binary Codes
9.The King Of All
10.I Need Time
11.Maybe Today
12.Raimbow Warriors
13.Selfdestruction

Line-up
Sergio Casamassima – Lead Guitar
Alessandro Granato – Voice
Mino Berlano – Bas
Luciano Longo – Keybaords
Peppe Iovine – Drums

SIRJOE PROJECT – Facebook

A Perfect Circle – Eat The Elephant

Gli A Perfect Circle, senza dovere escogitare qualcosa di particolare, hanno prodotto un album di grande spessore, che riesce a differenziarsi dalle produzioni odierne in virtù di un’interpretazione del rock alternativo in qualche modo “antica”, proprio per la sua lontananza dalla natura usa e getta del rock più radiofonico e commerciale.

Se non fosse che il fatto stesso di ricevere il promo di un album così atteso sia motivo di soddisfazione, l’obbligo di dover commentare un disco come Eat The Elephant degli A Perfect Circle è una delle prove a cui tutto sommato ci si sottrarrebbe volentieri, un po’ per il fatto che noi di ME siamo orientati per indole ad occuparci di band che hanno sulla loro pagina Facebook 200 o 2.000 like e non 2 milioni, ma soprattutto in quanto sappiamo benissimo che ogni parere emesso al riguardo diviene a sua volta oggetto di infinite discussioni e di sterili polemiche.

Infatti, ogni uscita che coinvolge Maynard James Keenan, che sia a nome della sua band principale (Tool) o di altri progetti collaterali (Puscifer e, appunto, A Perfect Circle), viene spesso accolta dal pubblico in maniera tutt’altro che oggettiva, facendo pesare in sede di valutazione diversi aspetti che con la musica hanno ben poco a che vedere, derivanti per lo più dalla personalità inusuale del vocalist e del suo modo di porsi sicuramente non troppo alla mano.
Aggiungiamoci poi che l’interminabile assenza dalle scene dei Tool ha aumentato esponenzialmente l’attesa verso questo nuovo lavoro degli A Perfect Circle, a loro volta in stand by da ben quattordici anni, andando a comporre uno scenario nei confronti del quale è facile perdere di vista l’aspetto più importante, che è pur sempre quello musicale.
Provando così ad ascoltare Eat The Elephant senza alcun pregiudizio, in un senso o nell’altro, ciò che se ne ricava è la sensazione d’essere in presenza di un gran bel disco, nel quale è stata immessa una cura dei particolari degna di altri tempi da parte del buon Billy Howerdel (sul quale, è sempre bene ricordare, pesa l’onere compositivo, liriche escluse, negli APC).
Soprattutto, questo è un album fatto di canzoni, nel senso più autentico del termine. E quando queste godono di una produzione ed un’esecuzione strumentale che rasenta la perfezione, di un songwriting piuttosto ispirato, e di un cantante che, lo si apprezzi o meno, possiede doti interpretative non comuni, ecco che il pranzo è servito, per la gioia dei non pochi amanti di questo tipo di cucina.
Tra la dozzina di brani proposti ne troviamo diversi irresistibili, dotati di passaggi capaci di imprimersi nella memoria in maniera pressoché indelebile per sovvenire anche nei momenti meno propizi (So Long, And Thanks For All The Fish, Delicious, Disillusioned, The Doomed), altri dallo sviluppo più ricercato ed intimista ma dagli esiti ugualmente eccellenti (la title track, Get The Lead Out) e alcuni, pochi per fortuna, gradevoli ma decisamente meno brillanti, appartenenti alla categoria di quelli che musicisti di simile caratura compongono con il pilota automatico (By And Down The River, Feathers) oppure cervellotici e parzialmente fuori contesto (Hourglass).
Eat The Elephant è un’opera molto meno nervosa di Mer de Noms e anche di Thirteenth Step, ed appare evidente la scelta di prediligere un certa orecchiabilità che per fortuna non scade nella banalità, cosa questa che avrebbe sorpreso non poco se si fosse verificata; quello che appare evidente è che gli A Perfect Circle, senza dovere escogitare qualcosa di particolare, hanno prodotto un album di grande spessore, che riesce comunque a differenziarsi dalle produzioni odierne in virtù della classe superiore alla media di un compositore come Howerdel e di un cantante come Keenan (autore come sempre di testi tutt’altro che scontati), offrendo un interpretazione del rock alternativo in qualche modo “antica”, proprio per la sua lontananza dalla natura usa e getta del rock più radiofonico e commerciale.

Tracklist:
1. Eat The Elephant
2. Disillusioned
3. The Contrarian
4. The Doomed
5. So Long, And Thanks For All The Fish
6. TalkTalk
7. By And Down The River
8. Delicious
9. DLB
10. Hourglass
11. Feathers
12. Get The Lead Out

Line-up:
Maynard James Keenan
Billy Howerdel
James Iha
Jeff Friedl
Matt McJunkins

A PERFECT CIRCLE – Facebook

Neck Of The Woods – The Passenger

I Neck Of The Woods sono ancora lontani dal luogo in cui è nascosto il santo graal dell’originalità, ma sicuramente sono riusciti con personalità e buone idee a creare un album affascinante e per nulla scontato, tagliando il cordone ombelicale che li teneva legati al metalcore e quindi liberi di creare musica progressivamente metallica ma dall’approccio moderno.

I canadesi Neck Of The Woods rilasciano il primo album sulla lunga distanza, questo ottimo lavoro che conferma quanto sia diventata sottile la linea che separa un certo modo di fare prog metal con il metal moderno di estrazione core.

La band, nata nel 2013 e con il classico demo di inizio carriera, seguito da un ep omonimo licenziato un paio di anni fa, con The Passenger conferma questo trend che porta i gruppi dell’ultima ondata progressiva ad amalgamare suoni introspettivi e dilatati, con frustate metalliche di estrazione core allargando i confini dei due generi.
Non sono sicuramente l’unica band che prova a suonare qualcosa di meno scontato nel panorama odierno, ma è pur vero che The Passenger, visto dai due lati contrapposti, rilascia ottime sensazioni, portando con sè atmosfere suggestive, e melanconiche in un sound estremo e valorizzato dall’ottima tecnica in possesso dei cinque musicisti.
The Passenger, fin dalle prime note dell’opener Bottom Feeder, passando per il death metal tecnico e melodico di Nailbiter e la forza espressiva della notevole You’ll Always Look the Same to Me esprime un’urgenza di arrivare all’ascoltatore senza per forza usare i soliti cliché ormai abusati nel metal moderno, ma ci investe con una serie di solos entusiasmanti, ci accarezza delicatamente, pregno com’è di sfumature melanconicamente dark e ci travolge a tratti con la furia controllata di un metalcore che ha in sé residui hardcore.
I Neck Of The Woods sono ancora lontani dal luogo in cui è nascosto il santo graal dell’originalità, ma sicuramente sono riusciti con personalità e buone idee a creare un album affascinante e per nulla scontato, tagliando il cordone ombelicale che li teneva legati al metalcore e quindi liberi di creare musica progressivamente metallica ma dall’approccio moderno.

Tracklist
1. Bottom Feeder
2. Nailbiter
3. White Coats
4. Open Water
5. You’ll Always Look the Same to Me
6. Face of the Villain
7. Drift
8. Foothills
9. Before I Rest

Line-up
Jeff Radomsky – Vocals
Dave Carr – Guitars
Travis Hein – Guitars
Jeremy Gilmartin – Drums
Jordan Kemp – Bass

NECK OF THE WOODS – Facebook

Hundred Year Old Man – Breaching

Breaching non è un lavoro molto semplice da assimilare e la sua durata vicina all’ora rende il tutto ancor più impegnativo, ma anche gratificante per chi apprezza certe sonorità.

Dopo aver parlato nello scorso inverno dell’ep Black Fire, ritroviamo i britannici Hundred Year Old Man alle prese con il loro primo full length,

Da quel lavoro la band di Leeds mutua sia il brano omonimo sia Disconnect, presentando altre sei tracce inedite, tre delle quali sono pregevoli episodi di matrice ambient, mentre The ForestLong Wall e Ascension mettono in mostra quello sludge post metal disturbato da inserti dronici e ben poco propenso a lasciare spazio agli accenni melodici nei quali ci eravamo imbattuti qualche mese fa.
Va detto che proprio il brano conclusivo, però, al di là delle vocals straziate, si muove su tempi più ragionati andando a creare un’interessante dicotomia tra lo sviluppo del sound e, appunto, l’uso della voce.
Il risultato finale è un album che tiene fede alle aspettative, fornendo comunque buona continuità alla precedente produzione e andando a collocare gli Hundred Year Old Man tra le realtà di sicura prospettiva nella scena europea.
Breaching non è ovviamente un lavoro molto semplice da assimilare e la sua durata vicina all’ora rende il tutto ancor più impegnativo, ma anche gratificante per chi apprezza tali sonorità.

Tracklist:
1 Breaching
2 Black Fire
3 The Forest
4 Clearing The Salients
5 Long Wall
6 Disconnect
7 Cease
8 Ascension

Line-up:
Aaron Bateman
Paul Broughton,
Steve Conway
Owen Pegg,
Dan Rochester-Argyle
Tom Wright

HUNDRED YEAR OLD MAN – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL – TRACY GRAVE

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Questa volta tocca ai Tracy Grave, band sarda guidata dall’omonimo vocalist dedita ad un ottimo hard/sleze/glam rock

MC Li abbiamo ascoltati qui su Overthewall con il nuovo singolo, Over the top, con noi Tracy Grave!
Tracy, la bio raccontava che la tua carriera musicale inizia dal 2000. Ma altre fonti mi hanno rivelato che ascoltavi glam già dalla tenera età! Quand’è che hai cominciato a comporre e quando hai pensato di metterti finalmente in gioco?

Ciao Mirella, è vero, ho scoperto il rock in tenera età e a 12 anni avevo già la mia prima band!! Ma è solo nel 2000 che ho cominciato a scrivere materiale originale. Prima mi dilettavo solo nella stesura di poesie, ho addirittura ancora valanghe di fogli da qualche parte. Per quanto riguarda la scrittura ho sempre sentito il bisogno di scrivere pensieri, poesie, racconti, ma è solo nel 2000 che ho cominciato ad esprimermi in musica ed e stata una cosa improvvisa senza pensarci su.

MC Nella tua carriera musicale hai condiviso il palco con grossi nomi del metal quali Alice Cooper, Paul di Anno, giusto per citarne alcuni. Ci racconti le tappe più importanti del tuo passato artistico?

Ogni tappa è stata importante, dal più piccolo palco al più grande, ogni percorso fatto mi ha lasciato un segno, non è il grande artista o il poco pubblico, semplicemente il fatto di cantare ed esprimerti è sempre un emozione unica.

MC Come nascono i tuoi brani? Da cosa riesci a trarre ispirazione per i testi e la musica?

In passato, come tanti altri, mi basavo sull’emulazione dei miei idoli, faceva figo fare l’Axl della situazione ecc…
Dopo un po’ di anni mi sono reso conto che non ero io, non era quello che avevo dentro e che volevo trasmettere.
Negli ultimi due album ho trovato la mia dimensione artistica, diciamo, e per quanto riguarda i testi, mi ispiro a persone, cose, momenti, istanti… tutte cose reali, comunque, e non provenienti dagli anni ’80 o rubate ad altre band più gettonate.

MC Il 5 aprile scorso pubblicate il nuovo album ” Sleazy Future” per la Volcano Records. Proprio per questa occasione ti avvali della collaborazione di una band, creata assieme al chitarrista e compositore Mark Shovel. Ci parli di questo nuovo lavoro discografico?

Sleazy Future è una sorta di ribellione contro tutto ciò che viviamo e contro ciò che ci prospetta il futuro, Un calcio in culo a chi ci ha sempre sbattuto le porte in faccia, un vaffanculo all’industria discografica…mi fermo qui per ora eheh.
Abbiamo dovuto scegliere tra una quarantina di brani per arrivare ai 10 dell’album, quindi vi lascio immaginare quanta rabbia c’è in questo disco.

MC Ci saranno spettacoli dal vivo a promuovere la nuova uscita?

Per ora stiamo girando la Sardegna e abbiamo in organizzazione un prossimo tour che ci porterà fuori molto presto.

MC Quali sono i progetti futuri della band?

Continuare a suonare prima di tutto e farci conoscere il più possibile in tutto il mondo, poi si vedrà!! Prendiamo tutto al momento, lavorando giorno dopo giorno!

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

Siamo presenti in tutti i social (https://www.facebook.com/tracygraveofficialpage/https://twitter.com/tracygraverock) e abbiamo anche il sito web ufficiale (https://www.tracygraveofficial.com).

MC Grazie di essere stato qui con noi!!

Grazie mille a voi per lo spazio concesso!!! A presto e Rock n’ roll!!