Revel In Flesh – Relics Of The Deathkult

Il growl catacombale accompagna questa visita guidata dai Revel In Flesh nell’inferno sulla terra, tra putride atmosfere nelle quali il genere trova la massima espressione fuori dalla sua terra natia.

Tornano i tedeschi Revel In Flesh a due anni di distanza dal monumentale Emissary of All Plagues, un altare costruito in un cimitero abbandonato dove i morti sacrificano i vivi al dio dello Swedish Death.

La band non può che essere considerata come una delle migliori realtà che il death metal di stampo scandinavo possa annoverare di questi tempi , anche se il luogo di nascita del gruppo è da ricercare nel centro del vecchio continente.
Questa volta Haubersson , Maggesson e compagni ci torturano con una compilation di brani usciti solo su 7′, ep o come bonus track nelle versioni degli album in vinile, quindi vanno dall’epoca del debutto (Deathevokation) fino all’ultimo lavoro.
Con ancora due geni all’opera come Dan Swano, a lavorare sui brani senza snaturare il suono originale, e Juanjo Castellano, ad illustrare un altro artwork splendidamente horror, Relics Of The Deathkult è un album imperdibile per i fans del gruppo e per gli amanti del death metal old school suonato al nord nei primi anni novanta.
Mid tempos vengono scolpiti su lapidi inclinate dalla terra smossa dai cadaveri, mentre riff di scuola Entombed sono lame con cui si d° inizio al sacrificio; il growl catacombale accompagna questa visita guidata dai Revel In Flesh nell’inferno sulla terra, tra putride atmosfere nelle quali il genere trova la massima espressione fuori dalla sua terra natia: il risultato è quasi un’ora di grande metal estremo composto da otto brani originali, tutti di spessore tanto che diventa difficile considerarli delle tracce minori, e tre cover pescate dalle discografie di Master, Death e Headhunter D.C.
Relics Of The Deathkult è l’ennesimo lavoro che riconcilia con il genere e mantiene il gruppo tedesco sul podio delle mie preferenze per quanto riguarda il death metal di scuola nord europea: da non perdere per alcun motivo.

Tracklist
1.Bonecrusher
2.Corpus Vermis
3.Chant Of Misery
4.Deathkult
5.Phlebotomy – Blood Dripping Healing
6.Nightrealm Ghouls – The Dead Will Walk The Earth
7.The Ending In Fire
8.Casket Ride
9.Pay To Die (Master – Cover)
10.Mutilation (Death – Cover)
11.Deny The Light (Headhunter D.C. – Cover)

Line-up
Gotzberg – Bass
Herrmannsgard – Guitars
Maggesson – Drums, Guitars
Haubersson – Guitars, Bass, Vocals
Henrikson – Drums

REVEL IN FLESH – Facebook

Assumption – Absconditus

Un biglietto di sola andata verso i meandri dell’esistenza con Absconditus, per un funeral doom che non lascia nulla al caso e si colloca in uno stile fortemente innovativo.

Grande forza e motivazione per questa band italiana di recente formazione, ovvero gli Assumption, un duo direttamente da Palermo con il loro primo effettivo full-length, dopo un demo ed un EP nel quale avevano già sperimentato diversi orizzonti di un genere mai facile da approcciare, ovvero il funeral death doom, tanto di nicchia quanto musicalmente vasto.

Questa volta gli Assumption sembrano davvero aver trovato una loro dimensione, tirando fuori dal cilindro un album variegato, deciso ma mai pretenzioso. Il ridotto numero di brani, solo tre, è una scelta di grande coraggio in un mercato in cui si abbonda per accontentare un pubblico sempre affamato, perdendone in qualità. Ma non si tratta nemmeno di “brevis”, perché la durata totale dell’album è di quasi 40 minuti, fedelmente alla tradizione funeral.
I tre brani si intrecciano come se avessero una storia comune che trova la sua sintesi, culmine e conclusione naturale con l’ultimo evocativo brano Beholder of the Asteroid Oceans Part I & II.
Il percorso della band palermitana ha portato a sonorità raramente udibili nel doom, e sta contemporaneamente nel mezzo ma anche fuori da band come Disembowelment, Evoken e non solo, dalle quali sicuramente i due musicisti hanno tratto grandissima ispirazione.
Un biglietto di sola andata verso i meandri dell’esistenza con Absconditus, per un funeral death doom che non lascia nulla al caso e si colloca in uno stile fortemente innovativo. L’album è quindi fortemente consigliato per tutti i fan di un genere che mantiene pur sempre quella sacra classicità che lo contraddistingue, ma che possiede anche la curiosità di esplorare.

Tracklist
1. Liberation
2. Resurgence
3. Beholder of the Asteroid Oceans (Part I & II)

Line-up
D. – Drums
G. – Guitars, Bass, Vocals, Keyboards, Flute

ASSUMPTION – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: PERSEUS

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Questa volta tocca ai pugliesi Perseus, ottimi esponenti della scena heavy metal tricolore.

MC Ospite stasera Antonio Abate leader dei Perseus! Benvenuto su Overthewall!

Ciao Mirella è un vero piacere essere qui con voi!

MC Come nasce questo progetto e quali sono le vostre precedenti esperienze musicali?

I Perseus nascono nel 2011, dall’incontro di due band rinomate dell’underground cittadino, i miei Defenders Of the Faith, una tribute band dei Judas Priest, e gli Hastings, band prog metal che fine anni 90 aveva avuto ottime recensioni dalla stampa specializzata.

MC Una delle cose che mi ha più affascinato dei Perseus è la vostra passione per il fantasy. Mi parli di come realizzate i vostri brani e cosa vi ispira maggiormente?

Sia io che Cristian, il nostro chitarrista che è il maggiore compositore del testi dei Perseus, siamo appassionati di fantasy, di recente mi sono avvicinato e appassionato delle saghe di JK Rowling e in passato sono stato e sono ancora oggi amante dell’epica greca; Cristian è un appassionato di cultura medioevale, tra l’altro scrive libri a riguardo, poi i brani maturano da idee che a volte nascono anche per strada e riproponiamo in sala prove, oppure, da altre che vengono mentre proviamo e che poi con varie jam vengono sviluppate.

MC Il vostro ultimo lavoro discografico è stato pubblicato nel 2016 . Ci sono novità che ci attendono?

Guarda, attualmente siamo come una nave che naviga a vista! Sì, abbiamo del nuovo materiale proposto di recente  anche dal vivo nel nostro ultimo tour nei paese dell’est a febbraio, e devo dire che la gente ha gradito. Stiamo aspettando il momento giusto per uscire al momento più opportuno!

MC Che importanza ha, nel mondo underground, essere supportati da una valida etichetta come la Nadir Music?

Sai, spesso molti si lamentano delle etichette, io spezzerei una lancia a favore, in quanto è davvero coraggioso mettere su un’etichetta; nella musica oggi in tutti i campi non ci sono molti soldi, quindi credere in band emergenti è molto coraggioso. Quelli della Nadir con noi sono stati molto onesti e soprattutto professionali.

MC Vi trovate più a vostro agio in studio o su un palco?

Personalmente amo la sede live, posso dire che ho fatto esperienze varie nel campo della musica e in vari generi: pop, pianobar… diciamo che per sopravvivere ho fatto tante cose, quindi, amo molto i live; lo studio è bello ma dipende dei momenti, perché ci sono giorni che si diventa un po’ stressanti, ahahah

MC Quali sono state le vostre più importanti esperienze live ?

Di esperienze live importanti nei abbiamo fatte molte e abbiamo condiviso il palco con parecchie band famose come Vision Divine, Pino Scotto, Dragonhammer, Queensryche, Civil War e Fabio Lione.

MC Secondo te il web può penalizzare un genere di nicchia come l’underground? O pensi che invece serva e sia utile a farsi conoscere dappertutto?

Questa è una risposta che ha tante sfaccettature:  internet di sicuro ha dato opportunità a band minori come la nostra di essere conosciute in paesi impensabili, comunque non ha danneggiato le vendite, perché i cd vengono venduti in sede live; la guerra fatta dalle band grosse secondo me è stupida.

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

Ci possono seguire sulla nostra pagina di Facebook, su Twitter e sul nostro sito Web

MC Grazie di essere stato su Overthewall! Vuoi dire qualcosa ai nostri ascoltatori?

Grazie per l’opportunità e un grosso abbraccio, STAY HARD!

Valgrind – Blackest Horizon

Blackest Horizon si sviluppa su dieci brani suonati e prodotti in maniera impeccabile: la devastante atmosfera dei brani si poggia su un sound che mette in evidenza il gran lavoro dei musicisti sia nelle ritmiche che negli splendidi intrecci chitarristici, a tratti urlanti sofferenza estrema.

Vi avevamo parlato dei Valgrind in modo entusiastico lo scorso anno in occasione dell’uscita di Seal Of Phobos, ep che confermava il talento estremo dell’ex Raw Power Gianmarco Agosti e dei suoi compagni.

La band emiliana, attiva addirittura dal 1993 con annesso un lungo periodo di silenzio tra il 2002 ed il 2012, torna con un lavoro sulla lunga distanza, dando un seguito ai due precedenti full length Morning Will Come No More e Speech Of The Flame.
Poco tempo è passato tra Blackest Horizon ed il suo predecessore, eppure la band continua a vivere in uno stato di grazia compositivo assolutamente vincente, così che il nuovo album è da considerare come l’ennesima conferma della bontà della scena death metal tricolore.
Quello dei Valgrind è un death metal old school, ispirato alla scena americana dei primissimi anni novanta, un nido di demoni che devastava la Bay Area prima e poi il resto del mondo, dividendosi gli onori dei fans con la scuola scandinava.
Morbid Angel, Deicide, Monstrosity, le ispirazioni sono quelle che hanno forgiato il quartetto fin dagli esordi, quindi niente di nuovo, ma perfetto nel ricalcare il death metal old school.
Blackest Horizon si sviluppa su dieci brani suonati e prodotti in maniera impeccabile: la devastante atmosfera dei brani si poggia su un sound che mette in evidenza il gran lavoro dei musicisti sia nelle ritmiche che negli splendidi intrecci chitarristici, a tratti urlanti sofferenza estrema.
Dall’opener Victorius veniamo travolti da questo combo nostrano, la musica forma una montagna che si sposta sospinta dalla forza estrema: i solos risultano uno più bello dell’altro, l’atmosfera creata favorisce l’ascolto, incollandoci alle cuffie prima che Third And Last, The Empire Burns e le tre parti di Last Angel ci spazzino via, veri tornado estremi di straordinario impatto valorizzati da un bagaglio tecnico impressionante.
I Valgrind confermano la loro ottima forma con un album riuscito e a tratti entusiasmante e i deathsters sono pregati di non lasciarselo sfuggire.

Tracklist
1.Victorius
2.Sunken Temple Of Initiated
3.Third And last
4.The Blackest Horizon
5.Sacrificial Journey
6.The Empire Burns
7.The Fist
8.Last Angel (Into The Unknown)
9.Last Angel (The Psychonaut)
10.Last Angel (Hades Horseman)

Line-up
Daniele Lupidi – Vocals/bass
Massimiliano Elia – Lead and rhythm guitars/keyboards
Umberto Poncina – Rhythm and lead guitars/keyboards
Gianmarco Agosti – Drums

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