Death.Void.Terror. – To the Great Monolith I

To the Great Monolith I si rivela un’esperienza sonica spiazzante o devastante, a seconda di quale sia il grado di compenetrazione di ciascuno verso questo impietoso approccio musicale.

To the Great Monolith I è la prima uscita per questo misterioso progetto musicale di provenienza probabilmente elvetica denominato Death.Void.Terror.

Siamo alle prese con un lavoro che lascia ben poco spazio ad orpelli stilistici o gradevolezze assortite: quello offerto in questo frangente è un maelstrom sonoro che si dipana in forma sperimentale partendo da una base black.
Il risultato che ne scaturisce è composto da due tracce lunghissime, per un totale di circa quaranta minuti, che devono essere affrontate con il giusto spirito per poterne cogliere quanto di valido vi è contenuto.
To the Great Monolith I si rivela infatti un’esperienza sonica spiazzante o devastante, a seconda di quale sia il grado di compenetrazione di ciascuno verso questo impietoso approccio musicale.
In buona sostanza, quella offerta dai Death.Void.Terror. è la colonna sonora di un apocalisse che, probabilmente, è già in corso dal un bel pezzo mentre noi continuiamo a suonare come l’orchestrina del Titanic mentre stiamo colando definitivamente a picco.

Tracklist:
1 (——–)
2 (—-)

Hexx – Quest For Sanity & Watery Gates

Power/thrash statunitense, selvaggio e feroce, ruvido e glorificato dal dio metallo: il sound del gruppo era quanto di più amato dai kids sfuggiti ai lustrini del Sunset Boulevard, figlio del metal classico potenziato da iniezioni letali di speed/thrash.

Tra il 1988 e il 1990 prima che il full length Morbid Reality (uscito nel 1991) concludesse la prima fase della loro carriera, ripresa una quindicina d’anni dopo, i thrashers americani Hexx licenziarono questi due ep, Quest For Sanity (1988) e Watery Graves (1990).

La Vic Records ristampa in un unico formato i due storici lavori, così che il gruppo californiano, dopo il buon ritorno sulla lunga distanza dello scorso anno (Wrath Of The Reaper) ,torna a far parlare di sè dopo una lunga sosta ai box.
Band di culto nel panorama power/thrash statunitense, gli Hexx sono tornati in pista con una formazione rinnovata rispetto all’epoca dell’uscita di questi brani: d’altronde sono passati trent’anni, il metal classico ha vissuto il periodo buio dei primi anni novanta e dell’inizio del nuovo millennio, non ha mai mollato è sopravvissuto nell’underground e continua la sua missione tra alti e bassi.
Ai tempi era tutta un’altra cosa, ed una band come gli Hexx era venerata dai fans, fresca del capolavoro Under The Spell uscito nel 1986.
Il sound del gruppo, un power/thrash statunitense, selvaggio e feroce, ruvido e glorificato dal dio metallo, era quanto di più amato dai kids sfuggiti ai lustrini del Sunset Boulevard, figlio del metal classico potenziato da iniezioni letali di speed/thrash.
La band all’epoca era un quartetto, con il chitarrista Dan Watson ed il batterista Jon Shafer, unici superstiti nella formazione che ha registrato l’ultimo album.
Una produzione in linea con le uscite dell’epoca ed una grinta invidiabile da parte del gruppo, fanno di questa operazione un buon modo per rituffarsi nel metal di fine anni ottanta.

Tracklist
1.Racial Slaughter
2.Sardonicus
3.Fields Of Death & Mirror Of The Past
4.Twice As Bright
6.Watery Graves
7.Edge Of death
8.Under The Spell

Line-up
Bill Peterson – Bass
John Shafer – Drums
Dan Watson – Guitars
Clint Bower – Guitars, Vocals

Current Line Up:
Eddy Vega – vocals
Dan Watson – guitars
Bob Wright – guitars
Mike Horn – bass
John Shafer – drums

URL Facebook
https://www.facebook.com/officialhexx

Contenuto musicale (link youtube – codice bandcamp – codice soundcloud)
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Descrizione Breve

A Night Of Doom And Death In Rome – 6 Maggio – Monk – Roma

Il report del concerto che ha visto impegnati In Mourning, Clouds, Anktartis ed Ars Onirica.

La prima volta in Italia dei Clouds di Daniel Neagoe rappresentava un’occasione troppo importante per non pensare di fare una trasferta di un migliaio di chilometri, tra andata e ritorno, per assistere al concerto organizzato al circolo Monk di Roma dalle due Dark Veil, Floriana e Simona.

Il resto del bill, peraltro, non era affatto da sottovalutare, visto che dalla Svezia erano in arrivo i notevoli Anktartis ed i più famosi In Mourning, ai quali era stata aggiunta un’altra ottima band di casa come gli Ars Onirica.
Sono stati proprio questi ultimi, tornati in attività dopo oltre un decennio di silenzio, ad aprire la serata con un set breve ma intenso, con il quale i ragazzi della capitale hanno messo in mostra un black doom di ottima fattura che fa presagire frutti prelibati in occasione del nuovo lavoro in programma quest’anno, rendendo peraltro evidente un aspetto di fondamentale importanza come l’acustica pressoché perfetta offerta dal locale.

Alessandro Sforza (ARS ONIRICA)

Di questo valore aggiunto, non così scontato purtroppo in molti altri locali frequentati ultimamente, hanno goduto anche gli Anktartis, band reduce da un notevole lavoro come Ildlaante, uscito nello scorso autunno per Agonia. Questo quartetto svedese, che per la sua metà ha membri in comune con gli In Mourning, nelle persone di Tobias Netzell e Björn Pettersson, ha proposto il suo sludge doom di spasmodica intensità e in una veste contaminata da pulsioni post metal che ne avvicina il sound a soliti noti come Isis, Rosetta e co.
Al di là dei riferimenti, utili per inquadrare le coordinate dell’offerta della band, la prova del combo svedese ha convinto non poco per l’intensità esibita, oltre ad una spiccata personalità, aspetti capaci di fare la differenza non solo su disco ma soprattutto in ambito live.

Daniel Jansson (ANTARKTIS)

Arrivava così sotto i migliori auspici quello che almeno per me era il momento più atteso, la possibilità di vedere all’opera sul palco una delle mie band preferite, guidata da un musicista come Daniel Neagoe che, come pochi altri, ha saputo interpretare il lato più funereo e malinconico della musica in quest’ultimo decennio: i Clouds hanno esibito un set incredibile per contenuti emotivi, colpendo i presenti con il loro death doom melodico che ha pochi eguali oggi. Daniel è l’interprete ideale di tutta la gamma di sensazioni funeste che sono la conseguenza della perdita, e lo fa sia utilizzando evocative clean vocals sia soprattutto quel growl unico, che dal vivo ti entra nell’anima facendola vibrare, non solo metaforicamente.
Il musicista rumeno riesce trasmettere al pubblico le proprie emozioni con tale intensità  da apparire a tratti quasi prosciugato, vera e propria guida di un gruppo che dimostra una totale condivisione di intenti.

Daniel Neagoe (CLOUDS)

Se già così la configurazione dei Clouds è apparsa efficace, l’ingresso sul palco di Gogo Melone per duettare con Daniel nella splendida In This Empty Room, tratta dall’ultimo ep Destin, ha elevato a dismisura il pathos: questa minuta e timida ragazza greca, allorché inizia cantare, assume dimensioni gigantesche alla luce di un timbro vocale unico, versatile e lontano anni luce dalle spesso stucchevoli sirene pseudo liriche del gothic metal. Anche per questo invito caldamente ogni appassionato a fare proprio l’album d’esordio degli Aeonian Sorrow, progetto che Gogo porta avanti assieme ad alcuni musicisti finlandesi.
You Went So Silent, Nothing But A Name, When Was Blind To My Grief erano stati i brani eseguito in precedenza, mentre il finale ha regalato altre due tracce capolavoro come How Can I Be There e e If These Walls Could Speak, viatici ideali per il congedo da un pubblico che ha tributato il meritato applauso alla performance dei Clouds.

Gogo Melone (CLOUDS)

Headliner della serata erano gli In Mourning, band che gode di una certa notorietà che, se appare meritata per le prove offerte in studio, incluso l’ultimo album Afterglow del 2016, lo è ancora di più per quello che abbiamo potuto ammirare in questa specifica occasione, non lesinando sudore, forza e convinzione per circa un’ora di death progressivo ma dal buon gusto melodico, percepibile nonostante il muro di riff prodotto dai tre chitarristi presenti sul palco, tra i quali il vocalist Tobias Netzell, coadiuvato anche qui dal sempre bravo e puntuale Petterson.

Tobias Netzell (IN MOURNING)

Il quintettto svedese non si è perso in preamboli e, più o meno senza pause, ha sciorinato brani provenienti da un po’ tutti i full length pubblicati, lasciandoci la sensazione concreta d’essere stati al cospetto di musicisti di elevato spessore, tra i quali non si può fare a meno di citare un drummer come Daniel Liljekvist che, tra tutti, era quello dal curriculum più illustre, vista la sua lunga militanza nei mitici Katatonia.

Daniel Liljekvist (IN MOURNING)

Attorno a mezzanotte e mezza, dopo quattro ore di ottima musica, si chiudeva così la serata tra la soddisfazione dei non troppo numerosi presenti.
E qui diviene doveroso aprire una parentesi sullo stato dell’arte dei concerti metal in Italia.
Arrivando da una realtà piuttosto problematica come quella genovese dove, di fatto, a proporre musica dal vivo con buona puntualità è rimasto un solo locale che non sia uno scantinato ai limiti dell’agibilità nel centro storico, immaginavo che nella capitale, per ovvi motivi legati ad una scena piuttosto importante anche numericamente, l’afflusso ad un evento di questo genere fosse ben diverso.
Nonostante un’organizzazione impeccabile che ha lasciato soddisfatte le band coinvolte, la possibilità di accedere ad una struttura davvero ideale per concerti di medio cabotaggio come quella del Monk, e la presenza di band di comprovato livello e piuttosto diversificate dal punto di vista stilistico, la risposta del pubblico non è stata all’altezza delle attese, facendo intendere che neppure la scena della capitale è immune a quella pigrizia di fondo che affligge mediamente il metallaro italiano (musicista o semplice appassionato che sia), sempre pronto ad offrire il proprio supporto stando dietro ad una tastiera ma, alla prova dei fatti, piuttosto restio ad alzare il culo dalla sedia per fornire un contributo anche “fisico”.
Detto questo, resta negli occhi e nella memoria una serata bella e spero ripetibile in futuro, che oltre alla musica ci ha consentito di conoscere piacevoli persone che fino a quel momento erano solo amicizie “virtuali”, a partire dalle benemerite organizzatrici Floriana e Simona, passando per Gianluca e Valerio dei Rome In Monochrome ed altri presenti dei quali non so o non ricordo il nome, per finire con l’incontro diretto con gli stessi musicisti: nel mio caso specifico, l’aver potuto constatare che dietro ad uno dei musicisti che più ammiri – Daniel Neagoe – c’è soprattutto una persona degna di altrettanta stima è stato davvero qualcosa di impagabile.

Un ringraziamento particolare va a Floriana Ausili per aver fornito le fotografie utilizzate nell’articolo e ad Alberto Centenari per avermi tenuto compagnia in questa lunga trasferta.

MESSA

Il video di “Leah”, dall’album “Feast for Water” (Aural Music).

Il video di “Leah”, dall’album “Feast for Water” (Aural Music).

MESSA video of “Leah”, the third track from “Feast for Water” album, scheduled for April 2018 on Aural Music.

Available in Digipack CD / Translucent Orange LP / Solid Black and Translucent Orange color in color LP ltd to 200 copies / Digital

Video by Laura Sans

Written and shot by Laura Sans and Marco Messa

Thanks to Alice Rusconi Bodin, @Karolina Pospischil, Enrico Marconato, Marika Spilla

Extra footage from Abbey of Thelema by Sara B.

“The relation Between nature and humanity is a common place for MOST of the concepts in art history. For the concept video, we wanted to highlight the femininity of nature, following the lyrics of MOST of Messa new record songs.
Leah is the representation of the power of nature but it Also Represents the strength of a woman That was surrounded by magic and mystery in one of the most beautiful, wild and isolated places in Italy.
Water is the main element and plays the lead role in the video, following the whole record concept Water as the most basic and powerful element, water is the beginning but also the end of any spiritual life. “

Filii Nigrantium Infernalium – Hostia

Chi propende per sonorità raffinate e ricercate passi oltre, tutti gli altri sono invitati a farsi un sempre gradito pieno di malignità, scorrettezza e blasfemia che solo il metal più autentico sa garantire.

Anche se per continuare ad avere un minimo di vita sociale fingiamo, spesso con buoni risultati d’essere persone assolutamente normali, noi che ascoltiamo metal siamo a tutti gli effetti dei disadattati, almeno se prendiamo quale parametro la normalità imposta dalla convenzione del vivere civile.

A ricordarci tutto questo ci pensano band come i Filii Nigrantium Infernalium, entità portoghese che riesce nella mirabile impresa di vellicare in nostri peggiori e nascosti istinti con il proprio bastardo frullato di black, thrash ed heavy metal, reso ancor più letale da una vena blasfema portata alle estreme conseguenze.
Hostia, terzo full length dei lusitani dopo Fellatrix Discordia Pantokrator (riregristato con il titolo Fellatrix e in uscita anch’esso in questi giorni) e Pornokrates: Deo Gratias (pure oggetto di riproposizione con nuova veste grafica, sempre da parte della Osmose), è l’album adatto da mettere nell’autoradio per testare quale sia il proprio livello di gradimento da parte del resto dell’umanità, o ancor più probabilmente per ripulire la propria vita da conoscenze superflue e sepolcri imbiancati, ma già è difficile che qualcuno non apra le portiere per fuggire al primo semaforo dopo l’ascolto dell’intro Prece.
Ma, al di là delle facezie, questo lavoro del trio portoghese è la riprova di quanto all’inerno del metal ci sia bisogno di chi faccia delicati ricami o cerchi nuove vie espressive quanto di chi faccia nel miglior modo possibile il cosiddetto sporco lavoro.
Attenzione però, perché questi figuri provenienti dalla splendida Lisbona non sono solo dei beceri manovali metallici: in realtà siamo al cospetto di musicisti di vaglia, operanti nella scena da oltre un ventennio e quindi in possesso dell’esperienza necessaria per maneggiare con cura una materia che, messa in mano a dei neofiti, rischierebbe seriamente d’assumere sembianze grottesche.
Il sound dei Filii Nigrantium Infernalium è il frutto immondo dell’unione contronatura perpetrata nel corso di un’orgia tra Darktrhrone, Motorhead, Venom, Judas Priest e qualche occasionale passante …
I dieci brani più intro di Hostia sono bombe che deflagrano fin dalla prima nota senza fare prigionieri, inducendo ad un headbanging convinto ed incessante: Pó, Virtudes da Prostação e la title track sono solo alcuni degli episodi rimarchevoli all’interno di una tracklist che prosciuga ogni resistenza per ritmo ed intensità, con il valore aggiunto del cantato in lingua madre che conferisce al tutto una sua peculiarità.
Chi propende per sonorità raffinate e ricercate passi oltre, tutti gli altri sono invitati a farsi un sempre gradito pieno di malignità, scorrettezza e blasfemia che solo il metal più autentico sa garantire.

Tracklist:
1. Prece
2. Pó
3. Lactância Pentecostal
4. Virtudes da Prostação
5. Santa Misericórdia
6. Smrt
7. Autos de Fé
8. A Morte é Real e Para Já
9. Hóstia
10. Cadela Cristã
11. Raze The Dead of Death

Line-up:
Maalm: Drums
Belathauzer: Guitars, Vocals
Helregni: Bass, Vocals

FILII NIGRANTIUM INFERNALIUM – Facebook

One Day In Fukushima – Ozymandias

Ozymandias è un album che non conosce tregua, uno tsunami di metal estremo che fagocita grind, death, crust, hardcore, lo fa crescere al suo interno e lo espelle trasformato in un mostro musicale violentissimo e senza compromessi.

La scena estrema tricolore ci regala l’ennesima bomba sonora, questa volta di matrice death/grind.

Ozymandias è il primo album dei campani One Day In Fukushima, band attiva da una manciata d’anni e altrettanti split e demo pubblicati, prima che la Ecleptic Productions licenziasse questo massacro sonoro composto da diciassette bombe atomiche lanciate una dietro l’altra in ventidue minuti sulle nostre teste.
Ozymandias è un lavoro che non conosce tregua, uno tsunami di metal estremo che fagocita grind, death, crust, hardcore, lo fa crescere al suo interno e lo espelle trasformato in un mostro musicale violentissimo e senza compromessi.
Valorizzato dall’apparizione di una manciata di musicisti della scena come Armin dei Distaste, Campiños dei Convulsions Grindcore, Mariano degli Ape Unit, ed Angelo & Renato dei Neid, Ozymandias, oltre che prodotto magnificamente, si bea di una raccolta di candelotti dinamitardi che vi esploderanno in faccia, spettacolari nella loro violenza nichilista ma perfettamente leggibili, tanto da gustare le ritmiche forsennate, il gran lavoro delle sei corde e i molti dettagli che fanno dell’album una vera sorpresa.
Non manca nulla a Ozymandias per diventare uno dei lavori più riusciti dell’anno per quanto riguarda il genere, quindi se Napalm Death, Misery Index, Repulsion, Cripple Bastards e Terrorizer (lo scorso anno gli One Day In Fukushima sono apparsi su una compilation dedicata al gruppo) sono stati e continuano ad essere i vostri ascolti abituali, non perdetelo per nessun motivo.

Tracklist
1.Bhopal inc.
2.Desomorfina
3.D.E.M. (Deus Ex Machina)
4.Exoskeleton
5.Automi
6.Toxikissione
7.Sawney’s Eyes
8.Giu’ La Testa
9.Stench Of Rotten
10.Ipnosi Dell’Assente
11.Priypiat Syndrome
12.Waterboarding
13.Ridursi Al Niente
14.La Giustizia Degli Spaventapasseri
15.Il Regime Dei Maiali
16.Gabbia Toracica
17.Jiu Ming

Line-up
Valerio – Vocals, Lyrics
Fabrizio – Lead Guitar
Vincenzo – Bass Guitar
Cosimo – Drums

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