Barbarian Prophecies – Origin

Il death sta tornando ad una nuova e vigorosa giovinezza, dopo la crisi di qualche anno fa, ed il merito è senza dubbio dell’underground e di band come i Barbarian Prophecies, outsider di lusso nel panorama internazionale.

Dopo il sontuoso XIII, album licenziato cinque anni fa per la Wormholedeath e l’ep Remains of Existence uscito nel 2015, tornano i deathsters spagnoli Barbarian Prophecies con l’ennesimo mastodontico lavoro all’insegna della vecchia scuola estrema.

Origin non lascia scampo ed entra subito nel vivo, confermando il valore del gruppo galiziano, maestro nel saper riportare le atmosfere guerresche dei maestri Bolt Thrower in un contesto estremo che non manca di blasfemie alla Morbid Angel ed attimi nei quali il sound guarda al Nord Europa come terra di conquista.
Origin è composto da brani medio lunghi dove non mancano passaggi acustici e pacate atmosfere a stemperare una tempesta di suoni estremi:  il growl della vocalist è quanto di più bestiale troverete in giro per la scena death metal e le ritmiche accompagnano chitarre ispiratissime e dai coinvolgenti solos melodici (Path Of The Soul).
Il resto è quanto di più devastante troverete in ambito old school, in un genere che sta tornando ad una nuova e vigorosa giovinezza, dopo la crisi di qualche anno fa, ed il merito è senza dubbio dell’underground e di band come i Barbarian Prophecies, outsider di lusso nel panorama internazionale.
L’album regala preziosi gioielli estremi come Beyond The Threshold e Fourth Dimension, due brani tratti da lavori precedenti (Embrace Of Insanity, dal bellissimo XIII, e Remember The Fallen, title track dell’album uscito nel 2011) a formare un monolitico esempio di death metal battagliero e old school che vi esploderà tra le mani come una vecchia mina antiuomo.

Tracklist
1.Multiple
2.The Visitor
3.Beyond The Threshold
4.Reincarnation
5.Path Of The Soul
6.Architects Of The Unknown
7.Slaves
8.Fourth Dimension
9.KOMM SUBER TOD
10.Primal
11.Embrace Of Insanity XVII
12.Remember The Fallen XVII

Line-up
Óscar Besteiro-Guitar &Vocals
Manuel Riguera -Bass
Julio G. Valladares-Drums
Arnt Bünz-Lead Guitar
Alicia -Vocals
Oscar Insua jumpin’ -Guitars (Guest collaborator)

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Nereis – Turning Point

Turning Point è un album vario e moderno ma che mantiene un approccio classico, formato da belle canzoni e suonato al meglio: si può dire quindi che i Nereis hanno superato ogni aspettativa.

Da più di dieci anni attivi nella scena underground metallica tricolore, i trentini Nereis giungono al secondo lavoro sulla lunga distanza licenziato da Eclipse Records.

I Black Star (così si chiamavano fino allo scorso anno), dopo qualche problemino di line up, un esordio uscito nel 2012 dal titolo Burnin ‘Game e l’ep From the Ashes di tre anni dopo, hanno avuto la possibilità di suonare live con buona frequenza, mettendo in saccoccia un bel po’ di esperienza che è sicuramente servita per dare alle stampe questo buon lavoro dal titolo Turning Point.
Heavy metal e hard rock progressivo e melodico in un contesto moderno, rivestono la raccolta di brani e testimoniano  di un gruppo convincente nelle sue varie influenze assimilate per benino e sfruttate in toto per creare brani dal forte impatto, ricchi di  tecnica ed attitudine e valorizzati da arrangiamenti che guardano più alla scena moderna che quella classica.
Un buon mix che la bravura dei musicisti valorizza con cambi di tempo e solos che sono rasoiate, impreziosite da chorus di scuola hard rock, melodici ed accattivanti così come la voce del cantante, protagonista di una prova straordinaria.
Turning Point non conosce intoppi, forte di una serie di brani trascinanti che fino alla sesta traccia (Now) sono un susseguirsi di colpa di scena.
Unity, la melodica Ready For War, la super heavy Overdrive saltano da un genere all’ altro, tra hard rock melodico, heavy metal ed alternative fondendo abilmente King’s X, Alter Bridge, Symphony X e Gotthard.
What Is Wrong What Is Right torna alle montagne russe musicali dopo la parentesi One Time Only/The Wave,  ballata spezza ritmo dove ci si riposa prima del finale.
Turning Point è un album vario e moderno ma che mantiene un approccio classico, formato da belle canzoni e suonato al meglio: si può dire quindi che i Nereis hanno superato ogni aspettativa.

Tracklist
1.Unity
2.Ready for War
3.Breaking Bad
4.Overdrive
5.Two Wolves
6.Now
7.One Time Only
8.The wave
9.What is Wrong And What Is Right
10.Induced Extinction
11.Born To Fly
12.We Stand As One

Line-up
Andrea “Andy” Barchiesi – Vocals
Samuel “Sam” Fabrello – Guitar
Mattia “Pex” Pessina – Guitar
Gianluca “Gian” Nadalini – Bass
Davide “Dave” Odorizzi – Drums

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Mefitica – Vessazione Cronica

La rabbia non tracima, in alcuni casi c’è sempre, basta osservare le nostre vite e ci sono due scelte: ti incazzi e ascolti i Mefitica o pieghi la testa.

La rabbia non tracima, in alcuni casi c’è sempre, basta osservare le nostre vite e ci sono due scelte: ti incazzi e ascolti i Mefitica o pieghi la testa.

I Mefitica mettono la loro rabbia in musica, ed è un bel massacro.
Le coordinate musicali sono quelle del grindcore crust in italiano, cosa di cui abbiamo una delle poche tradizioni di cui andare fieri. Il gruppo della provincia romana, che partorisce sempre un bella rabbia dall’hc al crust passando per l’oi, si è formato con due quarti dei defunti Adirata e con l’aggiunta di un terzo elemento. Con Vessazione Cronica sono alla seconda prova sulla lunga distanza e si pongono fra i gruppi più interessanti nell’ambito crust grind italiano. Nel loro suono la tradizione hc italiana è molto presente, infatti in molti momenti si rimembrano gruppi del passato come i Wretched, brandendo una nera bandiera di ribellione. Musicalmente sono molto variegati e hanno diverse soluzioni sonore, tutte funzionali al loro disegno musicale. Il disagio qui ci viene sbattuto in faccia e Vessazione Cronica è un disco da far sentire a chi spera ancora che la fine non sia stata decisa tempo fa, o che chiusi nella nostra macchina possiamo salvarci dalla falciatrice che c’è là fuori. Più che critica sociale possiamo trovare in questi testi uno squartamento dell’essere umano, dove si recidono certezze mostrandoci per ciò che siamo : merdine piuttosto modeste sul pavimento della storia. Il cantato maschile e femminile, che si alternano, generano un ottimo effetto e si può dire che il disco sia una delle migliori produzioni italiane degli ultimi tempi.

Tracklist
1.Iride di cripta
2.Sangue di latte
3.Ossessione perpetua
4.Vessazione cronica
5.Miasmi
6.Lo spreco
7.Cleptocrazia
8.Il contagio
9.Mefitica
10.Coltan
11.Suicidium
12.Rivivi il male
13.Senza ritorno

Line-up
Antonio Camomilla: Basso & Growl
Ireful Pam : Chitarra e Scream Isterico
Fast Fondi: Batteria & Cori

MEFITICA – Facebook

Sadness – Ames De Marbre

La ristampa di quest’album degli svizzeri Sadness, uscito all’inizio degli anni novanta , da una parte fornisce l’occasione di riscoprire una band che all’epoca ottenne una discreta attenzione in virtù di una cifra stilistica anche coraggiosa, ma dall’altra ci fa constatare amaramente come gran parte dei lavori pubblicati poco meno di trent’anni fa fossero penalizzati da produzioni che impedivano loro di apparire ancora oggi attuali.

Questo, ovviamente, è un problema che riguarda sostanzialmente le opere di seconda fascia, come appunto fu Ames de Marbre,  esordio su lunga distanza per la band elvetica, edito nel 1993 e riproposto oggi grazie al meritorio operato dall’etichetta olandese Vic Records, le cui uscite son appunto perlopiù delle ristampe.
I Sadness proponevano un gothic doom che sembrava però suonato e composto con un approccio vicino al post punk, ricco quindi di buone intuizioni ma, col senno di poi, un po’ farraginoso e dai suoni anche troppo scarni; nonostante l’album conservi il suo fascino vintage, frutto anche di una scrittura mai scontata, della quale offrono una buona testimonianza brani magnifici come Lueurs e Red Script, quello che venticinque anni fa appariva alle nostre orecchie indubbiamente interessante oggi si rivela irrimediabilmente datato .
Pregio e difetto essenziale della band di Sion era quello di muoversi con buona padronanza all’interno del metal dalle tonalità più oscure, attingendo liberamente dal death, dal doom e dal gothic, cospargendo il tutto di una certa teatralità: come contraltare, mancava per forza di cose di quell’amalgama che probabilmente si sarebbe riuscita a trovare se le stesse composizioni fossero state affidate ad un produttore con i mezzi e le competenze odierne.
Tutto questo non significa che Ames de Marbre fosse un’opera trascurabile, anzi, credo fermamente che gli estimatori di certe sonorità potranno gradire non poco questa riedizione, che offre anche la possibilità di ascoltare i due demo pubblicati dai Sadness nel 1991 (Y) e nel 1992 (Eodious), utili più a fini di curiosità che altro, alla luce di una resa sonora ai limiti dell’ascoltabilità; non va dimenticato, però, che in quegli stessi tempi uscivano dischi che, pur con gli stesi mezzi tecnici a disposizione, se riascoltati oggi non sono affatto a rischio di obsolescenza (per esempio, Seredenades o Turn Loose The Swans) e questo è tutto ciò che fa la differenza tra album seminali (quelli citati) ed altri validi ma inevitabilmente destinati a restare confinati nella nicchia delle opere di culto ricordate da un numero esiguo di persone.

Tracklist:
1. Ames de Marbre
2. Lueurs
3. Tristessa
4. Opal Vault
5. Tears of Sorrow
6. Red Script
7. Antofagasta
8. Red Script
9. Eodipus
10. Disease of Life
11. Face of Death
12. Y
13. The Lost Colors
14. Outro

Line up:
Gradel – Drums
Steff – Guitars, Vocals
Chiva – Guitars, Piano
Andy – Bass, Vocals (German)

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Utburd – The Horrors Untold

Come per tutti quelli che saccheggiano a livello lirico l’opera di Lovecraft, non si può non provare un moto di empatia nei confronti di Tuor, ma ciò non basta ad evitare di derubricare l’album alla voce discreto ma non imprescindibile.

Ałtra one man band di provenienza russa, quella denominata Utburd si presenta come portatrice di un black metal atmosferico e dalle venature depressive.

In parte si può di anche essere d’accordo con entrambe le affermazioni, benché tali elementi non siano così evidenti nel corso dell’intero album.
L’operato di Tuor, musicista residente nella zona di Murmansk, sembra piuttosto ricordare quei lavori nei quali emergono semmai sonorità piuttosto dissonanti, senza lasciare spazio a quelle aperture melodiche che sarebbe lecito attendersi viste le premesse.
The Horrors Untold, secondo full length targato Utburd, fin dal titolo fa presagire riferimenti alla letteratura lovecraftiana, cosa puntualmente verificabile da brani come Rise Of Dagon e The Mystery Of Joseph Karven (che i realtà dovrebbe essere Joseph Curwen, protagonista di The Case Of Charles Dexter Ward, ma credo possa trattarsi di uno dei guai della traslitterazione dal cirillico); l’orrore evocato a livello di intenti fatica un po’ ad emergere, in quanto il sound mostra un volto per lo più solenne ed algido, il che non è affatto male di per sé ma paga alla lunga una certa mancanza di picchi qualitativi, forse a causa anche di una produzione che restituisce suoni quasi riverberati.
Alla fine, come per tutti quelli che saccheggiano a livello lirico l’opera del solitario di Providence, non si può non provare un moto di empatia nei confronti di Tuor, ma ciò non basta ad evitare di derubricare l’album alla voce discreto ma non imprescindibile.
La ricerca di un maggiore pathos da riversare nelle composizioni potrebbe rivelarsi la chiave di volta per inchiodare l’ascoltatore alla prossima  occasione; resta comunque la sensazione d’essere al cospetto di un progetto interessante e non banale, che ha solo la necessita di rifinire alcuni aspetti che ne frenano al momento il decollo.

Tracklist:
01. Rise Of Dagon
02. The Mystery Of Joseph Karven
03. Death From Mount Tempest
04. Pikman’s Triumph
05. The Horror Untold
06. He, Who Paint In Red
07. Waiting For Death Is Worse
08. He, Who Paint In Red (Instrumental Demo 2016)

Line up:
Tuor – all instruments and arrangements

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