Otehi – Garden Of God

Garden Of God non è un disco da fruire velocemente, quanto un qualcosa da godere e da lasciare che ti cada dentro ascolto dopo ascolto, perché non è musica comune fatta per intrattenere, ma comunica qualcosa agli abissi che ci portiamo dentro.

Gli Otehi sono un gruppo romano che parte dallo stoner per andare molto lontano. Il loro suono è un lento e possente incedere di suggestioni sciamaniche messe in musica, come un nativo che ti prende per mano dopo aver mangiato un peyote.

Garden Of God è una mostra di delizie, e i cinque pezzi che fanno parte del disco sono tutte ottime composizioni, si prendono il tempo che devono per arrivare a destinazione, ma in realtà la destinazione non ce l’hanno, perché è il viaggio l’importante, il vero scopo del tutto. Esplorare attraverso il suono, la psichedelia arriva e si maschera, cambiando i contorni di ciò che pensavamo sicuro, cambia il gioco rendendolo più vero. Gli Otehi sono un gruppo che si differenzia per la sua impronta personale, per fare un desert stoner connotato e strutturato molto bene nel quale ogni nota ha la sua importanza, ed è una scala verso il cielo. Nato nel 2011, questo trio ha sempre portato avanti con convinzione un certo tipo di discorso musicale, riuscendo a trovare una via personale e potente. Ascoltando Garden Of God si capisce che la musica pesante può benissimo sposare la psichedelia, un matrimonio alchemico che cambia la composizione chimica di chi lo ascolta e di chi lo suona. Garden Of God non è un disco da fruire velocemente, quanto un qualcosa da godere e da lasciare che ti cada dentro ascolto dopo ascolto, perché non è musica comune fatta per intrattenere, ma comunica qualcosa agli abissi che ci portiamo dentro. Fare musica da meditare per un gruppo stoner è un gran bel obiettivo e questi ragazzi lo hanno centrato in pieno.

Tracklist
1.Sabbath
2.Naked God
3.The Great Cold
4.Verbena
5.Purified
6.Esbath

Line-up
Domenico Canino – Guitar, Effects, Voice & Tribal Instruments
Maciej Wild Mikolajczyk – Bass, Voice, Effects & Tribal Instruments
Corrado Battistoni – Drums, Percussions

OTEHI – Facebook

Dite – The Hollow Connection

Lavoro che sprigiona emozioni ad ogni passaggio, The Hollow Connection ci consegna una band notevole ed un sound maturo ed ispirato, un’altro piccolo gioiello musicale battente bandiera tricolore.

Un rock alternativo che si colora di pastelli progressivi, un quadro musicale quanto mai vario tra impulsi elettrici moderni e cambi umorali in un sound che guarda anche al passato senza perdere un briciolo di quella naturale propensione al rock del nuovo millennio che i Dite esprimono ad ogni nota di The Hollow Connection, il loro primo lavoro sulla lunga distanza.

I Dite sono sono un quartetto di musicisti originari della provincia di Belluno con esperienze in altre band con le quali si sono confrontati con generi diversi come il folk metal, l’alternative rock e il prog metal, ed unite le forze hanno dato vita al gruppo nel 2014 con l’intento di unire le loro esperienze ed ispirazioni in un unico sound.
Il loro primo ep, An Explanation, viene riproposto in nuova veste all’interno di questo nuovo lavoro: The Hollow Connection, registrato ai Nadir Studio di Tommy Talamanca, leader storico dei Sadist, in quel di Genova, risulta un’ora abbondante di rock emozionante, tecnico e fuori per lunghi tratti dai soliti schemi predefiniti che ormai incatenano la musica moderna.
I Dite fin da subito cercano una loro strada, anche se molte delle atmosfere di questo album possono portare alla mente i Tool, magari con toni meno introspettivi e più aperti a soluzioni ed emozioni delicatamente rock.
Ma i parallelismi con band più famose finiscono quando la band con maturità ci confonde piacevolmente, tra parti marcatamente pop, coinvolgenti armonie semiacustiche o elettriche sfumature alternative e post rock.
Cambiano le immagini e i colori con cui i Dite giocano con lo spartito, mettendo a disposizione dell’ascoltatore non solo un bagaglio tecnico di tutto rispetto, ma la bellissima ed emozionante voce di Mattia Fistarol.
L’album ha nelle prime tracce più spinta ed urgenza espressiva (il singolo In Pills, Leap Of Faith) per poi deliziarci con un rock progressivo d’autore e concedere almeno due brani capolavoro: Selling A Friend e God’s Bowl, dove Fistarol duetta con una splendida voce femminile.
In Sharp Eye  un canto estremo sottolinea il ritorno ad un sound più energico, sempre in bilico tra post rock e progressive e, con l’anima bagnata dalla pioggia di Seattle, ci lascia alla conclusiva e strumentale title track.
Lavoro che sprigiona emozioni ad ogni passaggio, The Hollow Connection ci consegna una band notevole ed un sound maturo ed ispirato, un altro piccolo gioiello musicale battente bandiera tricolore.

Tracklist
1.In Pills
2.Leap Of Faith
3.Fill This Page
4.If So
5.Selling A Friend
6.Normal Being
7.God’s Bowl
8.About Chance
9.Scars Of Light
10.Venus
11.Sharp Eyes
12.The Hollow Connection

Line-up
Mattia Fistarol – Vocals, Guitars
Filippo Viel – Guitars
Simone Giovinazzo – Bass
Emil Bortoluzzi – Drums

DITE – Facebook

GATES OF DOOM

Il lyric video di “Forvm Ivlii”, dall’album omonimo.

Il lyric video di “Forvm Ivlii”, dall’album omonimo.

http://goo.gl/pj5Xf1

Il nuovo Ep degli Epic Death Metalles GATES OF DOOM, intitolato “Forvm Ivlii”, è ora disponibile tramite lo store ufficiale della band.

Gates of Doom – “Forvm Ivlii” | 6 panels digipack – digital
Ordina qui : http://goo.gl/H4JpqL

Di seguito i formati disponibili :

– Bundle “Forvm Ivlii” T-shirt + EP + digital
– “Forvm Ivlii” EP 6 panels digipack + digital
– T-shirt “Forvm Ivlii” (sizes XL-L-M-S) + digital

Il sound della band friulana è fortemente influenzato da leggende del death svedese quali Amon Amarth ed Insomnium, unendo al loro melodic death metal suggestive sonorità epic.

Il concept sul quale si sviluppa “Forvm Ivlii” è incentrato sulla fondazione della regione del Friuli, la terra nativa della band, in epoca romana.

“Forvm Ivlii” tracklist :

1. Forvm Ivlii
2. Under the grey Mountains
3. Limes

Registrato, mixato e masterizzato da Davide Zago.
Artwork realizzato da Giulio Candussio e colorato da Pierfrancesco Briaud.

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Bandcamp : http://goo.gl/v6ScZp

Kazah – Feed Your Beast

All’unisono i musicisti ungheresi si scagliano contro l’ascoltatore e lo affrontano a forza di colpi inferti da riff pesantissimi, otto pugni nello stomaco, otto aggressioni sonore che non fanno prigionieri sotto l’aspetto dell’impatto e dell’attitudine.

I Kazah arrivano dall’Ungheria, sono un quintetto nato nel 2014 e suonano hardcore, potenziato da riff di moderno metallo pesantissimo: il loro esordio si chiama Feed Your Beast, licenziato dalla nostrana Ghost Label Record alla fine dello scorso anno.

Niente di nuovo, ma sicuramente d’impatto questo album, composto da otto bombe sonore cariche di groove, dalla durata medio lunga che rende il quadro generale leggermente prolisso.
Il resto lo fanno una predisposizione per ritmiche panteriane, sfumature estreme di scuola Meshuggah ed una cascata di violenza sonora ben calibrata, con la tensione che sale a livelli pericolosissimi già dall’opener Puppets e non scende fino all’ultima nota della conclusiva XIS.
Nel mezzo partenze devastanti di scuola hardcore, si alternano a monoliti metallici, fuori dai soliti schemi core tanto cari ai giovani fans del genere e più in linea con il sound dei gruppi citati.
All’unisono i musicisti ungheresi si scagliano contro l’ascoltatore e lo affrontano a forza di colpi inferti da riff pesantissimi, otto pugni nello stomaco, otto aggressioni sonore che non fanno prigionieri sotto l’aspetto dell’impatto e dell’attitudine.
Un buon esordio, con ancora qualche dettaglio da perfezionare ma sicuramente in grado di soddisfare gli amanti del metal estremo di scuola moderna e hardcore.

Tracklist
01. Puppets
02. Never Look Back
03. Straight Ahead
04. Before I Die
05. Modern Slave
06. Another Me
07. Hope And The Truth
08. XIS

Line-up
Bodnár Péter – Vocal
Szabácsik István – Guitar ( Cort guitars endorser )
Adamcsik Zsolt – Guitar ( Cort guitars endorser )
Stephen Ollak – Bass
Németi Zsolt – Drums – ( Bigstick and Diril Cymbals endorser )

KAZAH – Facebook

Void Of Silence – The Sky Over

The Sky Over è uno degli album più commoventi ascoltati nell’ultimo decennio e regala quasi un’ora di musica dalla bellezza abbacinante.

Il ritorno dei Void Of Silence, otto anni dopo l’ultimo full length The Grave of Civilization, non può che rappresentare un evento per tutti gli appassionati di doom che attendevano da diversi anni un nuovo album della band romana.

Chi aveva già iniziato a disperare al riguardo ha ottenuto segnali confortanti alcuni mesi fa con l’uscita dei Towards Atlantis Lights, sorta di supergruppo che vedeva all’opera Ivan Zara assieme ad altri illustri esponenti della scena funeral/death doom internazionale, come Kostas Panagiotou e Riccardo Veronese.
Ed è cosi che, come auspicato, la consolidata partnership tra il chitarrista e Riccardo Conforti ha offerto un nuovo funereo lavoro che eguaglia (e a tratti supera anche) per intensità un album celebrato come Human Anthitesis.
Luca Soi (ex-Arcana Coelestia) alla voce, infatti, si rivela il valore aggiunto fondamentale per rendere ancor più evocativo il sound dei Void Of Silence che, forse come mai in passato, trova sfogo in brani intrisi di un afflato melodico dolente ed atmosferico.
Il lungo e inarrestabile crescendo emotivo di The Void Beyond è una prima testimonianza di lacerante struggimento emotivo, nella quale il vocalist raggiunge vette di lirismo incredibili a suggellare le magnifiche intuizioni strumentali di Zara e Conforti.
Fondamentalmente il disco vive di tre momenti chiave corrispondenti ad altrettanti brani di durata superiore al quarto d’ora: la già citata traccia d’apertura e le altre due gemme intitolate The Sky Over e Farthest Shores
La prima rappresenta il momento melodico più alto del lavoro, grazie ad un Ivan Zara che inanella assoli di dolente e cristallina bellezza, mentre la seconda rimane sulle stesse coordinate di evocativa solennità, ideale colonna sonora di un concept dedicato a tutti quei personaggi che, perennemente in bilico su quella sottile linea di confine che divide l’eroismo dall’incoscienza, sfidarono nel primo novecento i ghiacci artici con spedizioni audaci e spesso risoltesi in maniera tragica.
Ecco perché il sound dei Void Of Silence appare più angosciante che drammatico, e non è difficile, immergendosi nell’ascolto di queste note, visualizzare per esempio il tenace peregrinare sul pack alla ricerca di una via di salvezza da parte dei componenti della spedizione di S.A Andrée, ingegnere svedese promotore di un visionario tentativo di sorvolare il Polo Nord a bordo di un’instabile mongolfiera.
The Sky Over è uno degli album più commoventi ascoltati nell’ultimo decennio in ambito doom (anche se poi di fronte ad opere di tale spessore le etichette lasciano il tempo che trovano): prodotto ed eseguito in maniera superba, il lavoro offre quasi un’ora di musica dalla bellezza abbacinante, come lo era la luce che gli esploratori dispersi nelle distese artiche si trovavano sempre dinnanzi sulla linea dell’orizzonte; non a caso è appunto lo splendido strumentale intitolato White Light Horizon a suggellare un’esperienza d’ascolto indimenticabile ed imperdibile.

Tracklist:
1. The Void Beyond
2. Abeona (or Quietly Gone in a Hiatus)
3. The Sky Over
4. Adeona (or Surfaced as Resonant Thoughts)
5. Farthest Shores
6. White Light Horizon

Line-up:
Luca Soi – Vocals
Riccardo Conforti – Drums, Keyboards, Samples
Ivan Zara – Guitars, Bass

VOID OF SILENCE – Facebook