LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: DITE

Intervista con i Dite, alternative rock band bellunese autrice del recente The Hollow Connection.

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Questa volta è il turno dei bellunesi Dite.

MC Con noi Mattia portavoce dei Dite! Benvenuto su Overthewall! Spieghiamo ai nostri ascoltatori le origini della band?

Siamo un gruppo di 4 ragazzi originari di Belluno, in Veneto. Tutti e quattro siamo stati parte di progetti musicali precedenti ai Dite, e abbiamo avuto modo di entrare più volte in contatto gli uni con gli altri. Da lì a decidere di “unire le forze” in un momento in cui l’attività della maggior parte dei rispettivi progetti era al minimo (si parla del settembre 2014), il passo e’ stato breve.

MC Come definiresti il vostro sound e quali sono le radici musicali della band?

Non è sicuramente una domanda a cui sia facile rispondere! Le influenze che ci hanno plasmati come musicisti sono molteplici, e diverse per ognuno di noi. Simone, il bassista, ha un background prevalentemente metal (come testimoniato dai numerosi altri progetti a cui presta le 4, e talvolta 5, corde, Maim e Liquid Fear su tutti), nonostante sia un grande appassionato di southern rock e non disdegni generi come il post rock o il blues. Filippo, chitarra solista, ha studiato al conservatorio jazz di Padova, e la cosa parla da sé. Emil, alla batteria, ascolta Korn, System of a Down, Rammstein, Biffy Clyro e molti altri gruppi. Per quanto mi riguarda, le mie più grandi influenze sono Jeff Buckley, Deftones, Elliott Smith ed Alice in Chains. La risultante di tutte queste influenze potrebbe essere definita come “alternative rock”, essendo però l’ ascoltatore conscio del fatto che questa definizione e’è una semplice etichetta, che comprende influenze progressive, pop e spesso derive metal.

MC Chi scrive musica e testi e quali sono gli argomenti da cui traete maggior ispirazione?

La scrittura dei brani è un processo che si compone sostanzialmente di due fasi: il più delle volte io e Filippo portiamo alle prove delle idee melodiche scritte a casa nel tempo libero, e queste idee vengono elaborate, modificate e spesso totalmente stravolte durante le sessioni. Essendo questo metodo totalmente spontaneo, o quasi, nemmeno noi sappiamo quale potrà essere il risultato di questo lavorare. Ci riserviamo unicamente di darci delle linee guida ideali su come vorremmo suonasse il pezzo. Il resto è rimesso all’ispirazione del momento. Per quanto riguarda i testi, mi occupo io di tutto, anche se in un paio di occasioni la struttura base è stata elaborata dagli altri del gruppo. Mi piace pensare ai miei testi come a delle tele di pittura contemporanea: il più delle volte non cerco di dare un messaggio univoco, ma mi preoccupo solamente di “dipingere” lo spettro delle mie sensazioni e dei miei pensieri nel modo più fedele possibile alla realtà’, anche se ciò spesso comporta una non facile lettura del significato che sta dietro al singolo brano.Riitengo però che sia un lato positivo: ognuno può “fare suo” il testo in questo modo, e leggerci dentro sfumature che solo lui può individuare.

MC Nel 2016 pubblicate il primo EP autoprodotto e nel 2017 inizia la vs collaborazione con la Nadir Music con cui pubblicate un singolo e poi The Hollow Connection, il vostro ultimo album. Ci parli di questa nuova uscita?

Siamo davvero orgogliosi di questo album. E’ il frutto di quattro anni di intenso lavoro, di dedizione e di passione incondizionate. Sono stati dodici giorni in studio di totale immersione, ma il risultato non può che renderci felici. Grazie a Tommy Talamanca (il nostro produttore, nonché chitarrista dei Sadist) siamo riusciti a ottenere un sound molto vicino alle nostre aspettative “ideali”, che riesce a essere aggressivo e delicato allo stesso tempo. Sebbene l’album non sia un concept, e non abbia mai preteso di essere tale, il leitmotiv dell’ opera è l’amara constatazione di come i rapporti interpersonali si stiano pian piano inaridendo. Oggi siamo costantemente bombardati di impulsi, e la cultura consumista ha raggiunto il suo apice. nulla ha più valore, c’è troppo di tutto, ciò che non va lo si rimpiazza immediatamente, non si tenta di recuperarlo. Oltre a questo, il mondo dei social media sta portando a una progressiva deresponsabilizzazione, che potremmo riassumere nella sindrome del “leone da tastiera”. Quest’album non vuole proporre soluzioni a questo problema, per il semplice fatto che non ne esistono. ‘ un processo irreversibile, è come un ciclo economico, per cui quando la curva ascendente arriverà al suo picco massimo (e siamo molto vicini a quel momento), per sua stessa natura si dirigerà verso il basso.

MC Riuscite a trovare spazi, locali per potervi esibire dal vivo? E ci sono date da segnalare ai nostri ascoltatori?

Ahimè, la scena live italiana ha sempre sofferto di un conservatorismo che spesso preclude ghiotte possibilità ai musicisti, e quello che di nuovo sta emergendo lo ritengo un ritorno all’età della pietra. Detto questo, con impegno e costanza, la scena underground può rivelare grosse sorprese. Per quanto ci riguarda direttamente, abbiamo avuto feedback positivi riguardo al nostro ultimo lavoro da artisti del calibro di Omar Pedrini, a cui abbiamo avuto il piacere di fare da band di apertura, e abbiamo avuto modo di far arrivare l’album tra le mani (e che mani!) di Cesareo, storico chitarrista di Elio e le Storie Tese. All’estero la nostra demo An Explanation del 2016 e’ stata elogiata da Garth Richardson, produttore per band come Red Hot Chili Peppers e Rise Against. Tutto questo per dire che il duro lavoro, se costante, viene premiato. Come date live, ci esibiremo al festival “Gods of Mel” in provincia diBelluno il 30 giugno e al Mamy Rock Theatre di Treviso il 14 luglio. All’appello si aggiungeranno presto altre due date importanti che, però, per ora non possiamo annunciare, e un tour che toccherà Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia alla fine del mese di novembre, la cui scaletta riveleremo prossimamente.

MC Progetti futuri?

Per ora, portare in più posti possibili The Hollow Connection e valutare la ricettività del pubblico estero.

MC dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

Su Instagram a “ditebandofficial”, su Facebook a “Dite” e su Bandcamp, dove potrete trovare la nostra demo An explanation  e l’album a breve.

MC Grazie di essere stati su Overthewall! a voi l’ultima parola!

Grazie a voi! Se volete ascoltare qualcosa di nuovo, e avete la pazienza necessaria ad assimilare un prodotto non certo facile, ma appagante, date una possibilità’ a The Hollow Connection!

SERENADE

Il lyric video di Kill Your Pain, dall’album Onirica (Revalve Records).

Il lyric video di Kill Your Pain, dall’album Onirica (Revalve Records).

The Female fronted metal band Serenade has released the lyric video for the song “Kill Your Pain” (incl. special guest – Fabio Dessi (Arthemis))

The song was taken from the last album Onirica, released by Revalve Records and available on CD/DIGITAL:
https://player.believe.fr/v2/3614978030654
http://www.revalverecords.com/Serenade.html
https://www.facebook.com/officialserenade/

Al Ard – Al Ard

Un album di tale fattura deve’essere lavorato con pazienza e soprattutto compreso; personalmente, ritengo questo tipo di trasfigurazione del black metal la maniera ideale per far veleggiare nel nuovo millennio un genere sempre attuale ma pure accusato di obsolescenza dai suoi detrattori.

Questo primo lavoro è per gli Al Ard, band formatasi originariamente in Sicilia ma ora attiva nel nord Italia, la finalizzazione di un percorso che si protrae da qualche anno.

Il loro sound, che può essere approssimativamente definito industrial black metal, ingloba diversi elementi che vengono poi miscelati e riversati con sapiente ferocia, senza tralasciare di conferire al tutto un’aura drammatica, campionando per esempio, in Nero, parti tratte da Stendalì, pluripremiato corto datato 1960, con la voce della grande Lilla Brignone che recita un’orazione funebre scritta da Pasolini.
Questo immaginario in bianco e nero sembra confliggere con la modernità spinta che il trio offre ma, in realtà, ne è l’ideale complemento: tra Aborym, richiami alle sonorità in quota alla Cold Meat Industry che fu, incursioni etniche e ritmiche da drum’n’bass, gli Al Ard offrono una prova altamente disturbante, magari anche volutamente sporca a livello di produzione in certi frangenti.
A scopo esemplificativo prendiamo Who Want to Live Forgotten, traccia di rara violenza ma anche ricca di notevoli spunti deviati, e la sperimentazione delle due parti di Strange Old Practice, che si sviluppano tra rumorismo ed elettronica trasfigurata da una forte base sperimentale.
Certamente non siamo nel capo degli ascolti da prendersi alla leggera, perché un album di tale fattura deve’essere lavorato con pazienza e soprattutto compreso; personalmente, ritengo questo tipo di trasfigurazione del black metal la maniera ideale per far veleggiare nel nuovo millennio un genere sempre attuale ma pure accusato di obsolescenza dai suoi detrattori: gli Al Ard rispondono con i fatti, trasportando nel migliore dei modi l’ascolto su un piano che va ben oltre le prevedibili espressioni di blasfemia o le più rassicuranti pulsioni pagan/atmosferiche.
La musica deve anche scuotere, disturbare, talvolta anche respingere l’ascoltatore: del resto questo è il fragore della vita reale, qualcosa che resta sempre nel nostro campo uditivo anche se cerchiamo di sfuggirgli.

Tracklist:
1.Nero
2. For a Hint of Divinity
3. Pillar . Past . Present
4. Who Want to Live Forgotten
5. Strange Old Practice I
6. Red Bourbon
7. Strange Old Practice II
8.Scrutinizing A Glimpse of Chaos

Line up:
COD.511 – Vocals, Bass, Drum Machine
Symor Von Dankurt – Synth, Programming, Sampling
|x|on – Guitar, programming, sampling

AL ARD – Facebook

Inkvisitor – Dark Arts of Sanguine Rituals

Agli Inkvisitor non mancano certo attitudine ed impatto, ma a questo giro lasciano molto in qualità arrivando alla sufficienza solo per qualche buon assolo in crescendo, che porta alle classiche cavalcate tutto impatto ed ignoranza tipiche del genere.

Nella terra dei mille laghi si suona anche speed/thrash, uno dei generi per cui la definizione old school calza a pennello, forse il genere più conservatore e tradizionalista di tutta la scena metallica.

Ovvio che, per attirare, una band dedita a questo tipo di suono deve per forza avere dalla sua un talento compositivo fuori dal comune, virtù che agli Inkvisitor manca, o comunque non viene espressa al meglio su questo loro ultimo lavoro.
La band, attiva dal 2012 e falcidiata dai cambi di line up (inclusa la stessa formazione che ha registrato l’album) ha già, aveva esordito sulla lunga distanza tre anni fa con Doctrine of Damnation, album formato da dieci brani che non andavano più in la di uno speed metal d’assalto.
Questo secondo full length dal titolo Dark Arts of Sanguine Rituals risulta un ambizioso concept incentrato su una storia noir che ha come protagonista un detective alle prese con un misterioso caso di omicidio.
Il quintetto finlandese il genere lo sa suonare, su questo non ci piove, le ritmiche corrono veloci, i solos squarciano lo spartito e la voce particolarmente aggressiva varia la tonalità sfiorando addirittura una sorta di growl.
Il problema di Dark Arts of Sanguine Rituals è la mancanza di un paio di brani trascinanti e il poco appeal dei chorus, difficilmente memorizzabili in un contesto metallico che a tratti inciampa in qualche forzatura estrema.
Agli Inkvisitor non mancano certo attitudine ed impatto, ma a questo giro lasciano molto in qualità arrivando alla sufficienza solo per qualche buon assolo in crescendo, che porta alle classiche cavalcate tutto impatto ed ignoranza tipiche del genere.
Per concludere, Dark Arts of Sanguine Rituals è un lavoro per cui l’ascolto è consigliato ai soli fans dello speed metal, ma con riserva.

Tracklist
1.Dark Arts of Sanguine Rituals
2.Second Sacrament
3.A Shadow Suspended by Dust
4.The Confession
5.Mindslaver
6.Necromancy Cascade
7.Paradigm Shift
8.War Is Path to Victory
9.The Revenant (Redeemer)
10.Quagmire Twilight (Deleted Scene)

Line-up
Jesse Kämäräinen – Guitar
Tino Jäntti – Drums
Markus Martinmäki – Vocals
Sakari Soisalo – Bass
Mikko Saviranta – Guitar

INKVISITOR – Facebook

Ephyra – The Day Of Return

The Day Of Return si avvale di una forte componente etnica influenzata dalla tradizione orientale: il gruppo cerca negli strumenti popolari di Giappone e Mongolia una via per donare all’opera qualcosa di diverso, continuando nel suo concept narrativo che prevede quel riuscito mix dei generi descritti, diventato il proprio marchio di fabbrica.

Per molti il genere è ormai in una fase di stallo da cui difficilmente riuscirà ad uscirne, per altri invece il metal estremo melodico ha nei suoi cliché il punto di forza, specialmente se usati in modo sagace come nell’ultimo lavoro dei nostrani Ephyra.

La band lombarda, infatti, continua la sua avventura nel mondo del metal con il nuovo album intitolato The Day Of Return, il terzo in cinque anni, dal debutto Journey licenziato nel 2013, passando per il bellissimo Along The Path, di cui vi avevamo parlato sulle pagine di In Your Eyes tre anni fa.
Il nuovo album amplifica le caratteristiche degli Ephyra, band che si muove tra il death metal melodico ed il folk, e lascia alle non poche sfumature epiche il compito di esaltare gli amanti del genere crogiolandosi nella prestazione della singer Nadia Casali e del suo alter ego Francesco Braga.
Registrato negli studios di Mattia Stancioiu, The Day Of Return si avvale di una forte componente etnica influenzata dalla tradizione orientale: il gruppo cerca negli strumenti popolari di Giappone e Mongolia una via per donare all’opera qualcosa di diverso, continuando nel suo concept narrativo che prevede quel riuscito mix dei generi descritti, diventato il proprio marchio di fabbrica.
Rispetto al precedente lavoro, tutte le parti che compongono il sound Ephyra si sono accentuate, formando un muro sonoro nel quale gli strumenti classici del rock si uniscono a quelli tradizionali e le due voci, perfettamente inserite nel contesto ed aiutate da cori dal taglio power epic, contribuiscono non poco alla riuscita di una raccolta di brani che non prevedono cadute di tono.
Gli Ephyra ci provano e riescono a fare un altro passo avanti verso un sound sempre più personale, la strada è quella giusta e le molte canzoni sopra la media che compongono The Day Of Return ne sono la prova.
Il riff che apre la title track e, di fatto, l’album invita con piglio estremo e drammatico alla danza che parte ai primi ricami vocali della Casali, seguiti dal growl incisivo di Francesco Braga.
La sezione ritmica è potente e precisa, con le chitarre che rincorrono gli strumenti tradizionali in brani che mantengono il piglio estremo con naturalezza, con i vari passaggi che non risultano mai forzati, anche quando le ripartenze risultano bordate potentissime e i cambi d’atmosfera, tra le potenti cavalcate melodi death e le parti folk, spezzano il trend di brani come Wayfarer o The Spirit Of The Earth.
Lasciate da parte facili pregiudizi sul genere e godetevi questo ennesimo ottimo lavoro targato Ephyra, band che conferma l’ottimo momento della scena tricolore, mai come di questi tempi perfettamente in grado di reggere il confronto con quelle straniere.

Tracklist
01.The Day of Return
02.Your Sin
03.Run Through the Restless Fog
04.Wayfarer
05.Sublime Visions
06.Being Human
07.The Spirit of the Earth
08.Dance Between the Rocks
09.Infinite Souls
10.True Blood

Line-up
Nadia Casali – Vocals
Francesco Braga – Growl, Scream Vocals
Matteo Santoro – Guitars, Ocarina & Choirs
Paolo Diliberto – Guitars & Choirs
Patrick Segatto – Bass
John Tagliabue – Drums

EPHYRA – Facebook

Settle Your Scores – Better Luck Tomorrow

Dischi come questo sono sempre più difficili da sentire, perché nel pop punk la tentazione di rendere il tutto molto mieloso è sempre presente, invece qui le chitarre viaggiano veloci e la batteria mena, e non sbagliano un ritornello.

I Settle Your Scores sono i diretti discendenti della scuola americana del pop punk veloce che prende qualcosa dal melodic hardcore.

Nati nel 2014, hanno debuttato nel 2016 con il disco The Wilderness, e si sono posti all’attenzione prima della scena del Midwest, poi di quella nazionale e non solo. E non potrebbe essere altrimenti ascoltando questo Better Luck Tomorrow, un disco di pop punk veloce, calibrato e dalle grandi melodie, che non manca di cattiveria quando serve, facendone un prodotto notevole. Una delle peculiarità maggiori del gruppo è il cambiare repentinamente e molto bene la velocità ed il tono della canzone, per arrivare ad un ritornello che ti rimane stampato in testa per molto tempo. I Settle Your Scores sono figli delle grandi suburbie americane, che tanto hanno dato alla musica negli anni, quando la noia regna, chi vuole fare qualcosa suona e spesso il risultato è ottimo come in questo caso. La band regala divertimento, velocità e tante melodie, con stile ed intelligenza, inserendosi in una certa tradizione, ma aggiungendo qualcosa di nuovo che rende più saporito il tutto. Ogni canzone è un potenziale singolo e Better Luck Tomorrow  è uno dei migliori album di pop punk che potrete sentire negli ultimi anni. Dischi come questo sono sempre più difficili da incontrare, perché nel pop punk la tentazione di rendere il tutto molto mieloso è sempre presente, invece qui le chitarre viaggiano veloci, la batteria mena e non c’è un ritornello sbagliato.

Tracklist
1. On the Count of Three
2. Zero Hour
3. Growing Pains – Throwing Blame
4. Dead Man Stalking
5. Keep Your Chin Up and Your Expectations Down
6. Stuck in the Suburbs
7. Rise Fall
8. Off / On
9. No Ragrets
10. Your Teeth vs. the Pavement
11. Valar Morghulis
12. My Reason to Come Back Home

Line-up
Christian Fisher – vocals
Ricky Uhlenbrock -guitar/vocals
Patrick Bryant – guitar
Jeffrey Borer – bass
Caleb Smith – drums

SETTLE YOUR SCORES – Facebook