Orphan Skin Diseases – Dreamy Reflections

Dreamy Reflections è un viaggio di settanta minuti tra il metal/rock degli ultimi trent’anni, attraversato da un alone di oscuro e drammatico spirito dark e animato da ispirazioni diverse riunite in un sound che, cercando di semplificare, si può certamente descrivere come alternative metal.

Debutta per Logic Il Logic Records e Burning Minds Music Group questo quartetto di rockers nostrani chiamato Orphan Skin Diseases, fondato dal batterista Massimiliano Becagli, con un passato negli storici No Remorse,  raggiunto in seguito da Gabriele Di Caro (ex Sabotage, ex Outlaw al microfono), Juri Costantino (ex Creation al Basso) e David Bongianni (ex Virya, Little CB alla chitarra).

Mixato e masterizzato da Oscar Burato agli Atomic Stuff Studio, Dreamy Reflections, anticipato dal video del brano Flyin’ Soul, è un’opera massiccia, un tour de force di settanta minuti tra il metal/rock degli ultimi trent’anni, attraversato da un alone di oscuro e drammatico spirito dark e animato da ispirazioni diverse riunite in un sound che, cercando di semplificare, si può certamente descrivere come alternative metal.
Settanta minuti sono tanti, ma la band cerca di alternare le varie sfumature della propria musica che vanno dal metal moderno, al thrash, dal progressive all’hard rock, mantenendo un’ aura drammatica che si evince dai testi, impegnati a difesa dei più deboli e argomentati da una serie di denunce politiche e sociali.
Parlando di musica l’approccio al mondo del metal/rock alternativo è molto maturo e personale, e l’anima progressiva si fa spazio in quei brani che evidenziano un crescendo emotivo, sorretti da molte ottime idee che valorizzano la struttura di tracce come The Storm, As A Butterfly Crub, il potente macigno sonoro Sorrow & Chain e la conclusiva Just One More Day, brano diviso in tre parti dove intro e outro a titolo She Was fanno da contorno a Fathered, splendido brano che tanto sa di post grunge.
Dreamy Reflections unisce in un unico sound generi diversi ed ispirazioni che vanno dai Life Of Agony agli Alice In Chains, dai Tool ai Metallica, aggiungendo un personale tocco progressivo che ne valorizza la struttura dei brani e l’ascolto.

Tracklist
01. Into A Sick Mind
02. Flyin’ Soul
03. The Storm
04. Rapriest (Stolen Innocence)
05. Do You Like This?
06. As A Butterfly Grub
07. Awake
08. Leave A Light On
09. Sorrow & Chain
10. The Wall Of Stone
11. Waves
12. Just One More Day – She Was (Intro)
13. Just One More Day – Fatherend
14. Just One More Day – She Was (Outro)

Line-up
Gabriele Di Caro – Vocals
Dimitri Bongianni – Vocals, Backing Vocals
David Bongianni – Guitars, Backing Vocals
Juri Costantino – Bass, Backing Vocals
Massimiliano Becagli – Drums

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T-Error Machinez – The War Of Valkyries (Reworked)

L’idea di riprendere in mano il disco solista di Omega X e di rielaborarlo collaborando anche con altri gruppi come Synapsyche, Larva ed Xperiment è stata un’ottima idea che ha portato a fare un disco molto potente, melodico e ben bilanciato.

Tornano i T- Error Machinez, uno dei migliori gruppi italiani di industrial metal ed ebm, con la rielaborazione del disco solista del loro membro Omega X.

La band lo ha ripreso in mano e gli ha dato una nuova veste, collaborando con altri gruppi. Il lavoro è diviso in cinque capitoli che trattano di miti, di demoni e degli archetipi della nostra cultura profonda, per metterci faccia a faccia con quello che siamo veramente. I T- Error Machinez nascono nel 2013 per fare musica oscura e di qualità: il dipanarsi delle loro canzoni denota un’ottima capacità compositiva, e laddove per altri ci sono le nebbie dell’incertezza, il trio ne esce sempre con una melodia chiara e con strumenti pesanti. La loro poetica è quella di esplorare le cose che vediamo e soprattutto quelle che non sono visibili ad occhio nudo, che siano dentro o fuori di noi. La loro musica ha fortissime radici nell’ebm di gruppi come i Suicide Commando, dei quali hanno fatto un bel rifacimento di God Is In The Rain in download libero sul loro bandcamp, hanno elementi di sympho metal e ottime orchestrazioni, per una musica dall’ampio respiro. E’ facile in questo genere cadere in trappole barocche, appesantendo il suono di inutili orpelli, mentre qui tutto è necessario ed adeguato, e sembra di stare per davvero in un passato/futuro mentre è in corso una guerra fra umani. L’idea di riprendere in mano il disco solista di Omega X e di rielaborarlo collaborando anche con altri gruppi come Synapsyche, Larva ed Xperiment è stata un’ottima idea che ha portato a fare un disco molto potente, melodico e ben bilanciato.

Tracklist
1.The Wings Of Icaro
2.The War Of The Valkyries
3.Cultos Asmodeus
4.The Black Sun
5.All Your Nightmares… Are Real!
6.The Tormentum Of The Dark Carnival Creation
7.The End Of Human Time (feat.Synapsyche)
8.Biological Pharmacode
9.Clock Tower
10.Angeles Del Apocalipsis (feat.Larva)
11.The Redemption
12.Infected World
13.Lovers Cursed (feat.Xperimen

Line-up
Omega X: Vocals, lyrics, composer
Alien T-Error: Guitars, composer, backing vocals
T-Error Wolf: Bass, composer, backing vocals

T-ERROR MACHINEZ – Facebook

DEMETRA SINE DIE

La fantascienza oscura dei Demetra Sine Die: nuovo disco e intervista al gruppo

Oltre il black, oltre il kraut, oltre molti limiti o vincoli, sperimentazione, spirito d’avventura nella creazione musicale, superamento dei confini raggiunti: tutto questo è il nuovo Demetra Sine Die, Post Glacial Rebound. Un titolo che indica atmosfere spaziali e fantascientifiche. Ne abbiamo parlato con Marco Paddeu e Adriano Magliocco.

ME Marco, cosa rappresenta per voi questo nuovo capitolo della vostra storia?

In primis è una testimonianza della nostra amicizia. Riuscire ad arrivare al terzo disco attraverso anni complessi e periodi difficili è una grande soddisfazione. In più anche questo capitolo rappresenta una evoluzione del nostro modo di comporre e si stacca per molti versi da quanto fatto in passato.

ME Il vostro suono e la vostra identità artistica paiono in continua evoluzione, in linea del resto con il nome che vi siete dati…

Marco: L’evoluzione artistica è parallela alla nostra come persone. Tutti e tre siamo molto curiosi: ascoltiamo molta musica e non ci piace restare fermi e ripeterci. Una traccia dai tratti puramente kraut rock come Eternal Transmigration è significativa da questo punto di vista. Non avevamo mai fatto nulla del genere ma è nata spontaneamente e penso stia alla perfezione nella scaletta che abbiamo scelto. La circolarità ritmica che trovi nel kraut rock è un elemento che amiamo e che abbiamo interiorizzato… sarebbe bello un giorno fare un disco tutto così… ah ah ah ah.

Adriano: non so dirti da cosa dipenda, sicuramente da quello che ascoltiamo ma anche dalle vicende della vita; come puoi vedere non siamo ragazzini e con l’età via via cose ne capitano, alcune belle, magari hai più soldi a disposizione, ma anche tante brutte e non sono più i drammi esistenziali che ti colpiscono da giovane, sono proprio mazzate che ricevi e spesso non ci puoi fare nulla, e credo che in Post Glacial Rebound si sentano proprio tutte.

ME In questo nuovo disco sono presenti anche elementi post-black…

Si, amiamo un po’ tutti i generi “estremi” e alcune caratteristiche del black e del death metal sono state inglobate nel nostro suono in funzione di una migliore rappresentazione di ciò che sentivamo nel momento in cui stavamo componendo il disco. Gravity in questo senso è black metal calato nello spazio più profondo, con connotati fortemente psichedelici specialmente nella prima parte.Questa traccia, così come Stanislaw Lem, è stata fortemente influenzata dalla lettura di Solaris.

ME Cosa ascoltate ultimamente e quali sono stati, secondo te, i lavori migliori di questi ultimi anni?

Marco: Ultimamente ascolto tanto jazz, in particolare Miles Davis, Herbie Hancock e John McLaughlin. Inutile dire che quando questi tre si ritrovarono a suonare insieme per Miles Davis nacquero dei capolavori senza tempo, come “In a Silent Way”, “Bitches Brew” e “A tribute to Jack Johnson”… Poi continuo sempre ad essere vorace nel “nostro genere”, quindi potrei dirti che apprezzo molto il percorso dei finnici Oranssi Pazuzu e dei loro compagni Dark Buddha Rising. Adoro i God Speed You Black Emperor, Dylan Carlson e i suoi Earth, Neurosis, Converge, Wolves in the Throne Room, Anna Von Hausswolf… Comunque la cosa più bella è continuare a scavare nell’underground, dove si trovano cose stupende e dove la creatività continua ad essere protagonista in antitesi alle proposte di massa propinate dalle major.

Adriano: recentemente ascolto molto rock lento, doom o funeral doom, chiamalo come vuoi, tipo Ahab, Pallebearer, Mournful Congregation, ecc., ma anche un po di black metal “panteista”, come gli ormai ex Agalloch, ora i Pillorian, i Wolves in the Throne Room.

ME In generale, a tuo parere, che cosa fa sì che un album lasci un segno e indichi una strada?

Oggi è sempre più difficile lasciare un segno e tracciare una nuova strada in ambito artistico-musicale. Di sicuro i signori di cui parlavo sopra lo hanno fatto perché erano e sono dei geni dotati però di una personalità volta a mettersi sempre in discussione. Miles Davis avrebbe potuto andare avanti con i suoi standard jazz, senza spostarsi più di tanto dal meraviglioso “A kind of blue”, ma non lo fece e sul finire degli anni ’60 si lasciò influenzare dal rock psichedelico e dai sintetizzatori andando poco a poco a plasmare cose mai sentite prima, che portarono alla fusion e al funky. Lo stesso discorso vale per Herbie Hancock: se ascolti i primi dischi e arrivi a Mwandishi, Crossings, Sextant e Head Hunters non puoi che rimanere stupefatto del talento e della visione globale di un altro artista che ha lasciato il segno e anche qualcosa in più.

ME Come è andato il tuo progetto solista, Morgengruss?

Sono molto soddisfatto del primo disco. Mi ha lasciato tanti ricordi, mi ha fatto crescere sotto molti aspetti e le poche date ma estremamente qualitative: mi hanno dato la possibilità di conoscere artisti stupendi. Il secondo disco è in cantiere e verrà registrato entro il 2018.

ME Sappiamo che suoni anche in un’altra band più prossima al drone-doom, i Sepvlcrvm: quali sono le novità all’orizzonte, se ci puoi anticipare qualcosa?

Sepvlcrvm ha molto materiale pronto per essere pubblicato. Abbiamo almeno un paio di dischi di cui uno doppio. Sarà diviso in un disco di studio e uno live inciso un paio di anni fa qui a Genova. Non posso rivelare molto ma sarà un concept interamente dedicato al cosmo, suona Sepvlcrvm anche se è qualcosa di piuttosto differente rispetto a quanto fatto in passato.

ME Nel vostro approccio – accanto a dark wave, drone doom, post black, noise, sludge e kraut – si possono percepire non pochi echi di matrice progressive: tuttavia, cosa è prog per te?

Ho sempre accostato il termine progressive alla una rottura degli schemi precostituiti sia della musica rock che del pop. Quindi la volontà di andare oltre la classica forma canzone penso sia una caratteristica quasi imprescindibile per questo tipo di approccio.

Nocturnal Breed – The Whiskey Tapes Germany

The Whiskey Tapes Germany è una compilation con inediti e cover dei black/thrashers Nocturnal Breed, dedicata ovviamemte solo ai fans più accaniti del gruppo.

I norvegesi Nocturnal Breed sono uno dei gruppi più famosi della scena black/thrash europea, essendo attivi dalla metà degli anni novanta con una serie di album che glorificano il black metal old school.

Ovviamente per black metal vecchia scuola si intende quello dei pionieri nati negli anni ottanta e divenuti famosi per opere estreme che al thrash metal univano un’attitudine luciferina e cattiveria come se piovesse.
Venom, Slayer e primissimi Bathory sono stati i nomi più importanti di questo genere che, negli ann,i ha unito al thrash e al black metal un’attitudine rock’n’roll, facendone un sottogenere seguitissimo nel sottobosco estremo.
I Nocturnal Breed si sono sempre imposti per la loro neanche troppo velata natura black, d’altronde il paese di origine parla chiaro e così anche i loro cinque full length (più un buon numero di lavori minori).
The Whiskey Tapes Germany è una compilation di brani rimasterizzati e di molti inediti per i fans tedeschi, con la chicca Evil Dead,  tributo a Chuck Schuldiner licenziato nel 2011, e la bellissima e devastante versione di Under The Blade dei Twisted Sister.
Le curiosità finiscono qui perché il resto è formato dabrani che non aggiungono nulla a quanto già edito dal gruppo, poco curato nei suoni e quindi da portare all’attenzione dei soli fans del genere ed in particolare della band scandinava.
Questa raccolta non è malvagia, ma come detto non va oltre il piacere di chi i Nocturnal Breed già li conosce e li apprezza, mentre gli altri a mio avviso troveranno pochi spunti interessanti.

Tracklist
1. Intro – Splinter-Day (Video Intro – Fields of Rot)
2. Metal Church (Prev. Unreleased)
3. I’m Alive (Org Keyboard Version) Prev. Unreleased 1997
4. Miss Misery (Prev. Unreleased)
5. Evil Dead (R.I.P. Evil Chuck Edit 2011)
6. Under The Blade (Alternate Mix)
7. Ballcusher (Raw Mix)
8. Metal Thrashing Mad (Experimental Mix)
9. Dead Dominions (The Hour of Death Is At Hand – Short Edit)
10. Killernecro (Ubernecro Version)
11. Barbed Wire Death (Demo 1998) (Prev. Unreleased)
12. No Retreat… No Surrender (Speed Metal Legions Version)
13. Rape The Angels (Reh. Sept.1997)
14. Maggot Master (Experimental Studio Demo)
15. The Artillery Command (Alt Mix)
16. Alcoholic Rites (Experimental Studio Raw Mix)

Line-up
S. A. Destroyer – Bass, Vocals
Axeman I. Maztor – Guitars
Tex Terror – Drums, Vocals
V. Fineideath – Guitars

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WIEGEDOOD – De Doden Hebben Het Goed III

De Doden Hebben Het Goed III rappresenta una prova di forza spaventosa, ma mai quanto lo può essere l’idea che il percorso dei Wiegedood si possa esaurire qui: ci sono ancora troppe storie che hanno bisogno della loro musica per essere adeguatamente raccontate.

Tre anni dopo il primo atto arriva infine il terzo album facente parte della trilogia De Doden Hebben Het Goed, sviluppata magnificamente da parte dei belgi Wiegedood.

Tale risultato non è frutto del caso, del resto questi musicisti sono coinvolti nella ben nota Church Of Ra (la cui punta di diamante sono gli AmenRa, dei quali fa parte il vocalist e chitarrista dei Wiegedood, Levy Seynaeve), per cui, pur trovandoci al cospetto di un disco di puro black metal, l’interpretazione del genere che viene offerta è sublime e ben al di sopra della media.
Come sovente avviene, è dagli eventi luttuosi che scaturiscono le opere più coinvolgenti dal punto di vista emotivo, e a tale regola non sfugge neppure questo progetto nato per omaggiare la memoria di un amico del batterista Wim Coppers (la cui band madre sono gli Oathbreaker, così come per l’altro chitarrista Gilles Demolder).
De Doden Hebben Het Goed III è la sintesi mirabile di quelle forze contrastanti che animano di norma il black metal, ovvero la componente atmosferica e quella propriamente definibile raw: grazie a ciò i quattro brani dell’album sono furiosamente intensi, meravigliosamente catartici.
Proprio perché in quest’espressione musicale è rimasto ben poco da inventare, la differenza può essere fatta solo dall’impatto, emotivo o destabilizzante che sia: il black dei Wiegedood affonda radici ben salde nel freddo suolo norvegese ma viene restituito con l’urgenza tipica alla quale ci hanno abituati le band appartenenti alla cerchia del collettivo belga.
E’ naturale, quindi, lasciarsi avvolgere da brani come Doodskalm, con il suo splendo break centrale di matrice “post”, ed un finale di dolente bellezza, o la title track, monumentale esempio di come la potenza evocativa della musica apparterrà sempre al novero delle (poche) cose che rendono sopportabile il nostro viaggio terreno.
De Doden Hebben Het Goed III rappresenta una prova di forza spaventosa, ma mai quanto lo può essere l’idea che il percorso dei Wiegedood si possa esaurire qui: ci sono ancora troppe storie che hanno bisogno della loro musica per essere adeguatamente raccontate.

Tracklist:
1. Prowl
2. Doodskalm
3. De Doden Hebben Het Goed III
4. Parool

Line-up:
Gilles Demolder – Guitars
Wim Coppers – Drums
Levy Seynaeve – Guitars & Vocals

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