Adfail – Poetry Of Ruins

Nel complesso l’ep finisce per incidere meno del dovuto: gli otto brevi brani faticano a farsi ricordare dando l’impressione d’essere al cospetto di un lavoro interlocutorio, che arriva dopo quattro anni nel corso dei quali gli Adfail non sembrano aver fatto quei progressi che sarebbe stato lecito attendersi.

I russi Adfail, dopo due discreti lavori si lunga distanza, si ripresentano con questo ep di otto brani intitolato Poetry Of Ruins.

Il gothic doom della band di Kaliningrad è apprezzabile, per quanto nella media, ma si porta dietro diverse zavorre tra le quali un apporto vocale femminile che spezza in maniera irrimediabile il buon pathos creato dal connubio tra il growl maschile e le melodiche atmosfere, spesso punteggiante da un ottimo lavoro degli strumenti ad archi.
L’opener Ode evidenzia subito questo aspetto, rivelandosi un brano notevole nel quale il forzato inserimento di una voce da soprano (neppure eccelsa) ha, appunto, l’effetto di rompere il ritmo inficiando il buon incedere del brano.
Il genere, nell’interpretazione degli Adfail, è piuttosto orecchiabile e ricco di buone intuizioni, ma come tanti altri anche questi ragazzi russi non riescono a sottrarsi a quello che, a mio avviso, è più un pedissequo tentativo di seguire una moda che non una reale necessità; detto ciò, Poetry Of Ruins si snoda non senza intoppi, specialmente quando la band prova dei cambi di ritmo dei quali, anche in questo caso, non si sentiva affatto la mancanza.
Il gothic doom, in fondo, non è neppure una materia così difficile da interpretare, a patto di non complicarla eccessivamente: quando si trova una buona chiave melodica non c’è bisogno di avvitarsi in soluzioni volte solo a far perdere il filo conduttore a chi ascolta.
Emblematico è il caso di un brano come Escape, che parte abbastanza bene ed è più grintoso di altri, ma viene inopinatamente trasformato in un pastrocchio di difficile decrittazione, con tanto di improbabile finale arabeggiante.
Nel complesso l’ep finisce per incidere meno del dovuto: gli otto brevi brani faticano a farsi ricordare (tranne appunto la già citata Ode) dando l’impressione d’essere al cospetto di un lavoro interlocutorio, che arriva dopo quattro anni nel corso dei quali gli Adfail non sembrano aver fatto quei progressi che sarebbe stato lecito attendersi.

Tracklist:
1. Ode
2. After Apostasy
3. Beautiful Dawn
4. Escape
5. I Am the Sun
6. Fairytale
7. Snow

Line-up:
Alexander Popovich – guitar, vocals, lyrics, music
Miron Kosciukow – viola, arrangements
Alexander Konshen – bass
Dmitry Belunkin – keyboards
Nikolay Utkin – drums
Vladislav Nikolaenko – guitars
Yulia Alymova – vocals, keyboards

Guest musicians:
Victoria Kirillova – soprano
Nikita Bezukladnikov – guitars, arrangements, recording, mixing, mastering

ADFAIL – Facebook

 

Pentarium – Zwischenwelt

I Pentarium licenziano un lavoro convincente, ispirato dalla scena scandinava e pregno di atmosfere ombrose, che nei brani cantati in tedesco accentuano la vena gotica e marziale di cui si ammantano le varie tracce.

Con i Pentarium siamo al cospetto di un melodic death metal scandinavo ma in arrivo dalla Germania, cantato sia in lingua madre che nel classico idioma inglese: un concentrato di metal estremo nel quale melodie oscure, cavalcate selvagge e più moderni synth costituiscono la struttura portante del sound di Zwischenwelt, secondo album della band in uscita per Boersma Records.

Il gruppo licenzia così un lavoro convincente, ispirato come scritto dalla scena scandinava e pregno di atmosfere ombrose, che nei brani cantati in tedesco accentuano la vena gotica e marziale di cui si ammantano le varie tracce.
Buono l’uso della doppia voce, con un growl profondo a giocare con lo scream, mentre si viaggia ad andatura sostenuta con synth e tastiere che fanno da tappeto alle scorribande death metal del sestetto.
Dark Tranquillity e Scar Symmetry sono le band che più si avvicinano al combo tedesco, sia come impatto che nell’uso delle atmosfere che non lasciano trapelare un raggio di luce dall’oscurità che avvolge l’album.
Tra i brani spiccano l’opener 13, Abschied, le melodie tragiche di Wo Worte Wersagen, con i tasti d’avorio a ricamare armonie melanconiche, mentre in Dämon il synth porta con sé un’anima black, prima che il refrain torni sui binari del death melodico.
Vor Dem Sturm, cantata in tedesco e con la voce pulita, è la degna chiusura dark rock di questo gioiellino oscuro che consigliamo a tutti gli amanti del metal estremo, melodico e dalle tinte dark/gothic, bellissimo nei momenti in cui l’anima melodrammatica insita nella tradizione germanica prenda il sopravvento sulla parte più ispirata al melodic death metal.

Tracklist
1.13
2.Nekropolis
3.Flames
4.Rise of the Outer Gods
5.Abschied
6.Stare into Darkness
7.Wo worte versagen
8.Memoria
9.Dämon
10.Beyond
11.Nordlicht
12.Vor dem Sturm

Line-up
Carsten Linhs – Vocals
Hendrik Voss – Guitars
Florian Jahn – Guitars
Fabian Laurentzsch – Bass
Philip Burkhard – Keyboards/Synths
Max Peev – Drums

PENTARIUM – Facebook

ERA OF DISGUST

Il videoclip di “Broken Shoulder”, dall’ep “Teratogenesi”.

Il videoclip di “Broken Shoulder”, dall’ep “Teratogenesi”.

La band deathcore italiana Era of Disgust ha pubblicato il singolo e videoclip ufficiale della canzone “Broken Shoulder”, tratta dal loro nuovo EP intitolato “Teratogenesi”. Di seguito trovate info, link youtube di “Broken Shoulder”, tracklist e cover artwork di “Teratogenesi”:

Recorded, Mixed and Mastered by Federico Vese.

Video Directed by: VISCO_STUDIO_PRODUCTION https://www.facebook.com/viscostudio

Actors: Lisa Audisio Saverio Bello

Era Of Disgust – Facebook: https://www.facebook.com/eraofdisgust/

2018© ERA OF DISGUST

Tracklist:
1.Black Haze
2. Drowning
3. Infernal mood
4. P.O.V. (Point of view)
5. Broken shoulder

This Void Inside – My Second Birth/My Only Death

Se siete amanti del gothic metal come dal più tradizionale dark rock, My Second Birth/My Only Death risulta un album molto suggestivo, in grado di mantenere un’alta qualità per tutta la sua durata e conseguentemente l’attenzione di chi ascolta.

Il dark rock ha sempre mantenuto un orgoglioso distacco dalle sonorità e dall’approccio metal almeno per tutti gli anni ottanta, più vicino per molti aspetti alla new wave.

Poi con l’arrivo dell’ultimo decennio del vecchio millennio, il successo del gothic metal ed i riferimenti alle band storiche del genere (i più gettonati sono Depeche Mode e Sisters Of Mercy) da parte di molte band metal, ha portato ad una più stretta vicinanza tra le sonorità notturne che vanno per la maggiore come dark, gothic e symphonic metal.
I romani This Void Inside fanno parte di quelle band che hanno sviluppato il proprio suono rimanendo legati ad un approccio più classico al genere, anche se non possono certo essere considerati un gruppo vintage così come neppure prettamente metal.
Gothic dark rock, quindi, dall’alto appeal e dalle ottime melodie, messe in risalto dalla sempre presente componente elettronica che rende il sound assolutamente perfetto per i club mitteleuropei, e di conseguenza dal respiro internazionale.
La band nasce nel 2003 come one man band dell’ex frontman dei My Sixth Shadow, Dave Shadow, in seguito trasformatasi in un gruppo a tutti gli effetti: My Second Birth/My Only Death è il secondo lavoro in uscita per Agoge Records, successore del debutto intitolato Dust uscito ormai dieci anni fa.
I This Void Inside sono fprmati da appunto Dave Shadow (voce, synth e programming), Saji Connor (basso), Frank Marrelli e Alberto Sempreboni (chitarre) e Simone “Some” Gerbasi (batteria), all’album hanno contribuito in veste di ospiti su di un brano, Max Aguzzi (Dragonhammer) e Diego Reali (ex DGM, Hevidence), mentre la produzione è stata affidata al boss della label Gianmarco Bellumori.
L’album è un ottimo esempio di gothic dark rock, tra tradizione e moderni spunti avvicinabili al metal, specialmente nei suoni delle chitarre a tratti granitici, mentre le splendide linee vocali, i cori e i refrain dall’appeal considerevole aiutano il fluido scorrere delle note romantico/notturne create dal gruppo; i brani sono caratterizzati da atmosfere che si insinuano nella testa, fluide ed eleganti, tra parti sintetiche e altre più rock creando la giusta alternanza tra le sfumature principali che animano il sound di brani come Relegate My Past, Trapped in a Daze, Losing My Angel e la teatrale The Artist and the Muse (dove compare un recitato in lingua madre).
Se siete amanti del gothic metal come dal più tradizionale dark rock, My Second Birth/My Only Death risulta un album molto suggestivo, in grado di mantenere un’alta qualità per tutta la sua durata e conseguentemente l’attenzione di chi ascolta: le band di riferimento che escono allo scoperto tra le trame del disco dipendono molto dal background di ognuno di voi, non resta che scoprirle senza indugi.

Tracklist
01. My Second Birth / My Only Death (Intro)
02. Betrayer MMXVIII
03. Relegate My Past
04. Memories’ Dust
05. Trapped In A Daze
06. Here I Am
07. Another Fucking Love Song
08. Losing My Angel
09. Meteora
10. Ocean Of Tears
11. All I Want Is U
12. Break Those Chains
13. The Artist And The Muse (Bonus Track)
14. Downtrodden (Bonus Track)

Line-up
Dave Shadow – Vocals,synths & programming
Saji Connor – Bass and backing vocals
Frank Marrelli – Lead guitars
Alberto Sempreboni – Rhythm guitars
Simone “Some” Gerbasi – Drums

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