Night Club – Scary World

Il dark pop dei Night Club è un ottimo motivo per mettersi le cuffie e ascoltare continuamente questo disco, lussurioso come tutte le cose belle.

I Night Club sono un duo di Los Angeles, Emily Kavanaugh e Mark Brooks, e Scary World è il loro secondo album, dopo Requiem for Romance del 2016.

La proposta musicale è una synthwave molto dark, con innesti gothic e una fortissima struttura pop, con la preziosa ed ammaliante voce di Emily che scorre benissimo sui synth. Il disco è oscuro e dolce, come un peccato che si sa essere tale, ma il gusto nel compierlo è una delle sensazioni più belle sulla terra ed oltre. Il duo funziona benissimo ed Emily con i suoi diversi registri ci porta dove vuole lei, ora dark lady, ora bambina spaurita davanti ai pericoli di questo brutto mondo. Le melodie ordite dal duo sono notevoli e riescono sempre ad essere interessanti, coinvolgendo l’ascoltatore. Mark Brooks ai synth è un fenomeno, e i suoi lavori si imprimono nella mente di chi ci si trova dentro. Negli ultimi tempi c’è stato un notevole ritorno dei suoni synthwave, o dark pop se preferite, quelli che vedono nei Depeche Mode i loro creatori, ma pochi gruppi come i Night Club riescono ad essere convincenti e ad esprimere melodie di alta qualità. Verrete presto catturati da questo disco che, come una litania che ci avvince, ci porta in luoghi della nostra mente dove non dovremmo andare, ma non possiamo farne a meno, come neppure desiderare certe cose. Il dark pop dei Night Club è un ottimo motivo per mettersi le cuffie e ascoltare continuamente questo disco, lussurioso come tutte le cose belle.

Tracklist
1 Beware!
2 Scary World
3 Schizophrenic
4 Your Addiction
5 Blood On Your Blade
6 Candy Coated Suicide
7 Therapy (Get High)
8 Imaginary Friend
9 Vampires
10 Survive

Line-up
Emily Kavanaugh
Mark Brooks

NIGHT CLUB – Facebook

The Mild – Coffin Tree

Una scarica di adrenalina hardcore, resa ancora più estrema da un’anima grind, spogliata da inutili orpelli e rivestita di attitudine stoner per una jam assurda tra gli Entombed di Wolverine Blues e i Corrosion of Conformity del sottovalutato IX, il tutto proveniente da un’umida cantina veneta.

Quando si preme il tasto play si viene investiti da una scarica di adrenalina hardcore, resa ancora più estrema da un’anima grind, urgente e senza compromessi, spogliata da inutili orpelli e rivestita di attitudine stoner per una jam assurda tra gli Entombed di Wolverine Blues e i Corrosion of Conformity del sottovalutato IX, il tutto proveniente da un’umida cantina veneta.

Ovviamente i The Mild ci aggiungono un’attitudine underground ancora più accentuata, per mezzora di calci e pugni in pieno volto, rabbiosi e devastanti; la band carica il fucile di micidiali pallettoni che, fin dall’opener The Lord Has Fallen, provocano enormi crateri.
Il loro modo di esprimersi è volutamente scorretto, diretto e brutale, i riff di cui si compongono i brani sono torturati ed alternano il classico mood stoner, potente e rallentato da attimi di sludge/doom a ferali e veloci esempi di metal estremo tra hardcore e grind.
Il bello è che Coffin Tree, nel suo essere estremamente underground, si fa ascoltare che è un piacere, quindi non allarmatevi se il vostro ultimo dito rimasto ancora intatto premerà di nuovo quel maledetto tasto, perché la voglia di farsi male supera il dolore inferto dai colpi che, impietosi, si abbattono al suono di Forced Detention, Undeserving Entities e The Complaint Daily Press.
I The Mild picchiano come dei fabbri intenti a lavorare una lega indistruttibile di metal estremo: il fuoco arde ed il liquido incandescente provoca reazioni stoner/hardcore/grind metal potentissime e devastanti, e in più pare che dal vivo siano assolutamente letali …

Tracklist
1.The Lord Has Fallen
2.Slow Decay
3.Forced Detention
4.The Letter
5.Human Roots
6.Undeserving Entities
7.Against You
8.Endless Misunderstanding
9.Catharsis
10.The Complaint Daily Press

Line-up
Alessandro Cossu – Drums
Andrea Alfier – Bass Guitar
Vanny Piccoli – Guitar/Vocals

THE MILD – Facebook

RAUM KINGDOM

Il video di “Rebuilding The Bridge”, dall’album “Everything & Nothing”.

Il video di “Rebuilding The Bridge”, dall’album “Everything & Nothing”.

Ireland’s post-metal group Raum Kingdom have shared their stunning music video, directed by George Karellas, for the track “Rebuilding The Bridge”, off the band’s critically acclaimed debut album “Everything & Nothing”.

Recorded at Dead Dog studios in Drogheda, Ireland by Johny Kerr, “Everything & Nothing” was released in June and sees Raum Kingdom refining their dark and emotionally intense post-metal sound merging heavy and dense riffs with ethereal and intriguing ambiences.

RAUM KINGDOM are able to create Post Rock/Metal full of passion and emotion transformed into audio ear candy for the listener!
CVLT NATION

This is what post metal sounds like when done right.
HEAVY BLOG IS HEAVY

I predict greatness here.
ANGRY METAL GUY

In other words, the perfect storm of metal.
ROCK AND ROLL FABLES

Raum Kingdom has offered up a real meaty effort which any post-metal fan should find enjoyment in.
ECHOES AND DUST

Every time Everything & Nothing plays, you might hear something different – whether it is in the soundscape or in the melody underneath the atmosphere. This is truly a musical experience that needs individual exploration.
NINE CIRCLES

Raum Kingdom artistically blend stoicism into extreme metal. Where they create a blend of grounded ambient music that tries hard and often achieves its target to not only hypnotize the listener but infer to drastic mood swings on their behalf.
SOUNDSCAPE MAGAZINE

Everything & Nothing is an investment of an album. It’s not one you can just throw on and listen to a quick track or two.
GBHBL

https://www.facebook.com/Raum.Kingdom.ie

http://raumkingdom.bandcamp.com

Bodyfarm – Into Battle

E’ un oscuro macigno estremo quanto viene offerto da questi olandesi, il cui sound si sporca di sangue, risultando micidiale ed epico come la migliore tradizione insegna.

Nuovo ep per i Bodyfarm, dal 2009 in perenne guerra con il mondo attraverso un death metal old school potente e senza compromessi.

E’ un oscuro macigno estremo quanto viene offerto da questi olandesi, il cui sound si sporca di sangue, risultando micidiale ed epico come la migliore tradizione insegna.
Un primo ep omonimo e poi tre full length nel giro di quattro anni sono le mine anti uomo seppellite dal gruppo di Amersfoort, prima che l’arrivo di questo nuovo Into Battle tornasse a far lucidare i cannoni con Bolt Thrower scritto in rilievo sulla lunga bocca di fuoco.
Il mini album è composto da quattro brani (più intro) assolutamente old school, con il vocione di Thomas Wouters a dettare le condizioni della resa davanti all’esercito completamente distrutto dai colpi inferti dai Bodyfarm.
Non è certo una proposta originale questa, ma con un death metal dall’impatto potentissimo il gruppo olandese non lascia spazio a tentennamenti, si posiziona sulla trincea e spara cannonate ad altezza uomo spazzando via tutto con le note di Bodyfarm, della marziale Final Redemption, della veloce Heartraped e del macigno finale Slaves Of War.
Ep che potrebbe essere un succoso anticipo del full length che verrà, Into Battle rappresenta il grido disumano che invita alla battaglia.

Tracklist
1.Into Battle
2.Bodyfarm
3.Final redemption
4.Heartraped
5.Slaves Of War

Line-up
Quint Meerbeek – Drums
Thomas Wouters – Guitars, Vocals
Alex Seegers – Bass
Bram Hilhorst – Guitars

BODYFARM – Facebook

Oltretomba – L’Ouverture des Fosses

Il lavoro si snoda senza prendere in minima considerazione l’idea di una forma canzone, basando il tutto su un impatto ossessivo che va ad erigere un sound a suo modo primitivo e dichiaratamente privo di ogni modernismo.

Gli Oltretomba hanno un monicker italiano, cantano in francese e sono danesi: già questo basta per farci capire che questo trio ha bandito ogni forma di normalità a favore di sonorità disturbante e disturbanti, difficilmente riconducibili ad un genere specifico.

Se proprio dobbiamo incasellare la band da qualche parte, l’ambito nel quale maggiormente sembra muoversi più che agevolmente un album come L’Ouverture des Fosses è il doom, specialmente quando è l’organo di Grand Duc a prendere il sopravvento sul resto della strumentazione.
Il lavoro, che dovrebbe essere il secondo full length uscito in formato cassetta per Caligari Records, si snoda senza prendere in minima considerazione l’idea di una forma canzone, basando il tutto su un impatto ossessivo che va ad erigere un sound a suo modo primitivo e dichiaratamente privo di ogni modernismo, a favore di una ritualità che riporta alla tradizione egizia, in evidenza nella spaventosa Ablation de la Boite Cranniene, traccia che assieme allo strumentale Requiem Pour Grand Duc e a Le Texte des Pyramides appare meno pervasa dalla nichilistica incomunicabilità esibita, invece, in Des Experiences Cruelles Thoth e nella title track.
L’Ouverture des Fosses è un’idea espressiva non priva di spunti intriganti ma che, per sua natura, è rivolta ad una ristrettissima nicchia di ascoltatori: a me comunque questi bizzarri provocatori sonori piacciono e non poco; poi, da questo a far diventare la loro musica un ascolto abituale ovviamente ce ne corre , questo è chiaro …

Tracklist:
1. Des Experiences Cruelles
2. Thoth
3. Le Texte des Pyramides
4. Requiem Pour Grand Duc
5. Ablation de la Boite Cranniene
6. L’Ouverture des Fosses

Line-up:
Machoire – Drums
Grand Duc – Organ
Lord Fungus – Vocals, Bass, Guitars