Ravens Creed – Get Killed or Try Dying

Get Killed or Try Dying segue dunque la strada intrapresa dai Ravens Creed, quella di suonare death metal minimale e old school, che non manca di farsi accompagnare da un’urgenza thrash di scuola slayerana per un altro esempio di metal estremo da consigliare ai fans del genere.

Death metal d’impatto e senza compromessi, assolutamente old school nella forma e nelle intenzioni è quanto offerto dai Ravens Creed.

Il gruppo britannico, nato per volere di due vecchie conoscenze della scena come Steve Watson (Iron Monkey / Cerebral Fix) e Jay Graham (Skyclad / Return to the Sabbat / Undergroove), torna sul mercato con il quarto full length della propria carriera, nata tra i vicoli e i locali londinesi nel 2006, a distanza di tre anni dal precedente Ravens Krieg, di cui ci eravamo occupati al momento dell’uscita.
Il sound del gruppo non si discosta da quello che avevamo potuto ascoltare tre anni fa, trattandosi di un death metal feroce, battagliero e minimale, con tredici brani sparati come cannonate in appena mezzora scarsa di guerra totale.
Get Killed or Try Dying segue dunque la strada intrapresa dai Ravens Creed, quella di suonare death metal minimale e old school, che non manca di farsi accompagnare da un’urgenza thrash di scuola slayerana per un altro esempio di metal estremo da consigliare ai fans del genere.
Dead Bird On Winchester Street arriva come una tempesta dopo l’intro ed inizia così il massacro a colpi di death/thrash metal, dove una dopo l’altra le tracce si susseguono veloci come tempeste di fuoco in mezzo alla battaglia.
Jay Graham è il solito martello ritmico, una macchina da guerra senza soluzione di continuità, il growl di Al Osta segue l’evoluzione dei brani che non disdegnano potentissimi rallentamenti o ritmi cadenzati e marziali come nella tellurica title track.
Il resto dell’album segue questa strada che porta allo scontro finale, confermando l’assoluta attitudine old school ed underground del combo londinese, il quali non lascia spazio a facili compromessi risultando una garanzia per i fans più duri e puri di queste sonorità.

Tracklist
1.Intro – Unrelenting Supremacy
2.Dead Bird on Winchester Street
3.Death on a Rival
4.Get Killed or Try Dying
5.Hymn & Hearse
6.Off with their Legs
7.Treacherous Rector
8.Rats Beneath Our Feet
9.Remember the Hammer
10.Sound of Sirens
11.When a Deaf Man Goes Blind
12.The Trauma of Being Hunted
13.Outro

Line-up
Rod Boston – Bass
Jay Graham – Drums
Steve Watson – Guitars
Al Osta – Vocals

RAVENS CREED – Facebook

Lords Of The Trident – Shadows From The Past

Una raccolta di brani che riesce a mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore grazie ai tanti momenti melodici in un contesto metallico supportato da un buon songwriting, anche se l’album precedente era baciato da un maggiore stato di grazia che influisce sul giudizio comunque positivo di questa nuova prova.

L’ultimo lavoro uscito tre anni fa, era un autentico gioiellino metallico, duro, melodico, a metà strada tra il power metal e le più tradizionali sonorità heavy classiche.

Sto parlando di Frostburn, bellissimo lavoro dei Lords of The Trident, simpatica e bravissima band del Wisconsin, dal sound che di americano ha poco o nulla ed invece ha molto dell’heavy europeo.
Mai troppo power, il metal del quintetto guidato dal vocalist Fang VonWrathenstein si rivela una bella sorpresa per i fans dei suoni classici di scuola tedesco/britannica, con una band che non prendendosi troppo sul serio diverte tra citazioni ed ispirazioni che non possono non far saltare sulla poltrona i defenders incalliti.
Shadows From The Past è il quarto lavoro sulla lunga distanza per gli statunitensi: niente di nuovo ma convincente sotto il cielo di un Wisconsin illuminato da lampi e tuoni metallici e riflessi accecanti di lucide spade.
Una raccolta di brani che riesce a mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore grazie ai tanti momenti melodici in un contesto metallico supportato da un buon songwriting, anche se l’album precedente era baciato da un maggiore stato di grazia che influisce sul giudizio comunque positivo di questa nuova prova.
Chitarre che si incendiano in solos e passaggi heavy metal lasciano spazio a cavalcate power di scuola Helloween; ottimo è l’uso dei chorus dal flavour epico e dal buon appeal, mentre il singer conferma di essere cantante perfetto per la musica suonata e la sezione ritmica fa il suo sporco lavoro al meglio, alternando parti telluriche ad accelerazioni che trovano le loro origini tra le vie di Amburgo a metà degli anni ottanta.
L’opener Death Dealer parte come un treno e deraglia nella tellurica e melodica Zero Hour, la bellissima Figaro porta con sé sfumature progressive, mentre The Party Has Arrived fa da preludio alla più moderna Reaper’s Hourglass.
Sono questi i pezzi forti che i Lords Of The Trident mettono in campo per uscire vincitori da questa ennesima prova, che non deluderà sicuramente gli amanti del genere, anche se Frostburn, come scritto, rimane il loro album migliore.

Tracklist
1.Death Dealer
2.Zero Hour
3.Tormentor
4.Burn It Down (With Fire)
5.Figaro
6.The Party Has Arrived
7.Brothers of Cain
8.Reaper’s Hourglass
9.Chasing Shadows
10.The Nameless Tomb
11.The Gatekeeper
12.Cross the Line
13.Desolation (Haze of the Battlefield Pt. 2)
14.Fire and Sand

Line-up
Fang VonWrathenstein – Lead Vocals
Baron Taurean Helleshaar – Lead Guitar
Asian Metal – Lead Guitar
Pontifex Mortis – Lead Bass
Master “Herc” Hercule Schlagzeuger – Lead Drums

LORDS OF THE TRIDENT – Facebook

In Oblivion – Memories Engraved in Stone

La competenza c’è, l’attitudine pure: la presenza questi due elementi fa pensare che nel giro di poco tempo gli In Oblivion potrebbero regalarci qualcosa di davvero importante; per ora, comunque, bene così.

Delle tre uscite offerte dalla Endless Winter in questa parte del 2018, quella degli In Oblivion è la più canonicamente vicina al funeral doom, anche se quello dei texani presenta diverse digressioni come le accelerazioni di stampo black che deturpano l’opener Wreathed in Gloom.

Memories Engraved in Stone è il full length d’esordio, che segue l’ep autointitolato del 2015 dal quale vengono riprese sia la già citata Wreathed in Gloom che la title track: il quintetto di Austin prova con discreto successo ad ammantare di un velo cupo ed impenetrabile il proprio sound, ed è fuor di dubbio che le cose vadano senz’altro meglio quando il tutto diviene più rarefatto ed atmosferico.
L’opener è un ottimo brano che, anche se forse ancora un po’ acerbo, presenta notevoli spunti ma è in An Eve in Mourning che i nostri puntano al bersaglio grosso, rischiando anche qualcosa di loro con la ripresa delle ben note sonorità della Marcia Funebre; la pacchianeria infatti incombe sempre su operazioni di questo tipo, mai gli In Oblivion vi sfuggono abilmente abbandonando dopo circa due minuti gli schemi chopiniani (che verranno nuovamente richiamati nel finale) per elaborare, di fatto, sonorità proprie e dotate di un tasso drammatico ed evocativo non indifferente.
E’ proprio qui che il rantolo terrificante di Justin Buller si sposa a meraviglia con il lento dipanarsi melodico del brano, a dimostrazione della disinvoltura nel trattare la materia da parte della band statunitense.
La title track è ancora più cupa, a tratti solenne, con qualche richiamo alla scuola russa (Comatose Vigil, Abstract Spirit) nel lavoro tastieristico, mentre nella conclusiva e piu lunga traccia del lotto, In Perfect Misery, gli In Oblivion si concedono diversi minuti di respiro prima di infierire nuovamente e in maniera definitiva sui nervi scossi dell’ascoltatore.
Chiedere ad una band che suona funeral una maggiore sintesi potrebbe sembrare bizzarro, ma in effetti agli In Oblivion, per ora, manca la dote innata di trovare il giusto sbocco emozionale alle diverse buone intuizioni messe in mostra (il finale di In Perfect Misery è emblematico in tal senso, e ci si chiede perché uno spunto melodico così bello non sia stato sfruttato in maniera più generosa).
La competenza c’è, l’attitudine pure: la presenza questi due elementi fa pensare che nel giro di poco tempo gli In Oblivion potrebbero regalarci qualcosa di davvero importante; per ora, comunque, bene così.

Tracklist:
1. Wreathed in Gloom
2. An Eve in Mourning
3. Memories Engraved in Stone
4. In Perfect Misery

Line-up:
Jake Holmes – Bass
Ciaran McCloskey – Guitars (lead)
Justin Buller – Guitars (electric and acoustic), Vocals
Ryoko Minowa – Keyboards
Shane Elwell – Drums, Percussion

IN OBLIVION – Facebook

IN-SIDE

Il video di Trapped In A Memory, dall’album Life in uscita nel febbraio 2019.

Il video di Trapped In A Memory, dall’album Life in uscita nel febbraio 2019.

Taken from forthcoming album “LIFE” to be released in february 2019
Produced by Saal Richmond & IN-SIDE, july/august 2018

IN – SIDE: the brand new, all italian AOR musical project.
Genre: AOR, Melodic Rock
Song: Trapped in a memory

IN-SIDE is:
* Beppe Jago Careddu – Vocals
* Saal Richmond – Keyboards / Synthesizers / Programming / Backing Vocals
* Dave Grandieri – Keyboards / Synthesizers / Programming / Backing Vocals
* Abramo De Cillis – Guitars
* Davide Marino – Bass Guitars
* Fabio Nora – Drums
* Marzio Francone – Sound Engineering / Recording Studio

Videoclip production:
VIOLEX VIDEO PRODUCTION
Director: Alex Bufalo
D.o.P: Sara Sonnessa
M.u.A: Vanessa Mia Scalzo
Stage Assistant: Claudia Notarangelo

Recorded, mixed and mastered at SNOOKY RECORDS STUDIO
by Marzio Francone
https://www.facebook.com/snookyrecordsstudio/

Facebook Official:
https://www.facebook.com/INSIDEAORITALY/