Bonehunter – Children Of The Atom

Speed metal, thrash, black e punk formano una miscela esplosiva che ha come padrini i soliti nomi di chi suona il genere, e i Bonehunter sanno come miscelare per bene questa bomba in musica, trascinando i fans in un vortice di metal ignorante, senza compromessi e blasfemo.

Trio proveniente da Oulu ed attivo dal 2011, i finlandesi Bonehunter pubblicano il terzo full length che va a rimpinguare una discografia abbondante, specialmente per quanto riguarda ep e split.

Children Of The Atom è il nuovo lavoro sulla lunga distanza, successore di Evil Triumphs Again uscito nel 2015 e del secondo massacro licenziato lo scorso anno dal titolo Sexual Panic Human Machine.
Syphilitic Satanarchist (voce e basso), Witch Rider (Guitars) e S.S Penetrator (batteria) suonano un thrash/black old school mosso da uno spirito demoniaco e punk: il loro nuovo album risulta una mazzata estrema di chiara ispirazione ottantiana, con un sound alimentato dalla confluenza di generi che ancora oggi si nutrono di anime nell’underground metallico mondiale.
Speed metal, thrash, black e punk formano una miscela esplosiva che ha come padrini i soliti nomi di chi suona il genere, e i Bonehunter sanno come miscelare per bene questa bomba in musica, trascinando i fans in un vortice di metal ignorante, senza compromessi e blasfemo.
Children Of The Atom parte sgommando e non si ferma più: il gruppo scarica mitragliate metalliche dove le ritmiche non danno tregua, l’attitudine punk risveglia sensazioni motorheadiane mentre Lucifero si crogiola tra invocazioni alla distruzione totale, alla guerra e al caos.
Tempestoso e velocissimo inno estremo, l’album gode di una produzione discreta e di dieci brani ispirati dove Venom, Slayer e Motorhead sono chiamati alle armi dai Darkthrone per dare vita ad una raccolta che vede Sex Messiah Android, la title track e Spider’s Grave quali momenti migliori di questa totale e violenta aggressione di matrice old school.

Tracklist
1.Initiate The Sequence
2.Demonic Nuclear Armament
3.Sex Messiah Android
4.Children Of The Atom
5.The Reek Of Reaper’s Scyte
6.Black Star Carcass
7.Spider’s Grave
8.Cybernetic Vampirism
9.Man Of Steel (Spiritus Mortis cover)
10.Devil Signal Burst

Line-up
Syphilitic Satanarchist – Vocals, Bass
Witch Rider – Guitars
S.S Penetrator – Drums

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SOUTH OF NO NORTH

Il video di ‘Command (is better than f***)’, dall’EP ‘Stubborn’.

Il video di ‘Command (is better than f***)’, dall’EP ‘Stubborn’.

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I groove metallers SOUTH OF NO NORTH annunciano l’uscita del loro primo videoclip ufficiale per il brano ‘Command (is better than f***)’, secondo singolo estratto dall’EP d’esordio ‘Stubborn’.

La band napoletata esprime una dissacrante visione della società odierna unendo influenze sperimentali moderne ad un approcio groove metal vecchia scuola, che contraddistingue il loro sound potente e diretto.

I SONN hanno commentato : ‘Command is better than fuck’ (da un antico proverbio napoletano ”O cummanna’ è meglio d’ ‘o fottere’) rappresenta la necessità dell’uomo di prevaricare, di assumere il controllo schiacciando i suoi simili. Dato che spesso le parole non bastano ad esprimere questo concetto, dovevamo mostrarvelo. E dato che beviamo, e non riusciamo ad assumere il controllo sull’alcool, questo video presenta una certa vena ironica, anche perché a nostro avviso un classico video metal in cui prenderci troppo sul serio non aveva senso di esistere.”

L’EP ‘Stubborn’ e’ stato pubblicato nel Novembre del 2017 mentre il videoclip di ‘Command (is better than f***)’ è stato prodotto dai South Of No North.

Cast: Giulio Mirabella, Roberto Tarallo, Ciro Troisi, Valerio Rosato, Rosaria Nobile, Jolanda.
Make-up : Bia Marino

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Hardcore Superstar – You Can’t Kill My Rock’N Roll

You Can’t Kill My Rock’N Roll si mantiene su livelli consoni alla fama del gruppo, arrivando alla fine senza intoppi e con una manciata di canzoni, quindi i fans del gruppo possono dormire sonni tranquilli, almeno finché il tasto play non darà nuovamente fuoco alla miccia del rock’n’roll targata Hardcore Superstar.

Turbonegro, The Hellacopters, Gluecifer, Backyard Babies e Hardcore Superstar sono solo le più importanti e seguite band, in arrivo dalla Scandinavia, che presero a spallate il mercato discografico tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio a suon di rock’n’roll irriverente, esagerato, ribelle ed assolutamente travolgente.

Come sempre succede nel mondo del rock, finita la scorpacciata, andò scemando l’entusiasmo per questa nuova ondata di band che, ognuna con il proprio stile, tornava a battere le strade sporche che videro diversi anni prima gli Hanoi Rocks quali sovrani incontrastati,.
Ne è passato di tempo da quando gli Hardcore Superstar irruppero sul mercato con Bad Snakers And A Pina Colada, seguito dall’ottimo Thank You (For Letting Us Be Ourselves): un ventennio circa ed altri otto album, nove con questo dinamitardo lavoro intitolato You Can’t Kill My Rock’N Roll.
Ovvio che l’entusiasmo dei primi anni del millennio abbia lasciato al mestiere e all’esperienza il comando delle operazioni: la band di Goteborg risulta comunque una garanzia di divertimento, anche se nel corso della carriera qualche passo falso c’è stato.
Per i fans del gruppo il nuovo lavoro permette di godere degli Hardcore Superstar in una delle vesti migliori degli ultimi tempi: Jocke Berg e soci sono tornati con un songwriting ottimo e per lunga parte di You Can’t Kill My Rock’N Roll si respira aria di potenziale hit ad ogni traccia.
Prodotto dal gruppo nei pressi di Goteborg e mixato a Stoccolma da Dino Medanhodzic, l’album si presenta con l’irriverente copertina dove tre suore votate al rock fumano e bevono, magari ascoltando la band, intenta a darci dentro con Electric Rider o con i riff metal delle possenti My Sanctuary e Hit Me Where It Hurts.
It’s only rock ‘n’roll, mai frase può risultare più adatta per The Others, uno dei brani più belli dell’album, e Baboon, uno dei singoli già usciti sul mercato per alzare il livello di attesa tra i fans del gruppo.
L’album, come scritto, si mantiene su livelli consoni alla fama del gruppo, arrivando alla fine senza intoppi e con una manciata di canzoni irresistibili (da citare ancora Have Mercy On Me), quindi i fans del gruppo possono dormire sonni tranquilli, almeno finché il tasto play non darà nuovamente fuoco alla miccia del rock’n’roll targata Hardcore Superstar.

Tracklist
1.ADHD
2.Electric Rider
3.My Sanctuary
4.Hit Me Where It Hurts
5.YCKMRNR
6.The Others
7.Have Mercy On Me
8.Never Carred For Snobbery
9.Baboon
10.Bring The House Down
11.Medicine Man
12.Goodbye

Line-up
Jocke Berg – Vocals
Vic Zino – Guitars
Martin Sandvick – Bass
Adde Andreasson – Drums

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Korpiklaani – Kulkija

Con questo lavoro il gruppo di Lahti ha dato un taglio di maggiore introspezione ai testi, senza per questo tralasciare le canzoni festanti e da bevuta, e una decisa virata verso il folk nella musica.

I finlandesi Korpiklaani (il clan della foresta) possono piacere o non piacere, ma sono forse il principale gruppo di folk metal mondiale, per seguito e per importanza storica, nel senso che se oggi si può parlare di folk metal è anche e soprattutto grazie a loro.

Il gruppo finnico è in giro dal 1993 sotto il nome di Shaman, e dopo il 2003 con l’attuale nome. La sua fusione di folk e metal, il tutto fatto nell’accezione più popolare e ballabile, è una formula di grande fascino e di divertimento assicurato, come si può vedere dagli affollatissimi e molto partecipati concerti. Inoltre i Korpiklaani sono un vero orgoglio nazionale, li fanno sentire anche nelle scuole, anche perché il metal in Finlandia è il genere più famoso ed amato. La loro poetica è incentrata sul folk metal, sul cantare nella propria lingua: questo è il quarto album in finlandese e sul parlare delle tradizioni della loro terra, ma più che altro del vivere e del sentire come genere umano. La loro ultima fatica Kulkija, che significa foresta, arriva a tre anni dalla precedente ed è quella più lunga, con ben quattordici canzoni che tengono incollato l’ascoltatore. Nella musica dei finnici ci sono tante cose, ma forse quella più importante è una dolcezza e una malinconia agrodolce che pervade il tutto, come una bella festa di paese dalla quale spiace davvero andare via. Per noi italiani sono un gruppo di difficile comprensione, del resto noi abbiamo Vasco Rossi al posto del clan della foresta, e non è una critica ma una semplice constatazione. Con questo lavoro il gruppo di Lahti ha dato un taglio di maggiore introspezione ai testi, senza per questo tralasciare le canzoni festanti e da bevuta, e una decisa virata verso il folk nella musica. Un disco divertente e profondo di un gruppo che regala grandi concerti, ma anche buoni dischi.

Tracklist
1. Neito
2. Korpikuusen kyynel
3. Aallon alla
4. Harmaja
5. Kotikonnut
6. Korppikalliota
7. Kallon malja
8. Sillanrakentaja
9. Henkselipoika
10. Pellervoinen
11. Riemu
12. Kuin korpi nukkuva
13. Juomamaa
14. Tuttu on ti

Line-up
Jonne Järvelä – vocals, acoustic guitar, mandolin, percussion, violafon –
Tuomas Rounakari – fiddle –
Cane – guitar, backing vocals –
Jarkko Aaltonen – bass –
Sami Perttula – accordion –
Matson Johansson – drums –

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Black Howling – Return of Primordial Stillness

Il Black Metal portoghese non tradisce mai, con una band che, attiva dal 2003, ha saputo imporsi per doti tecniche, originalità, mutevolezza e grandi capacità evolutive, in una scena concorrenziale ricchissima, dove la numerosità di attori principali, costituisce il cast del colossal musicale Lusitano.

Se ipotizzassimo di tracciare linee immaginarie sulla cartina dell’Europa, per definire le macro fasce geografiche del genere Black Metal del Vecchio Continente, potremmo (almeno) individuare tre zone: la fascia Scandinava, il Centro Europa e l’area Mediterranea.

Ed è proprio in quest’ultima che una nazione come il Portogallo, risulterebbe seconda a nessuna (probabilmente al livello di Grecia e appena sopra il Bel Paese).
Un terra antica – la Lusitania – nata in epoca preromana, popolata da abitanti affini sì agli antichi Iberi, ma con connotazioni religiose, sociali e culturali pressoché analoghe agli antichi e misteriosi Celti, precedenti abitanti di questa terra (poi cacciati dagli stessi Lusitani che ne occuparono i territori, oggi più o meno coincidenti con l’attuale Portogallo).
Antichi culti pagani e divinità di chiara origine celtica (l’impavido Cariocecus poi sincretizzato in Ares per i Greci o ancora il “buono” Endovelicus probabilmente identificabile con Apollo), perdurati nei secoli, nonostante le coercitive evangelizzazioni (spesso senza risultato) della dominazione romana e una collocazione geografica, così lontana dal resto d’Europa (quasi a voler stigmatizzare un’appartenenza ad un continente specifico e a voler far intendere di essere l’ultimo baluardo a difesa da immaginari invasori d’oltre oceano), hanno contribuito nei secoli ad avvolgere di arcano mistero questa terra meravigliosa.
In un contesto così misteriosamente e cupamente affascinante, non poteva che trovare terra fertile un genere come il Black Metal.
Moonspell (poi orientati verso lidi musicali più melodicamente gotici e doom) e poi Decayed, Sacred Sin, e successivamente Corpus Christii, Irae, Cripta Oculta, Inthyflesh, Mons Veneris (ma si potrebbe continuare per giorni) ed appunto i nostri, i Black Howling, costituiscono l’ossatura nera della terra dei navigatori.
Satanismo, occultismo (tematica molto cara “all’area Mediterranea”), folklore, ma anche distruzione, odio, pessimismo e misantropia, temi ricorrenti nei testi, rappresentando l’incipit e l’excipit (e tutto ciò che ne viene compreso) del nero grimorio lusitano.
E sono proprio queste ultime tematiche a fare da cornice al genere proposto dal duo di Lisbona, (d’altronde il depressive portoghese rappresenta un imprescindibile ramo del Black Lusitano). Costanti atmosfere funeree e tragicità onnipresente, costituiscono il core delle loro lyrics. Sonorità angoscianti e urla strazianti, presenziano ogni loro traccia. Cinque album all’attivo, moltissimi split, due ep ed alcuni demo, rappresentano la produzione di questa prolifica band. Mai una luce, mai un bagliore, nessuna traccia di ottimistiche visioni future. Solo depressione, afflizione e nere sofferenze, convergono nel loro funereo ultimo sforzo, Return of Primordial Stillness, full length uscito per la portoghese Signal Rex, della durata di circa 40 minuti, ma contenente unicamente 4 brani (due dei quali di 15 minuti circa!).
Iberia, il primo brano, è un funeral black doom agghiacciante. Quasi sei minuti che ci accompagnano inesorabilmente verso antichi rituali funebri; mai un’accelerazione, neanche un accenno di mid-tempo … solo triste lentissimo incedere di un sound che, se accolto ad occhi chiusi e assaporato in una stanza buia, rende partecipi di una straziante mortuaria marcia. Immaginari occhi proiettati verso il cielo, consapevolmente, ci lasciano intendere di essere noi il cadavere, mestamente trasportato nel feretro . Molto Sleep di Stillborn, occhiolino ai Black Sabbath di Electric Wizard, con un sottofondo melanconicamente melodico (in cui ho rivissuto in parte le emozioni di Melissa), in una cornice dolorosamente, ma maestosamente Black.
Ma sono i due pezzi successivi che ci straziano di felicità. Un galoppante Black Metal classico, ricco di melodia, adagiato su tipici tremoli ed intarsiato da uno scream lancinante ma efficace, sostiene il corpo della traccia Celestial Syntropy (Übermensch Elevated), ove non mancano momenti lenti e sinfonici, corollati da una depressione sempre latente e arricchiti da magici assoli di chitarra di A. (dotato di tecnica sopraffina), intervallati da maestosi mid-tempo, che sfumano in momenti più thrash, evidenziando la bravura dei nostri, sia in fase solista che ritmica. La potenza esercitata da basso (sempre di A.) e batteria (di P.) risultano impressionanti. Vocalizzi strazianti (P.) vengono qui sapientemente amalgamati da angoscianti cori clean, che rendono tutto il pezzo un omaggio ai solenni sintropici aspetti della natura dell’Universo. E in antitesi all’universale ordine sintropico, non poteva mancare il disordine entropico del successivo pezzo – Celestial Entropy (Emptiness Revelation) – la canzone definitiva: il momento musicale che scandisce la morte entropica del tutto, lo stato finale ove tutte le energie universali terminano. In una parafrasi musicale, il pezzo che assorbe letteralmente ogni nostra umana vitalità, sprofondandoci in un’etera depressione, costruita su apatici tempi funebri, adagiati su melodie contaminate da un sound doom anni settanta, che collima, verso il minuto 6” circa, con un momento (seppur breve) di divino di metal settantiano, dove le apparizioni dei Black Sabbath, ci inebriano di cupa decadenza e di drammatica occulta sofferenza.
Una ripresa black veloce, il ritorno Heavy Doom e la melodica disforia musicale, accompagnano i lancinanti vocalizzi del lamento di A. sino al termine di una canzone, che più che un brano, è un inno alla fine dell’esistenza, dell’Universo, del Cosmo intero.
C’è ancora tempo per un momento strumentale (Cosmic Oblivion, interamente a cura di A.) che sancisce la morte definitiva del Cosmo. Qui, un delizioso arpeggio, sonorità elettroniche affini a rumorismi quasi sci-fi, instillano fluidi psichedelici nelle nostre vene che, adagiandoci su un letto di morte, ci cullano grazie ad echi e risonanze floydiane, rendendo meno dolorosa la fine del Tutto.
Gloria in excelsis Deo, in onore di un Dio della Musica, che mai come in questo album ha ispirato il duo Lusitano. Da non perdere.

Tracklist
1.Iberia
2.Celestial Syntropy (Übermensch Elevated)
3.Celestial Entropy (Emptiness Revelation)
4.Cosmic Oblivion

Line-up
A. – Guitars, Bass
P. – Vocals, Drums

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NOSOUND RELEASE PARTY/VINCENT CAVANAGH (ANATHEMA) DJ set/UNALEI, 26 OTTOBRE 2018, WISHLIST CLUB, ROMA

La Dark Veil Productions è orgogliosa di presentare il prossimo 26 Ottobre presso il Wishlist Club di Roma il release party dei Nosound. La band capitolina guidata da Giancarlo Erra, da anni nome di punta della prestigiosa Kscope, sta per pubblicare il suo nuovo studio album dal titolo “Allow Yourself” e lo presenterà in anteprima al pubblico romano, che beneficerà inoltre di una Signing Session con gli Artisti e del sorteggio di Vip Pass che consentiranno l’accesso speciale al soundcheck ed al backstage. Il Wishlist ospiterà inoltre una esposizione delle fotografie astronomiche di Giancarlo Erra che hanno spesso arricchito i booklets degli album Nosound. Ma non è tutto! La serata sarà ulteriormente impreziosita dalla featuring di un artista che non ha bisogno di presentazioni: Vincent Cavanagh, membro fondatore degli Anathema. La già esistente e bella collaborazione artistica fra gli amici Giancarlo e Vincent ha visto come atto naturale l’invito rivolto all’artista di Liverpool a partecipare alla serata. Vincent ci sarà per alcune sorprese che chi verrà scoprirà e, evento nell’evento, regalerà al pubblico uno speciale DJ set composto di brani da lui stesso selezionati. Ad aprire, l’esibizione in acustico di Unalei, promettente progetto post-rock del talentuoso polistrumentista romano Federico Sanna giunto all’imminente pubblicazione del suo terzo album.

EVENTO FB
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