Monuments – Phronesis

I Monuments possiedono quelle caratteristiche che in parte coprono i difetti riscontrabili in tutte le opere del genere e Phronesis, da questo punto di vista, ha dalla sua richiami al nu metal che imprimono quella verve in più all’ascolto.

Il metalcore ha iniziato da almeno un paio d’anni l’ involuzione fisiologica di quei generi che trovano il successo, rimangono nei favori degli ascoltatori per un periodo più o meno lungo per poi cadere in uno stato creativo comatoso, provocato dalle centinaia di band tutte uguali che le label sparano a mitraglia sul mercato alla ricerca della gallina dalle uova d’oro.

Il metal moderno melodico quindi, lascia alla sua anima più estrema e violenta (il deathcore) la gloria qualitativa, per provare invece a raggiungere i più giovani con opere sempre più melodiche e chiuse nella solita formula da tempo abusata fino alla noia.
Si salvano da tutto questo i Monuments, quintetto londinese al terzo lavoro sulla lunga distanza per Century Media, una garanzia di qualità anche in questo genere, grazie ad una produzione scintillante e ad un lotto di brani che ben esprimono il concetto di metal core, con ritmiche sincopate e dalla ottima tecnica, chorus puliti e dal sicuro appeal e un uso discreto della canonica dicotomia vocale.
Gratificati da un successo che li vede girare l’Europa anche in questo anno per supportare il nuovo lavoro, i Monuments hanno dalla loro quelle caratteristiche che in parte coprono i difetti riscontrabili in tutte le opere del genere e Phronesis, da questo punto di vista, ha dalla sua richiami al nu metal (Leviathan) che imprimono quella verve in più all’ascolto.
Per il resto siamo perfettamente in sintonia con i dettami ben conosciuti, ed anche questo ultimo lavoro targato Monuments troverà estimatori tra gli amanti di queste sonorità mentre verrà totalmente ignorato da tutti gli altri.

Tracklist
1.A.W.O.L
2.Hollow King
3.Vanta
4.Mirror Image
5.Ivory
6.Stygian Blue
7.Leviathan
8.Celeste
9.Jukai
10.The Watch

Line-up
Olly Steele – Guitar
Adam Swan – Bass
Chris Barretto – Vocals
John Browne – Guitar
Daniel ‘Lango’ Lang – Drums

MONUMENTS – Facebook

Unearth – Exctintion(s)

Gli Unearth concentrano qui tutto ciò di buono che sanno fare, esaltando al massimo le proprie capacità; la maturità musicale è netta e incontrovertibile, come la loro superiorità rispetto agli altri gruppi.

Passano gli anni, arrivano nuovi nomi sulla scena, ma poi esce il nuovo disco degli Unearth che spazza via tutto e tutti.

I paladini del metalcore sono in giro dal 1998 e non hanno intenzione di abdicare, anzi affermano la propria superiorità con questo ottimo Extinction(s), che mette in mostra tutto ciò che la casa possa offrire. Con chitarre contundenti, batteria e basso incessanti, una voce sempre calibrata e adeguata, gli Unearth sono uno dei gruppi che sanno incanalare al meglio la propria potenza, offrendo anche ottimi momenti di melodia, ma in questo disco prevale la pesantezza. Molti, e a ragion veduta, sono critici verso un sottogenere come il metalcore, poiché si dice che sia troppo melodico e fatto per vendere ai giovanissimi, cose che in alcuni casi sono vere, ma se i critici ascoltassero questo ultimo lavoro degli Unearth darebbero più di una possibilità al genere. Ovviamente non tutti i gruppi sono come loro, ma questo ultimo disco è molto valido, lo si ascolta dall’inizio alla fine apprezzando le continue e ottime soluzioni sonore, e il risultato di insieme è ottimo. Non esiste tregua o momento di stanca, la ripartenza della carriera dopo venti anni è un autentico successo, un continuum di mazzate e grandi momenti di metal moderno. Gli Unearth concentrano qui tutto ciò di buono che sanno fare, esaltando al massimo le proprie capacità; la maturità musicale è netta e incontrovertibile, come la loro superiorità rispetto agli altri gruppi. Mostrare i muscoli ma non solo, perché gli Unearth sono comunque capaci anche di belle melodie, sempre incastonate all’interno di ritmi veloci e potenti. Ottimo il cantato anche nei momenti di growl, dimostrazione di versatilità da parte del cantante e dell’intero gruppo.

Tracklist
1. Incinerate
2. Dust
3 Survivalist
4 Cultivation Of Infection
5 The Hunt Begins
6 Hard Lines Downfall
7 King Of The Arctic
8 Sidewinder
9 No Reprisal
10 One With The Sun

Line-up
Trevor Phipps – Vocals
Ken Susi – Guitar
Buz McGrath – Guitar
Nick Pierce – Drums
Chris O’Toole – Bass

UNEARTH – Facebook

Cantique Lépreux – Paysages Polaires

Una Natura aspra e invincibile si ritrova nella seconda opera dei canadesi Cantique Lepreux che riescono con la purezza della loro arte a rappresentarla in tua la sua magnificenza.

Epicità, disperazione e gelo sono gli ingredienti che ci investono appena partono le prime note del secondo disco dei canadesi Cantique Lepreux, terzetto del Quebec che nonostante una ancora breve carriera, il primo full length “Cendres Celestes” è del 2016, ha le idee chiare e una ispirazione pura per diffondere la propria arte devota alla nera fiamma.

Cover estremamente esplicativa e titolo suggestivo ci aiutano ad acclimatarci immediatamente nel turbinio emozionale che fuoriesce fin dall’opener Le feu secret, furibondo brano condotto in costante tremolo picking e sorretto dall’angosciante scream di Blanc Feu; qui domina una natura selvaggia, incontaminata, insondabile, invincibile e l’intento della band è quello di trasportarci al suo interno, facendocela conoscere in tutte le sue sfumature. La proposta della band, sette brani, monolitica nel suo incedere, senza sostanziali variazioni, ci avvolge in un freddo vento che spira senza sosta, che non ci offre riparo, ma ci pone davanti all’ asprezza e alla maestosità di un suono senza tempo, memore della lezione nordica ma capace a livello melodico di trovare la strada per colpire la nostra sensibilità romantica. Lo scream in francese dona un afflato nostalgico e angosciante durante tutto lo svolgimento e la title track, quasi sedici minuti divisi in tre parti ci abbraccia in un vortice molto suggestivo dove le chitarre si rincorrono senza sosta e ci ipnotizzano donandoci melodie fredde e pure, figlie di una capacità e di una identità personale. L’urlo liberatorio che prorompe fiero e inesauribile, riempie di forza i nostri cuori e i nostri muscoli, rendendoci partecipi nell’ascolto di un suono sincero e dalla forte identità. Buonissima band e opera assai meritevole in un 2018 ricco di ottime uscite

Tracklist
1. Le feu secret
2. Les étoiles endeuillées
3. Paysages polaires I
4. Paysages polaires II
5. Paysages polaires III
6. Hélas…
7. Le fléau

Line-up
Matrak – Bass
Cadavre – Drums
Blanc Feu – Guitars, Vocals

CANTIQUE LEPREUX – Facebook

Cóndor – El Valle del Cóndor

Il sound del quintetto colombiano amalgama in modo sagace gli elementi dell’heavy/death/doom, e li modella lasciando che le atmosfere si dilatino senza perdersi troppo, potenziate da mid tempo potenti ed un rantolo di matrice death nel cantato.

Arrivati al quarto lavoro sulla lunga distanza, i Cóndor si presentano come una delle realtà più presenti nella scena metal underground della capitale colombiana Bogotá.

Il gruppo, infatti, in cinque anni di attività ha dato vita a tre lavori, prima che La Caverna Records licenziasse questo ultimo album incentrato su un doom/death metal dai risvolti heavy e old school.
Una proposta assolutamente underground ma che mantiene una sua forte personalità: il sound del quintetto colombiano amalgama in modo sagace gli elementi dei tre generi citati, li modella lasciando che le atmosfere si dilatino senza perdersi troppo, potenziate da mid tempo potenti ed un rantolo di matrice death nel cantato.
L’album si apre con una lunga intro strumentale dal titolo Obertura, con le chitarre che sprigionano riff dissonanti e carichi di watt, mentre El Paramo De Pisba accelera le ritmiche avvicinandosi al death metal.
La Cuchilla Del Tambo è un breve brano strumentale che funge intermezzo prima che Santa Rosa De Osos apra squarci doom/death metal, in un contesto ritmico dai molti cambi di tempo.
El Valle del Cóndor ha nei molti strumentali, come Cabeza de Buitre, i momenti più riusciti e si conclude con le note folk della title track a suggellare un buon lavoro in arrivo da una scena ancora tutta da scoprire come quella colombiana.

Tracklist
1.Obertura
2.El Páramo de Pisba
3.La Cuchilla del Tambo
4.Santa Rosa de Osos
5.Aw’tha
6.Gudrún
7.Cabeza de Buitre
8.Raudo es el Cauca
9.El valle del Cóndor

Line-up
Andrés Felipe López Vergara – Drums, Vocals
Francisco Fernández López – Guitars
Antonio Espinosa Holguín – Guitars, Vocals
Alejandro Solano Acosta Madiedo – Bass
Jorge Eduardo Canal Corredor – Guitars, Vocals

CONDOR – Facebook