John Diva & The Rockets Of Love – Mama Said Rock Is Dead

Da Mama Said Rock Is Dead parte il nuovo anno per queste sonorità, un’asticella piazzata molto in alto e che sarà difficile superare per chiunque abbia a che fare con un genere dato più volte per morto ma che sa ancora farci divertire come se il tempo non fosse passato e le luci del Sunset ancora accese per una nuova notte di rock’n’roll.

Se suoni per ben tre volte davanti al popolo di Wacken senza aver già pubblicato un album, potrai anche avere dei santi in paradiso ma la stoffa non ti manca di certo.

I John Diva & The Rockets Of Love, band che prende il nome dal suo frontman, per anni hanno reso tributo al sound degli anni ottanta, fino all’inevitabile esibizione della propria creatività, supportata da live esplosivi in puro stile da Sunset Boulevard.
Catturato dalla SPV/Steamhammer, il quintetto composto, oltre che dal vocalist John Diva, dai chitarristi Snake Rocket e J.J. Love, dal bassista Remmie Martin e dal batterista Lee Stingray Jr., debutta con questo spettacolare album intitolato Mama Said Rock Is Dead, un assalto alle coronarie dei vecchi rockers sopravvissuti ai party selvaggi nelle caldi notti del Viper Room, del Wiskey A Go Go o del Rainbow, oppure alle prime voglie di trasgressioni dei giovani che sbavano per l’Hair Metal, lo street e l’hard rock colorato dai sex symbol in lustrini e paillettes.
Non si resiste neanche un minuto, poi ci si comincia a dimenare in modo convulso, la sudorazione diventa abbondante, la gola si secca e la voglia di trasgressione e divertimento diventa irrefrenabile sotto le bordate delle varie Whiplash, Lolita (in quota Van Halen), Rock ‘n’ Roll Heaven (Poison e Bon Jovi shakerati in un cocktail che è pura dinamite sleaszy), Wild Life (Motley Crue) e poi Get It On, Long Legs, Rocket Of Love che a giro richiamano miti e leggende del popolo degli anni ottanta.
Da Mama Said Rock Is Dead parte il nuovo anno per queste sonorità, un’asticella piazzata molto in alto e che sarà difficile superare per chiunque abbia a che fare con un genere dato più volte per morto ma che sa ancora farci divertire come se il tempo non fosse passato e le luci del Sunset ancora accese per una nuova notte di rock’n’roll.

Tracklist
1. Whiplash
2. Lolita
3. Rock N’ Roll Heaven
4. Wild Life
5. Blinded
6. Dance Dirty
7. Just A Night Away
8. Fire Eyes
9. Get It On
10. Long Legs
11. Toxic
12. Rocket Of Love

Line-up
John Diva – vocals
Snake Rocket – guitars
J.J. Love – guitars
Remmie Martin – bass
Lee Stingray jr. – drums

JOHN DIVA – Facebook

MARY BRAIN

Il video di “Sentenced to Death”, dall’album “Light after Dark” (Valery Records).

Il video di “Sentenced to Death”, dall’album “Light after Dark” (Valery Records).

Valery Records e V-Promotion sono orgogliosi di annunciare la prossima pubblicazione del nuovo video “Sentenced to Death” dei Mary Brain.
Tratto dall’album “Light after Dark” uscito il 28 Settembre 2018 su etichetta Valery Records, “Senteced to Death” è il primo video e singolo rilasciato dai Mary Brain per questo disco.

Nati nel 2006, I Mary Brain, sono una band italiana di base a Modena, La line up è composta da: Matteo Vicenzi (Vocals) Andrea La Piccirella (Guitars) Nicola Palma (Bass) e Andrea Ferrari (Drums).

Dal punto di vista del sound, le prime influenze dei Mary Brain spaziano dal rock all’ heavy, passando attraverso il prog / trash con venature dark, maturate poi in “Light After Dark”, album con forti richiami hard rock e heavy metal anni 70/80 ed un sapore prog che continua ad essere presente nella loro musica. Nel primo full lenght, “Regression Of Human Existance”, la visione pessimistica della razza umana è ben evidenziata non solo nei contenuti tematici ma anche nel sound oscuro dalle venature dark e introspettive, mentre nel nuovo album “Light After Dark”, anche rispecchiando la positiva condizione attuale della band, vediamo finalmente apparire la luce dopo l’oscurità.

I suoni, gli arrangiamenti e i testi sono adesso sicuramente più positivi e ottimisti e il sound dei Mary Brain è di conseguenza piuttosto diverso rispetto al disco precedente. Questo nuovo stile viene definito dal combo modenese “Metarock” e nasce per proporre qualcosa di innovativo ovvero un’ interessante miscela tra Metal, Rock e Prog. “Metarock” trasmette un feeling e un certo groove in più, una forte e riconoscibile identità che rende il sound dei Mary Brain decisamente personale e unico.

Туман – Zuhanás

Zuhanás è un ascolto conseguentemente raccomandato a chi ricerca interessanti realtà sommerse all’interno delle scene dalle tradizioni meno consolidate.

I Туман sono una delle band più longeve in ambito black tra quelle ungheresi.

Nato all’inizio del millennio, questo interessante gruppo guidato offre un black metal di pura matrice scandinava, privo di fronzoli ma di notevole efficacia, nonostante una produzione perfettibile e l’utilizzo della lingua madre a livello lirico non favoriscano certo l’approccio ad ascoltatori occasionali.
Tra intro ed outro sono racchiusi in Zuhanás cinque brani di media lunghezza, piuttosto simili per ritmi e soluzioni sonore, ma decisamente impattanti in quanto pur nella loro essenzialità viene sempre esibito un intrigante substrato melodico.
Quello offerto dai Туман e un black suonato e composto con tutti i crismi, ruvido opprimente e di buona attrattività, all’interno del quale va notato che la nostra poca familiarità con la lingua magiara fa talvolta sembrare che la vocalist Dim ringhi i propri testi in un ipotetico idioma recitato al contrario: questo, per assurdo, non fa che accrescere il fascino di questo lavoro.
La title track può essere d presa ad opportuno esempio delle coordinate dell’opera: ritmiche martellanti, un lavoro chitarristico essenziale ma molto efficace ed un sibilo efferato a livello vocale sono gli elementi che si intrecciano al meglio con un sound che riprende con competenza, come detto, la matrice scandinava del genere, con un occhio rivolto più alla Svezia che non alla Norvegia, ma conservando sufficienti tratti personali. Zuhanás è un ascolto conseguentemente raccomandato a chi ricerca interessanti realtà sommerse all’interno delle scene dalle tradizioni meno consolidate.

Tracklist:
1. Prologue
2. Érzéslenyomatok I / Feelingprints I
3. Érzéslenyomatok II / Feelingprints II
4. Zuhanás / Falling
5. A mindenség pulzálása / The Pulsation of Everything
6. Egy állomás a végtelen közepén / A Station in the Middle of Infinity
7. Epilogue

Line-up:
Shadow – Bass
Dim – Guitars, Vocals
B. – Drums

TYMAH – Facebook

Giordano Forlai – Orso Bianco

L’alternanza tra brani rock velati di strutture prog ed altri che guardano alla tradizione della canzone italiana portano Orso Bianco ad essere apprezzato da chi ha nelle corde il rock/pop d’autore, mentre ai rockers duri e puri il consiglio è quello di rivolgersi altrove.

La presenza di Roberto Tiranti come ospite su un brano (Che Cosa Siamo Noi, da cui è stato estratto un video), incuriosisce non poco riguardo al nuovo album del cantautore spezzino Giordano Forlai, da metà anni ottanta sulla scena rock tricolore come cantante in vari gruppi e in seguito come solista.

Arrangiamenti raffinati e tenui accenni prog rock fanno capolino tra la musica di Forlai, assolutamente cantautorale e lontana non poco dalle sonorità più robuste che vengono per lo più trattate su queste pagine.
Poco male, visto che si tratta di un ascolto più delicato ed in qualche modo introspettivo che ci porta ad apprezzare il lavoro del cantautore ligure, anche se ovviamente la parte grintosa della sua musica è quella che apprezziamo di più.
Pagine, Nero, lo splendido brano in collaborazione con Tiranti sono gli episodi migliori di un lavoro che va assaporato come un vecchio bourbon d’annata, elegante e curato in ogni passaggio.
L’alternanza tra brani rock velati di strutture prog ed altri che guardano alla tradizione della canzone italiana portano Orso Bianco ad essere apprezzato da chi ha nelle corde il rock/pop d’autore, mentre ai rockers duri e puri il consiglio è quello di rivolgersi altrove.

Tracklist
1.Orso bianco
2.Pagine
3.Sono qui
4.Sparami
5.L’altra parte di te
6.Il viaggio
7.Nero
8.Acrobata
9.Blu
10.Che cosa siamo noi
11.Stare soli
12.Marta

GIORDANO FORLAI – Facebook

Swallow the Sun – When a Shadow Is Forced into the Light

Un’opera da ascoltare con il cuore, lasciandosi trasportare dalle note di canzoni malinconiche, colme di dolcezza e nostalgia: “love is stronger than death”.

Difficile approcciarsi e spiegare a parole un’opera cosi pregna di significati per l’autore, Juha Raivio, da sempre leader dei finlandesi Swallow the Sun, giunti con When a Shadow Is Forced into the Light al loro settimo full length, a quattro anni di distanza dal monumentale Songs from the North.

Gli ultimi tre anni sono stati molto difficili per Juha, colpito negli affetti più profondi, con la morte della compagna Aleah: per un artista di tale sensibilità è impossibile non cercare di elaborare questa tragedia attraverso la musica, da sempre capace di veicolare sentimenti profondi come vita e morte. Nel 2016 il testamento sonoro dei Trees of Eternity fu incantevole con il suo atmosferico doom e le sue melodie soavemente cantate da Aleah, mentre le laceranti tensioni nel 2017 di Hallatar, con il growl di Tomi Joutsen a incendiare l’animo, hanno rappresentato il tributo per Aleah e il grido di dolore di Juha. Dopo aver pubblicato a fine 2018 l’EP Lumina Aurea, atmosferico e rarefatto funeral/drone doom che, come afferma Raivio, rappresenta qualcosa (a black bleeding wound) che non avrebbe mai pensato di scrivere, il nuovo anno ci porta l’ultimo viaggio sonoro della band madre con il quale l’artista vuole dimostrare che l’amore è sempre più forte della morte. Il lavoro non rappresenta un’evoluzione compositiva nella storia della band, ma piuttosto un amalgama tra le sonorità presenti nei primi due dischi di Songs from the North, l’anima melodica di Gloom e la dolcezza acustica di Beauty, per un risultato che deve essere ascoltato con il cuore, tralasciando valutazioni cerebrali o ricerche evolutive che forse ora all’artista non interessano particolarmente. Otto brani meditativi, quasi intimisti, con melodie cristalline nell’incipit di ogni brano, che si increspano e si inaspriscono durante lo svolgimento; atmosfere estremamente malinconiche, ombrose, profondamente nostalgiche, impregnano ogni nota, mantenendo sempre un grande gusto e un perfetto equilibrio, laddove clean vocals tenere ed espressive sono il veicolo ideale per esprimere i malinconici testi mantenendo il growl sullo sfondo. La title track ha una toccante maestosità e il violino lacera l’anima, Kotamaki dal canto suo canta con toni caldi e appassionati prima di esplodere in un growl violento e doloroso; la forte presenza di archi dona calore atmosferico, portandoci in un mondo desolato e dolente. When a Shadow Is Forced into the Light è un’ opera molto sentita ed emotivamente profonda: l’amore muove le corde dell’artista e prestando ad ogni passaggio la giusta attenzione, senza fretta, si è inebriati di sensazioni estremamente nostalgiche e malinconiche. E’ necessario infatti ascoltare l’album nella sua interezza, trovando il giusto tempo per lasciarsi trascinare in un viaggio che nessuno vorrebbe mai intraprendere, ma che ci intrappola in un abisso di dolore. Difficile dare una valutazione con un semplice ed arido voto ad un’opera cosi intensa, e neppure sarà importante ricordarla a fine anno tra i migliori dischi: è significativo, invece, viverla come un grande atto di amore verso la compagna di un’artista che nel brano finale ci ricorda che “it’s too late to dream again of tomorrow without the dark that will remain within me“.

Tracklist
1. When a Shadow Is Forced into the Light
2. The Crimson Crown
3. Firelights
4. Upon the Water
5. Stone Wings
6. Clouds on Your Side
7. Here on the Black Earth
8. Never Left

Line-up
Juha Raivio – Guitars, Keyboards, Songwriting, Lyrics
Matti Honkonen- Bass
Mikko Kotamäki – Vocals, Songwriting, Lyrics (track 6)
Juuso Raatikainen – Drums
Juho Räihä – Guitars
Jaani Peuhu – Keyboards, Vocals (backing)

SWALLOW THE SUN – Facebook

Cloud Taste Satanic – In Search Of Heavy

Ogni riff è rilevante e va a comporre insieme agli altri elementi un quadro pesante e pensante: le composizioni ad ampio respiro sono da ascoltare e riascoltare, dato che contengono tantissime cose notevoli e che si scoprono mano a mano che si procede nell’ascolto.

Un lento incedere, distorte maledizioni che provengono da eoni lontani, pensieri che si palesano nel fumo pesante e legnoso di droghe che bruciano su carni umane …benvenuti in un disco dei newyorchesi Cloud Taste Satanic.

L’opera completa di questo fondamentale gruppo di musica pesante per la prima volta insieme in un cofanetto di quattro cd intitolato In Search Of Heavy è uscito a dicembre in edizione super limitata di cinquanta copie, e contiene tutti loro quattro bellissimi dischi To Sleep Beyond The Earth, Your Doom Has Come, Dawn of The Satanic Age e The Glitter of Infinite Hell. Tutto ciò per preparare il terreno alle loro due nuove uscite del 2019, la prima sarà fuori la notte di Valpurga e la seconda ad Halloween, per un anno che si preannuncia molto pesante in casa Cloud Taste Satanic. Per chi non li avesse mai ascoltati si può dire che essi suonano come dei Karma To Burn più acidi e metallosi, più psichedelici ma al contempo più pesanti, come una valanga di neve che si muove sinuosamente ma che poi a terra rompe ogni cosa. Il suono è molto piacevole e ha la forma di lunghissime jam, quasi tutte sopra il quarto d’ora, nelle quali i riff montano come hashish sotto la fiamma, e il groove è continuo, una rotazione che non si ferma mai, un continuo andare avanti, bianche spirali che salgono in cielo. Nati nel 2013 a Brooklyn questi signori disco dopo disco stanno portando la commistione doom stoner sludge ad un altro livello, alzando e di molto l’asticella. La loro musica ed il loro immaginario sono descritti molto bene dai quadri di Hieronymus Bosch che spesso compaiono in loro presenza, o anche le incisioni dantesche di Gustavo Doré, perché la loro musica è una dolcissima dannazione. Pochissimi gruppi possiedono un groove equivalente a questi americani, e ancora meno un talento simile nel riuscire ad esprimere miliardi di cose con una bellissima musica strumentale. Che non è noiosa, ma è molto difficile da fare in una maniera credibile e strutturata. Ogni riff è rilevante e va a comporre insieme agli altri elementi un quadro pesante e pensante: le composizioni ad ampio respiro sono da ascoltare e riascoltare, dato che contengono tantissime cose notevoli e che si scoprono mano a mano che si procede nell’ascolto. The Glitter Of Infinite Hell del 2017 è forse la loro opera più compiuta, ma bisogna dire che tutta la discografia contenuta in questa uscita è degna di nota, mostrando molto bene la loro crescita. Un’uscita eccezionale per un gruppo assolutamente fuori dal comune.

Tracklist
1.To Sleep Beyond The Earth (Parts I & II)
2.To Sleep Beyond The Earth (Parts III & IV)

1.Ten Kings
2.One Third of The Sun
3.Beast From The Sea
4.Out of The Abyss
5.Dark Army
6.Sudden…Fallen

1.Enthroned
2.We Die We Live
3.Retribution
4.The Brocken
5.Just Another Animal
6.Demon Among The Stars

1.Greed
2.Treachery
3.Violence
4.Wrath

Line-up
Steve Scavuzzo – Guitar
Sean Bay – Bass
Greg Acampora – Drums
Brian Bauhs – Guitar

CLOUDS TASTE SATANIC – Facebook