Cosimo Bianciardi & Intima PsicoTensione

Il video di “L’uomo obliquo”, dall’album in uscita a maggio (Suburban Sky Records).

Il video di “L’uomo obliquo”, dall’album in uscita a maggio (Suburban Sky Records).

Esce oggi in tutti gli store digitali, disponibile in streaming e download, “L’uomo obliquo”, primo singolo della band fiorentina Cosimo Bianciardi & Intima PsicoTensione.
Il brano anticipa l’uscita del loro nuovo album, prevista per maggio 2019, con Suburban Sky Records.

L’Uomo Obliquo è uno schizoide personaggio dei nostri tempi. È intellettualmente colto e capace di acute disamine geopolitiche, ma altrettanto incline a spontanee piccole follie come spegnere un mozzicone in un pezzetto di mortadella prima di mangiarlo oppure rimanere per ore in piedi, col busto inclinato, a fissare dalla distanza di quattro metri lo svolgersi di una partita di biliardo. L’Uomo Obliquo è inconsapevolmente follia e genialità. La canzone di cui egli è protagonista ne rispecchia la natura ambivalente: ha un sound scattante, è arrangiata come un jazz-rock, ma con ingredienti un po’ diversi da quelli che ci si aspetterebbe in un brano strettamente appartenente a quel genere musicale

Vessel of Iniquity – Void of Infinite Horror

Un’opera notevole, alla quale però è necessario approcciarsi con la consapevolezza che questo viaggio “nell’orrore infoinito” non sarà affatto una passeggiata.

Ci sono diverse maniere per esprimere il disagio ed il malessere interiore che in misura diversa attanaglia ciascuno di noi.

A livello musicale quelli più espliciti e conosciuti sicuramente sono il funeral death doom ed il depressive black, l’uno volto ad esibire il lato poi luttuoso e dolente dell’umano sentire e l’altro invece quello intriso della più esplicita disperazione.
Questo progetto solista dell’inglese S.P. White si spinge ad esplorare altri mezzi espressivi, andando idealmente ad estremizzare quanto sopra per approdare ad un rumorismo che a primo acchito respinge, per poi fagocitare in maniera irrimediabile i coraggiosi che accetteranno di farsi prostrare da un dolore definibile più contundente che non ottundente.
Il musicista britannico è attivo anche negli altrettanto insidiosi The NULLL Collective, per cui non è certo un neofita rispetto a tali sonorità che infatti vengono rese con la giusta perizia ed il necessario grado di convinzione per trasformare in un’opera di un certo peso quello che per molti può sembrare solo un’accozzaglia sonora senza arte né parte.
L’accostamento ad un terrorista sonoro come Maurice De Jong (Gnaw Their Tongues) può sorgere spontaneo alla luce di quanto sopra, ma l’operato di White è in qualche modo più organico, mostrando in diversi passaggi barlumi di ascoltabilità che rendono ancor più efficace la proposta, al cui buon esito contribuisce anche una durata ragionevole (poco meno di venticinque minuti).
Chi è abituato a forme di funeral più estreme, una traccia come Void of Infinite Sorrow fornirà un’idea eloquente del modus operandi di White, con l’avvertenza che si tratta comunque dell’episodio maggiormente “accessibile” dell’intero pacchetto assieme alla conclusiva Once More into the Abyss, in cui una prima metà di matrice ambient viene letteralmente spazzata via da un vento atomico capace di ricondurre il tutto allo stato di caos primordiale.
Un’opera notevole, alla quale però è necessario approcciarsi con la consapevolezza che questo viaggio “nell’orrore infoinito” non sarà affatto una passeggiata.

Tracklist:
Side A
1. Invocation of the Heart Girt with a Serpent
2. Babalon
3. Void of Infinite Sorrow
Side B
4. Mother of Abomination
5. Once More into the Abyss

Line-up:
S.P. White – Everything

Avantasia – Moonglow

Diventa difficile non ripetersi quando si parla di opere come queste: il songwriting sempre all’altezza, i tanti ospiti che offrono il loro fondamentale contributo alla riuscita dell’album, la grande immediatezza che accomuna i vari capitoli e che fanno della varietà compositiva il loro punto di forza, sono le qualità ampiamente espresse da questo geniale musicista tedesco.

Sono passati quasi vent’anni ormai da quando il giovane e talentuoso leader degli Edguy licenziava il suo primo album solista, The Metal Opera, con il monicker Avantasia, seguendo il trend che aveva segnato gli anni a cavallo del nuovo secolo in ambito metallico, con concept per lo più di ispirazione fantasy in cui la musica era una sorta di colonna sonora interpretata da una serie di ospiti che impreziosivano il gran lavoro di stesura e creazione.

Per Tobias Sammet quella che poteva essere solo una riuscita parentesi si è trasformata in una piacevole e puntuale abitudine, e il suo progetto Avantasia, in barba alle mode o ai capricci del mercato, arriva oggi alla sua ottava meraviglia intitolata Moonglow.
Diventa difficile non ripetersi quando si parla di opere come queste: il songwriting sempre all’altezza, i tanti ospiti che offrono il loro fondamentale contributo alla riuscita dell’album, la grande immediatezza che accomuna i vari capitoli e che fanno della varietà compositiva il loro punto di forza, sono le qualità ampiamente espresse da questo geniale musicista tedesco.
Sammet non ha paura di mettersi alla prova fin da subito e l’opener Ghost In The Moon, invece di esplodere in fuochi d’artificio power come tanti brani che aprono lavori del genere, si rivela in realtà una lunga suite dalle ispirazioni progressive, lasciando alla seguente Book Of Swallows il compito di agitare le acque grazie ad un Mille Petrozza di straordinaria intensità.
Gli ospiti al microfono sono ovviamente da olimpo del metal/rock mondiale: oltre a Petrozza, troviamo infatti Ronnie Atkins (Pretty Maids), Jørn Lande (Masterplan), Eric Martin (Mr. Big), Geoff Tate (ex Queensryche), Michael Kiske (Helloween), Bob Catley (Magnum), Candice Night (Blackmore’s Night), Hansi Kürsch (Blind Guardian), affiancati dalla band che vede oltre al mastermind, alle prese con voce, basso e tastiere, Sascha Paeth alla chitarra, basso e tastiere, Michael Roderberg alle orchestrazioni e tastiere e Felix Bohnke alla batteria.
Power metal, symphonic, folk, hard rock, progressive: come sempre il musicista tedesco non si pone limiti di genere, ma crea brani di varia natura, gradevoli sicuramente per una grossa fetta degli amanti dell’hard & heavy ma contraddistinti da un livello superiore alla media per quanto riguarda scrittura ed arrangiamenti.
The Raven Child, l’oscura Alchemy, la veloce ed helloweeniana Requiem For A Dream sono i brani più significativi di questo nuovo album targato Avantasia: per i fans e non solo l’ennesima, avvincente ed imperdibile opera firmata da Tobias Sammet.

Tracklist
01. Ghost In The Moon
02. Book Of Shallows
03. Moonglow
04. The Raven Child
05. Starlight
06. Invincible
07. Alchemy
08. The Piper At The Gates Of Dawn
09. Lavender
10. Requiem For A Dream
11. Maniac

Line-up
Tobias Sammet – Vocals, Bass & Keyboards
Sascha Paeth – Guitar, Bass & Keyboards
Michael Rodenberg – Orchestration & Keyboards
Felix Bohnke – Drums

AVANTASIA – Facebook

Zebrahead – Brain Invaders

Un album molto piacevole, uno dei migliori episodi della discografia di un gruppo dato per morto tante volte ma che spinge sempre.

Certe cose non cambiano mai, metti l’ultimo disco dei Zebrahead e non riesci a stare fermo, e ciò succede dal 1995 quando furono fondati in California nella Orange County. Con questo fanno tredici dischi e non si vede il motivo per smettere, anzi.

La loro mistura di pop punk, un nu metal leggero ed hardcore melodico continua a far divertire molte persone in giro per il globo, ora come venti anni fa. Il segreto dei Zebrahead è fare musica veloce e da cantare a squarciagola, prendendo la velocità dell’hardcore melodico, la melodicità del pop punk e passaggi di numetal e rapcore che permettono di fare un suono originale. Brain Invaders è la conferma che la formula è vincente, anche perché questa opera è decisamente la migliore dell’ultimo periodo della loro discografia, se non addirittura sul podio. Questo è un suono decisamente americano, in apparenza facile, ma invece racconta cose non semplici da dire, come il gran bel messaggio del singolo All My Friends Are Nobodies, ovvero stare vicino a chi vuoi bene anche se non sei tu stesso in un bel periodo, inoltre il singolo è una bellissima traccia che racchiude tutto ciò che sono i Zebrahead: velocità, messaggio e divertimento. Questo gruppo è pressoché indistruttibile, ha avuto vari cambi di formazione, ha pubblicato con major per arrivarsi ad autoprodursi come ora. Inoltre sono uno dei gruppi rock metal fra i più amati dai giapponesi, infatti il disco uscirà prima in Giappone che nel resto del mondo, dato che da quelle parti hanno sempre avuto buon gusto per il rapcore ed affini. Alcuni diranno che è il segno dei tempi, invece la normalità è ora, mentre venti anni fa era una bolla di pazza megalomania che doveva scoppiare ed è scoppiata. Ora gli Zebrahead hanno il controllo totale ed i risultati sono eccellenti, come testimonia questo disco che non è assolutamente fuori tempo massimo e, anzi, dimostra che certi suoni se fatti con passione e cura sono molto attuali. I riempitivi in questo lavoro sono al massimo uno o due, il resto sono tutti potenziali singoli, con una manciata di episodi che valgono l’intero disco. Chi era già in giro venti anni fa potrà riscoprire fragranze e suoni che sembravano essere andati persi, invece per i più giovani sarà una scoperta non da poco. I Zebrahead sono in gran forma e il tutto viene messo in risalto da una produzione davvero potente, che confeziona un suono fresco ed immediato. Un album molto piacevole, uno dei migliori episodi della discografia di un gruppo dato per morto tante volte ma che spinge sempre.

Tracklist
1. When Both Sides Suck, We’re All Winners
2. I Won’t Let You Down
3. All My Friends are Nobodies
4. We’re Not Alright
5. You Don’t Know Anything About Me
6. Chasing the Sun
7. Party on the Dancefloor
8. Do Your Worst
9. All Die Young
10. Up in Smoke
11. Ichi, Ni, San, Shi
12. Take A Deep Breath (And Go Fuck Yourself)
13. Better Living Through Chemistry
14. Bullet on the Brain

Line-up
Ali Tabatabaee – vocals
Dan Palmer -guitar
Ben Osmundson -bass
Ed Udhus – drums/beer
Matty Lewis – vocals/guitar

ZEBRAHEAD – Facebook

Ring Van Moebius – Past the Evening Sun

Dark prog vandergraafiano per questo terzetto norvegese, che dimostra una volta di più quanto resti particolare e creativo l’approccio musicale di chi viene da Nord.

Tra gli dei immortali del progressive, i Van den Graaf Generator sono stati sempre i meno imitati (al riguardo ci vengono in mente, di primo acchito, giusto gli Islands svizzeri, i Netherworld americani, i TNR ed Egoband italiani, gli Uberfall tedeschi).

Del resto, non è mai stato, né è, facile accostarsi alla sepolcrale energia della creatura di Peter Hammill. Ci riescono, oggi, questi norvegesi Ring Van Moebius, amici dei connazionali e crimsoniani Arabs in Aspic, trio (con la fondamentale aggiunta di un sassofonista, davvero molto alla David Jackson) che rinuncia intenzionalmente alla chitarra, per esplorare, con tastiere-basso-batteria, atmosfere nel medesimo tempo melodiche e oscure, pregne di umori nordici e brumosi, non privi comunque di un certo calore, o quantomeno della ricerca di esso attraverso la ricerca compositiva. Con i tre brani di questo lavoro – la suite di 22 minuti che apre il disco, un più conciso interludio ed un’altra mini-suite a chiudere l’album (ad ogni modo, di quasi 12 minuti) – siamo a livelli assai alti: tanta magia si spigiona da questi solchi, pieni di fantasia, di belle aperture ed accelerazioni, con uno sviluppo interno della trama sonora che non perde mai di vista il suo filo logico e la coerente identità artistica di questi tre hippies, innamorati di suggestioni a tratti lovecraftiane. Molto bella anche la copertina che riecheggia Can e Harmonia.

Track list
1- Past the Evening Sun
2- End of Greatness
3- Racing the Horizon

Line up
Thor Erik Helgesen – Vocals / Keyboards / Moog / MS20
Havard Rasmussen – Bass / Effects
Dag Olav Husas – Drums / Effects
Karl Christian Gronhaug – Sax

RING VAN MOEBIUS- Facebook

Insanity Alert – 666-Pack

Ovviamente un lavoro come 666-Pack è manna per i fans di queste sonorità che troveranno nel quartetto austriaco i nuovi paladini del mosh e dei party senza freni a base di thrash metal old school.

Tornano, irriverenti, ignoranti e tremendamente divertenti gli austriaci Insanity Alert dopo la firma con la Season of Mist e due album pubblicati nel recente passato, il debutto omonimo del 2014 e Moshburger licenziato un paio di anni dopo.

La firma con la prestigiosa label non ha intaccato la furia distruttrice del quartetto che spazza via in un tornado di brani votati al mosh più sfrenato per godere di party all’insegna del divertimento primordiale, tra salti balli e birre ingurgitate senza freno.
Sono ventuno i brani, tra i quali il più lungo supera di poco i tre minuti: un’urgenza di arrivare all’ascoltatore tipica del thrash che sa di hardcore, come di punk rock, debitore degli Anthrax più irriverenti e dei Municipal Waste.
Thirstkiller dà il via al party; un rito selvaggio che non trova ostacoli, un vortice di alcool e metal che porta al totale sfinimento, e prima che regole e doveri si riprendano il comando della vostra vita, lasciatevi andare grazie a questa bomba metallica che non conosce freni.
Ovviamente un lavoro come 666-Pack è manna per i fans di queste sonorità che troveranno nel quartetto austriaco i nuovi paladini del mosh e dei party senza freni a base di thrash metal old school.

Tracklist
01. Thirstkiller
02. The Body of the Christ Is the Parasite
03. All Mosh/No Brain
04. Cobra Commander
05. Saturday Grind Fever
06. Echoes of Death
07. Windmilli Vanilli
08. StopSlammertime!
09. Why So Beerious?
10. Mosh Mosh Mosh
11. One-Eye Is King (In the Land of the Blind)
12. Welcome to Hell
13. Two Joints
14. Chronic State of Hate
15. I Come, I Fuck Shit Up, I Leave
16. A Skullcrushin’ Good Time
17. The Ballad of Slayer
18. Demons Get Out!
19. 8 Bit Brutality
20. Death by Wrecking Ball
21. Dark Energon

Line-up
Heavy Kevy – Vocals
Dave Dave Dave – Guitars
Green-T – Bass
Don Melanzani – Drums

INSANITY ALERT – Facebook