Rammstein – Rammstein

Rammstein è un album molto potente, estremamente ironico ma anche terribile nella descrizione di ciò che siamo davvero, come se ci guardassimo allo specchio senza filtri.

Tornano i Rammstein con un disco che, fin dalla mancanza del titolo, è un nuovo inizio, un decisivo upgrade della loro carriera.

I tedeschi del’est sono stati per molto tempo un unicum nel panorama internazionale, fin dagli esordi uno dei gruppi più radicali e sconvolgenti dal punto di vista dei testi e della musica, tanto da diventare un vero e proprio punto di riferimento. In loro scorre una tradizione musicale e gestuale tedesca che parte da lontano, passa dai Kraftwerk e dalla ebm tedesca, come i Deutsch-Amerikanische Freundschaft, e arriva oltre loro. Questo disco è uno dei migliori della loro carriera, sempre di alto livello seppure con qualche scivolone. Rammstein è un album molto potente, estremamente ironico ma anche terribile nella descrizione di ciò che siamo davvero, come se ci guardassimo allo specchio senza filtri. Musicalmente sembra che come al solito venga fusa l’elettronica con il metal, mentre invece si compie un’operazione ben più profonda, dato che alcune canzoni suonando pop come non mai, ma non in modo leggero, rivelandosi anzi una condanna senza appello: ascoltare Auslander per credere, un pezzo che sembra una presa in giro mentre è un’ammissione che cambia a seconda della lingua ma con il senso che resta lo stesso. Nelle sua viscere più profonde questo disco è un pugno diretto alla faccia della Germania, il che era chiaro fin dall’incredibile video di Deutschland, un cortometraggio che rimarrà indelebile nella storia. In quella canzone, che ha suscitato mille polemiche, ma che è già uno dei classici dei Rammstein, si elencavano con il suono, le parole e le immagini le malefatte della nazione germanica in una maniera pressoché perfetta. E si continua nel disco a sferzare tutto e tutti, e in prima fila a prendere i colpi ci sono i Rammstein stessi. Bisogna riconoscere all’album ciò che è veramente, ovvero un’opera versatile, potente e che vede il gruppo non al massimo splendore, ma sotto una luce diversa, come se fosse esplosa una bomba e i Rammstein fossero sopravvissuti addirittura più forti. Canzoni come Sex, con un giro di basso clamoroso in apertura, fanno vedere molto chiaramente di cosa siano capaci i Rammstein, che sanno accelerare e rallentare a piacimento, rimanendo unici in tutti i casi. Un lento come Was Ich Liebe entra nel territorio di gruppi come Depeche Mode e simili, sempre con il tocco personale di chi sa confezionare molto bene quelle che possiamo definire melodie dure. In questa epoca di continui cambiamenti, di poca sostanza e di estrema vacuità negli ascolti, con una netta preferenza per le cose ovvie, i Rammstein confezionano uno disco all’altezza della loro fama, con canzoni che permettono molto ascolti e che sono tutte di buon livello, con una struttura tipica del gruppo tedesco, ma con molti elementi nuovi ed un’elettronica originale rispetto all’ultima uscita. Come al solito, nel caso di Lindemann e soci, traducendo i testi si capirà molto meglio l’essenza, assai complessa e rinvenibile in profondità, che è una delle peculiarità maggiori di questa band.

Tracklist
1. Deutschland
2. Radio
3. Zeig dich
4. Ausländer
5. Sex
6. Puppe
7. Was ich liebe
8. Diamant
9. Weit weg
10. Tattoo
11. Hallomann

Line-up
Christoph Schneider – Drums
Richard Z. Kruspe – Guitar
Paul Landers – Guitar
Till Lindemann – Singer
Oliver Riedel – Bass Guitar
Flake Lorenz – Keyboards

RAMMSTEIN – Facebook

IRONWILL

Il video di Ironwill, dall’album di prossima uscita Jonathan’s Journey.

Il video di Ironwill, dall’album di prossima uscita Jonathan’s Journey.

ALPHA OMEGA Management is thrilled to announce the signing of IRONWILL!

Italian guitarist, Salvo Dell’Arte, founder and mastermind of IRONWILL started his musical career at 16. After forming Steelgrey (later known as N.I.B.), Ironwill lost his way in the music since landing to the blues planet after a night spent with Luigi Tempera, the Master of blues, which led him to form, in 2011, Sharpeners with Fabio “Micio” Gattino: an acoustic blues duo. In 2017 Ironwill passes his guitar to a historic Italian band the Feary Tales orphaned by the 6 strings. The new self-titled Feary Tales EP is out now on all digital stores.

Meanwhile Ironwill has been working on a solo project of a concept album with social content about bullying and personae evolution; the story of Jonathan, a kid victim of bullying who lost his soul in a mirror, creating a mask for himself and becoming in the decades of follow Ironwill, the man. Each song tells the passages from Jonathan to Ironwill, the steps of the evolution of the “refuge” character. At the end after falling into the hell of the pain of the soul, Ironwill finds his evolution as a man after the collapse of the dam and the reunion with Jonathan. The man and the child join hands and resume the path of life with the transparency and genuineness of Jonathan and the maturity of Ironwill. The project is enriched by the essential contribution of Marzio Francone as producer and drummer as well as Real Input. The solo album “Jonathan’s Journey” will be released shorty. Stay tuned for more information.

IRONWILL stated on the signing:
“Ironwill is very happy to announce the signing with Alpha Omega Management. When I started recording my solo project, after years in metal bands, I was confident to find a good partner who is able to understand the real meaning of the concept album. “Jonathan’s Journey” is the beginning of a good collaboration with Alpha Omega a professional agency but after all a personal relationship among real people. I’m sure that we will gain our goals.”

IRONWILL involves on the bass Tony “The Fretless Monster” Franklin, who played with the most amazing musicians as Jimi Page, Paul Rodgers, Chris Slade, the Blue Murder, John Sykes, Carmine Appice, David Gilmour, Kate Bush, Whitesnake, Donna Lewis, Gary Hoey, Pat Travers). Each song is played by different singers: Piero Leporale (Uli Jon Roth, Michael, Angelo Batio, Andrea Braido, Vinny & Carmine Appice), Federica “Kifrah” Gerotto, AndreaRock (Virgin Radio) e Roberta Morgana (Jester Beast, Morgana). In December 2018 came out the EP “Bees and Flies” in preview, with four songs, available on all digital stores and in streaming. The first single and video “Ironwill” (feat. Annamaria Barbera “Sconsolata”) was unleashed on January 10th 2019, getting thousands of views in a few hours.

More information at:
BAND: www.ironwilltheband.com | www.facebook.com/salvo.ironwill.dellarte | www.youtube.com/watch?v=B17bHJBEa3o
MANAGEMENT: https://alphaomega-management.com | https://www.facebook.com/OfficialAlphaOmegaManagement

Syrence – Freedom In Fire

Qualche valido spunto a livello strumentale, specialmente nei brani in cui le chitarre si impongono con ritmiche incisive, e un look ed un’attitudine alla Judas Priest sono ciò che resta di un lavoro che rimarrà confinato nell’underground confuso tra la montagna di uscite che ogni mese affolla il mercato dell’hard & heavy.

Originari di Stoccarda ed attivi da oltre dieci anni, arrivano al debutto i rockers Syrence, quintetto avaro di informazioni e dedito ad un hard & heavy melodico, assolutamente vecchia scuola ed alquanto scolastico.

Licenziato dalla Fastball Music, Freedom In Fire è composto da una dozzina di brani che alternano mid tempo heavy, hard rock di matrice tedesca e qualche graffiante puntata metallica.
Il problema di Freedom In Fire è l’assoluta mancanza di appeal: i brani non esplodono, causa una produzione che segue le coordinate old school dell’album, e il cantante Johnny Vox, dal tono altamente melodico, risulta troppo monocorde e poco adatto ai brani più heavy metal oriented come Fozzy’s Song, un crescendo epico che (come già accennato) fatica ad imporsi mancando di quella scintilla che trasforma il compitino in un buon brano.
Qualche valido spunto a livello strumentale, specialmente nei brani in cui le chitarre si impongono con ritmiche incisive (Living On The Run, From Ashes To The Sky), un look ed un’attitudine alla Judas Priest sono ciò che resta di un lavoro che rimarrà confinato nell’underground confuso tra la montagna di uscite che ogni mese affolla il mercato dell’hard & heavy.

Tracklist
1. Freedom In Fire
2. Living On The Run
3. Your War
4. Fozzy´s Song
5. Addicted
6. Symphony
7. From Ashes To The Sky
8. Evil Force
9. Red Gold
10. Wild Time
11. Kings Of Speed
12. Seven Oaks

Line-up
Johnny Vox – Lead Vocals
Fritz Jolas – Bass
Oliver Schlosser – Guitar
Julian Barkholz – Guitar
Arndt Streich – Drums

SYRENCE – Facebook

Black Thunder – All My Scars

Con All My Scars, album massiccio, potente e diretto, i Black Thunder firmano dieci brani tellurici e compatti sicuramente meritevoli d’attenzione.

Secondo lavoro per i Black Thunder, trio lombardo fondato da Andrea Ravasio (batteria e voce) e Davide Ferrandi (chitarra e voce), raggiunti in seguito da Ivan Rossi (basso e voce).

All My Scars segue di cinque anni il primo album (Dominant Idea), esce in versione digitale per Club Inferno Ent. e risulta composto da dieci brani dal sound legato alla scuola tradizionale di matrice hard & heavy, anche se non manca di groove nel suo marciare inarrestabile, pregno di mid tempo e cori diretti di stampo hardcore/thrash.
Le ritmiche, per niente scontate, cuciono ragnatele di riff in continua evoluzione, le accelerazioni ricordano l’heavy thrash di scuola americana, mentre i solos sono 100% di matrice heavy.
Nel sound di All My Scars vivono molte anime che i Black Thunder riescono a domare creando un macigno sonoro niente male: i brani si susseguono senza soluzione di continuità, con reminiscenze panteriane che escono prepotentemente da brani potentissimi come Try To Break Me, dalla pachidermica Stop The Abuse e dalla thrashy Unrecognized Citizen.
Con All My Scars, album massiccio, potente e diretto, il trio lombardo, inarrestabile come un blindato, firma dieci brani tellurici e compatti sicuramente meritevoli d’attenzione.

Tracklist
1. Devil In My Bones
2. Try To Break Me
3. Angry Man
4. Stop The Abuse
5. Disorder And Pain
6. Days Could Stop To Run
7. Fly Away
8. Black Rain
9. Unrecognized Citizen
10. Anyway Have To Be Better

Line-up
Andrea “Andre” Ravasio – Drums, lead vocals
Davide “Ferdy” Ferrandi – Lead and rhythm guitars, backing vocals
Ivan Rossi – Bass, backing vocals

BLACK THUNDER – Facebook

October Tide – In Splendor Below

In Splendor Below è senza dubbio un disco che merita d’essere ascoltato e che, probabilmente, convincerà pienamente più di un ascoltatore ma per quanto mi riguarda l’appuntamento con un nuovo capolavoro, se non all’altezza almeno vicino a Rain Without End, è nuovamente rimandato alla prossima occasione.

Riguardo agli October Tide ho sempre avuto la sensazione di essere al cospetto di una bella incompiuta, almeno prendendo in considerazione gli album pubblicati dopo la reunion del 2010, considerando i due lavori del secolo scorso (in particolare il magnifico Rain Without End) un qualcosa a sé stante.

La band dei fratelli Norrman si è sbarazzata piuttosto in fretta, in questo decennio, del potenziale fardello emotivo del death doom più cupo spingendo il sound verso un death melodico, comunque oscuro, che finisce per restare a metà strada tra le due vie maestre senza optare in maniera decisa per una di esse.
Il risultato non può certo definirsi insoddisfacente perché la risaputa maestria di questi musicisti garantisce appieno riguardo la qualità sonora espressa, però quel che resta alla fine dell’ascolto di In Splendor Below è quella di un album roccioso, ineccepibile a livello formale ma privo sia dei segnanti spunti emotivi del doom sia delle inarrestabili cavalcate tipiche del melodic death.
Stars Starve Me, per esempio, è un brano potente e accattivante ma che, a un certo punto, si avvita invece di proseguire con decisione sulla strada inizialmente intrapresa con quello che è forse il chorus più catchy dell’intero lavoro. Meglio, quindi, una traccia più cupa come We Died in October, il cui diritto di cittadinanza in abito death doom non viene mai messo in discussione grazie a un lavoro chitarristico più dolente e al notevole growl di Alexander Högbom, oppure Our Famine, dai ritmi ben più rallentati che riportano l’album in ambiti più prossimi al passato degli October Tide, o ancora la più dissonante e conclusiva Envy the Moon.
Poi è innegabile che canzoni come I, the Polluter e Guide My Pulse esibiscano quell’impatto tipico del death melodico che non è nelle corde di una band qualsiasi, per cui a livello di consuntivo In Splendor Below non può che essere considerato un lavoro più che mai riuscito e privo di particolari pecche.
L’unico vero appunto che mi permetto di fare a musicisti inattaccabili come i fratelli Norrman è che, ascoltando questo lavoro, non emerge un forte tratto distintivo tale da rendere immediatamente riconoscibile il sound, nonostante si parli di una band che ha raggiunto quasi un quarto di secolo di attività.
Per il resto, In Splendor Below è senza dubbio un disco che merita d’essere ascoltato e che, probabilmente, convincerà pienamente più di un ascoltatore ma per quanto mi riguarda l’appuntamento con un nuovo capolavoro, se non all’altezza almeno vicino a Rain Without End, è nuovamente rimandato alla prossima occasione.

Tracklist:
1. I, the Polluter
2. We Died in October
3. Ögonblick av nåd
4. Stars Starve Me
5. Our Famine
6. Guide My Pulse
7. Seconds
8. Envy the Moon

Line-up:
Fredrik “North” Norrman – Guitars
Mattias “Kryptan” Norrman – Guitars
Alexander Högbom – Vocals
Johan Jönsegård – Bass
Jonas Sköld – Drums

OCTOBER TIDE – Facebook