Astarium – Drum-Ghoul

La perfezione sta altrove, ma qui non si può fare a meno di apprezzare la voglia di creare qualcosa di differente, soprattutto con scelte che possono anche apparire discutibili ma che, alla fine, rendono il tutto personale ed intrigante, specie se applicate come in questo caso a sonorità più orrorifiche che sinfoniche.

Ho avuto occasione nelle scorse settimane di parlare della one man band siberiana Astarium, prima con l’ep Epoch Of Tyrants e poi con lo split assieme a Burnt e Scolopendra Cingulata.

Vista l’iperproduttivita di SiN, l’uomo che sta dietro a tutto questo, per evitare di esser nuovamente sorpassato dall’attualità mi precipito a scrivere due righe anche su quello che, per ora, sembra essere l’ultimo parto dell’instancabile musicista di Novosibirsk, il full length Drum-Ghoul.
Se nelle precedenti occasioni avevo apprezzato la genuinità dell’operato da parte del nostro, ritenendo nel contempo un po’ troppo scolastico il risultato dal punto di vista prettamente musicale, devo dire che quelli che nella precedente occasione mi apparivano come insanabili difetti, questa volta acquisiscono una loro funzione essenziale.
La chiave di volta è il suono delle tastiere, che in un ambito dichiaratamente orrorifico come quello di Drum-Ghoul, con il loro timbro minimale, a tratti vicino a quello delle mitiche tastierine Bontempi (i miei connazionali meno giovani capiranno di cosa sto parlando), si rivelano più funzionali alla creazione di un’atmosfera profondamente malata e nel contempo surreale.
La lunghissima opener Hill Of Scape-Gallows (oltre un quarto d’ora di durata) funge da prova del nove per l’ascoltatore: chi riesce ad arrivare senza fatica alla sua fine, da qual momento in poi potrà godersi un lavoro strambo quanto si vuole, ma decisamente affascinante; la voce continua ad essere uno screaming piuttosto piatto alternato ad un growl effettato ma, tutto sommato, contribuisce a creare quell’alone straniante che ha comunque nel suono della tastiere il suo principale artefice.
Dread Asylum è piuttosto gobliniana nel suo snodarsi melodico, e in fondo pensare a quest’album come un’ipotetica soundtrack di un film horror è un’ipotesi tutt’altro che peregrina, mentre Hospitality Of Demon si snoda in maniera più canonica mantenendo comunque le caratteristiche sonore delle altre tracce, con Pernicious Elixir a chiudere le macabre danze con il suo reiterato giro di tastiera, preludio di un finale che si stempera con uno pseudo-violino.
La perfezione sta altrove, ma qui non si può fare a meno di apprezzare la voglia di creare qualcosa di differente, soprattutto con scelte che possono anche apparire discutibili ma che, alla fine, rendono il tutto personale ed intrigante, specie se applicate come in questo caso a sonorità più orrorifiche che sinfoniche.
SiN è portatore di una concezione della musica lontana diversi anni luce lontana da qualsiasi parvenza di commercialità, e solo anche per questo si merita un certo credito, al di là di tutte le altre considerazioni.

Tracklist:
01. Hill Of Scape-Gallows
02. Dread Asylum
03. Hospitality Of Demon
04. Pernicious Elixir
Line up:
SiN – All instruments, Vocals

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