L’album non mostra lacune e spinge forte sull’appeal melodico del genere, risultando magari derivativo in certe parti, ma pervaso in generale da una certa personalità e per questo assolutamente consigliato.
Quando ci si imbatte in una band proveniente dalla madre Russia, terra di grande rispetto per l’arte delle sette note e ancora da esplorare a fondo nel suo sempre più ricco underground metallico, le sorprese sono sempre dietro l’angolo
Gli Instorm con il loro secondo lavoro non tradiscono questa piacevole abitudine: il terzetto composto da Roman Nemtsev (voce e chitarra), Marina Nemsteva (chitarra) e Alexander Petrov (chitarra) è attivo dal 2011, con il debutto datato 2013 (Madness Inside) che fa da preludio a questo nuovo lavoro intitolato Taming The Chaos.
Il sound è un melodic death metal di scuola scandinava reso a suo modo originale da molti interventi chitarristici di stampo neoclassico ed atmosfere power/epic folk che collocano la band moscovita nel calderone dei gruppi che seguono pedissequamente il sound degli storici gruppi svedesi e finlandesi, ma con una marcia in più.
Infatti, è davvero bello questo lavoro in diversi frangenti , ricco com’è di cavalcate chitarristiche tecnicamente lodevoli, di melodie accattivanti e dai rimandi epici che creano un alone fantasy molto suggestivo.
Ascoltare per credere le spettacolari Another Reflection, Quest For Light e Lifeless, brani che uniscono in un sol colpo Children Of Bodom, Omnium Gatherum, Norther, Wintersun e sua maestà Yngwie Malmsteen.
L’album non mostra lacune e spinge forte sull’appeal melodico del genere, risultando magari derivativo in certe parti, ma pervaso in generale da una certa personalità e per questo assolutamente consigliato.
Tracklist
1. The Origin of Chaos
2. Day`Night
3. Another Reflection
4. Lethal Winter
5. Quest for the Light
6. Reach for the Sky
7. Serenity
8. Wisdom of Insanity
9. Lifeless
10. Faith Path
11. The Light
Line-up
Roman Nemstev – Guitars, Vocals
Marina Nemsteva – Guitars
Alexander Petrov – Bass
We’re No Angels cantano i rockers americani, ragazzi cattivi sopravvissuti alla storia di una generazione di musicisti diventata leggenda e che si respira in ogni passaggio di questo ottimo lavoro, in cui non si sente per nulla il tanto, tempo passato ma che sa invece regalare grande musica hard & heavy.
Tornano gli Angeles, veterani della scena hair/street metal degli anni ottanta, che di Los Angels sono originari e che bazzicavano sul Sunset Boulevard in compagnia di Quiet Riot, Motley Crue, Ratt, Guns’n’Roses ma non solo: all’epoca furono visti sul palco insieme a Metallica e Ronnie James Dio, Jefferson Starship, Robbie Krieger dei Doors, Jack Russell “Great White”, The Tubes, Foghat, Y & T, Michael Schenker e Dokken, solo per citare alcune delle leggende del con le quali il quartetto andava a spasso per gli States.
Gli Angeles non fecero mai il botto commerciale, ma i loro album (una decina in totale) sono un vero spasso per chi ama queste sonorità: street metal, blues, rock’n’roll, glam, nel sound del gruppo ci si ritrovano tutte le varie anime che compongono il genere più irriverente della storia, tornato a risplendere in questo nuovo album intitolato Time of Truth.
1977/2018: più di quarant’anni vengono riassunti in questi undici brani dove troverete tutto, ma proprio tutto quello che negli anni ottanta fece innamorare molti della scena losangelina, un’attitudine che si riassume in un impatto ancora esplosivo come ai vecchi tempi e tanto rock’n’roll. We’re No Angels, cantano i rockers americani, ragazzi cattivi sopravvissuti alla storia di una generazione di musicisti diventata leggenda e che si respira in ogni passaggio di questo ottimo lavoro, in cui non si sente per nulla il tanto tempo passato ma che sa invece regalare grande musica hard & heavy. Pain, Hollywood, Trouble e tutte le altre sorelline in calze a rete e mascara sono pronte a donarsi in cambio di un prezioso pass per entrare nel mondo sporco, perverso e cattivo del rock’n’roll, ancora una volta, anche se quando si accenderanno le luci tutto svanirà e a noi non resterà che premere di nuovo il tasto play.
Tracklist
1. Pain
2. Not Here to Play
3. Hollywood
4. Trouble
5. Goodbye
6. We’re No Angels
7. Are You Ready For Your Sins
8. Lonely Road
9. Band Plays On
10. Shiver Me Timbers
11. God, Country and King
Line-up
Demon Dale aka Dale Lytle – Guitar
Daniel Ferreira -Vocals
Cal Shelton – Bass Guitar
Danny Basulto – Drums
La sacra triade del thrash metal teutonico approva ed applaude questi musicisti cinesi, protagonisti di una buona prova, in cui attitudine ed impatto sono le armi per non fare prigionieri tra gli amanti del thrash metal old school.
Interessante lavoro che ci giunge dalla Cina, terra inusuale almeno fino ad oggi parlando di metal, con il primo full length dei thrashers Ancestor.
Nato addirittura nel 2007, il quartetto ha esordito solo lo scorso anno con l’ep Age Of Overload, seguito appunto da Lords Of Destiny, album che riprende le sonorità old school di matrice teutonica e, senza allontanarsi troppo da quello suonato dalle band storiche del genere, ha creato una raccolta di brani duri come la roccia, veloci e senza compromessi.
Meng Li (voce e chitarra), Fuwen Yang (chitarra), Han Li (basso), Yang He (batteria) provengono sì da Pechino, ma il loro sound risulta un buon esempio di thrash metal teutonico in cui le chitarre si lanciano in cavalcate dirette, a tratti al limite dello speed, le ritmiche tengono il passo e la voce cartavetrata ci investe in tutta la sua rabbiosa potenza. Lords Of Destinyrisulta un lavoro convincente, ovviamente senza mostrare particolari novità, ma l’impatto è di quelli che lasciano il segno e riesce a coinvolgere, specialmente se si è amanti di queste storiche ed immortali sonorità. Rise By Sin dà via ad una corsa che non si ferma davanti a nulla, colpendo con mitragliate metalliche come Bloody Repression, Pain And Hate e Tormentor, inno thrash metal per eccellenza.
La sacra triade del thrash metal teutonico approva ed applaude questi musicisti cinesi, protagonisti di una buona prova, in cui attitudine ed impatto sono le armi per non fare prigionieri tra gli amanti del thrash metal old school.
Gli Ancestor risultano una porta aperta sul mondo metallico del loro paese ancora tutto da scoprire, attraversatela senza timore, non ve ne pentirete.
Tracklist
1.Rise By Sin
2.Deathlike Silence
3.Bloody Repression
4.The Final Worship
5.Black Future
6.Tormentor
7.Pain And Hate
8.Savage Action
9.Inner Struggle
Line-up
Meng Li – Vocals, Guitars
Fuwen Yang – Guitars
Han Li – Bass
Yang He – Drums
Licenziati anche in vinile, questi due lavori risultano imperdibili per chi ha amato i successivi, confermando i The Night Flight Orchestra come una delle proposte più geniali degli ultimi anni.
La Nuclear Blast saggiamente, dopo il successo degli ultimi due bellissimi lavori (Amber Galactic e Sometimes the World Ain’t Enough), ristampa il debutto Internal Affairs e il successivo Skyline Whispers, i primi due album dei rockers The Night Flight Orchestra originariamente usciti per Coroner Records rispettivamente nel 2012 e nel 2015.
Look rinnovato e l’aggiunta di una bonus track sono le novità di queste due nuove versioni per il super gruppo che vede cimentarsi con il pop/rock anni ottanta una manciata di pilastri del metal estremo capitanati da Björn “Speed” Strid dei Soilwork. Internal Affairs e Skyline Whispers non hanno nulla da invidiare ai loro successori, dando il via alla saga di questo geniale progetto che raccoglie in sé lo spirito della musica pop rock tra anni settanta e ottanta tra pop, dance e hard rock da arena.
Qualcuno ancora oggi storcerà il naso di fronte a questo gruppo di musicisti che, mettendo da parte l’anima estrema che li contraddistingue, si sono messi in gioco con talento e passione, creando musica che definire senza tempo è un eufemismo, piacevolmente vintage ma dall’appeal stratosferico già dalle prime note del debutto, una raccolta di brani splendidi che hanno nell’eclettismo e la loro arma migliore.
Sul primo album quindi si passa dall’hard rock americano di California Morning, al rock sporcato di blues che ricorda gli Whitesnake di Transatlantic Blues, al funky nero della title track in un turbinio di luci colorate da balere raccontate da Thank God It’s Friday o Saturday Night Fever.
Qualità altissima ed acquisto obbligato anche per il secondo album, Skyline Whispers, uscito tre anni dopo il debutto e che consolidava una proposta fino ad allora vista come un piacevole diversivo dei suoi protagonisti.
Anche qui si viaggia spediti sulle ali dell’assoluta libertà artistica con brani che a turno fotografano le imprese di Van Halen, Electric Light Orchestra, Kiss o Spandau Ballet in brani che chiamare trascinanti è un eufemismo come Stiletto,Lady Jane o Roads Less Travelled.
Licenziati anche in vinile, questi due lavori risultano imperdibili per chi ha amato i successivi, confermando i The Night Flight Orchestra come una delle proposte più geniali degli ultimi anni.
Tracklist
Internal Affairs:
1. Siberian Queen
2. California Morning
3. Glowing City Madness
4. West Ruth Ave
5. Transatlantic Blues
6. Miami 502
7. Internal Affairs
8. 1998
9. Stella Ain’t No Dove
10. Montreal Midnight Supply
11. Green Hills Of Glumslöv
12. Song For Ingebörg
Skyline Whispers:
1. Sail On
2. Living For The Nighttime
3. Stilletto
4. Owaranai Palisades
5. Lady Jade
6. I Ain’t Old I Ain’t Young
7. All The Ladies
8. Spanish Ghosts
9. Demon Princess
10. Skyline Whispers
11. Roads Less Travelled
12. The Heather Reports
13. September You’re A Woman
Line-up
Björn Strid -Vocals
Sharlee D’ Angelo – Bass
David Andersson – Guitar
Richard Larsson – Keyboards
Jonas Källsbäck – Drums
Sebastian Forslund – Guitar
Backing Vocals by the Airline Annas – Anna Brygård and Anna-Mia Bonde
La 25th Anniversary Edition è il giusto tributo ad uno degli album di rock italiano più belli di sempre: Joe vi aspetta per raccontarvi ancora il suo Viaggio senza Vento, accompagnato dal rock dei Timoria.
Probabilmente per capire del tutto lo spirito che animò i Timoria nel periodo dell’uscita del loro capolavoro, bisognerebbe tornare sotto il palco di un qualunque teatro italiano nel quale i cinque musicisti bresciani ultimarono la loro trasformazione da classica rock band tricolore a gruppo dal piglio internazionale, ispirato dal rock degli anni 60/70 e rapito dalle sonorità che arrivavano dalla Seattle di quel periodo.
Infatti era abitudine di Pedrini e compagni tributare nel corso dei loro live band come Who e Temple Of The Dog, esempi fulgidi di quel rock di cui Viaggio Senza Ventoè pregno.
Dopo l’acerbo debutto Colori Che Esplodono, la band diede subito dimostrazione del suo talento con il seguente Ritmo e Dolore, un album d’autore, enormemente più maturo del suo predecessore e che al suo interno ha uno dei brani più belli della discografia, L’Uomo Che Ride, presentata con (prevedibile) scarso successo all’inutile festival della canzone italiana in quel di Sanremo.
Storie Per Vivere fu piccolo passo falso, ma forse necessario alla trasformazione che avverrà esattamente un anno dopo con l’uscita del magnifico Viaggio Senza Vento.
I Timoria assunsero le sembianze di una rock band all’interno della quale tutti i suoi componenti esprimevano al meglio le loro potenzialità: Pedrini e Renga formavano la classica coppia come tante nella storia del rock, cantante e chitarrista sempre in primo piano, uno con la sua straordinaria voce, tra Daltrey, Cornell e Plant e l’altro compositore e anima della band, così come Carlo Alberto Pellegrini, sorta di John Paul Jones al basso, Diego Caleri alla batteria ed Enrico Ghedi alle tastiere.
L’album è un concept sul viaggio e sulla redenzione di Joe, una sorta di versione novantiana di Tommy, eroe degli Who ed opera che influenza non poco il lavoro del gruppo, accompagnato da ospiti importanti come Eugenio Finardi, Mauro Pagani ed il percussionista colombiano Candelo Cabezas, già al lavoro con i Litfiba.
Hard rock, folk, rap, suggestioni psichedeliche e grunge riempiono di grande musica questo straordinario lavoro, in un susseguirsi di colpi di scena compositivi che fanno di Viaggio Senza Vento uno degli album rock più belli scritti nel nostro paese.
Diversi generi confluiscono nello spartito di brani dal grande appeal che mantengono un approccio diretto ma assolutamente fuori da qualsiasi intento commerciale, in un genere difficile come il rock duro cantato in italiano: un vocalist eccezionale ed una storia che legava vita e drammi giovanili ad un’aura mistica di viaggio e completezza interiore, rendono la title track, Sangue Impazzito, La Cura Giusta, Verso Oriente, Piove ed Il Guerriero (ma sarebbe da citare l’intera tracklist) inni di un generazione che in Italia continuava a faticare per uscire dall’anonimato, soffocata dall’assoluta mancanza di una vera e propria cultura rock.
Questa nuova versione vede l’intero lavoro rimasterizzato sul primo cd e alcune versioni demo più l’inedito Angel e la cover di I Can’t Explain degli Who sul secondo, mentre nella configurazione super deluxe il tutto viene arricchito da un doppio vinile giallo, dal poster raffigurante la band e da un libretto con i commenti dei protagonisti: Joe vi aspetta per raccontarvi ancora il suo Viaggio senza Vento, accompagnato dal rock dei Timoria.
Tracklist
CD 1:
01. Senza Vento
02. Joe
03. Sangue Impazzito
04. Lasciami In Down
05. Il Guardiano Di Cani
06. La Cura Giusta
07. La Fuga
08. Verso Oriente
09. Lombardia
10. Campo Dei Fiori Jazz Band
11. Freedom
12. Il Mercante Dei Sogni
13. La Città Del Sole
14. La Città Della Guerra
15. Piove – Remastered
16. Il Sogno – Remastered
17. Come Serpenti In Amore
18.Frankenstein
19. La Città Di Eva
20. Freiheit
21. Il Guerriero
CD 2:
01. Angel
02. I Can’t Explain
03. Senza Vento
04. Sangue Impazzito
05. La Cura Giusta
06. Verso Oriente
07. Lombardia
08. Freedom
09. La Città Del Sole
10. Piove
11. Il Sogno
12. Come Serpenti In Amore
13. Taruni Taruni
Line-up
Omar Pedrini
Francesco Renga
Diego Galeri
Carlo Aberto Pellegrini
Enrico Ghedi
Bravi quando scelgono le strade del metal estremo melodico, i cinque tedeschi mettono sul piatto una melodia vincente ed un grande impatto, all’interno di un mix di generi ed influenze che crea un sound personale ed estremamente convincente.
Nati nel 2009, arrivano all’esordio su lunga distanza grazie alla Wormholedeath i tedeschi Unclouded Perception, band portata nel nostro paese e lasciata nelle sapienti mani di Wahoomi Corvi che, insieme a Cristian Coruzzi, ha registrato e mixato l’album ai Realsound Studio di Parma.
Scordatevi il solito gruppo modern metal, anche se il look della band potrebbe ingannarvi, perché come da tradizione della label anche gli Unclouded Perception hanno qualcosa che li distingue nel vasto panorama del metal odierno.
Infatti, ad un approccio melodico attuale la band unisce elementi classici e di stampo thrash, e ne esce così un lavoro vario e a suo modo originale, sempre in bilico tra tradizione e modernità.
Schegge impazzite di melodic death metal, ritmiche che passano dalle classiche ripartenze thrash a più moderni mid tempo, voce graffiante di matrice thrash old school e solos heavy compongono un sound prepotente, a tratti selvaggio, al quale il gran lavoro in consolle dona sfumature moderna, note cristalline ed un appeal sufficiente per spingere all’ascolto degli undici brani che compongono District.
Bravi quando scelgono le strade del metal estremo melodico, i cinque tedeschi mettono sul piatto una melodia vincente ed un grande impatto, all’interno di un mix di generi ed influenze che crea un sound personale ed estremamente convincente.
Tra le note di queste undici adrenaliniche tracce troverete di che sfamare la vostra voglia di metal, perché di questo alla fine si tratta.
Tracklist
1.Apocalypse
2.Kingdom of Blood
3.Rain
4.Sweet Maiden
5.Live 6.Rise
7.Never Ending Race
8.Circus
9.The Punisher
10.Turn the Tables
11.The Warming Cold
Line-up
Bernhard Huber – Vocals
Andreas Eder – Guitars
Martin Stadlmaier – Guitras
Josef Brettmeister – Bass
Martin Klose – Drums
The Story So Far- The Best Of è la classica raccolta che ripercorre gli anni di una band che ha fatto la storia del genere, per cui è ovvio che qui si trovino i maggiori successi, così come qualche brano degli ultimi lavori, magari sfuggito ai fans della prima ora.
I Def Leppard sono un’istituzione per gli amanti dell’hard & heavy, perché anche se inserita con non poca fatica nel carrozzone della new wave of british heavy metal, la band di Joe Elliot si è sempre espressa su coordinate melodiche dall’appeal irresistibile, trovando il successo anche tra chi non ascolta metal abitualmente.
Rock, pop, hard rock da arena, super ballad che hanno conquistato migliaia di fans in giro per il mondo, lungo una carriera arrivata oltre i quarant’anni costellata da successi planetari e tragedie umane che hanno segnato in modo indelebile la storia del gruppo britannico. The Story So Far- The Best Ofè la classica raccolta che ripercorre gli anni di una band che ha fatto la storia del genere, per cui è ovvio che qui si trovino i maggiori successi, così come qualche brano degli ultimi lavori, magari sfuggito ai fans della prima ora.
I Def Leppard arriveranno nel nostro paese all’inizio dell’estate insieme agli Whitesnake, formando una coppia d’assi imperdibile per i rockers con qualche capello bianco sulla chioma ormai rada, e The Story So Far è l’occasione per una retrospettiva sul meglio che il gruppo ha offerto nella sua lunga carriera.
La raccolta esce in vari e formati e per tutti i gusti: 2 CD /1 CD/ 2 LP + bonus 7” con appunto una raccolta di singoli, “The Hysteria Singles”, box in edizione limitata con 10 singoli 7” in vinile, ma ci sono anche note dolenti: a parte il singolo natalizio We All Need Christmas e la cover di Personal Jesus dei Depeche Mode, non ci sono tracce inedite e vengono completamente ignorati i brani dai primi due lavori (On Through the Night e High ‘n’ Dry), scelta che lascia con l’amaro in bocca per l’importanza storica dei due lavori in questione.
Per il resto The Story So Far è un tuffo nella musica dei Def Leppard tra classici immortali e brani splendidi ma meno conosciuti, in un lungo abbraccio con questi signori dell’hard & heavy, con cui più o meno tutti siamo cresciuti e che hanno segnato qualche stagione della nostra vita con le loro hit.
Non siamo molto in sintonia con questo tipo di operazioni, ma per i Def Leppard facciamo volentieri un’eccezione, anche per l’immensa discografia dei nostri e l’importanza che hanno avuto nel portare al successo la nostra musica preferita.
Tracklist
Disc 1
01. Animal
02. Photograp
03. Pour Some Sugar On Me
04. Love Bites
05. Let’s Get Rocked
06. Armaggedon It
07. Foolin’
08. Two Steps Behind
09. Heaven Is
10. Rocket
11. Hysteria
12. Have You Ever Needed Someone So Bad
13. Make Love Like A Man
14. Action
15. When Love & Hate Collide
16. Rock of Ages
17. Personal Jesus
Disc 2
01. Let’s Go
02. Promises
03. Slang
04. Bringin’ On The Heartbreak
05. Rock On (Radio Remix)
06. Nine Lives” (feat. Tim McGraw)
07. Work It Out
08. Stand Up
09. Dangerous
10. Now
11. Undefeated
12. Tonight
13. C’Mon C’Mon
14. Man Enough
15. No Matter What
16. All I Want Is Everything
17. It’s All About Believing
18. Kings Of The World
Line-up
Joe Elliott – Vocals
Phil Collen – Guitar & Vocals
Vivian Campbell – Guitars & Vocals
Rick “Sav” Savage – Bass & Vocals
Rick Allen – Drums & Vocals
Due proposte dalla ancora poco considerata (se non dai cultori del metal estremo underground) scena transalpina che, invece, ha in serbo vere e proprie sorprese sia in campo death che nell’ancora più oscuro e maligno black metal.
La Hells Headbangers records licenzia questo split che vede protagonisti due gruppi francesi alle prese con un putrescente death metal old school.
Un paio di brani ciascuno per Cadaveric Fumes e Skelethal, band molto seguite nel panorama underground estremo del loro paese, tutte due assolutamente devote al genere suonato all’alba degli anni novanta, nella sua versione più malefica e catacombale.
I primi a scendere in campo sono i Cadaveric Fumes, band di Rennes attiva dal 2011 ma ancora senza un full length in bella mostra nella propria discografia composta da un paio di ep, altrettanti demo e da uno split con i Demonic Oath. The Spectral Parade e Necromancy Sublime ci presentano un gruppo che rispecchia in toto il genere nella versione più marcia e morbosa, con il suono che esce come se provenisse da una cripta, alternando stacchi e mid tempo a veloci ripartenze e restando fedele al più oscuro e fetido death metal vecchia scuola.
Il discorso non cambia con Emerging From The Ethereal Threshold e Torrents Of Putrefying Viscosity, le due tracce firmate Skelethal, gruppo di Lille che invece il suo full length lo ha pubblicato lo scorso anno (Of The Depths….) dopo una manciata di lavori minori, per arrivare assolutamente in forma a questa release che li fotografa come band di death metal vecchia scuola di matrice scandinava.
Rispetto ai Cadaveric Fumes, gli Skelethal possiedono un impatto più potente e atmosfere meno catacombali, ma il risultato tutto sommato rimane confinato nel genere.
Due proposte dalla ancora poco considerata (se non dai cultori del metal estremo underground) scena transalpina che, invece, ha in serbo vere e proprie sorprese sia in campo death che nell’ancora più oscuro e maligno black metal.
Tracklist
1.Cadaveric Fumes – The Spectral Parade
2.Cadaveric Fumes – Necromancy Sublime
3.Skelethal – Emerging From The Ethereal Threshold
4.Skelethal – Torrents Of Putrefying Viscosity
La band olandese ci scaraventa per mezzora nel bel mezzo della scena nu metal che fu, e lo fa con una raccolta di brani assolutamente riusciti: se il genere è ancora nelle vostre corde l’ascolto dell’album è consigliato anche se può sembrare sorpassato rispetto alle mode del momento.
Un sound alternativo ispirato alla scena nu metal di qualche anno fa è la musica suonata dai Mountain Eye, band olandese formata nel 2017 ed arrivata al debutto con questi otto brani racchiusi in Roads Uncharted.
La band segue le linee tracciate dai gruppi statunitensi a cavallo dei due secoli, quindi in questa raccolta di brani non troverete una nota riconducibile ai suoni modaioli degli ultimi tempi, ma solo nu metal ispirato dai vari Mudvayne, Korn, Sevendust, American Head Charge: gli otto brani risultano delle mazzate niente male, ricamate da linee melodiche perfette, tanto che brani come Take Control o Verge avrebbero fatto la fortuna del gruppo una ventina d’anni fa.
I Mountain Eye ci provano, anche se fuori tempo massimo, grazie ad un buon songwriting (i brani sono tutti potenziali singoli), un cantante che nel genere si rivela un vero talento sfoggiando growl, scream e clean vocals eccellenti ed assecondato da un gruppo compatto che crea muri sonori possenti (vedi brani come Black Flood, Verge, Singularity), tellurici ed inespugnabili.
La band olandese ci scaraventa per mezzora nel bel mezzo della scena nu metal che fu, e lo fa con una raccolta di brani assolutamente riusciti: se il genere è ancora nelle vostre corde l’ascolto dell’album è consigliato anche se può sembrare sorpassato rispetto alle mode del momento.
Tracklist
1.Misery
2.Take Control
3.Diamonds On Your Tongue
4.Black Flood
5.Verge
6.Singularity
7.Hidasher
8.Y(our) Masquerade
Line-up
Arthur – Vocals
Omar – Guitar
Tim – Guitar
Kieft – Bass
Matthijs – Drums
Pray For Doom è un buon lavoro, il sound dei Dawn of Winter segue le coordinate delle leggende del genere come Candlemass, Solitude Aeturnus e Pentagram, con un Mutz evocativo come non mai, ed un lotto di brani che si trascinano come mastodontici moloch, lenti ed inesorabili nella loro pesante marcia.
I Dawn Of Winter rappresentano il doom metal nella sua forma più pura e una lunga litania epico metallica divisa in otto capitoli è dunque quello che troverete tra i solchi di questo nuovo lavoro, il terzo a scadenza decennale dal primo album intitolato In The Valley Of Tears (1998) ed il suo successore, The Peaceful Dead (2008).
Tre opere sulla lunga distanza intervallati da una manciata di lavori minori è quindi quanto offerto in un ventennio dalla band tedesca che tra le sue fila vede Gerrit P. Mutz, singer dei power metallers Sacred Steel. Pray For Doom è un buon lavoro, il sound dei Dawn of Winter segue le coordinate delle leggende del genere come Candlemass, Solitude Aeturnus e Pentagram, con un Mutz evocativo come non mai, ed un lotto di brani che si trascinano come mastodontici moloch, lenti ed inesorabili nella loro pesante marcia.
E’ sostanzialmente un album per appassionati questo Pray For Doom, avaro di soprese nel corso del suo viaggio nel mondo del doom metal classico, partendo da A Dream Within A Dream per arrivare tramite lunghi passaggi dal lento incedere alla title track, sicuramente il brano più rappresentativo di tutto l’album, valorizzato da armonie semi acustiche e da una eccellente prova del vocalist, al massimo dell’espressività.
Il resto si muove lento nei meandri più classici del genere, leggermente prolisso in alcuni passaggi, ma anche capace di far tremare le pareti con l’altro picco, la più movimentata e rocciosa The Orchestra Bizarre.
Ci congediamo dai Dawn Of Winter consigliando l’album agli amanti delle sonorità classiche e dei gruppi citati: il gruppo tedesco rimane comunque nel genere un’alternativa valida ai soliti nomi che del doom classico hanno fatto la storia.
Tracklist
1. A Dream Within A Dream
2. The Thirteenth Of November
3. Woodstock Child
4. The Sweet Taste Of Ruin
5. Pray For Doom
6. The Orchestra Bizarre
7. Paralysed By Sleep
8. Father Winter
Line-up
Jorg M. Knittel – Guitars
Dennis Schediwy – Drums
Joachim Schmalzried – Bass
Gerrit P. Mutz – Vocals
Unione di intenti e tanta attitudine per questo quartetto che risulterà una gradita sorpresa per gli amanti del metal, siano essi più legati alla tradizione che a suoni moderni e dall’impatto di un carro armato.
Nuova uscita targata Volcano Records, che licenzia il debutto di questa heavy/thrash band chiamata Shocking’Head, formata da vecchie conoscenze dell’underground metal del ponente ligure.
Chupacabras, R.A.V.E.D. ed Estremo Ponente sono i gruppi da cui provengono i musicisti che compongono la line up di questa nuova band che ci investe con tutta la sua carica metallica, attraverso otto brani (di cui uno cantato in dialetto sardo) aggressivi, graffianti, melodici e con puntate estreme che deflagrano in un sound esplosivo.
Unione di intenti e tanta attitudine per questo quartetto che risulterà una gradita sorpresa per gli amanti del metal, siano essi più legati alla tradizione che a suoni moderni e dall’impatto di un carro armato.
Orgoglio metallico nell’affrontare i problemi della vita di tutti i giorni, guerrieri che a denti stretti affrontano le dure prove che la vita ci impone, aiutati dalla forza che si trova dentro ognuno di noi, queste sono le tematiche delle fucilate heavy/thrash che compongono l’album. Xxmiles contiene splendidi passaggi melodici, così come una notevole forza d’urto sprigionata in brani come All In, Falling In Reverse e la micidiale Soul Destruction, perfetta alchimia tra heavy metal, thrash e groove: un album prettamente metal che non risulta affatto old school e appare invece ben inserito per sonorità ed impatto in questo inizio millennio, oltre che suonato e cantato con mestiere e grinta da vendere.
Tracklist
1. All In
2. Falling in Reverse
3. Ejaaa!!!
4. Winners in the Desert
5. Soul Destruction
6. Trip in the Hell
7. Xxmiles
8. Blame Game
Line-up
Daniele Sedda – Vocals
Black Ale – Bass
Zac Vanders – Guitars
Frederic Volante – Drums
Solo mezzora scarsa, ma di qualità questo nuovo parto targato In Twilight’s Embrace, gruppo da seguire nel vasto panorama del metal estremo europeo.
Non è la prima volta che ci imbattiamo nei death/blacksters polacchi In Twilight’s Embrace, attivi da ormai quindici anni e con una più che discreta discografia alle spalle, vantando quattro full length di cui almeno un paio molto belli: The Grim Muse licenziato tre anni fa ed il precedente Vanitas uscito lo scorso anno.
La band di Poznań torna con il quinto lavoro, un’opera incentrata su un sound che, da tradizione, al death/black metal classico suonato da quelle parti aggiunge atmosfere e melodie oscure per un risultato alquanto affascinante.
Il death metal melodico dei primi lavori è ormai un ricordo, gli In Twilight’s Embrace si crollano di dosso le rimanenti sfumature scandinave che ancora apparivano nel precedente album per lasciarsi conquistare dalla parte più oscura del loro sound.
Con ben in evidenza l’idioma polacco nei titoli, Lawa risulta ancora più misantropo ed oscuro, sei brani di metal estremo oscuro, dalle melodie che tornano a tratti ad impreziosire brani come il gioiellino Ile trwa czas (How long does time last).
Solo mezzora scarsa, ma di qualità questo nuovo parto targato In Twilight’s Embrace, gruppo da seguire nel vasto panorama del metal estremo europeo.
Tracklist
1. Zaklęcie (The Spell)
2. Dziś wzywają mnie podziemia (The netherworlds beckon me today)
3. Krew (Blood)
4. Pełen czerni (Blackfilled)
5. Ile trwa czas (How long does time last)
6. Żywi nieumarli (Alive undead)
Non sappiamo quale sia stata la molla che ha spinto Tom Palms a tornare sul mercato con questo leggendario monicker, resta il fatto che ascoltare musica di questo livello è sempre un piacere, quindi mai come in questo caso deve essere accolto un rientro sulla scena dopo oltre vent’anni come quello dei geniali Phlebotomized.
Nessuno avrebbe scommesso in un ritorno dei seminali Phlebotomized, band che dalla notevole scena olandese di primi anni novanta arrivò alle orecchie di chi allora, come oggi, non si accontentava dei soliti ascolti, ma si inoltrava in un underground metallico in grado anche in quegli anni di regalare gruppi e opere sopra la media.
I Phlebotomized, con il primo album intitolato Immense Intense Suspence, andarono oltre quello che si suonava allora con un sound geniale, di difficile catalogazione e sorprendentemente avanti rispetto a quello che si aveva modo di ascoltare nel metal estremo.
Doom, progressive, brutal, melodic, symphonic death: Immense Intense Suspence era tutto questo e anche di più, difficile da capire, ma tremendamente affascinante così come Skycontact, secondo ed ultimo lavoro targato 1997 che sterzava leggermente verso un’atmosfera psichedelica risultando comunque un’altra gemma musicale di valore inestimabile.
Il chitarrista Tom Palms, unico superstite della formazione originale, torna con altri musicisti a rinverdire i fasti di quei due storici album con Deformation Of Humanity, nuovo lavoro licenziato dalla Hammerheart Records che rompe un silenzio durato ben ventuno anni,.
Di musica sotto i ponti ne è passata tanta, il death metal progressivo non fa più notizia, così come le band che al metal estremo abbinano altri suoni e sfumature, ma la qualità di questo nuovo lavoro è talmente alta che cancella in un sol colpo non solo gli anni trascorsi ma un gran numero di colleghi dediti al genere, lontani dal geniale songwriting del nuovo Phlebotomized. Tra le splendide note di capolavori come Chambre Ardente, Descende To Deviance, Proclamation of a Terrified “Breed” e la title track si trovano in perfetto equilibrio tutti i generi estremi, dal più melodico, al più brutale, in perfetta armonia tra cambi repentini di sound ed atmosfere ancora oggi difficilmente eguagliabili.
Non sappiamo quale sia stata la molla che ha spinto Tom Palms a tornare sul mercato con questo leggendario monicker, resta il fatto che ascoltare musica di questo livello è sempre un piacere, quindi mai come in questo caso deve essere accolto un rientro sulla scena dopo oltre vent’anni come quello dei geniali Phlebotomized.
Tracklist
1. Premonition (Impending Doom)
2. Chambre Ardente
3. Descend To Deviance
4. Eyes On The Prize
5. Desideratum
6. My Dear …
7. Proclamation Of A Terrified “Breed”
8. Until The End
9. Deformation Of Humanity
10. Until The End Reprise
11. Ataraxia II
Line-up
Rob Op `t Veld – Synths
Dennis Bolderman – Guitar
Tom Palms – Lead Guitar
Ben de Graaff – Vocals
Alex Schollema – Drums
André de Heus – Bass guitar
Un lavoro notevole ed una band tecnicamente sopra le righe che non mancheranno di portare ad una sorprendente esaltazione gli amanti del genere.
La tecnica al servizio di un metal estremo di matrice death devastante: dal Sol Levante, terra di grandi musicisti attivi nella scena metal classica e power, arrivano i Desecravity, band nata a Tokio nel 2007 ed arrivata al terzo lavoro sulla lunga distanza.
Si tratta di un gruppo molto rispettato nella scena estrema mondiale, con live in compagnia di gruppi leggendari come Exodus, Dying Fetus e Aborted ed il primo lavoro lasciato per il mixaggio e la masterizzazione nelle mani di Erik Rutan.
Tre album all’attivo per i Desecravity, con il debutto Implicit Obedience licenziato nel 2010, il successore Orphic Signs uscito un paio di anni dopo e questo nuovo Anathema, mandato a distruggere padiglioni auricolari in questo inizio 2019.
Technical death metal di qualità con la forza di mille tempeste si abbatte senza soluzione di continuità, possente, dalla velocità inumana e con un songwriting che comunque mantiene una sua linea, ben saldo nel marasma di note estreme che il gruppo giapponese scaraventa senza pietà sull’ascoltatore.
Ma non aspettatevi trame progressive o cali di tensione, in Anathema si viaggia al limite del consentito senza mai frenare, una corsa all’impazzata su scale musicali e spartiti che trova in brani pazzeschi come Ominous Harbinger e Devoured The Psyche la sua massima espressione.
Un lavoro notevole ed una band tecnicamente sopra le righe che non mancheranno di portare ad una sorprendente esaltazione gli amanti del genere.
Tracklist
1.Aeon and Ashes
2.Impure Confrontation
3.Ominous Harbinger
4.Deprivation of Liberty
5.Bloodthirsty Brutes
6.Secret Disloyalty
7.Devoured the Psyche
8.Beheaded White Queen
Il massacro compiuto dalla tredicesima bestia si fa largo, senza che si faccia sentire il peso degli anni nella scena estrema, a colpi di furioso death metal nel quale le velocissime sfuriate thrash sono presenti per rendere l’atmosfera ancora più violenta.
Una costanza ed un’attitudine invidiabili così come il talento del suo leader nel proporre death metal ai massimi livelli, sono le doti principali dei Malevolent Creation, una delle band storiche del metal estremo made in Florida.
Phil Fasciana non si ferma e somatizzata la scomparsa dello storico singer Brett Hoffmann ritorna con una formazione completamente rinnovata rispetto all’ultimo lavoro (Dead Man’s Path uscito nel 2015) che vede all’opera il batterista Philip Cancilla, il bassista Josh Gibbs e il chitarrista/cantante Lee Wollenschlaeger, protagonista di una prova molto convincente in questo mastodontico nuovo lavoro intitolato The 13th Beast.
Lasciato nelle sapienti mani del guru del metal estremo Dan Swanö, che si è occupato di mixaggio e mastering, The 13th Beastè forse un nuovo inizio per i Malevolent Creation, da trent’anni un porto sicuro per i fans del genere.
Il massacro compiuto dalla tredicesima bestia si fa largo, senza che si faccia sentire il peso degli anni nella scena estrema, a colpi di furioso death metal nel quale le velocissime sfuriate thrash sono presenti per rendere l’atmosfera ancora più violenta, con i mid tempo che diventano moloch inesorabilmente travolgenti.
L’album offre un turbinio di musica estrema costituito da brani d’impatto, decisi ed inarrestabili anche quando i Malevolent Creation rallentano trasformando i brani in impietosi pachidermi musicali (Born Of Pain), spezzando solo per poco lo tsunami death/thrash di End Of Torture, Mandatory Butchery o Bleed Us Free.
Le ottime prestazioni dei nuovi arrivati, il gran lavoro di Dan Swanö in consolle, tanta esperienza e mestiere fanno di The 13th Beast un lavoro imperdibile per i fans del death metal classico.
Tracklist
1.End The Torture
2.Mandatory Butchery
3.Agony For The Chosen
4.Canvas Of Flesh
5.Born Of Pain
6.The Beast Awakened
7.Decimated
8.Bleed Us Free
9.Knife At End
10.Trapped Inside
11.Release The Soul
Line-up
Phil Fasciana – Guitars
Josh Gibbs – Bass
Philip Cancilla – Drums
Lee Wollenschlaeger – Vocals, Guitars
Chitarre graffianti, l’hammond che ispira atmosfere settantiane, ritmi e refrain che ricordano le una manciata di band che hanno fatto la storia dell’hard rock classico ed il gioco è fatto, niente di clamoroso invero ma assolutamente perfetto da portare in auto ed affrontare le luminose strade del sabato sera.
Quarto album e buon ritorno sul mercato per i tedeschi Piledriver, band nata come cover band degli storici Status Quo e da un po’ di anni in viaggio su strade più personali.
Ovviamente il sound dei cinque non può che essere un hard rock classico che amalgama influenze di matrice centro europea a quelle più tradizionali provenienti dal Regno Unito: un muro di rock (come suggerisce il titolo) per infiammare concerti davanti ad un buon numero di fans del genere, molto seguito in Germania.
Chitarre graffianti, l’hammond che ispira atmosfere settantiane, ritmi e refrain che ricordano le una manciata di band che hanno fatto la storia dell’hard rock classico ed il gioco è fatto, niente di clamoroso, invero, ma assolutamente perfetto da portare in auto per affrontare le luminose strade del sabato sera.
Ac/Dc, Status Quo, Bonfire, UFO e in parte Scorpions: questa è la ricetta di Rockwall ed il piatto risulta piccante il giusto per risvegliare istinti selvaggi, alimentati da questa raccolta di brani che mantiene una buona qualità per tutta la sua (lunga) durata.
L’opener Stomp, l’inno One For The Rock, la title track Rockers Rollin’ sono gli episodi migliori di questi tredici di brani che celebrano a modo loro l’hard rock classico, andando a comporre un’opera consigliata ai rockers di origine controllata.
Tracklist
1. Stomp
2. Agitators
3. One For The Rock
4. Rockwall
5. Waiting
6. Farewell
7. For Freedom And Friends
8. Julia
9. Draw The Line
10. Nazareth
11. Sparks
12. Rockers Rollin’
13. Little Latin Lover
Line-up
Michael Sommerhoff – lead and harmony vocals, guitars
Peter Wagner – guitars, lead and harmony vocals
Rudi Peeters – keyboards, harmony vocals
Marc Herrmann – bass
Hans In‘t Zandt – drums, harmony vocals
Drowned by Humanity è un album molto più melodico rispetto al suo brutale predecessore, anche se la forza immane del gruppo rimane l’alternarsi di ritmiche marziali ad una furia estrema, che si avvale questa volta di un ottimo lavoro delle chitarre alle prese in assoli in cui le melodie sono più importanti che in passato.
Tornano a distanza di un anno i tedeschi Deserted Fear con un nuovo album, il quarto, sempre per il colosso Century Media.
Attivo ormai da una dozzina d’anni, il trio proveniente dalla Turingia dopo i primi due lavori ha visto crescere le proprie aspettative, dopo essere stato preso sotto l’ala della storica label tedesca già dal precedente Dead Shores Rising, album che aveva confermato le buone impressioni suscitate dal gruppo con il suo metal estremo che voltava le spalle alla Scandinavia guardando, sempre in un’ottica old school, al death metal epico e guerresco dei Bolt Thrower.
Il nuovo lavoro continua a percorrere la strada intrapresa da Fabian Hildebrandt, Manuel Glatter e Simon Mengs e vi troviamo ben nascoste mine che al passaggio esplodono in un sound potente, marziale e melodico. Drowned by Humanity è un album molto più melodico rispetto al suo brutale predecessore, anche se la forza immane del gruppo rimane l’alternarsi di ritmiche marziali ad una furia estrema, che si avvale questa volta di un ottimo lavoro delle chitarre alle prese in assoli in cui le melodie sono più importanti che in passato.
Prodotto da Henrik Udd (At the Gates, Miasmal) nei Friedman Studios, l’album mantiene quell’atmosfera epico/guerresca che ha fatto la fortuna del gruppo in passato, unendola ad una consistente vena melodica; i brani di cui si compone il nuovo album sono sicuramente forieri di giudizi positivi, ma ovviamente si trovano tracce che più sottolineano l’ispirazione del momento del gruppo tedesco, come An Everlasting Dawn, Welcome To Reality e Sins From The Past.
Non mancano possenti monoliti di death metal guerresco e brutale, come Scars Of Wisdom, che rendono Drowned by Humanityun lavoro riuscito ed assolutamente in grado di competere ad alti livelli con le uscite di questa prima metà dell’anno, almeno per quanto riguarda il caro vecchio death metal.
Tracklist
1. Intro
2. All Will Fall
3. An Everlasting Dawn
4. The Final Chapter
5. Reflect The Storm
6. Across The Open Sea
7. Welcome To Reality
8. Stench Of Misery
9. A Breathing Soul
10. Sins From The Past
11. Scars Of Wisdom
12. Die In Vain
13. Tear Of My Throne
Line-up
Fabian Hildebrandt – Guitars
Manuel Glatter – Guitars/ Vocals
Simon Mengs – Drums
Hell For All è un album affascinante che non può mancare tra gli ascolti di chi ama le band citate e l’heavy metal più oscuro, mistico e dalle tinte horror.
Le origini black metal dei romani Malamorte influenzano ancora il sound prettamente heavy metal di questo nuovo lavoro, così da assecondare il concept occulto, mistico ed anticristiano che anima il progetto del compositore, chitarrista e cantante L.V.
Hell For All è il terzo full length, licenziato dalla Rockshots Records, con il quale vengono proposti dieci brani di heavy metal old school, ispirato dai Mercyful Fate, dalla scena thrash/black ottantiana e dalla New Wave Of British Heavy Metal.
Ritmiche heavy/thrash, solos classici ed atmosfere oscure è quello che troverete su Hell For All, album dal tocco melodico intrigante che lo rende nobilmente classico.
Alla fine sono più estreme le tematiche che non la musica, che rimane heavy e a tratti teatrale, alternando brani graffianti e veloci a mid tempo su cui L.V. declama storie occulte ricordando non poco il King Diamond in versione Mercyful Fate.
Un album da vivere nella penombra della vostra stanza, entrando nelle atmosfere di brani che passano dall’heavy/thrash di Antichrist a quelle dark della splendida Mother; la maideniana title track apre la seconda parte dell’album dove torna prepotentemente l’influenza di King Diamond in Satan’s Slave, brano horror metal che lascia al suo passaggio odore di incenso e di Death SS. Hell For All è un album affascinante che non può mancare tra gli ascolti di chi ama le band citate e l’heavy metal più oscuro, mistico e dalle tinte horror.
Tracklist
1.Advent
2.Antichrist
3.Warriors of Hell
4.Holy or Unholy
5.Mother
6.Hell for All
7.Son
8.The Worshipers of Evil
9.Satan’s Slave
10.God Is Nothing
Un’uscita imperdibile targata Jolly Roger: in doppio cd il primo ep omonimo dei Crying Steel e l’album On The Prowl, entrambi rimasterizzati, con l’aggiunta delle rispettive versioni live.
Un’altra uscita da non perdere per tutti gli amanti dell’heavy metal classico battente bandiera tricolore da parte della instancabile Jolly Roger, sempre attenta a proporre succulente ristampe di quei gruppi che hanno fatto la storia della nostra musica preferita su e giù per lo stivale.
Tocca a i Crying Steel, tornati in forma smagliante lo scorso anno con l’album Stay Steel ed ora tributati dalla label nostrana con questo doppio cd che prevede sul primo le versioni rimasterizzate dell’ep omonimo, uscito originariamente nel 1985, e del primo full length On The Prowl, licenziato dalla band due anni dopo, mentre sul secondo si trovano le versioni live dei due lavori.
Siamo al cospetto di uno dei migliori esempi di heavy metal tradizionale che la nostra scena abbia regalato negli anni d’oro, anche se all’epoca fare metal in Italia era un’impresa ardua anche per gruppi del valore del quintetto bolognese.
I Crying Steel alternavano graffianti brani alla Judas Priest ad altri più melodici, presentando una scaletta vari e perfetta per quegli anni, con gli acuti del singer Luca Bonzagni a non far rimpiangere gli illustri colleghi stranieri ed una formazione compatta che oltre ai due membri fondatori Alberto Simonini (chitarra) e Angelo Franchini (basso) era completata da Luca Ferri (batteria) e Franco Nipoti (chitarra).
Grande heavy metal dunque, nel quale non mancano, oltre ai Priest, echi dei Motorhead e di quelle band che allora facevano la fortuna di quella New Wave Of British Heavy Metal che trovava nei Crying Steel un’appendice tricolore di tutto rispetto.
Erano ovviamente più acerbi i brani tratti dall’ep, mentre On The Prowl vedeva il gruppo fare passi da gigante, sfornando un album gagliardo e melodico composto da una tracklist impeccabile. No One’s Crying, le melodie di Changing The Direction, l’irresistibile cavalcata The Song of the Evening e la tellurica Thunderdogs sono le tracce simbolo di questo pezzo di metallo forgiato dai Crying Steel.
Il secondo cd ci mostra le capacità del gruppo in sede live, un’ulteriore prova dell’importanza e della grandezza di questa leggendaria band nostrana ed un motivo in più per non perdere questa apprezzabile ristampa.
Tracklist
Cd 1
1.Ivory Stages (Ep)
2.You Have Changed (Ep)
3.Hero (Ep)
4.Where the Rainbow Dies (Ep)
5.Runnin’ Like a Wolf (Ep)
6.No One’s Crying (On the Prowl)
7.Changing the Direction (On the Prowl)
8.Struggling Along (On the Prowl)
9.Fly Away (On the Prowl)
10.Upright Smile (On the Prowl)
11.The Song of Evening (On the Prowl)
12.Alone Again (On the Prowl)
13.Thundergods (On the Prowl)
14.Shining (On the Prowl)
Cd 2
15.Ivory Stages (Live)
16.Hero (Live)
17.Where the Rainbow Dies (Live)
18.You Have Changed (Live)
19.Running Like a Wolf (Live)
20.No One’s Crying (Live)
21.Changing the Direction (Live)
22.Struggling Along (Live)
23.Fly Away (Live)
24.Upright Smile (Live)
25.Alone Again (Live)
26.The Song of Evening (Live)
27.Shining (Live)
28.Thundergods (Live)
Pacifism Is Cowardice è un’opera estrema di buona qualità ed impatto, pur essendo destinata a rimanere confinata nell’underground metallico a uso e consumo degli amanti del genere.
La guerra diviene fonte inesauribile di ispirazione sia per i testi che per la musica, assolutamente estrema e violentissima, un death metal che alleandosi con il black affronta con crudeltà inaudita la battaglia trasformandola in una carneficina.
Stiamo parlando dei britannici Spearhead, band estrema attiva da più di dieci anni e con tre album all’attivo, prima che Pacifism Is Cowardice torni dopo un lungo silenzio a far parlare del gruppo.
Sono passati sette anni infatti dall’ultimo lavoro (Theomachia) ma la band non ha perso nulla dell’impatto che l’ha sempre contraddistinta, in virtù un sound dalla forza soprannaturale, oscuro e violentissimo, a tratti pregno di una solenne epicità estrema che lo rende un macigno di musica guerresca.
Il death metal del quartetto si ispira alla scuola statunitense, con rallentamenti ed atmosfere tipiche del Bay Area Sound per poi colpire senza pietà con tempeste di black metal che non fanno prigionieri.
La bravura del gruppo sta nel non farsi trascinare troppo dal caos sprigionato dalla battaglia, facendo in modo che le tracce abbiano una loro precisa connotazione e le atmosfere siano ben delineate in un ascolto che si fa feroce ma interessante nel seguire la band nei suoi assalti.
Ottimi i solos che nei momenti di potenza oscura e controllata si rivolgono agli amanti del death floridiano, per poi lasciare spazio ad un massacro di matrice black metal in brani come Of Sun and Steel, Degeneration Genocide e Khan. Pacifism Is Cowardice risulta quindi un’opera estrema di buona qualità ed impatto, pur essendo destinata a rimanere confinata nell’underground metallico a uso e consumo degli amanti del genere.
Tracklist
1. Duellorum
2. Of Sun and Steel
3. Ajativada
4. Wolves of the Krypteia, We
5. Violence Revolt Ruination
6. Hyperanthropos
7. Degeneration Genocide
8. The Elysian Ideal
9. A Monarch to Rats
10. Khan
11. Aion (Two Keys and a Lion’s Face)
12. Aftermath