Hierophant – Spawned Abortions

I deathsters romagnoli Hierophant sono rimasti in tre, ma la devastante carica estrema e maligna che li ha sempre contraddistinti è rimasta immutata

I deathsters romagnoli Hierophant sono rimasti in tre, ma la devastante carica estrema e maligna che li ha sempre contraddistinti è rimasta immutata.

La band, torna con questo 7” in cui troviamo nel lato A l’inedito Spawned Abortions, che conferma la proposta assolutamente sopra le righe dei ravennati, e nel lato B la cover del classico Realm Of Chaos dei leggendari Bolt Thrower.
Il death metal feroce e carico di malata attitudine hardcore ci investe in tutta la sua furia in Spawned Abortions, nuovo massacro sonoro di scuola Hierophant all’insegna del, caos primordiale, un attacco frontale che si trasforma in una mattanza quando le note della storica Realm Of Chaos, tornano a dispensare morte e sofferenza.
Lorenzo Gulminelli (voce e chitarra), Ben Tellarini (batteria) ed il nuovo arrivato Fabio Carretti (basso e voce) sono le figure che stanno dietro questo mostro sonoro chiamato Hierophant, una delle realtà più convincenti dell’ottima scena death metal tricolore.

Tracklist
1.Spawned Abortions
2.Realm Of Chaos

Line-up
Lorenzo Gulminelli – Vocals/Guitar
Ben Tellarini – Drums
Fabio Carretti – Bass/Vocals

HIEROPHANT – Facebook

Baest – Danse Macabre

La band danese è una vera bestia estrema che si affaccia sul mercato con un lavoro improntato sul death metal di matrice scandinava, mettendo in pratica gli insegnamenti dei maestri e portando a casa un giudizio più che positivo, guadagnato per un impatto notevole ed una produzione scintillante.

Un demo ed un ep, entrambi usciti nel 2016, sono stati sufficienti ai Baest per approdare alla Century Media, che licenzia il loro debutto sulla lunga distanza.

La band danese, come suggerisce il monicker in lingua madre, è una vera bestia estrema che si affaccia sul mercato con un lavoro improntato sul death metal di matrice scandinava, mettendo in pratica gli insegnamenti dei maestri e portando a casa un giudizio più che positivo, guadagnato per un impatto notevole ed una produzione scintillante.
Ovvio che all’ascolto di Danse Macabre non si rinviene la benché minima traccia di originalità, perché tutto è perfettamente in linea con quanto proposto da Entombed, Bloodbath e compagnia a suo tempo, quindi il consiglio e di tuffarsi nella macabra danza sbattendo a dovere la vostra testolina senza porsi troppe domande.
L’album si apre con il singolo Crosswhore, esempio lampante della devozione del gruppo danese per le band citate e per lo swedish death in genere, quindi tra le varie Hecatomb, Danse Macabre e la conclusiva Ego Te Absolvo si trovano mid tempo, accelerazioni, atmosfere monolitiche ed oscure ed una serie di melodie che a tratti rendono il sound catchy.
La produzione, come scritto, è perfetta, magari per qualcuno fin troppo cristallina e pulita, ma sicuramente inattaccabile dal punto di vista della resa, quindi se amate il genere nella sua veste più tradizionale, questa nuova proposta targata Century Media non potrà che regalarvi una mezz’ora abbondante di soddisfacente metal estremo.

Tracklist
1. Crosswhore
2. Hecatomb
3. Danse Macabre
4. Atra Mors
5. Messe Macabre
6. Ritual
7. Vortex
8. Ego Te Absolvo

Line-up
Simon Olsen – vocals
Svend Karlsson – guitars
Lasse Revsbech – guitars
Mattias ‘Muddi’ Melchiorsen – bass
Sebastian Abildsten – drums

BAEST – Facebook

Last Rites – Nemesis

Un’entusiasmante raccolta di brani, consigliata con colpevole ritardo rispetto all’uscita, ma non per questo meno meritevole della doverosa attenzione da parte degli appassionati di metal estremo.

Vent’anni di thrash/death di alto livello festeggiati con questo nuovo lavoro composto da cinque brani inediti e tre composizioni rifatte per l’occasione.

Parliamo dei Last Rites, nome storico della scena ligure, essendosi formati a Savona nel 1997 ed arrivati ad oggi con un curriculum che consta di otto lavori tra full length, live ed ep, vari cambi di line up e tanta passione.
Nemesis, licenziato dalla MASD Records, è stato registrato, mixato e masterizzato presso il Blackwave Studio di Genova da Fabio Palombi e risulta una travolgente bassa pressione metallica che dal golfo ligure ci investe con la sua potenza, in uno tsunami di cambi di tempo e roboanti solos che si scambiano la scena, tuonando tra lampi e fulmini, ritmiche mozzafiato ed uno scream che è l’urlo arrabbiato e aggressivo degli dei del thrash metal contro il genere umano.
Davvero entusiasmante questa raccolta di brani, che vedono la band partire all’attacco con l’opener Paradox Of Predestination e non fermarsi più, almeno fino a Glory To The Brave, outro del brano Fallen Brother dedicato al compianto chitarrista Vic Mazzoni scomparso lo scorso anno.
Mezz’ora di saliscendi tra le onde in burrasca, con la costa sferzata dal vento metallico chiamato Nemesis, ed i Last Rites ad impartire una lezione di metal estremo, con i Carcass di Heartwork a jammare con i Kreator e gli ultimi Necrodeath in brani spettacolari come Ancient Spirit, Human Extinction e la conclusiva, Soul’s Harvest.
Un album bellissimo che MetalEyes consiglia con colpevole ritardo rispetto all’uscita, ma non per questo meno meritevole della doverosa attenzione da parte degli appassionati di metal estremo.

Tracklist
1. Paradox of Predestination
2. Architecture of Self-Destruction
3. 26.04.86
4. Ancient Spirit
5. Fallen Brother – Glory to the Brave (Outro)
6. Human Extinction
7. Realm of Illusions
8. Souls’ Harvest

Line-up
Dave – Vocals, Guitars
Bomber – Guitars
Fens – Bass
Laccio – Drums

LAST RITES – Facebook

Crystavox – Crystavox/The Bottom Line Remastered

La Roxx Records, label statunitense specializzata in Christian metal/rock licenzia le versioni rimasterizzate dei due album dei Crystavox, band cristiana attiva nei primi anni novanta.

Si torna a parlare di christian metal sulle pagine della nostra webzine, grazie alla sempre attiva Roxx Records, label americana specializzata nel genere sia per quanto riguarda le molte ristampe di album storici che le nuove proposte.

Il metal cristiano abbraccia praticamente tutti i generi del metal e del rock, ma è indubbio che le band più conosciute siano quelle che glorificavano il signore tramite un rock roccioso, tra heavy metal e hard rock ottantiano.
I melodic rockers Crystavox, con base a San Diego sono il perfetto esempio di band cristiana dal sound vicino all’hair metal californiano: il loro esordio risale al 1990 con l’album omonimo al quale diedero seguito due anni dopo con The Bottom Line.
La band, composta da Adam Lee Kemp alla voce, Lorn Holmquist alla chitarra e tastiere, Tony Lopez alla chitarra e Fred Helm alla batteria, arrivò sul mercato in tempi in cui il genere perse popolarità, ma i due lavori in questione meritano di essere rivalutati in quanto (specialmente il debutto) non hanno nulla da invidiare a quelli delle icone losangeline del metal patinato tanto di moda nel Sunset.
Ovviamente testi e approccio erano sicuramente diversi, ma la musica lasciava trasparire un buon tiro rock’n’roll in brani come Sacrifice, Home Again e It’s All Right da Crystavox e Break Down the Wall o Snake In The Grass dal secondo lavoro.
La Roxx Records licenzia i due album nella versione rimasterizzata con l’aggiunta di alcune bonus, un buon motivo per fare la conoscenza con i Crystavox e la loro versione della parola di Dio in musica.

Tracklist
1. Sacrifice
2. Power Games
3. Wear It Out
4. Turn It On
5. Home Again
6. All The Way
7. It’s All Right
8. All Around The World
9. Never Give In
10. Tough Boys
11. Home Again (Bonus Track)
12. Power Games (Bonus Track)

The Bottom Line :
1 The Big Picture
2 Break Down The Wall
3 Rise Up
4 Snakes In The Grass
5 Stick To Your Guns
6 Paradise
7 Cry Out
8 Shame
9 Rockin’ A Hard Place
10 No Boundaries
11 Stick To Your Guns (Bonus Track)
12 No Boundaries (Bonus Track)

Line-up
Adam Lee Kemp – Vocals
Lorn Holmquist – Guitar, Keyboard
Tony Lopez – Guitar
Fred Helm – Drums

CRYSTAVOX – Facebook

Aenigma – Into The Abyss

Into The Abyss è un lavoro in grado di aprire agli Aenigma spazi interessanti in una scena come la nostra, ancora una volta sugli scudi per quanto riguarda questo tipo di sonorità.

All’interno della scena sinfonica tricolore molte sono le band che hanno rilasciato lavori di spessore in questi ultimi anni, cercando una propria via in un genere che da ormai più di vent’anni si è consolidato nel vasto panorama metallico.

Prima la scena olandese, poi quella scandinava, fino ai nostri giorni e alle realtà nate in riva al Mediterraneo dove, dai fondali marini, arriva il suono di Into The Abyss, primo full length degli Aenigma, band toscana attiva dal 2013 e con un paio di ep alle spalle.
La prova sua lunga distanza non ha spaventato di certo i quattro giovani musicisti nostrani e Into The Abyss risulta un buon lavoro, affrontato con la giusta grinta e personalità da una band che accentua la parte estrema, specialmente nelle ritmiche, anche se è la sola voce della cantante Caterina Bianchi a svettare su canzoni che non lasciano spazio al growl.
Più centro europeo che scandinavo si rivela il sound di questo lotto di brani, tenuti insieme da orchestrazioni presenti ma mai debordanti, una prestazione vocale convincente e più rock rispetto alle sirene operistiche a cui siamo abituati (la voce della cantante si avvicina più a Cristina Scabbia che a Floor Jansen o Tarja) fanno di Into The Abyss un album da ascoltare e riascoltare, metallico, a tratti raffinato nei momenti di calma apparente prima che improvvise burrasche portino mareggiate estreme.
Tra i brani, Falling è il classico singolo dall’appeal orchestrale, Infected è aggressiva e death metal oriented, Crimson Moon è la classica semi ballad gotica e Sentence è un crescendo di emozionante symphonic metal.
Into The Abyss è un lavoro in grado di aprire agli Aenigma spazi interessanti in una scena come la nostra, ancora una volta sugli scudi per quanto riguarda questo tipo di sonorità.

Tracklist
1.Beginning of the End
2.Falling (Into the Abyss)
3.Infected
4.Away from All
5.Essence of Life
6.Crimson Moon
7.City of Falling Stars
8.Sentence
9.The Sacrifice
10.Indistructible

Line-up
Matteo Pasquini – Drums
Caterina Bianchi – Vocals
Lorenzo Ciurli – Guitars, Vocals
Valerio Mainardi – Bass

AENIGMA – Facebook

https://youtu.be/RzHDMcAoPDM

Vulgar Speech – Is This Vulgar?

Is This Vulgar? mostra un sound ancora in divenire ma che potrebbe regalare soddisfazioni, perché sicuramente non manca di impatto e di una buona dose di groove, esattamente quanto serve oggi per entrare nel cuore degli ascoltatori.

I Vulgar Speech sono un gruppo di giovani rockers provenienti da Pordenone, attivi dal 2012 come quartetto e diventati in seguito un affiatato trio.

Questo ep intitolato Is This Vulgar? è uscito in realtà tre anni fa, e ci presenta una band che all’hard & heavy classico aggiunge sfumature thrash/groove metal ed abbondanti dosi di stoner .
Il risultato è tutto in questo ep che lascia parlare la musica, specialmente nell’opener W.A.R., sorta di intro che sfocia nella prima lunga traccia, la stoner metal Scarred, brano ispirato alla scena americana degli anni novanta e appesantito da dosi letali di thrash metal che richiama i Metallica, così come avviene nella notevole Fight Your Demons, traccia oscura che ispira jam desertiche chiamando in causa anche Alice In Chains e Kyuss.
Si cambia registro con We Innovate Healthcare, dove Riccardo Cauduro (voce e chitarra), Mirko Martinello (basso) e Fabio Cauduro (batteria) si trasformano in una hard rock band ad inizio brano, per poi violentarlo con potenti ripartenze thrash.
In conclusione, Is This Vulgar? mostra un sound ancora in divenire ma che potrebbe regalare soddisfazioni, perché sicuramente non manca di impatto e di una buona dose di groove, esattamente quanto serve oggi per entrare nel cuore degli ascoltatori.

Tracklist
1. W.A.R.
2. Scarred
3. Fight Your Demons
4. We Innovate Healthcare
5. Can U Really..?

Line-up
Riccardo Cauduro – Vocals, Guitars
Mirko Martinello – Bass
Fabio Cauduro – Drums

VULGAR SPEECH – Facebook

Wingless – Triada

Triada è un lavoro interessante e vario, con i Wingless che riescono a variare la propria proposta senza snaturare impatto e atmosfere: consigliato ai doomsters dai gusti estremi e classici.

Triada è il nuovo album della doom metal band polacca Wingless, realtà attiva sulla scena dal 2012 e che ha già alle spalle due lavori come il debutto Hatred is Purity, del 2014 e The Blaze Within, secondo album uscito nel 2016.

A cadenza di un paio d’anni arriva quindi anche il terzo album che continua sulla strada intrapresa con i due album precedenti, con il sound che si piazza esattamente in mezzo a due delle maggiori correnti delle sonorità doom, quella death e quella classica.
Accompagnato dalla copertina creata da Rafał Wechterowicz, artista che ha messo la sua firma sulle cover di Slayer, Perfect Circle, Mastodon e Behemoth, Triada risente positivamente di questa altalena di atmosfere create alla perfezione dal trio proveniente da Cracovia.
Il sound è pervaso da un alone atmosferico ed dark che accompagna tutti i brani, ad iniziare da Anthem To Innany, traccia che letteralmente esplode in una cavalcata death metal per poi trovare il suo momento di pacata oscurità e tornare a colpire duro nella seconda parte.
Più tradizionalmente doom Tales Of Sleepless Nights, con il growl che si alterna al tono evocativo e che sarà il trademark del lavoro, confermato con la splendida Unnamed Terror, brano top di Triada, otto minuti che raccolgono doom , death, parti atmosferiche, dark e post metal.
Wasteland Man torna a calcare strade tradizionali e Mountain Improbable a raggiungere picchi di intensità evocativa che nel doom metal classico trovano la loro naturale origine.
Triada è un lavoro interessante e vario, con i Wingless che riescono a variare la propria proposta senza snaturare impatto e atmosfere: consigliato ai doomsters dai gusti estremi e classici.

Tracklist
1.Triad (intro)
2.Anthem to Innany
3.Tales of sleepless nights
4.Unnamed terror
5.Wasteland man
6.To the Blue Girl
7.Captain’s dreaming
8.Tired of this fear
9.Mountain Improbable
10.Centre of the Universe

Line-up
Olaf Różański – vocals
Grzegorz Luzar – guitars, bass
Piotr Wójcik – drums

WINGLESS – Facebook

Watershape – Perceptions

Il sound dei Watershape riesce a fondere perfettamente più di un’anima progressiva, imprigionando in questi cinquanta minuti di musica intitolati Perceptions il progressive rock classico, quello aggressivo e tecnico del metal e quello emozionale del post rock.

La tradizione nostrana per quanto riguarda la musica progressiva viene puntualmente confermata dalle uscite discografiche di un certo spessore anche nel nuovo millennio.

Il genere riserva sempre piacevoli sorprese e l’Italia in questo campo scaglia frecce che colpiscono al cuore gli amanti della musica progressiva, a mio avviso mai come in questo periodo aperta a mille ispirazioni ed influenze.
Il metal ha dato una grossa mano al genere, scuotendo dalle fondamenta un’attitudine conservatrice e donando verve ed soluzioni intriganti ad un sound che rischiava di rimanere confinato ai soli reduci dagli anni settanta.
Gli Watershape, per esempio, sono una band fondata da Francesco Tresca, batterista degli Arthemis ed ex Power Quest, raggiunto da una manciata di musicisti che hanno militato o militano in ottimi gruppi della scena tricolore come Hypnotheticall, Sinastras e Hollow Haze.
Il loro sound riesce a fondere perfettamente più di un’anima progressiva, imprigionando in questi cinquanta minuti di musica intitolati Perceptions il progressive rock classico, quello aggressivo e tecnico del metal e quello emozionale del post rock.
L’album è un piacevole viaggio tra queste sfumature ed atmosfere, la band in modo raffinato ed intelligente non calca mai la mano su questa o quella ispirazione ma lascia che la musica fluisca libera, così che i passaggi dal rock progressivo a quello metallico non risultano mai forzati, al limite dettati da momenti di atmosferico rock che va dai King Crimson (Inner Tide ricorda gli splendidi momenti di pacata atmosfera dei brani che hanno fatto di In The Court Of The Crimson King uno degli album più belli della storia) ai Porcupine Tree (una delle tante concessioni all’era moderna del prog, insieme ai Pain Of Salvation ed ai più estremi Opeth).
Il resto è musica rock/metal d’alta scuola, progressiva e tecnica ma senza strafare, lasciando che siano i brani e le loro atmosfere a donare emozioni all’ascoltatore.
Da segnalare la prestazione di Nicolò Cantele, cantante che ricorda a tratti Damian Wilson, per diversi anni frontman dei Threshold, band che con i Dream Theater completa la parte metal della musica del gruppo, e di spessore le prestazioni degli musicisti coinvolti che valorizzano splendidi brani come Beyond The Line Of Being, la metallica Cyber Life o la classica The Puppets Gathering, a mio avviso il punto più alto di questo bellissimo album consigliato senza riserve a tutti gli amanti dei suoni progressivi.

Tracklist
01. Beyond The Line Of Being
02. Cyber Life
03. Alienation Deal
04. Stairs
05. The Puppets Gathering
06. Inner Tide
07. Fanciful Wonder
08. Seasons
09. Cosmic Box #9

Line-up
Nicolò Cantele – Vocals
Mirko Marchesini – Guitars
Mattia Cingano – Bass & Chapman Stick
Enrico Marchiotto – Keyboards & Synths
Francesco Tresca – Drums & percussions

WATERSHAPE – Facebook

Horrendous – Idol

Il death metal degli Horrendous non è di facile assimilazione, ma ad un ascolto attento, se da una parte può affiorare qualche piccolo difetto compositivo, dall’altra il rimanere nei canoni del genere di questi tempi è sicuramente un punto a favore per la band, ispirata da gruppi storici come Death e Morbid Angel.

Gli Horrendous sono una band statunitense attiva dal 2009 e dedita ad un ottimo death metal progressivo, legato ancora alla vecchia scuola e che non indugia in troppi svolazzi compositivi, lasciando a molte parti heavy il compito di vitalizzare un sound oscuro e tradizionale.

Il nuovo lavoro, intitolato Idol, si presenta dunque come un monolite di metal estremo di matrice death metal, impreziosito da ottime trame progressive che non vanno mai fuori tema, ma mantengono un approccio old school.
La tecnica ovviamente fa la sua parte con le ritmiche che vanno in crescendo, con passaggi intricati supportati dalle chitarre che, all’occorrenza, danno vita a notevoli strumentali di stampo classicamente heavy metal.
Il death metal degli Horrendous non è di facile assimilazione, ma ad un ascolto attento, se da una parte può affiorare qualche piccolo difetto compositivo, dall’altra il rimanere nei canoni del genere di questi tempi è sicuramente un punto a favore per la band, ispirata da gruppi storici come Death e Morbid Angel.
Tra i brani presenti, Soothsayer, The Idolater e la conclusiva Obolus fanno da sunto del credo musicale degli Horrendous, gruppo da seguire con attenzione nel vasto panorama del metal estremo underground.

Tracklist
1.…Prescience
2.Soothsayer
3.The Idolater
4.Golgothan Tongues
5.Divine Anhedonia
6.Devotion (Blood for Ink)
7.Threnody…
8.Obolus

Line-up
Jamie Knox – Drums
Damian Herring – Guitars, Vocals
Matt Knox – Guitars, Vocals
Alex Kulick – Bass

HORRENDOUS – Facebook

The Moor – Jupiter’s Immigrants

L’album offre un progressive metal estremo e meravigliosamente moderno, un continuo susseguirsi di emozioni estreme come attitudine, sia quando il death metal si fa spazio tra lo spartito, sia quando le melodie hanno la meglio, mantenendo però un’atmosfera di evocativa tensione.

I The Moor licenziano dopo sei lunghi anni il loro secondo lavoro sulla lunga distanza intitolato Jupiter’s Immigrants, un album bellissimo ed emozionante dal taglio moderno e progressivo, estremo e melodico.

Guardando sempre a nord e alla penisola scandinava, la band veneta si è costruita una reputazione soprattutto oltre confine, ed anche questo nuovo lavoro risulta un’opera dal taglio internazionale, dal sound al lavoro dietro la consolle, per finire con gli illustri ospiti che hanno dato il loro contributo come special guest.
Mixato da Fredrik Nördstrom (In Flames, Powerwolf), accompagnato dalla copertina creata da Niklas Sundin (Dark tranquillity, Arch Enemy) e con la presenza di Michael Stanne nella title track e Niklas Isfeldt dei Dream Evil nella conclusiva Dark Ruler, Jupiter’s Immigrants letteralmente deflagra risultando un fiume in piena di note progressivamente metalliche, emozionanti e dirette, durissime e melodiche, rabbiose e struggenti.
L’album offre un progressive metal estremo e meravigliosamente moderno, un continuo susseguirsi di emozioni estreme come attitudine, sia quando il death metal si fa spazio tra lo spartito, sia quando le melodie hanno la meglio, mantenendo però un’atmosfera di evocativa tensione: una raccolta di brani che non lascia spazio ad alcun cedimento coinvolgendo in ogni singola parte l’ascoltatore, travolto dalla piena di questo fiume musicale.
Ottimo anche l’uso delle voci, splendide ed emozionanti quelle pulite, decise e perfettamente inserite nel contesto delle varie tracce quelle estreme: questo ottimo lavoro ha la sua patria musicale nella penisola scandinava, quindi avvicinatevi alle varie Lead The Difference, The Profiteer, Enthroned ed Odin Vs Jesus con la consapevolezza di essere al cospetto di una band nata in Italia ma adottata dalla scena nordica: Dark Tranquillity, Amorphis, Leprous, Soilwork, In Flames vengono idealmente racchiusi nello stesso spettacolare sound, fornendo un risultato davvero imperdibile.

Tracklist
1.Lead the Difference
2.Jupiter’s Immigrants
3.The Profiteer
4.Thousand Miles Away
5.Enthroned
6.Inception
7.Odin vs Jesus
8.The Alarmist
9.Dark Ruler

Line-up
Enrico Longhin – Vocals, Guitars
Andrea Livieri – Guitars
Massimo Cocchetto – Bass
Alberto Businari – Drums

THE MOOR – Facebook

Krakow – Minus

Difficile posizionare perfettamente la musica dei Krakow in un genere definito, forse psych/progressive metal/rock è la definizione più vicina a quello che suona il quartetto norvegese, bravo nel saper unire le varie atmosfere ed ispirazioni in un unico e suggestivo sound.

I Krakow danno alle stampe il loro quinto album, sterzando verso sonorità a metà strada tra psych rock, progressive e metal estremo e confezionando un piccolo gioiello di musica non così scontata come si potrebbe pensare, specialmente se si considera la band norvegese una gruppo progressive moderno.

Il quartetto di Bergen ha condensato il materiale in poco più di mezzora di musica evocativa, psichedelica e dai tratti progressivi, ma lascia spazio pure a sonorità più cool come lo stoner per un risultato interessante.
In Minus, quindi, non ci sono riempitivi, la musica scorre su un letto psichedelico, creando atmosfere fuori dal tempo sferzate da venti progressivamente metallici; la parte estrema, rilevante nella notevole The Stranger, si contrappone ai momenti evocativi ed atmosferici, mai dilatati ma tenuti in tensione da un songwriting essenziale.
Phil Campbell è ospite gradito nell’opener Black Wandering Sun, in From Fire From Stone nuvoloni sludge appaiono all’orizzonte portando perturbazioni di stampo Neurosis, mentre è il doom/progressive che rende la title track il brano più riuscito dell’intero lavoro.
Difficile posizionare perfettamente la musica dei Krakow in un genere definito, forse psych/progressive metal/rock è la definizione più vicina a quello che suona il quartetto norvegese, bravo nel saper unire le varie atmosfere ed ispirazioni in un unico e suggestivo sound.

Tracklist
1. Black Wandering Sun
2. Sirens
3. The Stranger
4. From Fire, From Stone
5. Minus
6. Tidlaus

Line-up
Frode Kilvik – Bass, Vocals
René Misje – Guitar,Vocals
Kjartan Grønhaug – Guitar
Ask Ty Arctander – Drums

KRAKOW – Facebook

North Of South – New Latitudes

Trovare paragoni per quanto suonato in questo album è alquanto difficile, sicuramente New Latitudes troverà estimatori negli amanti del metal tecnico, del progressive moderno e di chi apprezza la musica underground di alto livello.

Davvero tanto carne al fuoco in questo esordio discografico targato North Of South, progetto solista del chitarrista e compositore spagnolo Chechu Gomez.

Le nuove latitudini musicale del nostro abbracciano una moltitudine di generi diversi uniti in un unico sound che, a dispetto, dell’enorme quantità di ispirazioni funziona, anche se l’orecchio che serve per apprezzare la musica di Gomez è di quello più aperto ad ogni esperienza uditiva.
New Latitudes risulta così un’esperienza di ascolto totale, passando dal metal al rock latino di Santana, dal jazz al pop, dal punk al progressive senza ovviamente dimenticare la tradizione spagnola nel suono della chitarra acustica, che emerge a tratti unendo le varie atmosfere che cambiano ad ogni nota.
Uno spartito in piena burrasca creativa, un mare in tempesta che porta a riva note stravolte su relitti di generi assolutamente distanti, mentre facilmente vengono in mente i maestri Cynic negli angoli strumentali che guardano al metal estremo.
Sono attimi, perché in brani originali come l’opener The Human Equation o Balance Paradox le intuizioni di Gomez portano a confondere l’ascoltatore travolto dalle onde create sul pentagramma di New Latitudes.
Anche in questo lavoro, la tecnica strumentale di livello assoluto viene messa al servizio delle già intricate canzoni, così che l’ascoltatore è portato a concentrarsi sui vari generi e cambi di atmosfere piuttosto che seguire evoluzioni fine a sé stesse.
Trovare paragoni per quanto suonato in questo album è alquanto difficile, sicuramente New Latitudes troverà estimatori negli amanti del metal tecnico, del progressive moderno e di chi apprezza la musica underground di alto livello.

Tracklist
01. The Human Equation
02. Nobody knows
03. Balanced Paradox
04. Before we die
05. Crystal Waters
06. There’s no Glamour in Death
07. Time will tell
08. Faith is not Hope
09. Montreux

Line-up
Chechu Gòmez – Guitars

NORTH OF SOUTH – Facebook

Lady Maciste – Laut

I Lady Maciste si presentano agli amanti del genere con un sound diretto e live, con chitarra e batteria a formare un muro sonoro dal piglio stoner, ma non solo.

In questi ultimi anni il rock underground tricolore può vantare di una scena stoner di notevole qualità, con una serie di gruppi che ha fornito agli ascoltatori amanti delle sonorità desertiche album convincenti e di indubbio spessore, tanto che si potrebbe pensare al nostro paese come ad una delle appendici più importanti del sound made in Sky Valley.

Arrivano a scaldare ancora di più questo rovente ottobre i Lady Maciste, duo riminese composto dai fratelli Parma, Gian Luca (chitarra e voce) e Roberto (batteria), con il loro primo lavoro, un ep dal titolo Laut composto da sei brani di stoner rock, psichedelico e bluesy.
I due ex Akemi si presentano agli amanti del genere con un sound diretto e live, chitarra e batteria a formare un muro sonoro dal piglio stoner, ma non solo: tra le trame di brani potenti come l’opener Bruto, la roboante Devil Is My Bride o la introversa Gong, troviamo echi noise e grunge, una mistura sonora che dal rock americano degli anni novanta trova la sua origine, perdendosi nel deserto e ritrovandosi tra accordi di blues sporcato dalla psychedelia e dal punk (Ted Bundy).
L’ep dà il via a questa nuova avventura tutta in famiglia, con i fratelli Parma che riescono a riempire di note rock il sound con l’aiuto di soli due strumenti, un’attitudine diventata una piacevole costante tra le nuove leve dell’alternative rock.
Se vi piace il rock uscito dagli States nell’ultimo decennio del secolo scorso (Queen Of The Stone Age, Kyuss, Sleep e primi Nirvana) Laut è assolutamente consigliato.

Tracklist
1.Bruto
2.Pink
3.Devil Is My Bride
4. Gong
5. Ted Bundy
6. Just A KId

Line-up
Gian Luca Parma – Guitars, Vocals
Roberto Parma – Drums

LADY MACISTE – Facebook

Mindwalker – Burning Past

Burning Past è una piacevole sorpresa in arrivo da uno dei paesi del Sudamerica meno conosciuti in ambito metal/rock, e se amate il genere il consiglio è quello di non perdervelo.

Hard rock melodico di classe attraversato da una vena gotica e romantica per una raccolta di brani piacevolmente raffinati racchiusi in una quarantina di minuti.

Loro sono i Mindwalker, progetto del musicista peruviano Daniel Roman (Battlerage / Valkiria) e Burning Past è il secondo lavoro sulla lunga distanza dopo l’esordio licenziato un paio di anni fa (Walking Alone).
Accompagnato dal singer Chris Clancy (Mutiny Within/Wearing Scars) Roman crea un sound molto intrigante, sempre in bilico tra la decadenza romantica del gothic/dark moderno e l’hard rock melodico, con il vocalist che interpreta le tracce con il dovuto trasporto, e le tastiere che ricamano tappeti musicali su cui poggia tutta la struttura del sound.
Burning Past non rinuncia alla giusta dose di grinta hard & heavy, la chitarra tiene le ritmiche alte, specialmente nei brani più grintosi, anche se l’eleganza del songwriting fa dell’album un ottimo esempio di rock melodico.
Street Of Dust apre le danze entrando subito nel vivo, con tastiere e chitarra in evidenza così come l’ottima interpretazione di Clancy che fanno di Burned To A Crisp e Heart Of Stone piccoli gioielli gothic rock, nei quali le raffinate melodie fanno la differenza.
Cercando di trovare degli utili paragoni per i lettori, direi che siamo al cospetto di un sound che unisce le parti meno progressive dei Nightingale di Dan Swano con gli Him e i Sentenced più melodici (Chains Of Fear).
Burning Past è una piacevole sorpresa in arrivo da uno dei paesi del Sudamerica meno conosciuti in ambito metal/rock, e se amate il genere il consiglio è quello di non perdervelo.

Tracklist
1.Street Of Dust
2.Fearlessly
3.Burned To A Crisp
4.Mad World
5.Heart Of Stone
6.Puppeteers
7.I Can´t Breathe
8.Signs
9.Chains Of Fear
10.Nothing There

Line-up
Daniel Roman – Composed , recorded , mixed and mastered
Chris Clancy – Vocals
Mike Lukanz – Drums

MINDWALKER – Facebook

Lethal Injury – Melancholia

Mezz’ora abbondante da trascorrere immersi nel vorticoso mondo del thrash metal che tanto sa di vecchia scuola ma che, grazie ad un’ottima produzione, esce potente e devastante, assolutamente in linea con quanto prodotto in questi anni e quindi per nulla nostalgico.

I Lethal Injury sono una giovane band estrema proveniente dal Belgio e dedita un maligno esempio di thrash metal old school, potenziato da dosi letali di death metal e reso cattivissimo da un’attitudine black che ne enfatizza l’anima nera.

Dopo il primo demo licenziato tre anni fa, arriva per il quintetto di Ostenda la firma per Wormholedeath che si occuperà della distribuzione del primo lavoro sulla lunga distanza, intitolato Melancholia.
Trattasi di mezzora abbondante da trascorrere immersi nel vorticoso mondo del thrash metal che tanto sa di vecchia scuola ma che, grazie ad un’ottima produzione, esce potente e devastante, assolutamente in linea con quanto prodotto in questi anni e quindi per nulla nostalgico.
Le parti death/black sono perfettamente inserite nel sound del gruppo, lasciando trasparire ispirazioni heavy metal in alcuni passaggi e per il resto corre veloce come un treno partito dall’inferno e che senza fermate arriva a destinazione tre le fiamme che divorano le anime imprigionate nei vagoni.
Ritmiche e cambi di velocità denotano una buona tecnica, le vocals sono maligne ed il piatto è servito, devastante, potentissimo e senza compromessi.
Splendidi i due brani che formano la parte centrale di questo agguerrito manifesto estremo, Suicidal Call e Scream Burn Die: la prima veloce e valorizzata da ottimi solos dalle melodie heavy, la seconda meno veloce ma ancora più potente, con parti in mid tempo pesanti come macigni e cambi di marcia repentini.
Slayer ed Exodus, poi una lunga serie di ispirazioni, si fanno spazio tra le note di questi nove brani che vanno dal thrash metal statunitense al blackened death metal, fino a più tradizionali lidi heavy metal, creando un sound assassino di notevole impatto.

Tracklist
1. Haima
2. Mothman
3. Melancholia
4. Denounce
5. Suicidal Call (Intro sample: Full Metal Jacket)
6. Scream, Burn, Die 7. The Downward Spiral
8. Melancholia ‘Part II’ (Guest guitar: Collin Southard)
9. Veiled Woman Of The Black

Line-up
Rambo Exodus – Vocals
Dennis – Guitars
Jonjo – Guitars
Josha – Bass
Arthur – Drums

LETHAL INJRY – Facebook

Beartooth – Disease

Disease conferma i Beartooth quale potenziale new sensation dell’alternative rock/metal a stelle e strisce, grazie ad una raccolta di brani inattaccabili e imperdibili per gli amanti di queste sonorità.

I Beartooth sono una alternative rock/punk metal statunitense nata inizialmente come one man band dell’ex Attack Attack! Caleb Shomo, ad oggi band a tutti gli effetti con Kamron Bradbury e Zach Huston alle chitarre e la sezione ritmica composta da Oshie Bichar al basso e Connor Denis alla batteria.

Per Red Bulls Records esce Disease, il terzo lavoro sulla lunga distanza, dopo gli ottimi riscontri ed il successo diel debutto Disgusting licenziato nel 2014 e soprattutto del secondo album uscito un paio di anni fa ed intitolato Aggressive.
I Beartooth sono la classica band alternative da classifica che amalgama metal moderno, punk, un pizzico di cattiveria hardcore e melodie rock dall’appeal radiofonico, quindi con l’aspettativa di fare un buon bottino di dollari e diventare uno dei gruppi più amati dai kids mondiali dai gusti che guardano ai canali rock satellitari.
Caleb Shomo è il guru del progetto Beartooth, cantante dalla voce che convince, tra rabbiose parti scream e toni melodici che più ruffiani di così non si può, che attira su di sé l’attenzione dei fans e da abile songwriter riesce a creare una raccolta di brani piacevoli e con le potenzialità per fare sfracelli.
Disease non aggiunge e non toglie niente ai lavori di genere: dodici tracce tra grinta rock/metal e melodie pop, rock alternativo dal successo assicurato, a suo modo ben strutturato ed in possesso di un talento per cori e refrain di facile presa che sono la strada per il successo.
L’album scorre che è un piacere, la formula è quella usata a suo tempo da chi di questi suoni è maestro e la lista dei brani da top ten parte dall’opener Greatness Or Death per arrivare alla conclusiva Clever, passando per la title track, You Never Know ed Enemy.
Disease conferma i Beartooth quale potenziale new sensation dell’alternative rock/metal a stelle e strisce, grazie ad una raccolta di brani inattaccabili e imperdibili per gli amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.Greatness or Death
2.Disease
3.Fire
4.You Never Know
5.Bad Listener
6.Afterall
7.Manipulation
8.Enemy
9.Believe
10.Infection
11.Used and Abused
12.Clever

Line-up
Caleb Shomo – Vocals
Kamron Bradbury- Guitar
Zach Huston – Guitar
Oshie Bichar – Bass
Connor Denis – Drums

BEARTOOTH – Facebook

Malacoda – Restless Dreams

E’ un’opera di spessore questo Restless Dreams, dalla durata importante (un’ora circa) lungo la quale gli incubi di Silent Hill prendono vita grazie alla musica del gruppo canadese.

Recensiti lo scorso anno sulle nostre pagine in occasione dell’uscita dell’ep Ritualis Aeterna, tornano i canadesi Malacoda, interessante band che nel proprio sound coniuga gothic metal, heavy/power e metal melodico, oscuro e dalle tematiche horror, ma pur sempre pervaso splendide melodie.

I Got A Letter, traccia inserita nel precedente lavoro, anticipava il concept dietro a questo nuovo full length intitolato Restless Dreams, che vede il gruppo alle prese con il videogioco Silent Hill 2 e le sue terrificanti avventure tra le nebbie malvagie della famosa città fantasma (da cui è stata tratta in passato anche la versione cinematografica).
Un uomo riceve una lettera dalla defunta moglie che lo invita a Silent Hill: inizia così per lo sventurato protagonista un viaggio delirante tra le nebbie opprimenti e gli incubi del terrificante luogo maledetto, accompagnato dalla musica dei Malacoda i quali confermano tutte le buone impressioni suscitate all’ascolto del precedente lavoro.
E’ un’opera di spessore questo Restless Dreams, dalla durata importante (un’ora circa) lungo la quale gli incubi di Silent Hill prendono vita grazie alla musica del gruppo canadese guidato Lucas Di Mascio, protagonista di una prova al microfono molto coinvolgente, tra toni gotici e melodici e screams malefici, mentre la musica segue la formula collaudata di un heavy metal dai rimandi gothic e dalle sfumature estreme, dal piglio orrorifico e drammatico, che concede aperture melodiche suggestive.
Non rimane che essere testimoni del drammatico viaggio del protagonista tra il grigio soffocante del terrorizzante luogo, mentre la band si muove tra le parti della vicenda con maestria.
L’atmosfera che pervade le varie tracce è oscura e pronta a esplodere in terrificanti passaggi horror/metal; i momenti di altissima tensione si sprecano e l’album non perde un’oncia della suo teatrale e drammatico piglio, donando brani che coniugano con facilità disarmante l’anima gotica dei più melodici Type O Negative al dark black metal dei primi Katatonia e al U.S. metal di Iced Earth e Metal Church.
I brani seguono la storia, veri e propri capitoli che raccontano le terrificanti vicende nella città fantasma e che offrono, nella conclusiva Our Special Place, il sunto in una dozzina di minuti dell’intero nuovo lavoro targato Malacoda.

Tracklist
01. The Fog of Memory
02. I Got A Letter
03. Wrapped In Laments
04. In Static
05. Knives
06. Mannequin Heart
07. Youth Is Innocence
08. Doppleganger
09. Darkness Leads The Way
10. The Labyrinth Within
11. Dominance
12. Abstract Care
13. The Symbol Of Pain
14. Our Special Place

Line-up
Lucas Di Mascio – Vocals/Bass/Guitar/Keys
Tiny Basstank – Bass
Mick D Kiss – Guitar
Vlad “The Vampire” Prokhorov – Drums

MALACODA – Facebook

Night Gaunt – The Room

The Room è un lavoro che, dal punto di vista emozionale, non tradisce le attese di chi aveva apprezzato i lavori precedenti, portando anche qualche miglioria sotto forma di un songwriting ancora più fluido, anche se la proposta resta pur sempre collocabile nell’ambito del più oscuro e pesante esempio di doom metal di scuola classica.

Tra i cunicoli delle catacombe sotto il suolo di Roma si aggira una creatura persa nel buio millenario, accecata da una malinconica misantropia, guardiana del regno dei morti, lenta ed inesorabile compagna nella discesa in questo buio mondo di morte.

Il suo penoso girovagare tra i fetidi labirinti della città dei morti è scandito dalla musica dei Night Gaunt, doom metal band che dalla superficie crea musica pesantissima ed evocativa e la lascia scivolare nel sottosuolo, come colonna sonora per le anime alla ricerca di un’uscita da questo oscuro labirinto.
Attivo dal 2013, il quartetto romano ha già alle spalle un primo full length omonimo ed un ep (Jupiter’s Fall) uscito un paio di anni fa; The Room è il nuovo capitolo, una potentissima marcia catacombale composta da sei brani di doom metal classico, tra ritmi cadenzati e mastodontici, mid tempo che si trasformano in cavalcate heavy condite di distorsioni e vocals evocative, per una quarantina di minuti scarsi nel corso dei quali la luce non è contemplata,.
The Room segue le coordinate del doom pregno di oscure e funeree atmosfere in un contesto heavy di scuola Candlemass, Solitude Aeturnus e Saint Vitus, ma potrei citare anche Penance e Revelation, a tratti affioranti nelle trame pesantissime ed oscure di brani come Oval Portrait, Penance (brano presente sul precedente ep) e le due bellissime e lunghe tracce, Labyrinth e The Owl, che concludono l’album offrendo complessivamente quasi venti minuti di interpretazione classica del genere.
The Room è un lavoro che, dal punto di vista emozionale, non tradisce le attese di chi aveva apprezzato i lavori precedenti, portando anche qualche miglioria sotto forma di un songwriting ancora più fluido, anche se la proposta resta pur sempre collocabile nell’ambito del più oscuro e pesante esempio di doom metal di scuola classica: considerando peraltro il valore delle due nere e micidiali perle metalliche come quelle citate, quest’ultimo lavoro dei Night Gaunt merita la massima considerazione da parte degli appassionati.

Tracklist
1. The Room
2. Penance
3. Oval Portrait
4. Veil
5. Labyrinth
6. The Owl

Line-up
GC – Guitars and Vocals
Zenn – Guitars
Araas – Bass
Tystnaden – Drums

NIGHT GAUNT – Facebook

Throneum – The Tight Deathrope Act Over Rubicon

Gruppo che da anni porta avanti il suo credo con dedizione e costanza, i Throneum rimangono confinati nel loro oscuro e diabolico limbo: The Tight Deathrope Act over Rubicon non intacca la reputazione del gruppo rimanendo nell’ambito di quelle opere appannaggio di pochi

Proposta assolutamente per appassionati puri e duri quella dei polacchi Throneum, death/black metal band attiva da quasi un ventennio sulla scena estrema dell’est.

Una discografia importante, composta da nove full length ed una marea nera di split e lavori minori, hanno fatto del terzetto di Bytom una garanzia per gli amanti del death/black metal underground.
Il sound prodotto dal gruppo anche in questo ultimo lavoro, intitolato The Tight Deathrope Act Over Rubicon, non lascia presagire nulla di diverso da un metal estremo scarno e diretto, una produzione in linea con l’attitudine underground e dissonanze che rendono l’approccio all’album ancora più difficile.
Partendo da una base old school stile Venom/Slayer infatti, i Throneum avvolgono il suono di un’aura diabolica: nel mondo del gruppo regna un caos infernale e caotico nel quale su ritmiche indiavolate si lanciano chitarre che molte volte prendono strade diverse dal contesto del brano, creando un muro sonoro di ostica assimilazione.
L’ora di durata non fa che aumentare il livello di difficoltà, così che brani come la title track o le quattro parti di Enochian Lexicon diventano una prova dura da superare anche per il fans del genere più accanito.
Gruppo che da anni porta avanti il suo credo con dedizione e costanza, i Throneum rimangono confinati nel loro oscuro e diabolico limbo: The Tight Deathrope Act Over Rubicon non intacca la reputazione del gruppo rimanendo nell’ambito di quelle opere appannaggio di pochi.

Tracklist
1.Crossing the Dead River
2.The Tight Deathrope Act over Rubicon
3.Enochian Lexicon
4.Enochian Lexicon II
5.Enochian Lexicon III
6.Enochian Lexicon IV
7.The Biblical Serpent – The Master of Misfortune
8.To-Mega-Therion
9.Primal Words. Orphic

Line-up
Armagog – Bass
The Great Executor – Guitars, Vocals
Diabolizer – Drums

Immortal Guardian – Age Of Revolution

Age Of Revolution è un lavoro spettacolare, assolutamente da non perdere se siete amanti di queste sonorità, che eleva gli Immortal Guardian al ruolo di una delle migliori realtà nel panorama power metal odierno.

Qualche anno fa il power metal melodico, progressivo e di ispirazione neoclassica era materia proveniente dal centro e dal nord Europa, terre che avevano dato i natali ai maestri del genere.

Con il passare del tempo anche gli altri paesi hanno visto nascere band di un certo spessore, con il genere diventato uno dei più seguiti nella terra del sol levante, mentre negli States il metal classico è sempre stato sinonimo di U.S. power, molto più oscuro e thrash oriented.
Il ritorno sul mercato degli Immortal Guardian è la classica eccezione che conferma la regola, visto che il quartetto di texano è una delle più convincenti realtà del genere che non giunga dal Sud America.
Nata nel 2008, la band ha inciso due demo e due ep, Super Metal del 2011 e Revolution Part I, bombe speed/ power dai tratti progressivi, epici, magniloquenti, veloci e impeccabilmente suonati dai quattro superheroes degli strumenti, ora alle prese con il primo full length, licenziato a tre anni dall’ultimo ep, che conferma l’altissima qualità della loro proposta.
Age Of Revolution è un album splendidamente progressivo nei suoi accenni al jazz e alla fusion, in un contesto power che ricorda la scena melodica tedesca e quella neoclassica scandinava, unite in un susseguirsi di colpi di scena e valorizzate da un songwriting davvero originale per il genere proposto.
Carlos Zema, vocalist già alla corte dell’ex Manowar David Shankle, e la sezione ritmica protagonista di cambi di tempo al limite dell’umano composta dal tentacolare Cody Gilliland alle pelli e Thad Stevens al basso, sono capitanati dal talentuoso chitarrista e tastierista Gabriel Guardiola, soprattutto songwriter di un’altra categoria, almeno per quello che si può ascoltare nei brani che compongono Age of Revolution.
Malmsteen, Gamma Ray, Stratovarius, Dream Theater, Angra e Dragonforce vengono uniti sotto lo stesso tetto e spettacolarizzati da un sound che corre veloce tra devastanti canzoni power metal, progressive ed illuminate da trovate compositive straordinarie come Zephon, la splendida Never To Return, Hunters o la violentissima State Of Emergency.
Age Of Revolution è un lavoro spettacolare, assolutamente da non perdere se siete amanti di queste sonorità, che eleva gli Immortal Guardian al ruolo di una delle migliori realtà nel panorama power metal odierno.

Tracklist
1. Excitare
2. Zephon
3. Aeolian
4. Trail of Tears
5. Never to Return
6. Stardust
7. Hunters
8. Fall
9. State of Emergency
10. Awake

Line-up
Carlos Zema – Vocals
Thad Stevens – Bass
Gabriel Guardian – Guitars & Keyboards
Cody Gilliland – Drums/Vocals

IMMORTAL GUARDIAN – Facebook