Nookie – Exceptions

Tredici brani per cinquanta minuti di musica non sono pochi nel genere, ma i Nookie sanno bene come tenere alta l’attenzione dell’ ascoltatore non abbassando mai la guardia con brani che si alternano tra rock diretto e scariche di intricatissime ritmiche metalliche.

Nookie è lo pseudonimo con cui la cantante Daria Stavrovich degli alternative rockers russi Slot si cimenta con la band che prende il suo nome.

La Sliptrick Records licenzia il loro terzo album, una raccolta di brani alternative rock, con qualche sporadico salto nel new metal, senza però andare oltre ad una grinta controllata e radio friendly.
Exceptions è comunque un buon lavoro, nel quale il gruppo asseconda con bravura il talento vocale di Nookie, bravissima nel saper variare la sua voce a seconda dell’atmosfera di ogni canzone, proponendo sfumature vocali che vanno dalla rabbia, alla disperazione, dalla dolcezza alla mera esecuzione, davvero sorprendente quando gareggia tra intricate ritmiche con gli strumenti.
Exceptions è nel suo complesso un buon lavoro di genere, l’urgenza del metal moderno si alterna con trame rock di chiara matrice statunitense, le influenze si dipanano per i brani senza però dare quel senso fastidioso di deja vu, anche perché rapiti dall’interpretazione della singer a tratti rimembrante la pantera Skin.
Tredici brani per cinquanta minuti di musica non sono pochi nel genere, ma i Nookie sanno bene come tenere alta l’attenzione dell’ ascoltatore non abbassando mai la guardia con brani che si alternano tra rock diretto e scariche di intricatissime ritmiche metalliche.
Magari poco conosciuta nel mercato occidentale, la band russa ha invece le carte in regola per piacere ai fans dell’alternative metal/rock a cui va il consiglio di non perdersi questo lavoro.

Tracklist
01.Au
02.Before I Die
03.Isklyucheniya
04.Vverkh
05.Znaki
06.Myprostoest
07. In-Yan
08.Vremennaya
09.Samim soboy
10.Prodolzhaem dvizhenie
11.Tantsuy, kloun, tantsuy
12.Yadovitaya
13.Kosmos

Line-up
Nookie – Lead Vocals
Sergey Bogolyubskiy – Guitar
Andrey Ostrav – Bass
Alexander Karpukhin – Drums

https://www.facebook.com/nuki.space/

Grisly – The Spectral Wars

L’album ha nelle ritmiche il suo punto di forza, con i tre che alzano muri sonori impressionanti grazie ad un riffing swedish di origine controllata, ricordandoci quanto questa scuola abbia influenzato tutto il panorama estremo da quasi trent’anni.

Anno domini 2014: il bassista Dennis Blomberg lascia i Paganizer del suo amico Rogga Johansson (assoluto protagonista della scena estrema underground mondiale con una sfilza di gruppi e progetti che il solo pensare di portarli avanti tutti ha sembra del miracoloso) e, indovinate un po’? I due musicisti continuano a suonare insieme, così decidono di reclutare il buon Henke Lundgren alla batteria e fondano questa marcissima realtà estrema chiamata Grisly.

I tre musicisti svedesi suonano swedish death, dai rimandi ai Bolt Thrower così come agli Asphyx, il tutto ancora una volta di buona qualità, ma questo era prevedibile.
I Grisly, come gli altri progetti di Johansson, nascono per dar modo ai suoi creatori di suonare death metal fiero ed old school, niente di nuovo quindi, ma solo l’ennesima prova del valore del musicista di questo musicista e dei suoi compagni di avventura di turno.
The Spectral Wars, con il suo bel carro armato in copertina (disegnato da Juanjo Castellano, artista di casa Xtreem), non fa prigionieri, travolge con il suo impatto tra death svedese e scuola europea: Consumed From Beneath apre le ostilità, il growl di Johansson presto si insinua rabbioso ed ostile tra le note di Rot To Living e The Casket Eaters, brano che cambia ritmo senza perdere un’oncia in impatto.
L’album ha nelle ritmiche il suo punto di forza, con i tre che alzano muri sonori impressionanti grazie ad un riffing swedish di origine controllata, ricordandoci quanto questa scuola abbia influenzato tutto il panorama estremo da quasi trent’anni.
In conclusione, The Spectral Wars è sicuramente da annoverare come una delle le migliori tra le numerose uscite che hanno visto coinvolto quest’anno l’inarrestabile Rogga Johansson.

Tracklist
1.Consumed From Beneath
2.Rot to the Living
3.Parasite Parasite
4.The Casket Eaters
5.Teeth that Rips
6.Bring Out the Horrors
7.Supernatural Warfare
8.Sentenced to Armageddon
9.Into Insanity
10.The Spectral Wars

Line-up
Rogga Johansson – Guitars/vocals
Dennis Blomberg – Bass
Henke lundgren – Drums

Bad Bones – High Rollers

High Rollers è un disco composto da dieci hit che non risparmiano grinta ed energia, sprizzando attitudine da tutti i pori, valorizzati poi da melodie ruffiane ed irresistibili: una vere bomba hard rock che vi esploderà tra le mani in questo autunno che si preannuncia caldissimo.

Torna una delle band più rappresentative dell’hard rock targato Italia, i piemontesi Bad Bones, al quinto album licenziato dall’attivissima Sliptrick Records.

Prodotto da due icone del metal tricolore come Simone Mularoni e Roberto Tiranti, il nuovo lavoro sfodera una sagacia compositiva straordinaria vantando una raccolta di brani entusiasmanti, adrenalinici, potenti e dal grande appeal, grazie ad una valanga di melodie che travolgono l’ascoltatore, impegnato a dimenarsi e cantare i ritornelli dopo un paio di ascolti.
High Rollers è un album duro e roccioso, uno tsunami di riff che si collocano tra gli anni settanta ed il decennio successivo, con atmosfere che passano agevolmente dalla polvere delle highways della frontiera a quelle dei locali del Sunset Boulevard, ed una serie di tracce che dall’opener e singolo American Days arrivano fino alla semi ballad Solitary Fields in un crescendo rock ‘n’ roll per poi lasciare alla fine dell’ascolto tanta soddisfazione ed un pizzico di nostalgia.
Con il proprio sound rude e melodico, perfettamente bilanciato tra le due caratteristiche, il gruppo piemontese un po’ di anni fa avrebbe fatto sfracelli, transitando regolarmente sui canali musicali grazie a brani magnifici come Wild Rose, Blood TrailsRock’ n Me.
High Rollers è un disco composto da dieci hit che non risparmiano grinta ed energia, sprizzando attitudine da tutti i pori, valorizzati poi da melodie ruffiane ed irresistibili: una vera bomba hard rock che vi esploderà tra le mani in questo autunno che si preannuncia caldissimo.

Tracklist
1 American Days
2 Lost Again
3 Wild Rose
4 Midnight Rider
5 Solitary Fields
6 Now Or Never
7 Blood Trails
8 Wolf Town
9 Story Of A Broken Bone
10 Rock’ N Me

Line-up
Max Malmerenda – vocals
Sergio Aschieris – guitar
Steve Balocco – bass guitar
Lele Balocco – drums

BAD BONES – Facebook

Prophets Of The Apocalypse – War Metal

War Metal è un esempio di metal estremo old school che resta confinato ad uno status di nicchia, rivelandosi consigliabile quindi ai soli agli amanti del più nascosto sottobosco metallico.

I Prophets Of The Apocalypse sono una one man band americana proveniente dal Tennessee, una creatura death/thrash metal creata da Pete Serro (ex-Strychnine, ex-Beyond Deranged).

Quella dei Prophets Of The Apocalypse è una proposta assolutamente old school ed ultra underground, una dichiarazione di guerra al mondo con otto tracce incentrate su un thrash metal tra Slayer e primi Kreator, potenziato da iniezioni death e qualche spunto black.
L’intro d’ordinanza con le sue armonie semiacustiche crea un crescendo atmosferico che sfocia nella thrashy Battle Eyes, mentre nella lunga Storm The Gates il thrash metal viene accompagnato da sfumature black care all’Abbath solista.
La produzione è in linea con il concept classico del sound, dignitosa nelle parti death/thrash, un po’ troppo piatta nelle fasi in cui la guerriglia black metal si fa più feroce.
Bleed To Death torna su sentieri insanguinati dal thrash metal anni ottanta, Breath risulta un intermezzo atmosferico prima che Step Into Your Mind ci travolga, ultima vera canzone di War Metal, chiuso da Exit Eternity, outro che nulla aggiunge all’economia dall’album.
Il lavoro è un esempio di metal estremo old school che resta confinato ad uno status di nicchia, rivelandosi consigliabile quindi ai soli agli amanti del più nascosto sottobosco metallico.

Tracklist
1.A Prelude to War
2.Battle Eyes
3.Storm the Gates
4.Bleed to Death
5.Breathe
6.Step into Your Mind
7.Exit Eternity

Line-up
Pete Serro – All instruments, Vocals

PROPHETS OF THE APOCALYPSE – Facebook

Holy Shire – The Legendary Shepherds Of The Forest

Un lavoro emozionante e bellissimo, classica opera per cui vale la pena fermarsi per cinquanta minuti e farsi guidare dal drago nel mondo senza tempo di The Legendary Shepherds Of The Forest: bentornati Holy Shire.

Il nuovo lavoro dei milanesi Holy Shire era atteso con trepidazione e non poca curiosità da chi segue l’underground metallico tricolore, dopo il bellissimo esordio di ormai quattro anni fa intitolato Midgard.

La band in questo lungo periodo non ha praticamente mai smesso di suonare live e ora l’ombra del drago si staglia nel cielo autunnale di quest’anno che si avvia alla fine, portando nuova musica che va a comporre The Legendary Shepherds Of The Forest.
E il drago campeggia nella copertina, creata dal batterista Maxx, per quello che risulta un altro viaggio fantastico nella musica senza tempo del gruppo, portando con sé qualche novità nella formazione ed una manciata di ospiti a valorizzare queste nuove undici composizioni.
The Legendary Shepherds Of The Forest è stato registrato e mixato al Noise Factory Studio di Milano, per poi essere affidato a Mika Jussila per la masterizzazione ai leggendari Finnvox Studios.
Kima Chiara Brusa al flauto e Frank Campese alla chitarra sono i nuovi entrati nella formazione ufficiale degli Holy Shire, ai quali si è aggiunta in seguito ed in sede live Claudia Beltrame, mentre sull’album come scritto in precedenza figurano una serie di ospiti tra cui Federico Maffei (Folkstone), che si è occupato della produzione artistica della seconda parte dell’opera, Masha Mysmane (Exilia), che ha curato gli arrangiamenti di tutto l’album, e poi Simona Aileen Pala, Francesca Chi, Lisy Stefanoni e Piero Chiefa.
Con queste premesse la curiosità e le aspettative nei confronti nuovo album sono logicamente aumentate, insieme alla consapevolezza che il gruppo non aveva lasciato nulla di intentato, ripresentandosi agli ascoltatori nella sua veste migliore.
Il sound continua sulla strada intrapresa nel lavoro precedente, ed anche in questo caso le soluzioni orchestrali e talvolta eccessive di molte realtà del genere sono sostituite da un approccio più raffinato ed elegante, con la parte metallica che, solo a tratti, sconfina nel power per solcare strade più classiche e a loro modo progressive.
Le tematiche fantasy sono accompagnate da passaggi più moderni rispetto al passato (la title track), mantenendo una forte connotazione classica, meno rock e più folk, ma sempre d’autore con il flauto che detta atmosfere dal retrogusto medievale, e l’uso eccelso delle voci, perfettamente sublimi in ogni contesto; un passo avanti auspicato e confermato da splendidi brani come Danse Macabre, Princess Aries, la progressiva ed epica At The Mountains Of Madness e l’oscura sinfonia di Inferno.
Un lavoro emozionante e bellissimo, classica opera per cui vale la pena fermarsi per cinquanta minuti e farsi guidare dal drago nel mondo senza tempo di The Legendary Shepherds Of The Forest: bentornati Holy Shire.

Tracklist
1. The Source
2. Tarots
3. Danse Macabre
4. The Legendary Shepherds Of The Forest
5. Princess Aries
6. Ludwig
7. At The Mountains Of Madness
8. The Gathering
9. Inferno
10. Ophelia
11. The Lake

Line-up
Massimo Pianta – TheMaxx – Drums
Erika Ferraris – Aeon – Dragon Vocals
Claudia Beltrame – DeepBlue – Unicorn Vocals
Andrea Faccini – Andrew Moon – Guitar
Frank Campese – Guitar
Piero Chiefa – Blackbass – Bass
Chiara Brusa – Kima – Flute

HOLY SHIRE – Facebook

Heroes Don’t Ask Why – Sound Of A Broken Heart

Sound Of A Broken Heart è un salto in avanti rispetto al debutto omonimo risalente a tre anni fa, ma ora il gruppo deve affrontare la prova nove rappresentata dal full length per convincere del tutto fans e addetti ai lavori.

La copertina del nuovo ep di questa giovane band finlandese potrebbe far pensare ad un sound melodico di estrazione classica, invece gli Heroes Don’t Ask Why suonano un rock moderno con qualche accenno al metalcore più commerciale, inserito in un contesto fortemente melodico.

Devo dire che il sound di queste sette tracce che vanno a formare Sound Of A Broken Heart funziona: il gruppo scandinavo non lascia mai che una delle sue due anime prenda il sopravvento sull’altra, così che rock melodico e metal moderno convivono con una certa naturalezza.
Gli Heroes Don’t Ask Why non rinnegano certo la loro provenienza da una terra di metal estremo e melodico, influenza che non manca di donare a brani come 15th Of May o Blink Of An Eye quel rude approccio metallico perfetto per non risultare solo la classica band cool mossa dal solo intento di scalare le classifiche. Sound Of A Broken Heart è un salto in avanti rispetto al debutto omonimo risalente a tre anni fa, ma ora il gruppo deve affrontare la prova nove rappresentata dal full length per convincere del tutto fans e addetti ai lavori.

Tracklist
1. Poisoned Well
2. Twisted Paradise
3. 15th of May
4. My Dear Friend
5. Wooden Box
6. Blink of an Eye
7. Sound of a Broken Heart

Line-up
Jussi Pajunpää – Vocals, Lead Guitar
Matias Kaunisvesi – Guitar, bgv
Johnny Kivioja – Bass, bgv
Kimmo Puhakka – Drums, management

HEROES DON’T ASK WHY – Facebook

GTO – Super

Super si rivela un buon lavoro, qualcosa di diverso ed intrigante, divertente e nostalgico, irriverente e ribelle come il rock e chi lo vive.

Tornano per festeggiare i venticinque anni di carriera gli umbri folk/rockers GTO con il sesto album di una discografia iniziata nel 2000 con l’album The Best Of e proseguita fino al 2013, anno di uscita dell’ultimo lavoro intitolato Little Italy.

Licenziato dalla Music Force, questo Super prende il titolo dal carburante che anima il motore del vecchio furgone che li porta in giro per i palchi dello stivale a suonare il loro rock ‘n’roll energico ed intriso di armonie folk, che potrebbero essere sicuramente definite alternative, usando un aggettivo ormai abusato nel rock, ma che riveste a mio parere un ruolo importante nell’economia del sound dei nostri.
Il sound è ispirato agli anni cinquanta, con una vena rockabilly capace di scuotere le membra dei ragazzi sui litorali adriatici, abbinato ad una vena folk rock e dunque a quel tocco alternativo che rende la proposta del quintetto umbro tremendamente attuale.
Si parte quindi per viaggiare con questa Gran Turismo Omologata, bolide ad alta velocità sulle strade del rock, tra l’ Umbria, l’ Emilia ed un passo tra Londra e gli States, con questi tredici brani tra i quali troviamo energiche semiballad e canzoni rock’n’ roll dal piglio giusto per coinvolgere che nei propri ascolti abbina la tradizione con le tendenze più moderne.
Super risulta così un buon lavoro, qualcosa di diverso ed intrigante, divertente e nostalgico, irriverente e ribelle come il rock e chi lo vive.

Tracklist
1.I re della riviera
2.1970 Hostel
3.La Rambla
4.L’amore è una scelta
5.Di notte sabato alle 3
6.La strada è liberazione
7.Destination anywhere
8.Dove ho sbagliato
9.Johnny’s back summer’s back
10.Passione
11.Francis
12.Ma maladie
13.Mi parlerai di te

Line-up
Stefano Bucci – Voce
Romano Novelli – Chitarra, mandola, armonica, cori
Luigi Bastianoni – chitarra, fisarmonica, cori
Giampiero Passeri – basso
Alessandro Bucci – batteria

GTO – Facebook

Ink – Whispers Of Calliope

Gli Ink danno alle stampe, tramite la Wormholedeath, questo bellissimo album di cover degli artisti che più hanno ispirato la loro musica, in una versione personalissima e molto sentita.

Poesia in musica, magari già scritta da altri e solo riproposta ma sempre di poesia si tratta.

Gli Ink danno alle stampe, tramite la Wormholedeath, questo bellissimo album di cover degli artisti che più hanno ispirato la loro musica, in una versione personalissima e molto sentita.
Ne escono undici perle trovate nell’universo musicale attraverso due decenni, gli anni ottanta e i novanta, raccolti in questo carillon che all’apertura, come d’incanto, sprigiona introversa e drammatica musica rock.
Gli Ink hanno fatto un gran lavoro, adattando canzoni lontane tra loro e trasformandole a piacimento così da formare una tracklist che rasenta la perfezione, omogenea e ottimamente calata nel sound semi acustico di Whispers Of Calliope.
Come rappresentato in copertina non ci resta che farci chiudere gli occhi da Chris Tsantalis e compagni e lasciarci trasportare tra le note semiacustiche, a tratti supportate da una base elettronica, di Sober, brano d’apertura e capolavoro dei Tool.
Un’interpretazione spettacolare per il singer greco è quella che possiamo ascoltare nella successiva In A Manner Of Speaking, splendida canzone dei Tuxedomoon, così come nella famosa Rebell Yell di Billy Idol, due dei brani più sentiti e riusciti di questa raccolta.
Gli Ink trovano la formula per rendere magica l’atmosfera di Whispers Of Calliope, cercando nel sound dei The Tea Party e del Chris Cornell solista il segreto per un’interpretazione magistrale, con il secondo e mai dimenticato artista americano tributato con la magnifica Hunger Strike, dall’unico capolavoro dei Temple Of The Dog.
Vi sembrerà alquanto strano trovare un voto così alto per un album di cover, ma garantisco che Whispers Of Calliope è quanto di più emozionante abbia ascoltato negli ultimi tempi per quanto riguarda il genere.

Tracklist
1.Sober
2.In a Manner of Speaking
3.First We Take Manhattan
4.Rebel Yell
5.Like The Way I Do
6.Hurt
7.Disarm
8.Knife Party
9.Never Tear Us Apart
10.Come Live With Me
11.Hunger Strike

Line-up
Chris Tsantalis – Vocals
Kostas Apostolopoulos – Guitars
Stavros – Tsantalis – Drums
Kostas Ketseris – Bass

INK – Facebook

From Ashes Reborn – Existence Exiled

Il sound offerto è quanto di più classico ci si possa attendere: il quintetto torna alla fonte del melodic death, quindi ci si possono dimenticare partiture folk, prog o ispirate ai suoni del nuovo continente, al limite la band inserisce qualche accelerazione thrash, ma l’atmosfera che si respira è quella degli storici esordi dei primi anni novanta che diedero il via alla propagazione di queste sonorità.

Il melodic death metal di matrice scandinava continua a regalare ottimi lavori per i fans che, fin dai primi anni novanta, sono rimasti legati a questo sottogenere.

Sono passati ormai quasi trent’anni da quando le icone scandinave muovevano i primi passi, idolatrate dagli addetti ai lavori come nuova frontiera del metal e seguite dagli amanti dei suoni estremi, tra un lavoro di death metal classico e uno divorato dalla fiamma nera del black metal.
Nel corso degli anni il melodic death metal ha fagocitato più di un genere e ha dato i natali a gruppi che lo hanno portato in lidi progressivi e folk, senza dimenticare la strada moderna presa e seguita da molti colleghi degli In Flames.
Questa giovane band tedesca chiamata From Ashes Reborn debutta con Existence Exiled, una mezzora di death melodico prodotta in collaborazione con Markus Stock (Empyrium, The Vision Bleak, Sun of the Sleepless) e registrata ai Klangschmiede Studio.
Il sound offerto è quanto di più classico ci si possa attendere: il quintetto torna alla fonte del melodic death, quindi ci si possono dimenticare partiture folk, prog o ispirate ai suoni del nuovo continente, al limite la band inserisce qualche accelerazione thrash, ma l’atmosfera che si respira in brani come Fight For The Light, The Essence Of Emptiness o la title track, è quella degli storici esordi dei primi anni novanta che diedero il via alla propagazione di queste sonorità.
E’ brava la band a risparmiarci clean vocals tanto di moda oggigiorno, aggredendoci invece con brani strutturati sul gran lavoro delle chitarre dall’anima classica, con solos e ritmiche che mantengono una velocità di crociera da ritiro immediato della patente.
Fortunatamente non si viaggia con mezzi a quattro o due ruote, ma con il lettore sempre pronto a spingerci indietro nel tempo, mentre Skydancer dei Dark Tranquillity, A Velvet Creation degli Eucharist o Lunar Strain degli In Flames, come per magia cominciano a brillare di una luce intensa in mezzo alla raccolta di cd in bella mostra vicino al vostro stereo.

Tracklist
01.The Onerous Truth
02.Fight For The Light
03.Follow The Rising
04.The Essence Of Emptiness
05.Infected
06.Existence Exiled
07.Homicidal Rampage
08.The Splendid Path

Line-up
Ronni – Vocals
Dirk – Lead & solo guitar
Sebastian – Rhythm guitar & backing vocals
Tobias – Bass
Thomas – Drums

FROM ASHES REBORN – Facebook

Barreleye – Insidious Siren

Il quintetto berlinese ha dalla sua questa ottima vena progressiva per cui i brani non lasciano mai nulla di scontato, dimostrandosi vari e molto ben suonati, con le due voci che si danno il cambio, una più dura e rabbiosa, l’altra pulita ma comunque maschia.

I Barreleye arrivano da Berlino e sono una thrash groove metal band che non disdegna trame progressive, pur mantenendo una potenza di fondo impressionante.

Questo ep segue di tre anni il primo lavoro su lunga distanza (Urged To Fall) e di quattro l’esordio in formato ep (Virus), un lavoro che si divide nell’opener Cosmic Downfall e nelle tre parti della title track.
Il quintetto tedesco risulta una gradita sorpresa: Insidious Siren si propone come un devastante esempio di thrash progressivo, dall’anima moderna e devastato da improvvise accelerazioni ma che si nobilita per il ricorso a momenti di quiete prima che ripartenze thrash tornino a far cavalcare le onde del metal più riottoso e groove.
Il quintetto berlinese ha dalla sua questa ottima vena progressiva per cui i brani non lasciano mai nulla di scontato, dimostrandosi vari e molto ben suonati, con le due voci che si danno il cambio, una più dura e rabbiosa, l’altra pulita ma comunque maschia, in un susseguirsi di metalliche scale tecnicamente ineccepibili, veloci e coinvolgenti.
E’ nelle tre parti della title track che si concentra il massimo sforzo dei Barreleye, una tempesta marina con alte onde estreme che si infrangono su un muro di groove, con momenti di intricati risucchi progressivi che portano a riva resti di imbarcazioni dai nomi storici come Mastodon e Grip Inc. , influenze neanche troppo velate del gruppo.
Un ottimo ep consigliato ai fans del genere più tecnico e progressivo e nuovo gruppo da seguire nelle sue prossime mosse.

Tracklist
1.Cosmic Downfall
2.Insidious Siren I – Overcome
3.Insidious Siren II – The Tyrants Is Dead
4.Insidious Siern III – Long Live The Tyrant

Line-up
Danilo Garbe – Guitar
David Nelband – Vocals
Dmitry Frolov – Drums
Christoph Witte – Guitar
Szymon Lesniewski – Bass

BARRELEYE – Facebook

Behemoth – I Loved You At Your Darkest

I Loved You At Your Darkest è un album magnifico, vera arte estrema dall’appeal altissimo anche per chi è solito ad ascolti più melodici, orchestrato a meraviglia, prodotto perfettamente e composto da dieci brani, più intro ed outro, del tutto inattaccabili.

Tornano, a pochi mesi di distanza dal notevole Messe Noire (live che immortalava la band nel tour del precedente capolavoro The Satanist), i Behemoth, probabilmente il più famoso e controverso gruppo estremo attualmente in circolazione.

Nergal oltre ad essere un ottimo musicista e songwriter, è un infallibile manager di sé stesso e del gruppo, tanto che la pubblicazione di questo nuovo I Loved You At Your Darkest è seguita ad un periodo di polemiche e trovate assurdamente geniali che poco hanno a che fare con la musica e molto con il business.
Ma qui siamo su MetalEyes, quindi poco inclini ai pettegolezzi e concentrati su quello che i gruppi hanno da offrire in termini musicali e l’ultimo lavoro dei Behemoth, da questo punto di vista, non delude le aspettative.
Ovviamente Nergal e soci non sono più la black metal band di inizio carriera o quella che di fatto, ha contribuito allo sviluppo del blackened death in tutto il mondo, ma si sono trasformati in una creatura satanicamente gotica, magniloquente e a suo modo teatrale, puntando molto sull’impatto visivo (basti vedere i curatissimi, ultimi video) senza perdere un’oncia dell’attitudine diabolica che ne ha incrementato la fama.
Fin dai primi due singoli e video (God = Dog e la magnifica ed evocativa Bartzabel) si evince che la band ha ormai cambiato registro, limitando rispetto al passato le devastanti accelerazioni di stampo black per avvolgerci in un nero drappo gothic/death, ed il risultato farà sicuramente storcere il naso a molti fans della prima ora, ma ha del clamoroso per la sua resa finale.
I Loved You At Your Darkest è dunque un album magnifico, vera arte estrema dall’appeal altissimo anche per chi è solito ad ascolti più melodici, orchestrato a meraviglia, prodotto perfettamente e composto da dieci brani, più intro ed outro, del tutto inattaccabili.
Nergal, Orion ed Inferno hanno saggiamente optato per un sound di facile presa, almeno per i canoni del genere, creando un sound che unisce a quel poco di blackened death metal rimasto, gothic metal ed atmosfere dark rock in una versione estrema feroce ed orchestrale di Fields Of The Nephilim e Sisters Of Mercy.
I brani non lasciano spazio a indecisioni strutturali, tutto funziona a meraviglia e I Loved You At Your Darkest rappresenta l’ennesimo imperdibile centro di un artista a suo modo geniale.

Tracklist
1. Solve (Intro)
2. Wolves Ov Siberia
3. God = Dog
4. Ecclesia Diabolica Catholica
5. Bartzabel
6. If Crucifixtion Was Not Enough
7. Angelvs XIII
8. Sabbath Mater
9. Havohej Pantocrator
10. Rom 5 8
11. We Are The Next 1000 Years
12. Coagula (Outro)

Line-up
Nergal – Vocals, Guitars
Orion – Bass, Vocals
Inferno – Drums

BEHEMOTH – Facebook

Cage – Images

Images rappresenta il ritorno dei toscani Cage con una nuova line up ed un sound che sposa il progressive rock con la new wave ed il pop.

I toscani Cage possono sicuramente essere considerati dei veterani della scena progressive rock tricolore, essendo attivi dalla prima metà degli anni novanta, con il debutto The Feeble Minded Man datato 1994 e poi, tra gli altri, con gli ultimi due album per la storica label francese Musea Records: 87/94 del 2002 e Secret Passage, uscito nel 2007 e rimasto fino ad oggi il loro ultimo lavoro.

Undici anni sono passati prima che i due membri storici Andrea Mignani e Andrea Griselli, con l’aiuto dei nuovi arrivati Leonardo Rossi al basso, Damiano Tacchini pianoforte e tastiere, Diletta Manuel al microfono e Giulia Curti alle percussioni e seconda voce, tornassero con il nuovo album Images, allontanandosi dal progressive per sposare sonorità rock sempre eleganti e raffinate ma più dirette, lasciando alle tastiere il compito di tirare le fila con il passato (Julia Dream) e portando il proprio sound verso un rock ispirato dalla new wave, con più di un accenno a suoni alternative (il singolo Flow Of Time).
Il resto dell’album, iniziando dal brano che porta il nome del gruppo, si assesta su un rock che supporta le voci dal timbro pop delle due muse al microfono, alternando impennate elettriche e raffinate trame che scivolano su uno spartito dall’ottimo appeal melodico, con le bellissime Drowning e Words, brano che risulta il più progressivo dell’intero lavoro, moderno nei suoni e spettacolare nel solo che accompagna l’album alla sua spettacolare conclusione.
Dopo così tanto tempo ci si poteva aspettare magari qualcosina in più a livello quantitativo, con sette brani per solo mezzora di musica, ma ci si può accontentare dando il benvenuto ai nuovi Cage.

Tracklist
1.Black Hole
2.Cage
3.Drowning
4.Images
5.Julia Dream
6.Flow Of Time
7.Words

Line-up
Andrea Mignani – Chitarra
Damiano Tacchini – Piano, Tastiere
Diletta Manuel – Voce
Giulia Curti – seconde voci, Percussioni
Leonardo Rossi – Basso
Andrea Griselli – Batteria

CAGE – Facebook

Atomicide – Furious And Untamed

Il sound prodotto sui due lati del disco risulta travolgente, il growl brutale racconta di morte e devastazioni su ritmiche che si rivelano vortici di musica violentissima.

La scena estrema sudamericana è una delle più prolifiche per quanto riguarda l’underground mondiale, pregna com’è di maligna attitudine che non lascia spazio a compromessi e viaggia spedita verso la dannazione eterna.

Il Cile, come gli altri paesi, ha un sottobosco metallico da cui escono mostruose realtà estreme come gli Atomicide, band attiva dalla prima metà del nuovo millennio, un trio di death/thrash metal devastante che torna sul mercato con Furious And Untamed, 7″ rigorosamente in vinile prodotto dalla Iron Bonehead Productions.
La discografia consta di un buon numero di ep, split e demo e di due lavori sulla lunga distanza usciti tra il 2013 ed il 2015 (Spreading The Cult Of Death e Chaos Abomination) per questo trio di musicisti estremi che si cimentano in un massacro sonoro, un vortice di caos in musica, una micidiale e terrificante guerra che porta morte e distruzione, un vento atomico che spazza via uomini e cose e lascia solo apocalittiche visioni intorno a se.
Sono estremamente furiosi i tre deathsters sudamericani, il sound prodotto sui due lati del disco risulta travolgente, il growl brutale racconta di morte e devastazioni su ritmiche che si rivelano vortici di musica violentissima; qualche accenno di frenata è la scusa per affondare il colpo, potente ed imperioso, mentre il caos regna tra le note della title track e di Flagellant Rust.
Morbid Angel, Bolt Thrower e Slayer sono lo spunto primario per descrivere gli scenari di morte e le apocalittiche visioni di cui gli Atomicide sono perfetti cantori: non resta che attendere il prossimo capitolo sulla lunga distanza.

Tracklist
1.Intro/Furious And Untamed
2.Flagellant Rust/Outro

Line-up
Atomized – Bass, Vocals
A.Prophaner – Drums
Deathbringers – Guitars

ATOMICIDE – Facebook

Gloam / Obscure Evil – Split 10″EP

Questo split ci presenta due realtà sicuramente da approfondire, anche se un brano è poco per dare un giudizio finale sulla proposta dei gruppi in questione, pur essendo comunque in grado di accendere la curiosità degli amanti del genere.

La Blood Harvest ci presenta due band estreme in arrivo dagli Stati Uniti (Gloam) e dal Perù (Obscure Evil) che, in comune, hanno un sound dalla forte connotazione black, più tradizionale quella del gruppo statunitense, contaminata invece da tempeste thrash quella del gruppo sudamericano.

I Gloam nascono in California nel 2010, e la loro discografia li vede, dopo un paio di lavori minori, alle prese con il primo full length nel 2015 (Hex Of The Nine Heads) e successivamente ancora con un ep, prima di questo split che li vede protagonisti di un brano che risulta un tornado black metal lungo ben sette minuti, una cavalcata di buona fattura, maligna come lo scream da demone norvegese, devastante come sa essere il true black metal marcissimo e piacevolmente old style.
Gli Obscure Evil, attivi dal da pochi anni, hanno cominciato il loro virulento cammino nella scena sudamericana un paio d’anni fa, con il classico demo d’esordio seguito da un ep, ed una compilation.
La parola di Satana viene glorificata da un ottimo black/thrash metal, selvaggio e spinto fuori giri dalla supersonica velocità con cui viene suonato, lambendo lo speed di matrice ottantiana e sempre sul pezzo per quanto riguarda riff e melodie vincenti, il tutto in un contesto furioso e feroce.
I due brani che formano un’unica discesa negli inferi, un massacro dal piglio motorheadinano, con i Venom a spalleggiare i giovani adepti in un delirio black intenso e senza compromessi.
Questo split ci presenta così due realtà sicuramente da approfondire, anche se un brano è poco per dare un giudizio finale sulla proposta dei gruppi in questione, pur essendo comunque in grado di accendere la curiosità degli amanti del genere.

Tracklist
1.Gloam – Black Swords Of Desecration
2.Obscure Evil – Tribes Of Ueth/Necronihilism
Line-up

Gloam:
Dayan Weller – Bass
Flynn Jones – Drums
Colby metzger – Guitars, Vocals
Shane Terry – Guitars

Obscure Evil:
Suffering Soul – Bass
Tzarathustra – Drums, Vocals
Naked Whipper – Guitars, Vocals

OBSCURE EVIL – Facebook

GLOAM – Facebook

Stratovarius – Enigma: Intermission II

Enigma: Intermission 2 è un’ottima compilation di inediti, B-side, canzoni rare e versioni orchestrali prese dalla seconda parte della discografia del gruppo finlandese.

Partiamo da questa inconfutabile verità: gli Stratovarius di Episode, Visions e dei sottovalutati Destiny e Infinite non esistono più, quindi diventa antipatico scrivere delle opere del gruppo continuando a fare paragoni scomodi che lasciano il tempo che trovano.

Se prendiamo per buona questa affermazione allora possiamo sicuramente giudicare un’opera come Enigma: Intermission 2 come un’ottima compilation di inediti, B-side, canzoni rare e versioni orchestrali, prese dalla seconda parte della discografia del gruppo finlandese, utile per chi ha seguito con meno interesse le sorti di Timo Kotipelto e soci negli ultimi anni e per chi invece è fan accanito di uno dei più grandi gruppo di power metal neoclassico che la storia del metal ricordi.
Si perché non dimentichiamoci che, se siamo ancora qui a scrivere di un certo tipo di sonorità, il merito è anche degli Stratovarius, nell’ultimo decennio del secolo scorso sovrani incontrastati del power metal melodico di matrice scandinava.
Tolkki non c’è più da un pezzo, fatevene una ragione e prendete la band per quello che è, ovvero una grande realtà capitanata da due artisti di livello assoluto come Kotipelto e il tastierista Jens Johansson, accompagnati da tre gregari di lusso per quello che rimane uno dei migliori gruppi del genere.
Power metal melodico, suonato e cantato divinamente , sagacemente orchestrato è quanto si trova ovviamente in quei brani rielaborati per l’occasione, negli ottimi inediti che purtroppo non sono più di tre (Enigma, Burn Me Down e Oblivion) e nelle golosamente imperdibili tracce mai pubblicate.
Tutto si può dire degli Stratovarius odierni meno che la loro classe rende arduo il confronto con molte realtà odierne: probabilmente i fasti degli anni d’oro non torneranno più, ma anche questo prodotto risulta professionalmente ineccepibile, con la band che sa emozionare quando lascia i territori prevalentemente power per viaggiare sulle ali di un metal melodico ed epico debordante, ma che sa anche colpire quando decide di premere il pedale dell’acceleratore.
Settantacinque minuti del nostro tempo agli Stratovarius si regalano volentieri, aspettando un nuovo album che sembra possa arrivare il prossimo anno.

Tracklist
1. Enigma
2. Hunter
3. Hallowed
4. Burn Me Down
5. Last Shore
6. Kill It with Fire
7. Oblivion
8. Second Sight
9. Fireborn
10. Giants
11. Castaway
12. Old Man and the Sea
13. Fantasy (new orchestral version)
14. Shine in the Dark (new orchestral version)
15. Unbreakable (new orchestral version)
16. Winter Skies (new orchestral version)

Line-up
Matias Kupiainen – Guitars
Timo Kotipelto – Vocals
Lauri Porra – Bass
Rolf Pilve – Dums
Jens Johansson – Keyboards

STRATOVARIUS – Facebooks

Cultural Warfare – Warmageddon

Warmageddon è sicuramente un album riuscito, consigliato agli orfani dei gruppi guidati da Dane, ma anche da quelli usciti dalla famigerata Bay Area.

Con gli statunitensi Cultural Warfare si viaggia spediti sulle strade del thrash metal, sicuramente ispirato alle grandi band del genere più classico ma con una vena moderna che non lo tiene ancorato ai fondali old school.

Due ep in cinque anni (Ratten Krieg del 2012 e Future Kill licenziato lo scorso anno) e finalmente anche per la band di Oakland è giunto il momento di sfogare tutta la rabbiosa attitudine in un lavoro sulla lunga distanza.
Warmageddon fin dalle prime note avvicina il gruppo al sound proposto dal compianto Warrel Dane con gli storici Sanctuary prima e, in seguito, con i più moderni Nevermore, anche se la vena progressiva dei secondi è accantonata per una più diretta attitudine.
Ottima la prova del cantante Jaques Serrano e di tutto il gruppo, con la sezione ritmica in pieno delirio tecnico (Pete Aguilar al basso a far coppia con Bones Padilla alla batteria) e le due chitarre in mano a Billy Garoutte e Kevin Doughty.
Warmageddon dunque offre una buon alternanza tra brani veloci e diretti ed altri più strutturati, nei quali le melodie di scuola Nevermore valorizzano le sfuriate alla Exodus/Testament (bellissima Eyes Of The Land).
Two Spirits è una semiballad in crescendo in cui il cantante duetta con una voce femminile, l’atmosfera evocativa viene rimpiazzata da drammatiche liriche e ritmiche roboanti, mentre Politikill mette in mostra il lato più classico e violento del sound Cultural Warfare.
Warmageddon è sicuramente un album riuscito, consigliato agli orfani dei gruppi guidati da Dane, ma anche da quelli usciti dalla famigerata Bay Area.
L’album mantiene una buona qualità per tutta la sua durata, con ancora Blood Machines a risultare una mazzata Testament style e la band chiude così alla grande questa sua prima prova sulla lunga distanza, da non perdere per chi ama il genere.

Tracklist
1.Warmageddon
2.Divided We Crawl
3.G.O.D.
4.Eyes Of The Land
5.Two Spirits
6.Politkill
7.Scars Left Cold
8.Punished
9.Witches Prayer
10.Shadow Priest
11.Blood Machines
12.New Beginnings

Line-up
Jaques Serrano – Vocals
Pete Aguilar – Bass
Bones Padilla – Drums
Billy Garoutte – Guitars
Kevin Doughty – Guitars

CULTURAL WARFARE – Facebook

MaYaN – Dhyana

Monumentale e violento, Dhyana incolla l’ascoltatore per oltre un’ora come farebbe un’epica pellicola cinematografica, contraddistinto come sempre da un sound all’insegna di un pesantissimo death/black progressivo.

In un ipotetico derby tra la scena sinfonica scandinava e quella olandese, quella che fino a poco tempo fa poteva essere pronosticata come una facile vittoria nordica, si è trasformata negli ultimi tempi in una partita senza esclusione di colpi, con quella olandese a primeggiare, forte delle prestazioni degli Epica ed ora dei MaYaN che con i primi hanno in comune Mark Jansen, creatore con Jack Driessen (After Forever) di questo straordinario progetto arrivato con Dhyana al terzo lavoro dopo gli ottimi risultati in termini qualitativi ottenuti con Quarterpast (2011) e Antagonise (2014).

Dhyana porta la band su di un altro livello, ed il death metal gotico e sinfonico del gruppo diventa un magniloquente, titanico ed impressionante esempio di musica pesantissima, orchestrale ed debordante.
Assicuratesi le prestazioni dell’orchestra filarmonica di Praga e delle splendide voci di Marcela Bovio (Stream Of Passion) e del soprano Laura Macrì, i due olandesi danno vita ad una magnifica opera estrema, che non indugia nel mostrare il lato sinfonico ed orchestrale della propria musica, e lo amalgama in modo talmente perfetto da risultare la colonna sonora di una battaglia tra gli dei.
Monumentale e violento, Dhyana incolla l’ascoltatore per oltre un’ora come farebbe un’epica pellicola cinematografica, contraddistinto come sempre da un sound all’insegna di un pesantissimo death/black progressivo.
Ovviamente la calma tra le tempeste di note è lasciata alle voci delle due regine di questo mondo fuori dal tempo in cui eleganza e raffinate melodie vanno a braccetto con un metal estremo violento e orchestrale.
Pur apprezzando gli ultimi Nightwish e la scena nata in scia al successo del gruppo finlandese, qui siamo su un altro pianeta, vicino alle ultime esaltanti prove degli Epica soprattutto per l’alta qualità della musica proposta.
Tra death, doom, sinfonie orchestrali, trame gotiche, squarci black e magniloquenti trame operistiche, Dhyana alza ancora di un po’ l’asticella per quanto riguarda il genere con una serie di brani (The Rhythm Of Freedom, Rebirth From Despair, The Illusory Self, Maya (The Veil Of Delusion) che rapiscono, scuotono ed esaltano in un delirio di atmosfere estreme, epiche e progressive da applausi: sicuramente disco dell’anno per quanto riguarda questo tipo di sonorità.

Tracklist
01. The Rhythm of Freedom
02. Tornado of Thoughts (I Don’t Think Therefore I Am)
03. Saints Don’t Die
04. Dhyana
05. Rebirth from Despair
06. The Power Process
07. The Illusory Self
08. Satori
09. Maya (The Veil of Delusion)
10. The Flaming Rage of God
11. Set Me Free

Line-up
Mark Jansen – Vocals (harsh), orchestrations
Jack Driessen – Keys, orchestrations, vocals
Henning Basse – Vocals (clean)
Laura Macrì – Vocals (soprano)
George Oosthoek – Vocals (grunts)
Marcela Bovio – Vocals (female)
Frank Schiphorst – Guitars
Merel Bechtold – Guitars
Roel Käller – Bass
Ariën van Weesenbeek – Drums, vocals

MAYAN – Facebook

Simone Piva e i Viola Velluto – Il Bastardo

Un lavoro che ha l’unico difetto di durare solo ventidue minuti, ma che per contro sono sufficienti per convincere d’essere al cospetto di una band e di un artista dal sound personale.

Ancora rock made in Italy, e per rock non intendiamo le ormai collaudate e lagnose atmosfere indie, care ai giovinastri intellettuali, ma quello ruvido, verace, sporco e … bastardo.

Atmosfere che si rifanno al mondo del western, reggae e rock valorizzato da fiati, contrabbasso, tasti d’avorio per un lavoro che ha l’unico difetto di durare solo ventidue minuti, ma che per contro sono sufficienti per convincere d’essere al cospetto di una band e di un artista dal sound personale.
Simone Piva e i Viola Velluto arrivano tramite Tosk Records/Music Force al quinto album di una carriera iniziata nel 2009 con Trattato Postumo Di Una Sbornia e proseguita con Ci Vuole Fegato Per Vivere, uscito nel 2011, Polaroid … di Una Vecchia Modernità del 2013 e SP&iVV Simone Piva e I Viola Velluto, licenziato nel 2015.
E’ venuto il tempo che Simone Piva si ricongiunga con i Viola Velluto (Alan Libeale alla batteria ed alle percussioni, Federico Mansutti alle trombe, Francesco Imbriaco al piano ed alle tastiere e Matteo Strazzolini alle chitarre) per dare alle stampe Il Bastardo, lavoro che conferma l’ottima reputazione che la band si è costruita in questi anni, portandoci nel mondo della frontiera mai vicino al nostro vivere come in questo caso, descritto da questa raccolta di brani che sfuggono dai generi preconfezionati per sposare sfumature rock, reggae (splendida Hello Madame) e soul, con la tromba a creare un atmosfera di magica musica senza confini come i paesaggi delle terre bruciate dal sole del west americano.
La title track, Hey Frank e la già citata Hello Madame creano un inizio d’opera convincente, ma è tutto l’album che risulta assolutamente piacevole, con Nord Est a regalare ancora ottime sensazioni, che si protraggono fono al termine di un disco senz’altro consigliato.

Tracklist
1.Il Bastardo
2.Hey Frank
3.Hello Madame
4.Quando saremo Giovani
5.Nord est
6.Far West
7.Noi

Line-up
Simone Piva – Chitarra, Voce

Alan Libeale – Batteria, percussioni
Federico Mansutti – Trombe
Francesco Imbriaco – Piano, tastiere
Matteo Strazzolini – Chitarra

SIMONE PIVA E I VIOLA VELLUTO – Facebook

Ossuary Anex – Holy Blasphemition

La band di Ufa votata ad un brutal death metal di matrice statunitense offre solo violenza e morte, scaricando male in musica, torturando strumenti, lacerando carni in un delirio di blast beat, rallentamenti quadrati , growl disumano e chitarre urlanti dolore.

Dieci anni sono passati da quando i russi Ossuary Anex hanno iniziato la loro devastante missione.

Attiva dal 2008 infatti, la band nel 2012 esordì con il full length Awakening, per poi tornare sul mercato due anni fa con il secondo lavoro sulla lunga distanza intitolato Mutilation Through Prayer.
Dieci anni festeggiati con un nuovo lavoro, Holy Blasphemition, ep composto da cinque devastanti brani di death metal brutale ed assolutamente vecchia scuola, un massacro senza compromessi che ovviamente ha nell’impatto la sua migliore arma.
Un’atmosfera cavernosa, un sound di matrice statunitense che evoca demoni e angeli morbosi in un contesto brutale, caverne inesplorate dove si respira a fatica e si rintanano orribili creature tenute a bada e poi scatenate da sanguinari sacerdoti del male.
Tutto questo viene espresso senza perdersi in inutili orpelli: la band di Ufa offre solo violenza e morte, scaricando male in musica, torturando strumenti, lacerando carni in un delirio di blast beat, rallentamenti, growl disumano e chitarre urlanti dolore.
Morbid Angel, Suffocation ed Incantation sono i gruppi da considerare come ispiratori per il quartetto russo, brutale e convincente fin dalle prime battute di questo pezzo di granito estremo.

Tracklist
1.Revelation Of The Inquisition
2.Divine Chastisement
3.Blasphemous Apparition
4.Werewolves in Cassocks (re-recorded)
5.Revelation Of The Inquisition (instrumental)

Line-up
Kirill – vocals
Max – guitars
Azamath – bass
Sergey – drums

OSSUARY ANEX – Facebook

Blood Of The Sun – Blood’s Thicker Than Love

I Blood Of The Sun non si lasciano attrarre troppo dalle lisergiche atmosfere desertiche, ma strappano il segreto del successo di Led Zeppelin e Deep Purple, facendo propria la lezione e personalizzandola con un’overdose di rock ‘n’ roll straordinariamente vintage, assolutamente irriverente e devoto al sound settantiano.

Danno letteralmente spettacolo i Blood Of The Sun, sestetto americano che, infilato a forza nel calderone stoner rock, si dimostra una straordinaria hard rock/blues band rifilando in questo ultimo lavoro una serie di sei lunghi brani che definire irresistibili è un eufemismo, almeno per chi ama questo tipo di sonorità.

I Blood Of The Sun non si lasciano attrarre troppo dalle lisergiche atmosfere desertiche, ma strappano il segreto del successo di Led Zeppelin e Deep Purple, facendo propria la lezione e personalizzandola con un’overdose di rock ‘n’ roll straordinariamente vintage, assolutamente irriverente e devoto al sound settantiano.
Non ci sono momenti di stanca in questa raccolta di brani dalla potenza rock di un carro armato impazzito, con le tastiere che dettano tempi, creando tappeti atmosferici potenziati dai riff e da ritmiche sferzanti che, ad ogni passaggio, soffocano chi osa ribellarsi al potere del rock.
Keep The Lemmy’s Coming è l’opener, un biglietto da visita diretto come una serie di pugni in pieno volto, My Time non lascia spazio, si trattiene il fiato e si corre su autostrade sulle quali gli autovelox vengono bruciati, prima che Air Rises As You Drown si impossessi delle nostre anime in un rincorrersi tra chitarre e tastiere, e Staned Glass Window si presenti come un blues sporco di sabbia e whiskey.
Blood Of The Road è un blues rock che, in un crescendo di atmosfere desertiche ed on the road, ricorda gli Steppenwolf, in una jam tremendamente coinvolgente e con le tastiere di Dave Gryder vere mattatrici di questo bellissimo lavoro.
Irresistibile e benedetto dal rock’n’roll, Blood’s Thicker Than Love è uno dei lavori più belli dell’ultimo periodo per quanto riguarda i suoni vintage.

Tracklist
1.Keep The Lemmys Comin’
2.My Time
3.Livin’ For The Night
4.Air Rises As You Drown
5.Staned Glass Window
6.Blood Of The Road

Line-up
Henry Vasquez – Drums, vocals
Dave Gryder – Keyboards
Wyatt Burton – Guitar
Alex Johnson – Guitar, vocals
Roger “Kip” Yma – Bass
Sean Vargas – Vocals

BLOOD OF THE SUN – Facebook