Beneath Oblivion – The Wayward and the Lost

Un’ora abbondante di musica dolente, che si trascina senza alcuna parvenza di accelerazione, regalando a tratti aperture melodiche che non sollevano l’animo ma contribuiscono ad affliggerlo ulteriormente.

“Questa è la litania lacerante e mortifera che si viene a creare se si uniscono due reagenti sonori come lo sludge più torbido e il funeral doom. Colonna sonora ideale per un Western post apocalittico.Un impasto sonoro con brevetto a stelle e strisce, che solo dei dannati bifolchi dell’Ohio potevano partorire.”

Rubo questo brillante commento al mio amico Alberto “Morpheus”, anima della pagina facebook Doom Heart, che ha fotografato come meglio non si sarebbe potuto fare il contenuto di The Wayward and the Lost, terzo full length dei Beneath OBlivion, band di Cincinnati che ormai da oltre un decennio affligge gli appassionati di doom con le proprie sonorità plumbee e limacciose.
Ci sono voluti ben sette anni per dare un seguito al precedente From Man To Dust, ma come spesso accade l’attesa non è stata vana, perché Scotty T. Simpson e soci hanno partorito un devastante monolite che, come già detto, appare l’ideale punto d’incontro tra lo sludge ed il funeral doom.
L’equilibrio permane lungo quest’ora abbondante di musica dolente, che si trascina senza alcuna parvenza di accelerazione, regalando a tratti aperture melodiche che non sollevano l’animo ma contribuiscono ad affliggerlo ulteriormente, come accade con gli stupendi passaggi chitarristici di Liar’s Cross, dove i nostri si spingono dalle parti dei Mournful Congregation d’annata (quindi non quelli relativamente più ariosi dell’ultimo The Incubus Of Karma).
Ma nel suo complesso The Wayward and the Lost non lascia molto spazio a barlumi di luce, con un sound che si snoda con la lentezza di una colata lavica prossima alla solidificazione: cupo, sofferto e sovrastato spesso dalle aspre vocals del chitarrista e fondatore delle band, l’album raccoglie il meglio delle sfumature del doom di matrice estrema per convogliarle un un’unica lunga marcia verso a lidi nebulosi ed indefiniti, un approdo nel quale vanno a convergere le varie pulsioni che animano i migliori dischi doom, come lo è quello offerto dai Beneath Oblivion.

Tracklist:
1. The City, A Mausoleum (My Tomb)
2. Liar’s Cross
3. The Wayward and the Lost
4. Savior-Nemesis-Redeemer
5. Satyr

Line-up:
Scotty T. Simpson – Guitars, Vocals
James Rose – Drums
Allen L. Scott II – Guitars, Samples
Keith Messerle – Bass

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