Loathe – The Cold Sun

Malato e contagioso il sound di questo gruppo che riesce a nobilitare nella sua terribile vena estrema un genere inflazionato come il metalcore, trasformandolo in una creatura malvagia, sadica e fredda come un sole morto.

La colonna sonora di un apocalisse,  dove il raffreddamento del Sole porta alla salita in superficie dell’inferno e delle sua distruttive fiamme, si chiama The Cold Sun, primo full length dei Loathe, misteriosa creature britannica che fino ad ora aveva licenziato un primo album (Despondent By Design) nel 2010.

Trentacinque minuti di delirio estremo, moderno e progressivo, oscuro e maturo, per un salto nell’atmosfera devastante di una fine del mondo tra sfuriate metalcore violentissime ed attimi di fredda quiete dark.
Ma non solo, nella musica estremamente teatrale del gruppo vivono le anime schiave dell’hardcore e del groove metal, le ritmiche pesantissime che diventano frustate veloci e taglienti, mentre l’elettronica aggiunge atmosfere glaciali al già freddo mood che si respira tra le note di questo originale e quanto mai estremo lavoro.
C’è metalcore e metalcore, quello dei Loathe è pregno di musica disturbante, un groviglio di umori che come serpenti si si avvolgono e si nutrono a vicenda, una musica cannibale, ingorda di suoni e sfumature che si evincono dall’ascolto di brani intensi come It’s Yours, East Of Eden o la tremenda P.U.R.P.L.E.
Malato e contagioso il sound di questo gruppo che riesce a nobilitare nella sua terribile vena estrema un genere inflazionato come il metalcore, trasformandolo in una creatura malvagia, sadica e fredda come un sole morto.
Un ottimo lavoro, non per tutti ma consigliato agli amanti del metal estremo con ampie vedute e non prigionieri di confini tra generi.

TRACKLIST
1. The Cold Sun
2. It’s Yours
3. Dance On My Skin
4. East Of Eden
5. Loathe
6. 3990
7. Stigmata
8. P. U.R.P.L.E
9. The Omission
10. Nothing More
11. Never More
12. Babylon

LINE-UP
Kadeem France – vocals
Erik Bickerstaffe – guitar & vocals
Shayne Smith – bass & vocals
Connor Sweeney – guitar & vocals
Sean Radcliffe – drums

LOATHE – Facebook

Integral – Resilience

Il disco viaggia benissimo ed è una bellissima sorpresa in un panorama a volte troppo appiattito su certe sonorità, mentre qui si vola davvero alti, e si può tranquillamente dire che in ambito pesante sia uno dei dischi dell’anno.

Debutto molto interessante per questo gruppo di giovani bergamaschi, nato nel 2013 dalla comune passione per generi musicali metallici e proponendo un death metal molto crossover.

Il minimo comune denominatore è la bravura tecnica e l’ ottimo gusto musicale, perché gli Integral possiedono entrambi in gran misura. Il disco è un tentativo riuscitissimo di fondere insieme sonorità molto differenti fra loro, partendo da un death metal moderno di base, per poi fare in maniera incisiva cose vicino al migliore metalcore, o avere momenti di calma e di ottimo ambient o addirittura vicino alla psichedelia. L’album viaggia benissimo ed è una bellissima sorpresa in un panorama a volte troppo appiattito su certe sonorità, mentre qui si vola davvero alti, e si può tranquillamente dire che in ambito pesante sia uno dei dischi dell’anno. Resilience ha una potenza ed una fluidità davvero notevoli, che lo rendono un disco godibile e con una capacità compositiva notevole. Si rimane piacevolmente stupiti nel sentire che ci siano gruppi come gli Integral capaci di fare proposte intelligenti, pesanti e che riescono a far sembrare facile il difficile. Un disco che mostra il presente ed il futuro del migliore death metal.

TRACKLIST
1.Blank Claustrophobia
2.Collapsed Cubes
3.In(Earth)
4.Realm of Atlantis
5.Mac Brazel
6.Hieroglyphica
7.Room with a View
8.Self-made Oblivion
9.Mechanical Existence Construction
10.Out There in Silence (Eclipse)

LINE-UP
Alessio Moraschini – vocals
Riccardo Maccarana – guitar
Jacopo Farina – guitar
Marco Morandi – bass
Agostino Buttarelli – drums

INTEGRAL – Facebook

Opalized – Rising From The Ash

Questi ragazzi di Bordeaux hanno una marcia in più e lo si può sentire benissimo nel disco, perché la potenza ed il controllo che hanno molti gruppi se lo sognano.

Gli Opalized sono di Bordeaux e propongono un metalcore molto potente e vicino al thrash, con un forte background hardcore.

Gli Opalized si distinguono nel grande mare del metalcore per una notevole potenza di suono, anche grazie ad una puntuale produzione. Questi ragazzi di Bordeaux hanno una marcia in più e lo si può sentire benissimo nel disco, perché la potenza ed il controllo che hanno molti gruppi se lo sognano. Oggigiorno per fare un metalcore che possa risultare notevole bisogna essere ancora più bravi di anni fa, sia perché quando un genere comincia a mostrare segni di usura bisogna ricercare altre vie, sia perché non è per nulla facile distinguersi. Gli Opalized invece riescono molto bene a farsi sentire, con il loro timbro veloce e potente, e le loro parti melodiche mai ovvie e scontate, inserite sempre molto bene e con proprietà. Diventa davvero piacevole ascoltate dischi come questo di metal moderno, che lasciano anche grande speranza per il futuro del fare musica pesante in maniere intelligente: dalla Francia arrivano molti di questi esempi e gli Opalized sono fra i migliori.

TRACKLIST
01. The Fall
02. Gives It Back
03. End of Humain Reign
04. Unity
05. Black Flag
06. Near Death Experience
07. Rising from the Ashes

LINE-UP
Boris Kasnov – Vocals
Joachim Touron – Guitar, Clean Vocals
Seeklone – Guitar, Studio Drums
Rémy Pasques – Bass

OPALIZED – Facebook

Righteous Vendetta – Cursed

Purtroppo manca quel pizzico in più di estremismo sonoro che avrebbe attirato maggiormente i fans legati al deathcore, ma diamo atto ai Righteous Vendetta che l’uso di soluzioni richiamanti il nu metal di inizio millennio varia quanto basta l’atmosfera dei vari brani.

La ragazza dal cappuccetto rosso, ritratta sulla copertina del nuovo lavoro dei Righteous Vendetta, ci invita ad una camminata nel boschi del Wyoming, intanto con quello sguardo dubito che verremmo infastiditi dagli abitanti della foresta.

Scherzi a parte, tramite Century Media arriva Cursed, il nuovo arrivato in casa Righteous Vendetta, metalcore band statunitense che poco aggiunge al genere se non un ennesimo album di metal moderno, melodico, dai ritmi sincopati e che alterna umori nu metal e melodiche parti con una voce pulita che intona chorus strappalacrime puntati al cuore di ragazzine del nuovo millennio.
Non è neppure poco che il gruppo è in circolazione, siamo arrivati infatti al quarto full length di una carriera iniziata nel 2008, costellata da una discografia che conta pure tre ep.
Con queste premesse ci si aspettava un album capace di colpire nel segno e, sotto il punto di vista commerciale, si può dire che il gruppo abbia centrato l’obiettivo, grazie ad una raccolta di brani ineccepibili sotto il punto di vista della produzione, del suono e dell’appeal.
Purtroppo manca quel pizzico in più di estremismo sonoro che avrebbe attirato maggiormente i fans legati al deathcore, ma diamo atto ai Righteous Vendetta che l’uso di soluzioni richiamanti il nu metal di inizio millennio varia quanto basta l’atmosfera dei vari brani.
Oltre all’ottima Psycho, traccia che non lascia scampo con il suo muro di groove, Cursed qualche buono spunto lo lascia intravedere (la title track, Daemons, la devastante Doomed), ma l’uso smodato delle clean e qualche soluzione ripetuta lungo i brani, non danno all’album quel quid in più per andare oltre una prova più che sufficiente.
L’appeal è comunque buono ed è probabile che l’album faccia sicuramente vittime tra i giovani fruitori del metal moderno.

TRACKLIST
1.War Is Killing Us All
2.Cursed
3.Weight Of The World
4.Daemons
5.A Way Out
6.Defiance
7.Psycho
8.Never Say Never
9.Doomed
10.Burn
11.Halfway
12.Become
13.Strangers

LINE-UP
Ryan Hayes — Vocals
Justin Olmstead — Guitar
Justin Smith — Guitar
Zack Goggins — Drums
Riley Haynie — Bass

RIGHTEOUS VENDETTA – Facebook

Hybrid Sheep – Hail To The Beast

Un buon lavoro che unisce la tradizione death melodica con il più moderno metalcore, mantenendo una violenza estrema di fondo che entrerà nei cuori anche dei deathsters dagli ascolti classici.

Death metal melodico con qualche spunto core e soprattutto una carica niente male, in poche parole ecco Hail To The Beast, nuovo lavoro del quintetto francese degli Hybrid Sheep.

Nato quasi una decina di anni fa, il gruppo transalpino proprone il suo secondo full length, di corta durata (poco più di mezzora) e che spara ad altezza d’uomo una serie di cannonate niente male: prodotto a meraviglia, Hail To The Beast non si fa mancare nulla, dalla doppia voce (growl e scream) a ritmiche che alternano la potenza del metalcore con più veloci approcci death metal che le sei corde, molro melodiche, avvicinano a quanto fatto in Scandinavia nel dopo Clayman.
Poi il quintetto transalpino non manca di imprimere la sua personalità che vive di influenze moderne e, aiutato da una buona tecnica, si fa apprezzare con un lavoro urgente, senza compromessi e diretto: un muro sonoro in cui la melodia è fondamentale per la riuscita di brani spaccaossa come Towards Ruins And Oblivion, The World Eater, il death thrash da distruzione totale di Premature Burial e la conclusiva Into The Lion’s Den.
Un buon lavoro che unisce la tradizione death melodica con il più moderno metalcore, mantenendo una violenza estrema di fondo che entrerà nei cuori anche dei deathsters dagli ascolti classici.

1.Warface
2.Towards Ruin and Oblivion
3.Following Blind Leaders
4.The World Eater
5.The Last Breath of a Dying Earth
6.Premature Burial
7.Hail to the Beast
8.Harvest of Humans
9.Into the Lion’s Den

LINE-UP
Arnaud – Vocals
Alex – Guitar
Andre – Guitar
Max – Bass
Jordan – Drums

HYBRID SHEEP – Facebook

Primal Age – A Silent Wound ep

I Primal Age hanno una struttura musicale sullo stile hardcore anni novanta, ma la cosa più notevole che fanno è quella di attualizzare molto bene il loro suono, e sono una cosa che noi ascoltatori di hardcore anni novanta ci siamo sognati per anni.

Provenienti dalla cittadina francese di Evreux, i Primal Age sono attivi dal 1993, sono uno dei primi gruppi europei ad aver fuso insieme hardcore e metal, dando vita a qualcosa di molto simile al metalcore, ma con maggiore groove.

Nello svilupparsi di questa lunga carriera i Primal Age non hanno perso un briciolo della loro potenza, anzi sono diventati più cattivi e sono alla guida del corteo del meglio metalcore che potete trovare in giro.
Questo ep arriva dopo due album ed uno split, e soprattutto dopo tantissima attività dal vivo che li ha portati in tutto il mondo, dal Messico al Brasile passando per il Giappone. A Silent Wound è un ottimo disco di hardcore e metalcore, spingendosi fino al groove metal, e coinvolge molto l’ascoltatore. I Primal Age hanno una struttura musicale sullo stile hardcore anni novanta, ma la cosa più notevole che fanno è quella di attualizzare molto bene il loro suono, e sono una cosa che noi ascoltatori di hardcore anni novanta ci siamo sognati per anni. Il suono dei Primal Age è davvero avviluppante e potente, porta pericolosamente all’headbanging e ci fa ricordare che fare musica così non è facile, oltre ad un certa tecnica ci vuole vera attitudine e qui ce n’è tantissima. Non sono rimasti in molti a fare questo suono che vive superando spesso i confini, e la quarta traccia dell’ep ne rende nota la paternità, essendo un medley di canzoni degli Slayer in omaggio a uno dei più grandi, Jeff Hannemann, tanto per far capire da dove vengono i Primal Age, e anche da dove veniamo tutti noi amanti di questo suono, perché gli Slayer sono una cosa megalitica. Un ottimo ep per un gruppo sempre molto interessante.

TRACKLIST
1.The Whistleblowers VS World Health Organization
2.A Silent Wound (ft Felipe Chehuan – CONFRONTO)
3.Counterfeiters of the Science
4.To Jeff (SLAYER medley – ft Julien Truchan/ BENIGHTED & Koba/ LOYAL TO THE GRAVE)

LINE-UP
Benoit: Guitar
Florian: Guitar
Mehdi: Drums
Dimitri: Bass & Vocals
Didier: Vocals

PRIMAL AGE – Facebook

Invidia – As The Sun Sleeps

Un lavoro curato nei minimi dettagli, duro ma dall’appeal elevato e che, senza abbassare la guardia, convince in ogni passaggio.

Come giudicare un album creato, strutturato e scritto per sfondare, con una nuova band al debutto, che tra le sue fila annovera musicisti che vannoa formare il classico super gruppo?

Intanto la firma per SPV sembra che abbia soddisfatto non poco gli Invidia che. con una formazione che andrò a presentare, ed un sound che risulta una serie di dritti e ganci metalcore da infarto. si candida come band autrice dell’album sorpresa dell’anno, almeno per chi del genere è abituale fruitore.
Matt Snell (Five Fnger Death Punch) al basso, Darren Badorine alle pelli, Travis Johnson (In This Moment) al microfono e poi le due chitarre dei devastanti Skinlab ( se non li conoscete siete da radiazione immediata da lettori della nostra ‘zine), ala estrema di questa combriccola di talenti, Brian Jackson e Marcos Medina.
Dimenticatevi gli Skinlab e concentratevi sul metalcore dal taglio melodico tanto di moda di questi tempi, aggiungete una parte molto importante di elettronica, una voce che insegna come si canta il genere senza diventare dei patetici interpreti melodici da Festivalbar, una componente dark industrial che regala i momenti migliori (Rotten) ed avrete un lavoro dalle potenzialità enormi, melodico quanto basta per piacere ai giovani fans del genere, ma aggressivo il giusto per raccogliere pareri lusinghieri anche dai nu metallers con il death davanti al core come prima scelta nel metal estremo moderno.
Aggiungiamo che As The Sun Sleeps è stato prodotto e scritto in collaborazione con Logan Mader (Once Human, Machine Head), ed avrete un’idea dell’ aspettativa creata dall’ingresso sulla scena di band e album.
Un lavoro curato nei minimi dettagli, duro ma dall’appeal elevato (Smell The Kill, il singolo Feed The Fire, Step Up) e che senza abbassare la guardia convince in ogni passaggio, da quello più vicino al metal a quello che fa il verso al dark industrial.
A tratti ci avviciniamo al Marylin Manson più estremo, mentre gli ultimi anni non sono passati invano e i musicisti, con tutta l’esperienza accumulata, hanno saputo dove prendere ispirazioni e spunti, mentre il loro talento ha fatto il resto.
Se vi piace il genere, As The Sun Sleeps lo troverete irresistibile … punto.

TRACKLIST
1.Now Or Never
2. Making My Amends
3. Feed The Fire
4. Rotten
5. Marching Dead
6. Smell The Kill
7. Till Death
8. Step Up
9. Truth In The Sky
10. The Other Side
11. As The Sun Sleeps

LINE-UP
Matt Snell – Bass
Travis Johnson – Vocals
Brian Jackson – Guitars
Darren Badorine – Drums
Marcos Medina – Guitars

https://www.youtube.com/watch?v=VznqwYGRk34″ target=”_blank”

Deez Nuts – Binge & Purgatory

Le canzoni in questo disco sono tutte valide e sono un ulteriore passo in avanti per questo gruppo che produce un altro disco notevole, da ascoltare a fondo e più volte, poiché è più profondo e meno immediato dei precedenti.

Altra puntata della saga hardcore metal australiana, sempre con un flow rap.

I Deez Nuts rappresentano uno sviluppo di un certo hardcore, quello maggiormente legato al lato festaiolo e tamarro della scena. Ma se credete che non ci sia introspezione vi sbagliate, ci sono più descrizioni accurate di cosa sia la vita che in tanti altri posti in apparenza più adeguati. La formula musicale è quasi sempre la stessa, hardcore sporco e veloce, continuando la tendenza che si era già manifestata nei dischi precedenti, e qui crescono i mid tempo, dando al disco meno impeto ma più struttura. Chi ama i Deez Nuts sa che in qualche modo non rimarrà mai deluso e Binge & Purgatory ne è la conferma. Andando avanti con gli anni l’ oscurità sta crescendo nelle canzoni dei Deez Nuts e l’ attitudine casinara rimane ma divide il palcoscenico con un’ inquietudine sempre maggiore, con ragione. Il divertimento è grande parte di questo tipo di musica ma fortunatamente i Deez Nuts non sono rassicuranti e non prospettano un luminoso futuro, ma anzi offrono un nel viaggio tra asfalto, pugni ed alcool, senza avere però il machismo di certi gruppi hardcore. Le canzoni in questo disco sono tutte valide e sono un ulteriore passo in avanti per questo gruppo che produce un altro lavoro notevole, da ascoltare a fondo e più volte, poiché è più profondo e meno immediato dei precedenti. I tempi fanno schifo ma la lotta continua.

TRACKLIST
01. Binge
02. Purgatory
03. Antidote
04. Commas & Zeros
05. Break Out
06. Discord
07. Lessons Learned
08. Carried By Six
09. Cakewalk
10. For What It’s Worth
11. Hedonistic Wasteland
12. Remedy
13. Do Not As I Do

DEEZ NUTS – Facebook

Vitja – Digital Love

Digital Love si compone di undici brani per soli quaranta minuti di musica diretta, melodica, potentissima e sapientemente elettronica

La domanda è: cosa hanno i Vitja che le altre band che suonano metalcore non hanno?

Beh, intanto incidono per Century Media e se la potentissima label ha deciso di puntare sul gruppo di Colonia un motivo ci sarà.
E allora andiamo a scoprire il segreto di questo quartetto tedesco, nato nel 2013, anno in cui esce il primo full length (Echoes), tornato nel 2015 con l’ep Your Kingdom, ed ora pronto per fare sfracelli nei locali del centro Europa con il nuovo Digital Love, in uscita appunto per Century Media.
L’album si compone di undici brani per soli quaranta minuti di musica diretta, melodica, potentissima e sapientemente elettronica, il giusto per entrare nella track list dei dj sparsi nelle metropoli in giro per il vecchio continente, anche se giurerei che un pensierino anche agli Stati Uniti band ed etichetta lo hanno fatto.
Un metal che ha nell’urgenza del core, nelle atmosfere nu metal conferite dalla parte elettronica e l’appeal fornito da melodie sempre azzeccate, la ricetta per sfondare e davanti a mazzate violentissime come l’opener Scum o la seguente D(e)ad non si può che ripararsi da tanto fervore aspettando che melodie dal piglio dark e note di tappeti elettronici invitino l’ascoltatore a far sue le molteplici sfumature di questo lavoro, dove ha la sua importanza il cantato, vario e per niente scontato di David Beule, che non risparmia toni cangianti, dallo scream al rabbioso urlo hardcore, per finire con una clean che spalanca cuori femminei come farebbe una tempesta con le porte di un cascinale.
Roses, la devastante title track, la potenza melodica e l’appeal di Six Six Sick, l’ enorme lavoro sulla darkcore Heavy Rain sono mattoni di un muro sonoro difficile da scalfire ma clamorosamente pregno di melodie tragiche, mature al confronto con le facili altalene atmosferiche di tanti gruppi del genere.
Le ritmiche solo a tratti si contraggono parti sincopate, la parte nu metal della musica dei Vitja esce allo scoperto e fa male (Find What You Love And Kill It), mentre la sei corde mantiene un atteggiamento metallico alla Disturbed ,se mi si lascia passare il paragone scomodo.
Album che farà parlare, gruppo pronto per il salto che da promessa lo porterà ad una sufficiente notorietà per regalare ancora buone soddisfazioni.

TRACKLIST
1. SCUM
2. D(e)ad
3. No One As Master No One As Slave
4. Roses
5. Digital Love
6. Six Six Sick
7. The Golden Shot
8. Heavy Rain
9. Find What You Love And Kill It
10. In Pieces
11. The Flood
Additional tracks on Special Edition CD Digipak, LP+CD, Digital Album:
12. I’m Sorry
13. New Breed

LINE-UP
David Beule – vocals
Mario Metzler – bass
Vladimir Dontschenko – guitar
Daniel Pampuch – drums

VITJA – Facebook

Fall Of Carthage – The Longed-For Reckoning

I musicisti hanno esperienza da vendere e si sente, ma molti dei brani proposti non vanno oltre la sufficienza, tra spunti hardcore, nu metal e violenza da scontri sui marciapiedi di metropoli allo sbando.

Tra la miriade di proposte riguardanti l’ala più moderna del metal spunta il secondo album dei Fall Of Chartage, progetto messo in piedi da Arkadius Antonik, leader dei Suidakra, Martin Buchwalter, batterista dei Perzonal War, e Sascha Aßbach.

Un assaggio di quello che i tre musicisti ci scaraventano addosso è stato Behold, primo album uscito un paio di anni fa, ora seguito da The Longed-For Reckoning, un’opera di metal moderno mastodontica, se pensiamo alla durata di quasi un’ora che per il genere è come leggere il Signore degli Anelli in un giorno.
Lungo, troppo lungo anche perché la proposta non si discosta dal solito menù: ritmiche pregne di groove, qualche accenno metallico in stile Pantera e stop and go di scuola core sviluppati su sedici brani, alcuni valorizzati dall’elettronica ed alquanto interessanti (Sick Intentions), altri che sanno di già sentito in un genere ormai con la corda tirata all’inverosimile.
Gli spunti nu metal non mancano e alzano la tensione (Swept To The Edge), i musicisti hanno esperienza da vendere e si sente, ma molti dei brani proposti non vanno oltre la sufficienza, tra spunti hardcore, nu metal e violenza da scontri sui marciapiedi di metropoli allo sbando.
Si diceva dei musicisti, di un’altra categoria (Sascha Aßbach, per il genere, è un cantante dalla personalità unica, Martin Buchwalter svolge un lavoro enorme alle pelli e la sei corde di Antonik esplode in riff sincopati e core oriented) ma è il songwriting che non decolla, forse per l’eccessiva lunghezza il cui consistente alleggerimento avrebbe reso l’album sicuramente più digeribile.
Se il metal moderno è il vostro pane, The Longed-For Reckoning potrebbe regalarvi buoni spunti, ma se il genere lo ascoltate con parsimonia passate oltre.

TRACKLIST
1.Fast Forward
2.Dust And Dirt
3.Sick Intentions
4.They Are Alive
5.Swept To The Edge
6.Complete
7.For The Soul To Save
8.Whodini Peckawood
9.Suffer The Pain
10.Down Like Honey
11.Tapeworms
12.Paint It White
13.Bury The Crisis
14.Puerile Scumbag
15.Turning Point
16.Black December

LINE-UP
Sascha Aßbach – Vocals,
Arkadius Antonik – Guitars
Martin Buchwalter – Drums

FALL OF CARTHAGE – Facebook

Cry Excess – Vision

Il disco è molto ben bilanciato fra pesantezza e melodia, fra accelerazioni e parti mid tempo, ed il tutto è molto intenso e coinvolgente, cosa non è facile da trovare oggi.

Il metalcore potrà essere un genere con gruppi con poche idee, o forse in fase calante, ma ascoltando il nuovo disco dei Cry Excess non lo si direbbe proprio.

Questo gruppo di Torino confezione un disco molto potente, ben prodotto e con le cose giuste al posto giusto. Vision possiede un groove possente e marcato, poiché i Cry Excess sanno usare molti mezzi per arrivare allo scopo. Cattiveria, melodia e anche il sapiente uso di inserti elettronici al momento giusto, senza sbracare come altri gruppi. Tutto è molto naturale e si svolge senza forzature, perché il gruppo mette a proprio agio l’ascoltatore che qui troverà ciò che vuole. Questo è il terzo disco dei Cry Excess, che sono un gruppo italiano che gira molto, avendo suonato con Korn, Papa Roach, Walls Of Jericho e molti altri. Ciò lo si comprende bene ascoltandoli, Vision dà la perfetta idea di cosa siano, uno dei gruppi italiani più internazionali soprattutto nella maniera di fare le cose, senza provincialismi, in un genere molto affollato. Il disco è molto ben bilanciato fra pesantezza e melodia, fra accelerazioni e parti mid tempo, ed il tutto è molto intenso e coinvolgente, cosa non è facile da trovare oggi. Ennesimo gran disco della Bleeding Nose che si conferma etichetta di riferimento per un certo tipo di metal moderno. Non pensate al metalcore, pensate ai Cry Excess che è meglio.

TRACKLIST
Vocals : Jaxon V.
Guitar : Mark Agostini
Guitar : Andrew V.
Drum/vocals : Brian N.
Bass : Angie S.

LINE-UP
Jaxon V. : Vocals
Mark Agostini : Guitar
Andrew V. : Guitar
Brian N. : Drums, Vocals
Angie S. : Bass

CRY EXCESS – Facebook

Kadinja – Ascendancy

Se l’idea era quella di rendere ultra-tecnico un genere che si basa principalmente sull’impatto, i Kadinja riescono nell’impresa solo a sprazzi, mentre trovo ormai superato l’uso della doppia voce, specialmente se non si è maestri nel far funzionare un abbinamento che negli ultimi tempi sta tirando la corda.

Prendete un gruppo di giovani metallari dal suono moderno ed in linea con il metalcore, ma con la voglia matta di sfoggiare la loro ottima tecnica, usando i cliché tipici del prog metal ed avrete in mano il sound di Ascendancy, full length dei Kadinja.

Il quintetto francese, proveniente dalla capitale, non le manda certo a dire e abbina un devastante ma comunque melodico metal moderno, con il prog metal, un’aggressività che viene nobilitata da intricate ritmiche e da un lavoro delle sei corde che passa dal classico melodico/stoppato a fughe sul manico che riportano al genere più tecnico per eccellenza.
Il problema maggiore di questo album è che risulta un po’ freddino, e il metal estremo abbinato alla tecnica, spesso fine a sé stessa, produce un effetto caotico che non giova alla fruibilità della musica prodotta dal combo transalpino.
I momenti migliori, infatti, si mostrano quando l’aggressività si placa per lasciare spazio alla melodia, momenti nascosti tra i vari brani che risultano poco emozionali e, alla lunga, pervasi da una ripetitività di fondo che non aiuta certo l’attenzione dell’ascoltatore già provato nel seguire l’intricata ragnatela di note in brani come le due parti di Episteme, A November Day o Bittersweet Guilt.
Se l’idea era quella di rendere ultra-tecnico un genere che si basa principalmente sull’impatto, i Kadinja riescono nell’impresa solo a sprazzi, mentre trovo ormai superato l’uso della doppia voce, specialmente se non si è maestri nel far funzionare un abbinamento che negli ultimi tempi sta tirando la corda.
Ascendancy raggiunge la sufficienza ma nulla più, le potenzialità ci sono ma vanno sfruttate meglio da parte del gruppo francese.

TRACKLIST
01. Stone of Mourning
02. Glhf
03. Episteme
04. Episteme Part II
05. ‘Til the Ground Disappears
06. A November Day
07. Dominique
08. Ropes of You
09. Bittersweet Guilt
10. Seven (The Stick Figures)

LINE-UP
Philippe Charny Dewandre – Vocals
Pierre Danel – Guitars
JJ Groove – Bass
Nicolas Hørbacz – Guitars
Morgan Berthet – Drums

KADINJA – Facebook

The Royal – Seven

Questi cinque ragazzi sanno come suonare metal moderno cercando di piacere non solo a giovanissimi dal capellino rovesciato, ma anche ai metallari che hanno raggiunto la maggiore età, con una serie di melodie che si incastrano in brani aggressivi e perfettamente studiati.

Si torna a parlare di metalcore sulle pagine di MetalEyes con il secondo full length (il primo per Long Branch) dei The Royal, quintetto di Eindhoven attivo dal 2012 e con un primo album autoprodotto uscito tre anni fa (Dreamcatchers).

Moderno e molto melodico, avaro di ritmiche sincopate e più vicino ad un nu metal maturo, il sound di Seven indubbiamente trova qualche spunto personale, lasciando ad altri gli ormai triti e ritriti cliché del genere, per un approccio aggressivo nelle vocals che si mantengono in scream per tutta la durata dell’album senza scendere in ormai abusati miagolii dai toni (in molti casi) fastidiosamente puliti, e concentrandosi più nel creare atmosfere varie e molto ben orchestrate.
A tratti i The Royal si spingono ai confini del prog moderno, specialmente quando la furia si placa e le dita sui manici delle sei corde creano arpeggi drammaticamente intimisti.
Questi cinque ragazzi sanno come suonare metal moderno cercando di piacere non solo a giovanissimi dal capellino rovesciato, ma anche ai metallari che hanno raggiunto la maggiore età, con una serie di melodie che si incastrano in brani aggressivi e perfettamente studiati, come l’opener Thunder, la cattivissima Thalassa, la nervosa Feeding Wolves e la title track, la canzone che più rispecchia l’anima nu metal del combo olandese.
Un album che si estranea dalle solite uscite del genere, ed un gruppo su cui si può contare per non cadere nelle solite ed abusate soluzioni alle quali il metalcore ci ha abituato, spesso annoiandoci.

TRACKLIST
1.Thunder
2.Feeding Wolves
3.Wildmind
4.Creeds And The Vultures
5.Counterculture
6.Interlude (*CD only)
7.Seven
8.Life Breaker
9.Thalassa
10.Draining Veins

LINE-UP
Sem Pisarahu – Vocals
JD Liefting – Guitars
Pim Wesselink – Guitars
Loet Brinkmans – Bass
Tom van Ekerschot – Drums

THE ROYAL – Facebook

Mindscar – What’s Beyond the Light

Secondo album per il trio capitanato dall’ex Trivium Richie Brown: i Mindscar sono protagonisti di un sound che trova il perfetto equilibrio tra death metal classico, metalcore e soluzioni progressive.

Dalla Florida, patria del death metal statunitense, arriva questo trio estremo attivo dal dagli ultimi scorci del secolo scorso ma con i primi due full length licenziati negli ultimi due anni.

What’s Beyond the Light è il secondo album, successore di Kill The King a conferma della costanza degli ultimi anni in casa Mindscar.
La bend, che vede alla sei corde ed alla voce l’ex Trivium Richie Brown, è forte di un sound che riesce a far convivere il death metal classico con quello moderno, valorizzandolo con svisate progressive e martellanti ritmiche metalcore che a tratti appesantiscono notevolmente la proposta del gruppo.
Ottimi musicisti, i Mindscar, oltre a Brown vedono impegnati Terran Fernandez al basso e Robbie Young alle pelli, una sezione ritmica che riesce perfettamente ad assecondare i deliri del bravissimo chitarrista.
Ne esce un album che, grazie anche alla durata perfetta per la musica proposta, convince tra estreme parti deathcore, arpeggi e voli progressivi e una sempre presente sfumatura classica che ricorda il sound nato tra le strade della Florida.
Mid tempo pesanti come incudini fanno da rovescio della medaglia ad aperture melodiche di stampo progressivo che poi risultano i momenti migliori del disco, la cui apertura è affidata alla Obituary oriented I Am The Bad Man; l’ alternanza tra ritmiche sincopate e scariche violentissime fa da tappeto alla devastante Headless, ma da
Buried Beneath the Snow si cominciano ad intravedere nuove strade progressive sviluppate in seguito, soprattutto nella conclusiva title track.
What’s Beyond The Light è un album che merita la giusta attenzione, e l’ uso da parte del gruppo di varie atmosfere rende l’ascolto piacevole anche grazie all’ottima tecnica dei musicisti coinvolti.

TRACKLIST
1.I Am the Bad Man
2.Headless
3.Buried Beneath the Snow
4.A Faceless Force that Must Die
5.Megalodon
6.Cerberus
7.When the Soul Dies
8.Entering the Void
9.What’s Beyond the Light

LINE-UP
Richie Brown – Guitars, Vocals (lead)
Terran Fernandez – Bass, Vocals
Robbie Young – Drums, Vocals

MINDSCAR – Facebook

Don’t Try This At Home – #01

Questo disco è una delle tante vie giovanili e moderne al metal, e dato che la mente deve essere aperta ascoltatelo, perché ne vale la pena e perché è una bella mazzata, e ogni tanto prendere due schiaffi sonori fa bene.

Da Udine il debutto in free download per questo giovane gruppo di metalcore e hardcore.

Il loro suono non è inedito, ma i ragazzi friulani rielaborano molto bene una materia molto sfruttata ultimamente, come quella del metalcore. I Don’t Try This At Home sono molto potenti e diretti, riuscendo ad inserirsi molto bene su di una onda estremamente frequentata. Il suono di questo ep di esordio, in download libero dal loro bandcamp, è un metalcore veloce, ben prodotto e con finalmente i bassi al posto giusto, poiché troppe volte si ascoltano gruppi del genere con i treble troppo alti, senza profondità. I Don’t Try This At Home invece hanno un gran tiro, sanno sempre cosa fare e lo fanno bene, e per certi versi potrebbero essere considerati eredi di una certa scena hardcore anni novanta, forse inconsapevole progenitrice del metalcore. Certamente il metalcore fa storcere il naso a molti, e per certi versi a ragione, ma questi dovrebbero ascoltare #01 per ricredersi, almeno per quanto riguarda questi friulani. Disco veloce, pesante, con molti ottimi risvolti, suonato con tecnica ma soprattutto mettendo a frutto la molteplicità di ascolti fatti. All’interno della stessa canzone possiamo ascoltare molti cambi di registro, con variazioni sul tema e molto altro. Questo disco è una delle tante vie giovanili e moderne al metal, e dato che la mente deve essere aperta ascoltatelo, perché ne vale la pena e perché è una bella mazzata, e ogni tanto prendere due schiaffi sonori fa bene.

TRACKLIST
1.Mushroom
2.Paranoid Alienation
3.The Beast Within
4.Jeff Buckley
5.Vicious Circle

LINE-UP
Giuliano Bergantin – Vocals
Giovanni Stella – Guitar
Federico Sbaiz – Guitar
Alessandro Cartelli – Bass
Thomas Macorig – Drum

DON’T TRY THIS AT HOME – Facebook

Ghost Iris – Blind World

Un lavoro riuscito solo in parte ed apprezzabile solo per i fans accaniti del genere, tutti gli altri ci si avvicinino con le precauzioni del caso.

Con un altra proposta che si inserisce nel metallo progressivo moderno, i danesi Ghost Iris tornano con un album che non cambia le carte in tavola, specialmente se si guarda al passato e a quello proposto con il debutto licenziato un paio di anni fa (Anecdotes of Science and Soul): un metalcore dai caratteri progressivi, meno cervellotico dei Meshuggah e molto melodico, con l’utilizzo della classica voce pulita in contrasto allo scream/growl.

Ottimo l’uso dei cori e davvero super la sezione ritmica, che pennella potentissime ritmiche dai rimandi post metal e prog, mentre sfuriate core ed atmosfere più rilassate fanno da cornice ad un sound che di originale ormai ha poco e che, a tratti, risulta freddino.
Tesseract è il nome che si può accostare senza indugi al quartetto danese, che non ne vuole sapere di partiture semplici e cerca in tutti i modi di stupire, talvolta riuscendoci, altre volte inciampando in un intricato songwriting, costruito esclusivamente per mera ambizione tecnica.
E’ questo il più grosso difetto di questo Blind World: se non si è amanti di questi suoni si finisce per passare oltre, confusi dalla marea di note che, perfette a livello tecnico, lasciano per strada qualcosa sotto l’aspetto dell’appeal: un genere non facile e che, ultimamente, risulta inflazionato porta l’ascoltatore verso altri lidi, con la pienezza spesso disturbante dei Ghost Iris che si salvano in zona Cesarini (calcisticamente parlando) con le buone The Flower Of Life e Time Will Tell.
Un lavoro riuscito solo in parte ed apprezzabile solo per i fans accaniti del genere, tutti gli altri ci si avvicinino con le precauzioni del caso.

TRACKLIST
01. Gods Of Neglect
02. Save Yourself
03. The Flower Of Life
04. Pinnacle
05. No Way Out
06. Blind World
07. Time Will Tell
08. The Silhouette
09. After The Sun Sets
10. Detached

LINE-UP
Nicklas – Guitar, Bass
Peter – Guitar, Bass
Jesper – Vocals
Sebastian – Drums

GHOST IRIS – Facebook

Acts Of Tragedy – Left With Nothing

Questi ragazzi riescono a creare un magma sonoro figlio dell’incontro tra metal e qualcosa dalle parti dei Dillinger Escape Plan, il tutto lanciato a mille all’ora, con una produzione notevole.

Al primissimo ascolto dei cagliaritani Acts Of Tragedy mi sembrava di trovarmi davanti all’ennesimo disco di metalcore melodico, con parti più dure e altre parti molto, anzi fin troppo melodiche.

E invece sbagliavo, e di molto, vittima di pregiudizi che non dovrebbero esserci. Gli Acts Of Tragedy fanno metalcore, o meglio metal moderno, ma hanno una potenza, un tiro ed una tecnica che li portano molto al di sopra della media del genere. Questi ragazzi riescono a creare un magma sonoro figlio dell’incontro tra metal e qualcosa dalle parti dei Dillinger Escape Plan, il tutto lanciato a mille all’ora, con una produzione notevole. Gli Acts Of Tragedy sono potenti e molto coinvolgenti, e hanno prodotto un disco che spacca, come direbbero i giovani. Left With Nothing, il suo titolo, potrebbe essere l’epitaffio sulla tomba dei giovani di oggi che si mangiano la merda che hanno lasciato quelli di prima: è un disco di metal moderno a trecentosessanta gradi, e dentro c’è tutto il meglio degli ultimi venti anni di metal melodico, dove melodia non sta per commercializzazione scontata, ma per ricerca di qualcosa di piacevole in mezzo alla durezza. l’album funziona benissimo anche grazie al notevole apporto della produzione, che fa rendere al meglio questo suono che piacerà su ogni lato dell’oceano, perché le sue radici sono comunque americane. Un disco molto bello, dall’inizio fino alla fine, e non è poco.

TRACKLIST
1.Under the Stone
2.Melting Wax
3.The Worst Has yet to Come
4.The Man of the Crowd, Pt. 1
5.Smoke Sculptures and Fog…
6.The Man of the Crowd, Pt. 2
7.Incomplete
8.Nothing
9.Vice
10.Oaks

LINE-UP
Alessandro Castellano – Drums
Andrea Orrù – Vocals
Lorenzo Meli – Bass
Paolo Mulas – Guitar
Gabriele Murgia – Guitar & Backing Vocals

ACTS OF TRAGEDY – Facebook

Unexpectance – Metastasis De La Esperanza

Gli Unexpectance confermano che il metal può essere uno dei mezzi migliori per spiegare il mondo, per esprimere ciò che portiamo dentro.

Gruppo metal proveniente dalle Asturie, e più precisamente da Oviedo, gli Unexpectance sono alla prima prova su lunga distanza.

Il loro suono è un misto di groove metal, metalcore e death metal per un disco che non manca di potenza e passione, ma difetta in originalità. Ciò non è però un problema perché gli asturiani fanno una mezcla molto buona, il suono esce potente e preciso, e forse con una produzione più complessa il loro suono risalterebbe maggiormente. Il disco è un concept album sulla metastasi della speranza, preso atto di come va il nostro mondo. Gli Unexpectance confermano che il metal può essere uno dei mezzi migliori per spiegare il mondo, per esprimere ciò che portiamo dentro, gridando nel dilaniamento provocato per la distanza da ciò che siamo e da ciò che vorremmo essere. Il cantato in spagnolo a due voci del gruppo è notevole ed è sicuramente uno dei loro pregi maggiori. In quasi tutti i pezzi c’è poi una ricerca graduale e bene gestita della melodia, che non fa assolutamente degli Unexpectance un gruppo commerciale, bensì un gruppo dalle molte armi e dalle molte possibilità. Il loro suono è molto moderno ed in linea con tutto ciò che è venuto dai Gojira in poi, ma la loro è una sintesi originale. Un disco, ma soprattutto un gruppo, da scoprire.

TRACKLIST
1.La Caída (Intro)
2.Entropía
3.El Fin De Los Días
4.Liberate Me Ex Inferis
5.Abismo
6.Ante Las Puertas
7.La Metástasis De La Desesperanza
8.Incepción
9.Lágrimas En La Tormenta
10.Quiasma
11.Sinestesia

LINE UP
Dani L. – Growl Vocals
Salvador G. “Poyo” – Drums
Aitor G. “Mike Stamper” – Bass, Clean Vocals
Nacho P. “Nacho Another” – Guitars, Backoìing Vocals
Fran P. – Guitars

UNEXPECTANCE – Facebook

Meltdown – Answers

I Meltdown ci strapazzano con Answers, album composto da otto brani di metallo moderno ma dalla dalla forte connotazione classica.

Sono in sei i Meltdown, ma sembra che suonino il triplo dei musicisti tanta è la forza estrema del loro sound.

C’è chi suona metalcore come se partecipasse a qualche gara televisiva per ragazzini e c’è chi lo suona come se fosse l’ultima frontiera del metal estremo, potentissimo, violento e melodico, ma al servizio di una devastante forza bruta.
I norvegesi,tramite la WormHoleDeath, ci strapazzano con Answers, album composto da otto brani di metallo moderno, dal songwriting che, nel genere, risulta di un’ altra categoria e dalla forte connotazione classica che si evince dall’uso della voce pulita da puro singer heavy metal e dal lavoro chitarristico, piazzato su un tappeto ritmico da bombardamento su Pearl Harbor ed un growl che spaventerebbe un grizzly.
Facile chiamare questo inferno metallico metalcore, ma nella musica del gruppo scandinavo chiunque abbia un minimo di esperienza in materia metallica riscontrerà ispirazioni thrash (nelle tempeste metalliche che attraversano brani come The Curse): l’heavy metal classico appare come uno spirito indomito nell’uso delle clean, che per il contesto risultano quanto mai originali, senza dimenticare il death metal di estrazione moderna e che si specchia in quello statunitense.
Hollow è qualcosa di unico nel panorama metalcore, thrash metal stile Pantera, con death moderno alla Lamb Of God si alleano con l’heavy metal classico, mentre un chorus evocativo tortura il sound che, ribellandosi, fugge sulle ali di ripartenze micidiali e devastanti.
Misery e Nightmare concludono l’album, la prima più moderna nell’approccio, la seconda classicamente metallica, seviziata dal growl e dalla potenza estrema degli strumenti portati al limite dai musicisti norvegesi.
Answers risulta senza dubbio il lavoro più originale nel genere degli ultimi tempi, con i Meltdown che si dimostrano una band in stato di grazia.

TRACKLIST
1. Answers
2. Blackbox Paradise
3. The Curse
4. Time Of War
5. Hollow
6. Mariana Trench
7. Misery
8. Nightmare

LINE-UP
Patrick Karlsen – vocals
Thomas Arntzen Dahl – vocals
Jørgen C. Hansen – guitar
Knut Elvenes – guitar
Robin Fagerland – drums
Morten Nilsen – bass

MELTDOWN – Facebook

All Else Fails – The Forever Lie

Non cercate influenze o ispirazioni, schiacciate il tasto play e tuffatevi in questo ottimo esempio di moderno metallo che è The Forever Lie.

Il metalcore è uno dei generi che più divide gli amanti del metal, ma ha saputo regalare ottima musica, almeno finché le troppe uscite non hanno cominciato a saturare il mercato.

Questo non vuol dire però che non ci si possa imbattere in album di spessore e i canadesi All Else Fails hanno dato vita ad un gran bel lavoro.
Attivo da una decina d’anni con una manciata di lavori alle spalle e molte apparizioni live di fianco a nomi altisonanti del metal estremo americano, il gruppo di Edmonton ha confezionato un’opera che non mancherà di trovare ammiratori: il sound su cui si poggia The Forever Lie è un metal moderno dalle ritmiche core, anche se molto varie e per nulla scontate, su cui elettronica, metal ed orchestrazioni melanconicamente dark, accompagnano un uso delle due voci (pulita ed estrema) davvero sopra la media ed in grado di trasmettere emozioni.
Il tutto si riassume in un suono caldo, per nulla scontato, là dove ormai gli album si assomigliano un po’ tutti nel loro sviluppo freddo e dai pochi spunti emozionali.
Chorus che si incastrano a dovere tra le spire di un rettile che ci avvolge ed ipnotizza tra bombardamenti metallici ed eleganti orchestrazioni che permettono al suono di uscire pieno, travolgono l’ascoltatore sotto lo tsunami di note prodotte dall’opener Beneath The Waves, la splendida Twice Broken e la devastante Bones, prima che Terracide metta la parola fine ad un album molto interessante.
Non cercate influenze o ispirazioni, schiacciate il tasto play e tuffatevi in questo ottimo esempio di moderno metallo che è The Forever Lie.

TRACKLIST
1.Beneath The Waves
2.The Sons Of Plenty
3.The Forever Lie
4.Twice Broken
5.Bones
6.Terracide

LINE-UP
Barrett Klesko – Vocals, Guitar, Programming
Chase J Stevenson – Bass, Vocals
Mike Sands – Guitar
Francisco Armas – Drums

ALL ELSE FAILS – Facebook