Aether – In Embers

In Embers si rivela un album piacevole, di maniera per molti, ma molto interessante per chi ama queste sonorità e le band di riferimento degli Aether.

L’underground metallico è sempre ricco di sorprese e quando meno te lo aspetti riesce ancora a sorprendere con inaspettati doni musicali come questo bellissimo lavoro intitolato In Embers, dei polacchi Aether.

Il giovane gruppo proveniente da Łódź, attivo dal 2015, dà alle stampe il suo primo lavoro su lunga distanza dopo l’ep Tale Of Fire uscito tre anni fa, accolto molto bene dagli addetti ai lavori.
L’album si destreggia tra i cliché di un genere che poco ha da dire in termini di originalità ma che, in mano ad un gruppo come quello polacco riesce ancora a dire la sua, tra ritmiche death/power, tappeti di tastiere a donare un tocco symphonic e tanta metallica epicità.
Con la prima traccia veniamo trasportati nelle fredde lande dell’est, tra venti scandinavi che scendono a diminuire ulteriormente la temperatura, la successiva Wildfire Within risulta la classica power metal song che solo l’uso del growl avvicina al death metal melodico, mentre Tale Of Fire alza l’atmosfera epica, seguita da Valhalla.
L’atmosfera maestosa di Last Battle macchia di sangue il manto nevoso tra non pochi riferimenti ai vari Wintersun, Insomnium, Omnium Gatherum e Stratovarius, con l’aggiunta dei nostri Rhapsody Of Fire a portare fiera la bandiera del symphonic power.
In conclusione In Embers si rivela un album piacevole, di maniera per molti, ma molto interessante per chi ama queste sonorità e le band di riferimento degli Aether.

Tracklist
1.Golden Eyed Fox
2.Wildfire Within
3.Elements
4.Tale of Fire
5.Valhalla
6.Last Battle
7.Forest
8.Insomnia
9.Dream

Line-up
All guitars and vocals by Michał Miluśki
Bass by Michał Górski
Keyboards by Krzysztof Wiedeński

Drums performed by Rolf Pilve (Stratovarius, Wintersun, Solution 0.45)
Guest vocals by Vincent Jackson Jones (Aether Realm)
Choirs/backing clean vocals by Artur Rosa Rosiński (Lux Perpetua)
Orchestrations by Topias Kupiainen (Arion)
Female vocals by Aneta Sikorska

Michał Miluśki – guitars and vocals
Michał Górski – bass
Krzysztof Wiedeński – keyboards
Krzysztof Grochowski – guitars
Maksym Steć – drums

https://www.facebook.com/aethermelodeath/?fref=ts

Havamal – Tales From Yggdrasil

Un buon lavoro che sicuramente troverà spazio nei cuori degli amanti del death metal melodico epico e battagliero e che ha negli Amon Amarth la fonte di ispirazione indiscussa.

Giunge fino a noi la parola di Odino (il monicker Havamal è ispirato proprio dal poema che secondo la tradizione nordica fu composta da Odino in persona) con il primo lavoro sulla lunga distanza degli Havamal intitolato Tales from Yggdrasil.

Niente di nuovo quello portato dai venti gelidi che si rinforzano in terra scandinava, il sound del quintetto poggia su un melodic death metal epico e di matrice viking.
In breve gli Hamaval accentuano la componente melodica in un sound debitore nei confronti degli Amon Amarth et similia, strutturato sulla presenza fissa delle tastiere a fare da tappeto epico ad un melodic death dai solos ispirati all’heavy classico. Nella sua semplicità Tales From Yggdrasil si ascolta che è un piacere, composto da una raccolta di brani, talvolta infiorettati da arrangiamenti orchestrali, mentre la chitarra come un’infallibile ascia squarcia il cielo illuminato dalle saette, come avviene nella potente Berserker, nel mid tempo mid tempo power epico di Death Of Balder e nell’inno Hail Havamal.
Un buon lavoro che sicuramente troverà spazio nei cuori degli amanti del death metal melodico epico e battagliero e che ha negli Amon Amarth la fonte di ispirazione indiscussa.

Tracklist
1.Harken the Shadows
2.Draugers March
3.Berserker
4.Dawn of the Frost Giants
5.Blood Oath
6.Net of Rain
7.Death of Balder
8.Hail Havamal
9.Ginnungagap

Line-up
Björn – Vocals
Lennie – Guitar
Kjell – Guitar
Sandra – Bass
Andreas – Drums

https://www.facebook.com/Havamalofficial

Carmilla – Deflector

Deflector, pur offrendo poco in termini di personalità, lascia che sia qualche buon spunto compositivo a fare in modo che non passi inosservato agli amanti al death metal venato di melodie di ispirazione classica

Senza far gridare al miracolo, il debutto dei Carmilla risulta un lavoro soddisfacente per gli amanti del death metal melodico ispirato (anche per la presenza di una cantante al microfono) agli Arch Enemy.

La band proveniente da Stoccolma è di recente formazione, ha dato alle stampe un ep di rodaggio ed ora si autoproduce il primo full length, intitolato Deflector e composto da dieci brani più intro dove la singer Oksana Blohm Hedlund fa il bello e cattivo tempo sia con la voce pulita che con i toni estremi.
L’alternanza delle voci è quindi l’arma migliore in possesso dei Carmilla, unica differenza con i loro più popolari conterranei capitanati oggi dalla colorata pantera Alissa White-Gluz.
Un limite forse, ma dalla sua Deflector, offrendo poco in termini di personalità, lascia che sia qualche buon spunto compositivo a fare in modo che non passi inosservato agli amanti del genere, risultando un’opera dedicata esclusivamente ad orecchie allenate al death metal venato di melodie di ispirazione classica.
Una serie di discreti passaggi chitarristici fanno di Kings Of Religion, della title track e di Devils Feast i brani più riusciti dell’album, il resto delle tracce fila liscio senza grossi picchi, ma neanche brutte cadute, attestandosi su di un livello più che sufficiente.

Tracklist
1.Avvia e Inizia
2.Kings of Religion
3.Stained Scars
4.Deflector
5.Blinders
6.Devils Feast
7.The Accuser
8.Lizzy Borden
9.A Hundred Years of Failure
10.What We Deserve
11.Lightbringer

Line-up
Felix Björklund – Bass
Dennis Blohm Hedlund – Drums
Håkan Ålander – Guitars
Daniel Karlsson – Guitars
Oksana Blohm Hedlund – Vocals

https://www.facebook.com/carmilla.theband/

https://youtu.be/yRiPl2d_xr4

Unmasked – Behind The Mask

Debutto all’insegna di un buon death metal melodico per i tedeschi Unmasked, ispirati dai Dark Tranquillity ma dalle trame progressive personali e ben strutturate.

Accompagnato da una splendida copertina che richiama il titolo (Behind The Mask), il debutto dei tedeschi Unmasked si colloca tra le più recenti uscite riguardanti il death metal melodico.

L’album, composto da cinque lunghe tracce, risulta vario e ben suonato, e le atmosfere cangianti lungo tutti i brani donano un’aura progressiva a un sound che rimane roccioso e a tratti marziale.
La parte melanconica del sound è fornita dai tasti d’avorio che ricamano melodie dark, mentre le potenti ritmiche fanno da tappeto ad un buon lavoro delle chitarre che offrono solos heavy di buona fattura.
Behind The Mask offre con la splendida Home, con le soluzioni death prog di Drenched In Blood e della conclusiva title track, buoni motivi l’ascolto di questo riuscito debutto firmato dal quintetto, che si ispira al sound dei Dark Tranquillity ma senza perdere una personalità che rimane comunque ben definita.

Tracklist
1.No Regrets
2.Home
3.Gaia
4.Drenched in Blood
5.Behind the Mask

Line-up
Basti – Drums
Malte Kühle – Guitars
Aileen – Keyboards
Karsten Fent – Bass
Chris – Vocals

UNMASKED – Facebook

Archaic Decapitator – The Apothecary

Quattro brani più intro per gli Archaic Decapitator, partiti agli inizi di carriera con un sound incentrato sul death metal classico e con il tempo plasmato e trasformato in un melodic death metal dalle influenze nord europee.

Accompagnato dalla splendida copertina creata da Caelen Stokkermans, The Apothecary è il terzo ep pubblicato dai deathsters statunitensi Archaic Decapitator, quintetto proveniente dal Connecticut con alle spalle un full length licenziato nel 2011 (Impalement Ceremonies) ed appunto due ep tra il 2015 e l’anno successivo (The Catherine Wheel e Light Of A Different Sun).

Quattro brani più intro per gli Archaic Decapitator, partiti agli inizi di carriera con un sound incentrato sul death metal classico e con il tempo plasmato e trasformato in un melodic death metal dalle influenze nord europee.
Skyward non lascia dubbi sulle coordinate stilistiche del quintetto, un melodic death metal furioso dove ritmiche mozzafiato fanno da tappeto sonoro ad una cascata di riff dalle melodie valorizzate dall’uso delle tastiere, presenti ma non preponderanti.
Il mid tempo su cui poggia l’ottima Diminishing Returns, risulta una cavalcata metallica a tratti esaltante, così come la devastante e velocissima prima parte della title track, dai rimandi che trovano i natali tra le opere di Dimension Zero, ultimi Naglfar ed Old Man’s Child.
The Apothecary conferma l’ottima proposta degli Archaic Decapitator per i quali sembra giunto il momento per la pubblicazione di un secondo full length che aspettiamo fiduciosi.

Tracklist
1. Circadian Promise
2. Skyward
3. Cruelty of the Host Star
4. Diminishing Returns
5. The Apothecary

Line-up
Kyle Quintin- Vocals
Yegor Savonin- Lead Guitar
Chris Ridley- Rhythm Guitar
Craig Breitsprecher- Bass, Backing Vocals
Gary Marotta- Drums

ARCHAIC DECAPITATOR – Facebook

2 Wolves – ….Our Fault

Tra Swallow The Sun e The 69 Eyes, la band finlandese ci consegna un bellissimo esempio di musica dark/gothic valorizzata da melodie che entrano nell’anima come lame nel burro, dimostrandosi un nome da segnare sul taccuino alla voce imperdibili per gli amanti di queste sonorità.

Questo bellissimo lavoro in arrivo dalla Finlandia è la quarta opera gotica dei 2 Wolves, quintetto di Lappeenranta attivo dal 2011.

Licenziato dalla Inverse Records, ….Our Fault è composto da nove bellissimi brani che uniscono dark/gothic e melodic death metal in un sound oscuro, melanconico ed accattivante senza rinunciare all’anima estrema che potenzia tracce dalle bellissime melodie crepuscolari.
Growl e voce dal taglio dark/gothic si danno il cambio tra le atmosfere create da un sound in cui molta importanza hanno i tasti d’avorio, protagonisti di tappeti melanconici sui quali il gruppo appoggia chitarre di stampo melodic death, quindi dal taglio classico in un contesto death metal che a tratti rallenta in cadenzate marce doom.
Un sound che fin dall’opener Unwritten Names si mette in luce per un talento melodico straordinario, che rimane di altissimo livello per tutta la durata del disco.
Splendido il doom/death di Of Storm And Stars, uno dei brani più riusciti di questo quarto lavoro targato 2 Wolves che offre il meglio man mano che passano i minuti, con il quintetto che, quando indurisce il suono, mette in mostra tutto il talento dei gruppi nordici per queste sonorità.
Ancora Departures And Arrivals sugli scudi, mentre con le conclusive Tuhat Kertaa e The Fault Is Ours si torna al gothic/dark dei primi brani, alternando potenza ed appeal melodico in un’atmosfera splendidamente melanconica.
Tra Swallow The Sun e The 69 Eyes, la band finlandese ci consegna un bellissimo esempio di musica dark/gothic valorizzata da melodie che entrano nell’anima come lame nel burro, dimostrandosi un nome da segnare sul taccuino alla voce imperdibili per gli amanti di queste sonorità.

Tracklist
1. Unwritten Names
2. Strange Patterns
3. Of Storm and Stars
4. Regret
5. Dreaming Beneath
6. Departures and Arrivals
7. Blame
8. Tuhat Kertaa
9. The Fault is Ours

Line-up
Ilkka Valkonen – Vocals
Jere Pennanen – Guitar
Petri Määttä – Guitar
Sami Simpanen – Bass
Niko Pennanen – Drums, Programming

2 WOLVES – Facebook


Descrizione Breve

Three Dead Fingers – Breed Of The Devil

Giovanissimi e arrabbiati, i Three Dead Fingers arrivano all’esordio su lunga distanza sotto l’ala della Bleeding Music Records e ci investono con il loro metal estremo composto da un’adrenalinica miscela di melodic death metal e thrash metal classico.

Giovanissimi e arrabbiati, i Three Dead Fingers arrivano all’esordio su lunga distanza sotto l’ala della Bleeding Music Records e ci investono con il loro metal estremo composto da un’adrenalinica miscela di melodic death metal e thrash metal classico.

Il giovane quintetto proveniente da Stoccolma (si parla di ragazzi poco più che adolescenti) si impone all’attenzione del pubblico metallico per un impatto ed un’attitudine da veterani, il loro lavoro convince sotto tutti i punti di vista, solido e spettacolare in molti passaggi, perfetto nell’uso delle voci che si alternano in un’orgia infernale tra growl scream e clean, massiccio e colmo di veri e propri inni da cantare a sotto il palco.
Le influenze dei Three Dead Fingers sono da annoverare tra una serie di gruppi storici dei generi che compongono il sound di Breed Of the Devil, dagli Slayer agli Arch Enemy, dai primi Sepultura ai Dissection, per lasciare agli Iron Maiden la paternità di quel tocco heavy che spunta qua e là tra le varie tracce.
Dall’opener Black Rainbows in poi verrete catapultati nel mondo senza compromessi che i Three Dead Fingers hanno creato, composto da un sound adrenalinico, fughe e cavalcate metalliche da applausi, accelerazioni ritmiche da infarto e chorus che si piantano in testa al primo passaggio, pur rimanendo legati ad un’attitudine assolutamente estrema.
La title track, Nocturnal Gates, Eveline sono i brani che maggiormente spiccano all’interno di questo ottimo e convincente debutto.

Tracklist
1.Until the Morning Comes
2.Black Rainbows
3.Into the Bloodbath
4.Celestial Blasphemy
5.Breed of the Devil
6.A Virus Called Life
7.Pighead
8.Nocturnal Gates
9.Eveline
10.Goodbye
11.House of the Careless

Line-up
Gustav Jakobsson – Bass
Anton Melin – Drums
Remy “Fiskis” Strandberg – Guitars
Adrian Tobar Hernandez – Guitars
Oliwer Bergman – Vocals, Guitars

THREE DEAD FINGERS – Facebook

Vale Of Pnath – Accursed

Accursed regala momenti esaltanti, non si contorce in inutili e stucchevoli perizie tecniche fini a se stesse, ma si destreggia tra il bombardamento a tappeto di note con una disinvoltura che ha del sorprendente.

Tornano gli statunitensi Vale Of Pnath, quintetto del Colorado che con Accursed, nuovo ep licenziato dalla Willowtip Records, mostra il lato più melodico del technical death metal.

La band di Denver, infatti, accomuna la bravura strumentale con un talento melodico ed una sagacia compositiva davvero sopra le righe e queste sei tracce ne confermano tutta la bravura.
Ventotto minuti, durata che per molti vuol dire full length, dove i Vale Of Pnath ci investono con ondate di death metal tecnico e melodico, suonato a velocità proibitiva ma perfettamente leggibile nel suo sali e scendi tra appeal melodico e devastanti parti ultra tecniche.
Growl che si pazza perfettamente nel campo del melodic death metal, ed un lavoro ritmico e chitarristico di categoria superiore fanno di The Darkest Gate e degli altri brani (splendidamente devastante Obsidian Realm) gemme estreme di assoluto valore. Accursed regala momenti esaltanti, non si contorce in inutili e stucchevoli perizie tecniche fini a se stesse, ma si destreggia tra il bombardamento a tappeto di note con una disinvoltura che ha del sorprendente.Un ep che non lascia scampo, perfetto per saggiare la forma del gruppo in attesa di nuovi sviluppi.

Tracklist
1.Shadow and Agony
2.The Darkest Gate
3.Skin Turned Soil
4.Accursed
5.Audient Void
6.Obsidian Realm
7.Spectre of Bone

Line-up
Vance Valenzuela – Guitars
Harrison Patuto – Guitars
Reece Deeter – Vocals
Andy Torres – Bass

VALE OF PNATH – Facebook

Soulline – The Deep

The Deep vive di un’insieme di ispirazioni e dettagli che fanno di questa tracklist uno degli esempi migliori del genere, sbaragliando i lavori precedenti e confermando i Soulline come gruppo di notevole levatura tra quelli di seconda fascia, in un genere ancora in grado di regalare grosse soddisfazioni.

Con qualche mese di ritardo sull’uscita parliamo dell’ultimo album degli svizzeri Soulline, già apparsi sulla nostra webzine in occasione dell’uscita di Welcome My Sun, precedente lavoro del gruppo che vedeva Dan Swanö alla produzione, così come Peter Tägtgren, altro guru del metal estremo scandinavo, si era occupato di quella di We Curse, We Trust, terza fatica licenziata nel 2012.

Il melodic death metal, genere che offre ormai poco in termini di originalità, ma come tutti i generi che gravitano nel mondo metal, sa regalare opere di spessore quando il songwriting è di altissimo livello come in questo caso.
La band svizzera, d’altronde, ha l’esperienza necessaria per sapere quali corde toccare per non passare inosservata agli amanti di queste sonorità: grandi melodie, cascate di note metalliche, appeal al massimo per la musica prodotta che rimane legata a doppia mandata con il Gothenburg sound e ali gruppi che ne hanno decretato il successo.
Grazie all’ottima tecnica e a belle canzoni ci si dimentica che gli anni novanta sono passati da un pezzo, con gli In Flames che hanno cambiato la loro carta d’identità svedese con quella americana e a difendere l’onore del death metal melodico scandinavo sono rimasti i soli Soilwork ed At The Gates.
The Deep vive di un’insieme di ispirazioni e dettagli che fanno di questa tracklist uno degli esempi migliori del genere, sbaragliando i lavori precedenti e confermando i Soulline come gruppo di notevole levatura tra quelli di seconda fascia, in un genere ancora in grado di regalare grosse soddisfazioni.

Tracklist
01.Leviathan
02.Cool Breeze
03.Nightmare
04.The Fall
05.Filthy Reality
06.Into Life
07.The Game
08.Deepest Me
09.The Deep End
10.Still Mind

Line-up
Ghebro – Vocals
Lore – Guitars
Marco – Guitars
Miles – Bass
Matt – Drums

SOULLINE – Facebook

October Tide – In Splendor Below

In Splendor Below è senza dubbio un disco che merita d’essere ascoltato e che, probabilmente, convincerà pienamente più di un ascoltatore ma per quanto mi riguarda l’appuntamento con un nuovo capolavoro, se non all’altezza almeno vicino a Rain Without End, è nuovamente rimandato alla prossima occasione.

Riguardo agli October Tide ho sempre avuto la sensazione di essere al cospetto di una bella incompiuta, almeno prendendo in considerazione gli album pubblicati dopo la reunion del 2010, considerando i due lavori del secolo scorso (in particolare il magnifico Rain Without End) un qualcosa a sé stante.

La band dei fratelli Norrman si è sbarazzata piuttosto in fretta, in questo decennio, del potenziale fardello emotivo del death doom più cupo spingendo il sound verso un death melodico, comunque oscuro, che finisce per restare a metà strada tra le due vie maestre senza optare in maniera decisa per una di esse.
Il risultato non può certo definirsi insoddisfacente perché la risaputa maestria di questi musicisti garantisce appieno riguardo la qualità sonora espressa, però quel che resta alla fine dell’ascolto di In Splendor Below è quella di un album roccioso, ineccepibile a livello formale ma privo sia dei segnanti spunti emotivi del doom sia delle inarrestabili cavalcate tipiche del melodic death.
Stars Starve Me, per esempio, è un brano potente e accattivante ma che, a un certo punto, si avvita invece di proseguire con decisione sulla strada inizialmente intrapresa con quello che è forse il chorus più catchy dell’intero lavoro. Meglio, quindi, una traccia più cupa come We Died in October, il cui diritto di cittadinanza in abito death doom non viene mai messo in discussione grazie a un lavoro chitarristico più dolente e al notevole growl di Alexander Högbom, oppure Our Famine, dai ritmi ben più rallentati che riportano l’album in ambiti più prossimi al passato degli October Tide, o ancora la più dissonante e conclusiva Envy the Moon.
Poi è innegabile che canzoni come I, the Polluter e Guide My Pulse esibiscano quell’impatto tipico del death melodico che non è nelle corde di una band qualsiasi, per cui a livello di consuntivo In Splendor Below non può che essere considerato un lavoro più che mai riuscito e privo di particolari pecche.
L’unico vero appunto che mi permetto di fare a musicisti inattaccabili come i fratelli Norrman è che, ascoltando questo lavoro, non emerge un forte tratto distintivo tale da rendere immediatamente riconoscibile il sound, nonostante si parli di una band che ha raggiunto quasi un quarto di secolo di attività.
Per il resto, In Splendor Below è senza dubbio un disco che merita d’essere ascoltato e che, probabilmente, convincerà pienamente più di un ascoltatore ma per quanto mi riguarda l’appuntamento con un nuovo capolavoro, se non all’altezza almeno vicino a Rain Without End, è nuovamente rimandato alla prossima occasione.

Tracklist:
1. I, the Polluter
2. We Died in October
3. Ögonblick av nåd
4. Stars Starve Me
5. Our Famine
6. Guide My Pulse
7. Seconds
8. Envy the Moon

Line-up:
Fredrik “North” Norrman – Guitars
Mattias “Kryptan” Norrman – Guitars
Alexander Högbom – Vocals
Johan Jönsegård – Bass
Jonas Sköld – Drums

OCTOBER TIDE – Facebook

Relinquished – Addictivities (Pt. 1)

Addictivities (Pt. 1) risulta un buon lavoro nella sua interezza, mancano solo quel paio di brani a farsi carico qualitativamente dell’intera tracklist ma sono dettagli, perché la band dà vita ad un’opera oscura e dalle atmosfere dark progressive che trovano nella musica di Opeth, Eternal Tears Of Sorrow e Diabolical Masquerade le loro più convincenti ispirazioni.

Provenienti dalla vicina Austria ed attivi da una quindicina d’anni, tornano sul mercato underground metallico i Relinquished con il terzo full length intitolato Addictivities (Pt. 1).

Il quintetto tirolese offre uno spaccato convincente di progressive metal estremo, dalle atmosfere dark che si scambiano la scena con un death metal melodico ben calibrato ed ispirato dalla scena scandinava di primi anni novanta.
Niente di moderno quindi, ma un sound che dà molto spazio alle parti atmosferiche, per poi ripartire potente e melodico, lasciando che il growl ci guidi tra ritmiche veloci, oscuri intermezzi dark rock e attimi dove la chitarra crea soluzioni melodiche di stampo classico.
Addictivities (Pt. 1) risulta un buon lavoro nella sua interezza, mancano solo quel paio di brani a farsi carico qualitativamente dell’intera tracklist ma sono dettagli, perché il cantante Sebastian Bramböck e compagni danno vita ad un’opera oscura e dalle atmosfere dark progressive che trovano nella musica di Opeth, Eternal Tears Of Sorrow e Diabolical Masquerade le loro più convincenti ispirazioni.
Avalanche Of Impressions è il brano che riassume tutto il lavoro del gruppo in otto minuti, anche se Addictivities (Pt. 1) è opera da ascoltare per intero per essere maggiormente apprezzata.

Tracklist
1.Expectations
2.Bundle of Nerves
3.Avalanche of Impressions
4.Pulse
5.Damaged for Good
6.Syringe
7.Zero
8.Into the Black
9.Void of My Ashen Soul

Line-up
Sebastian Bramböck – Vocals
Anton Keuschnick – Guitars, Clarinet
Simon Dettendorfer – Guitars, Vocals
Dominik Steffan – Bass
Richard Marx – Drums

RELINQUISHED – Facebook

Meadows End – The Grand Antiquation

The Grand Antiquation è un album che nulla toglie e nulla aggiunge alla carriera del gruppo svedese, ma di fatto conferma la buona proposta che da anni lo contraddistingue, continuando la tradizione dei Meadows End nel death metal melodico dall’anima epico sinfonica.

Tornano sul mercato i Meadows End, gruppo svedese arrivato al quarto full length in ormai vent’anni di attività.

Poco conosciuta rispetto ad altre realtà della scena estrema melodica scandinava, la band ha sempre rilasciato buoni lavori incentrati su un melodic death metal valorizzato dalla parte sinfonica, molto presente ed importante nell’economia del sound.
The Grand Antiquation segue di tre anni l’ultimo Sojourn e di cinque il notevole The Sufferwell, del quale vi parlammo all’epoca e le novità in parte non mancano in un sound ormai consolidato.
Il gruppo vira leggermente verso un approccio più moderno e groove, mantenendo quel tocco epico che tanto sa di primi Amorphis come di Amon Amarth, scandito da riff creati nel profondo delle foreste scandinave, sinfonie suggestive ed a tratti magniloquenti e, specialmente, nei primi brani (Devilution, Storm Of Perdition), potenziati da ritmiche terremotanti.
Nel corso dell’ascolto si torna pian piano al solito sound di marca Meadows End che accoglie tra le sue note melodic death metal svedese ed un approccio epico sinfonico proveniente dalla terra dei mille laghi.
Mats Helli, Jan Dahberg e compagni sanno come catturare l’attenzione degli amanti del genere, tra potenti sciabolate estreme e raffinati passaggi orchestrali, dando vita a cavalcate metalliche dalle melodie a cui difficilmente si resiste, otto sinfonie d’acciao sempre in bilico tra la raffinata anima orchestrale e la potenza del metal estremo (Non-Dreaming Eye).
The Grand Antiquation è un album che nulla toglie e nulla aggiunge alla carriera del gruppo svedese, ma di fatto conferma la buona proposta che da anni lo contraddistingue, continuando la tradizione dei Meadows End nel death metal melodico dall’anima epico sinfonica.

Tracklist
1.Devilution
2.Storm Of Perdition
3.Svept In Sorgeplad
4.Night’s bane
5.Non-Dreaming Eye
6.Her Last Sigh Goodbye
7.The Insignificance Of Man
8.I Stilla Vemod Vandra

Line-up
Mats Helli – Bass
Jan Dahlberg – Guitars
Robin Mattsson – Keyboards
Johan Brandberg – Vocals
Daniel Tiger – Drums

MEADOWS END – Facebook

Xaon – Solipsis

Accompagnato da un bellissimo ed alquanto evocativo artwork, Solipsis risulta un’altra opera di spettacolare metal estremo all’interno della quale vivono in perfetta armonia death melodico, gothic/dark, symphonic black, doom/death e power creando un assalto sonoro, maestoso ed epico.

Tornano gli svizzeri Xaon con il successore del già bellissimo debutto licenziato un paio di anni fa ed intitolato The Drift.

Nel frattempo la band è diventata un duo formato da Vincent Zermatten alle chitarre e Rob Carson alle orchestrazioni e al microfono (poi raggiunti dl vivo da altri cinque musicisti) e rilascia per la Mighty Music questo monumentale lavoro intitolato Solipsis.
Accompagnato da un bellissimo ed alquanto evocativo artwork, Solipsis risulta un’altra opera di spettacolare metal estremo all’interno della quale vivono in perfetta armonia death melodico, gothic/dark, symphonic black, doom/death e power creando un assalto sonoro, maestoso ed epico.
Su tutta questa tempesta di suoni ed atmosfere si staglia il vocione del singer, che alterna vari toni in una performance sugli scudi, rabbiosa, epica ed evocativa.
Dall’opener Monolith si entra nell’armageddon sonoro creato dai Xaon, una battaglia di note apocalittiche dove le orchestrazioni fanno il bello e cattivo tempo, in un sound che cambia ritmiche e sfumature, cangiante come un camaleonte ma fortemente evocativo in ogni passaggio.
Le melodie che sono la linfa di brani capolavoro come Eros o Cipher non placano la furia estrema con cui il gruppo affronta la materia in un’apoteosi di suoni che creano un sound belligerante, epico e bombastico.
Pensate a cosa potrebbero creare Emperor, Bal Sagoth, Paradise Lost, Dark Tranquillity e Septic Flesh chiusi in una stanza a jammare ed avrete un’idea di come suona questo monumentale e imperdibile lavoro.

Tracklist
1. Monolith
2. Carillon
3. Solipsis
4. Mobius
5. Eros
6. Cipher
7. Beast
8. River
9. Mask

Line-up:
Vincent Zermatten – Guitars
Rob Carson – Vocals/Orchestrations
Live Members
John Six – Bass
Jordan Kiefer – Drums
Onbra Oscouŗa – Guitars
Klin HC – Guitars
Julien Racine – Drums

XAON – Facebook

Amon Amarth – Berserker

Berserker è un album che guarda al passato remoto della musica che ha sempre ispirato il gruppo svedese, l’heavy metal classico, che qui è portato ad un livello epico ed estremo in grado di lasciare un segno deciso, grazie ad una raccolta di brani che nella sua prima parte trova davvero pochi ostacoli.

Gli Amon Amarth quanto prima troveranno il giusto tributo nella nostra rubrica “Dischi Fondamentali” con il loro capolavoro, Once Sent from the Golden Hall, uno degli album cardine per quanto riguarda un genere come il death metal epico e melodico che il gruppo di Johan Hegg ha contribuito a rendere popolare tra i fans del metal estremo di matrice scandinava.

Altri tempi (era il 1998) ed altra storia, ora la band svedese, all’undicesimo album in carriera, è volata a Los Angels e ha registrato il nuovo Berserker con l’aiuto di Jay Ruston (Anthrax, Stone Sour).
Berserker, album dai suoni cristallini, confezionato per fare il definitivo botto commerciale, è un lavoro che dividerà gli amanti del gruppo di Stoccolma, risultando troppo patinato per alcuni o spettacolare in ogni dettaglio per altri.
La verità non dista molto da approva la nuova fatica del combo, perché Berserker è un lavoro che, nel suo genere, è di facile ascolto, ricco di melodie heavy, epico e possente per non deludere fino in fondo gran parte dei vecchi fans,
Se vogliamo trovare un difetto, quello è nella sua sua durata di quasi un’ora, ma per il resto lasciarsi travolgere dal sound odierno creato dagli Amon Amarth è più quanto un amante del death epico e melodico possa sperare questi tempi.
In sostanza, Berserker è un album che guarda al passato remoto della musica che ha sempre ispirato il gruppo svedese, l’heavy metal classico, che qui è portato ad un livello epico ed estremo in grado di lasciare un segno deciso, grazie ad una raccolta di brani che nella sua prima parte trova davvero pochi ostacoli.
Crack The Sky, Valkyria, Raven’s Flight, The Berserker At Stamford Bridge spiccano in una raccolta di brani che farà ancora una volta scorrere il sangue per i colpi inferti dagli spadoni degli Amon Amarth.

Tracklist
01. Fafner’s Gold
02. Crack The Sky
03. Mjolner, Hammer Of Thor
04. Shield Wall
05. Valkyria
06. Raven’s Flight
07. Ironside
08. The Berserker At Stamford Bridge
09. We Can Set Our Sails
10. When Once Again
11. Wings Of Eagles
12. Into The Dark

Line-up
Johan Hegg – vocals
Olavi Mikkonen – guitar
Johan Söderberg – guitar
Ted Lundström – bass
Jocke Wallgren – drums

AMON AMARTH – Facebook

Inferi – The End of an Era | Rebirth

Death melodico scandinavo e technical death metal si fondono nelle trame veloci ed intricate degli Inferi, che hanno confezionato un’opera estrema molto interessante.

Tornano sul mercato i deathsters statunitensi Inferi, al sesto full length della loro carriera, iniziata una dozzina d’anni fa con il debutto Divinity in War.

La band, proveniente dalla patria del country (Nashville, Tennessee), ci propone da anni il suo melodic death metal tecnicissimo, tempestoso e alimentato da una furia travolgente.
The End of an Era | Rebirth è composto da una decina di esplosioni sonore dove la parola d’ordine è velocità supersonica, una estremizzazione del sound dei Children Of Bodom, band più vicina agli Inferi di quanto si possa pensare.
Death melodico scandinavo e technical death metal si fondono nelle trame veloci ed intricate degli Inferi, che hanno confezionato un’opera estrema molto interessante.
Un sound che non lascia tregua, e da Gatherings in the Chamber of Madness si viene travolti da una tempesta di note che incollano l’ascoltatore alla poltrona colpendolo con micidiali frustate melodic death suonate a mille all’ora.
Il bello è che il gruppo non perde mai la bussola e l’ascolto se ne giova, tra solos sempre più veloci in cui non mancano melodie di matrice scandinava e le ritmiche dettano l’andatura inumana di tracce violentissime come A New Breed Of Savior, The Warrior’s Infinite Opus e Cursed Unholy.
Quasi un’ora di funambolismi, scale, salite e discese a velocità proibitive e ritmiche forsennate, il tutto pervaso da un talento melodico sorprendente.

Tracklist
1.The Ruin of Mankind
2.Gatherings in the Chamber of Madness
3.The Endless Siege
4.A New Breed of Savior
5.Sentenced to Eternal Life
6.The War Machine Embodiment
7.The Warrior’s Infinite Opus
8.Quest for the Trinity
9.Forged in the Phlegethon
10.Cursed Unholy

Line-up
Malcolm Pugh – Guitars
Mike Low – Guitars
Spencer Moore – Drums
Andrew Kim – Bass
Stevie Boiser – Vocals

INFERI – Facebook

Nightrage – Wolf To Man

Wolf To Man in poche parole è un album bellissimo con il quale i fans del genere possono crogiolarsi in barba alle sperimentazioni di casa In Flames, influenza di primaria importanza nella musica del gruppo greco.

Vent’anni e non sentirli in tutti i sensi, i Nightrage, gruppo greco ma che ha tutto per essere considerato svedese (a parte il passaporto), torna con l’ottavo album in carriera che non cambia le carte in tavola, rimane legato indissolubilmente al death metal melodico di metà anni novanta, assolutamente derivativo ma altresì spettacolare per quanto riguarda il songwriting.

Wolf To Man in poche parole è un album bellissimo con il quale i fans del genere possono crogiolarsi in barba alle sperimentazioni di casa In Flames, band di primaria importanza nella musica del gruppo greco.
Inutile girarci intorno, i primi album del gruppo svedese sono stati e sono ancora il vangelo per la band di Marios Iliopoulos, autrice di una serie di album assolutamente perfetti, ma condizionati dall’assoluta devozione per il Gothenburg sound.
Per molti sarà un difetto, ma va dato atto ai Nightrage un talento melodico sopra la media che gli permette di sfornare una serie di brani che convincono per furia estrema, refrain irresistibili e cascate di note che travolgono senza trovare ostacoli.
La produzione al top permette di godere di tutti i dettagli che vanno a formare un’opera estrema avvincente, con i brani che uno dopo l’altro sono micidiali uno-due di stampo melodic death.
E’ quindi ottimo il ritorno per i Nightrage, con un album che si colloca tranquillamente tra gli ultimi Soilwork e Children Of Bodom, risultando sicuramente tra tutti il più classico, parlando di death metal melodico.

Tracklist
1.Starless Night
2.Wolf to Man
3.Embrace the Nightrage
4.Desensitized
5.God Forbid
6.By Darkness Drawn
7.The Damned
8.Arm Aim Kill
9.Gemini
10.Disconnecting the Dots
11.Escape Route Insertion
12.Lytrosis

Line-up
Marios Iliopoulos – Guitars
Ronnie Nyman – Vocals
Magnus Söderman – Guitars
Francisco Escalona – Bass
Dino George Stamoglou – Drums

NIGHTRAGE – Facebook

 

Ruins Of The Past – Alchemy Of Sorrow: Gold

Ruins Of The Past è un progetto solista del musicista berlinese Tobias Jäpel la cui genesi risale agli inizi del decennio, anche se la prima uscita risale a due anni fa con il full length omonimo a cui fa seguito questo nuovo ep.

Alchemy Of Sorrow: Gold è un lavoro che conferma la buona predisposizione del nostro alla costruzione di un melodic death doom di una certa efficacia in virtù di un buon lavoro chitarristico del tutto funzionale alla causa.
Personalmente prediligo l’operato di Tobias quando i ritmi si rallentano ed il sound si fa più malinconico, un po’ per gusto personale ma soprattutto perché consente di uscire dagli schemi più prevedibili per quanto gradevoli del melodic death.
Il musicista tedesco fa tutto da solo e piuttosto bene e anche il growl, pur non essendo il massimo, è comunque apprezzabile.
Quale brano emblematico del lavoro scegliamo Rust, quello che è non solo il più lungo ma anche quello in cui le varie sfumature del sound meglio si amalgamano senza pendere in modo deciso verso l’una o l’altra componente.
Molto bella anche la più breve title track, che chiude l’ep all’insegna di un melodic death doom a tratti struggente, e convincente come del resto un po’ tutte le tracce.
L’operato di Jäpel dimostra come, senza inventarsi nulla di nuovo, ma immettendo competenza, passione e la giusta dose di talento sia possibile offrire nel migliore dei modi queste sonorità, lasciando intravedere un potenziale anche superiore rispetto a quanto già espresso in Alchemy Of Sorrow: Gold.

Tracklist:
1.Prelude
2.Gold (Alchemy of Sorrow – Pt. I)
3.Rust (Alchemy of Sorrow – Pt. II)
4.The Bitter Chalice
5.Alchemy of Sorrow

Line-up:
Tobias Jäpel – All instruments, Vocals, Lyrics

RUINS OF THE PAST – Facebook

Crown Of Autumn – Byzantine Horizons

Byzantine Horizons si mantiene su livelli altissimi lungo l’intera tracklist, riconfermando i Crown Of Autumn quale realtà di peculiare spessore nel panorama metallico tricolore.

Otto anni dopo l’uscita di Splendours from the Dark ritornano i Crown Of Autumn, band che fin dai suoi esordi negli anni novanta con lo storico album The Treasures Arcane (1996) ha sempre mantenuto un suo originale approccio al metal di stampo progressivo, estremo e melodico.

Il quartetto lombardo, dalla line-up rimasta invariata rispetto al precedente lavoro (Gianluigi Girardi, Emanuele Rastelli, Milena Saracino e Mattia Stancioiu), nonostante una discografia piuttosto avara dal punto di vista quantitativo, si è sempre contraddistinto per l’alta qualità della sua proposta, confermata da questo nuovo e terzo full length intitolato Byzantine Horizons, bellissima opera metallica che, lasciando pochi punti di riferimento, si inoltra nel mondo del rock duro, passando per il progressive, il metal estremo melodico, il dark, il folk ed il gothic.
All’interno dell’elbum, rilasciato dalla My Kingdom Music e registrato, mixato e masterizzato da Mattia Stancioiu presso l’Elnor Studio, si trovano undici splendidi brani di difficile catalogazione a causa delle innumerevoli sfumature che la band usa a suo piacimento per rendere l’album un’opera affascinante nella sua interezza, con i generi citati che si incrociano traendo linfa gli uni dagli altri, in un saliscendi emotivo di grande spessore.
Fin dalla prima nota di A Mosaic Within è tutto un susseguirsi di atmosfere cangianti, all’interno delle quali l’alternanza delle voci trova la sua massima esaltazione in tracce magnifiche come Dhul-Qarnayn, Whores For Eleusis, nella marziale Scepter And Soil e in Everything Evokes, con la band che nella struttura melodic death/power inserisce canti gregoriani evocando un’atmosfera liturgica.
Ovviamente l’album si mantiene su livelli altissimi anche negli altri brani, che ne suggellano la piena riuscita riconfermando i Crown Of Autumn quale realtà di peculiare spessore nel panorama metallico tricolore.

Tracklist
01. A Mosaic Within
02. Dhul-Qarnayn
03. Scepter And Soil
04. Cyclopean
05. Lo Sposo Dell’Orizzonte
06. Everything Evokes
07. Walls Of Stone, Tapestries Of Light
08. Whores For Eleusis
09. Lorica
10. Roman Diary
11. Our Withering Will

Line-up
Gianluigi Girardi – Vocals
Emanuele Rastelli – Guitars, Bass, Keyboards and Vocals.
Milena Saracino – Vocals
Mattia Stancioiu – Drums and Percussions

CROWN OF AUTUMN – Facebook

Valtari – Origin Enigma

Origin Enigma mette in campo tutti i cliché del genere, prendendo qualcosina da tutte le band più importanti sia della prima che della seconda generazione, mantenendo una gelida atmosfera di stampo black per tutta la durata dell’opera ed inserendo valanghe di melodie classiche.

Le sonorità scandinave di stampo melodic death continuano ad influenzare musicisti e realtà in ogni parte del mondo, in questo caso parliamo dei Valtari, one man band australiana.

Il polistrumentista Marty Warren è l’ideatore di questo che di fatto è un tributo al death metal melodico, arrivato con Origin Enigma al terzo full lenght dopo il debutto uscito nel 2012, Fragments of a Nightmare, e Huntar’s Pride secondo lavoro licenziato un paio d’anni dopo.
Origin Enigma mette in campo tutti i cliché del genere, prendendo qualcosina da tutte le band più importanti sia della prima che della seconda generazione, mantenendo una gelida atmosfera di stampo black per tutta la durata dell’opera ed inserendo valanghe di melodie classiche che ricordano a più riprese In Flames, Children Of Bodom, Omnium Gatherum, Insomnium e Dimmu Borgir.
Niente di originale quindi, ma sicuramente ben fatto e di sicura presa per i fans accaniti del genere, con qualche atmosfera gotica volta a tratti spezzare un ritmo che dalla prima nota dell’opener Oblivion porta dritti alla conclusiva The Great Unknown.
Prodotto leggermente meglio l’album avrebbe meritato mezzo voto in più, ma siamo ai dettagli: Marty Warren, alias Valtari, ha fatto un buon lavoro ed Origin Enigma risulta un album melodic death senza sorprese ma anche senza cadute, del quale quindi è consigliato l’ascolto.

Tracklist
1.Oblivion
2.Your Enemy
3.Blinded
4.All for You
5.Origin Enigma
6.Taste Your Victory
7.Memories Fade
8.Forever
9.Towton 1461
10.The Great Unknown

Line-up
Marty Warren – Everything

VALTARI – Facebook

Secretpath – Dominatio Tempestatis

Paolo e Pierluigi ci portano in un mare che vive di disperazione e speranza, con una descrizione minuziosa degli accadimenti tramite un death melodico e con una composizione che riecheggia fortemente la musica classica, per un prodotto di livello superiore sia per concezione che per esecuzione.

Bellissimo racconto musicale dell’eterna e liquida lotta dell’uomo contro il mare e le sue più terribili manifestazioni, come le tempeste.

Tutto ciò è opera dei Secretpath, uno dei gruppi del meraviglioso roster della bresciana Masked Dead Records, una delle migliori e più varie incarnazioni del sottobosco italiano. Questo album è un piccolo capolavoro di death metal classicheggiante, furioso e suonato benissimo, quei dischi che ascolti con piacere dall’inizio alla fine e poi riparti da capo. Qui abbiamo all’opera alle chitarre il sempre interessante Pierluigi “Aries” Ammirata, un chitarrista estremamente elegante che produce una cascata di note di forte impronta neoclassica. Alla voce un eccezionale interprete come Paolo “The Voices” Ferrante, che ha una gamma di capacità interpretative inusuale e pressoché infinita. Ascoltare questo disco è come essere trascinati per davvero nell’occhio della tempesta e finirne, proprio come dice il titolo, sotto il dominio. Come tutte le produzioni della casa bresciana la qualità è alta, ma soprattutto è molto originale e vivace, come in un nuovo rinascimento del metal underground. Questo ep è anche di una lunghezza adeguata per far apprezzare al meglio la musica del gruppo ed è disponibile ad offerta libera per il download digitale, mentre è a pagamento per le poche copie ancora rimaste in formato fisico. Paolo e Pierluigi ci portano in un mare che vive di disperazione e speranza, con una descrizione minuziosa degli accadimenti tramite un death melodico e con una composizione che riecheggia fortemente la musica classica, per un prodotto di livello superiore sia per concezione che per esecuzione. Si viene avvinti da questa forma di metal inusuale ai nostri tempi, ma che è invece molto vicina alla concezione più vera del fare musica metallica. Una grande occasione per scoprire il mondo Masked Dead Records, o se già lo conoscete un ulteriore piacere per le vostre orecchie.

Tracklist
1.Antiqua Tempesta
2.Crystal Ice
3.Dominatio Tempestatis
4.Raptus
5.Storm Of Revenge

Line-up
Paolo ” The Voices” Ferrante – Vocals
Pierluigi “Aries” Ammirata – Guitar
Francesco “Storm” Borrelli – Drums

SECRETPATH – Facebook

Descrizione Breve