Esordio dei giovani rumeni Descend Into Despair con una chilometrica prova a base di death-doom riuscita solo a tratti.
Infatti, proprio la lunghezza del lavoro si presenta come lo snodo dell’intera vicenda: per cimentarsi, al primo full-length, in un doppio cd pari ad oltre un’ora e mezza di musica per sua natura di non facile assimilazione, bisogna possedere sia una buona dose di sana follia sia una notevole autostima.
Usando come termine di paragone una band del settore che da sempre propone uscite di tali proporzioni, è evidente che i Descend Into Despair, purtroppo per loro, non possiedono ancora (e non possiamo far loro una colpa di questo) né la fluidità degli Esoteric né, soprattutto, il talento compositivo di Greg Chandler per potersi permettere di emularne le gesta, almeno dal punto di vista del minutaggio e, quindi, The Bearer of All Storms in diversi frangenti appare come il classico passo più lungo della gamba.
Detto questo, per natura tendo ad apprezzare chi osa rischiando del proprio, e per questo motivo ritengo che l’operato della band di Cluj meriti d’essere ascoltato e valutato senza pregiudizio alcuno: ho letto addirittura alcune recensioni che stroncavano il disco senza mezzi termini facendo uso anche di una stucchevole ironia, ma queste erano palesemente opera di qualcuno al quale il doom estremo, death o funeral che sia, non piace per partito preso e, pertanto, simili giudizi hanno un valore del tutto relativo.
Credo invece che sia più corretto apprezzare i molti buoni momenti che The Bearer of All Storms regala agli ascoltatori, senza nascondere i quasi altrettanti che ne appesantiscono irrimediabilmente la fruizione: sarà forse banale ma pure realistico affermare che traendo il meglio dall’album ne sarebbero venuti fuori tre quarti d’ora di musica di ottimo livello, anche se non sarebbe stato ugualmente semplice fare una cernita delle singole tracce da conservare, proprio perché ogni specifico episodio mostra al suo interno questa dicotomia tra passaggi ispirati ed altri piuttosto forzati nel loro sviluppo. Appaiono esplicativi al riguardo due tra i brani più lunghi del lotto come Triangle of Lies e The Horrific Pale Awakening, capaci di esibire melodie chitarristiche decisamente coinvolgenti alternate a troppi frangenti apparentemente interlocutori; indubbiamente i Descend Into Despair dovevano avere molte idee a livello lirico da utilizzare in quest’occasione (e lo fanno invero piuttosto bene, bisogna ammetterlo, senza apparire mai né banali né eccessivamente criptici) e ciò può averli spinti ad allungare eccessivamente anche il “brodo musicale”.
Tutto sommato la traccia più convincente, pur se neppure questa del tutto esente da pecche esecutive, riscontrabili in particolare nei frangenti atmosferici, è Plânge Glia De Dorul Meu, cantata in lingua madre (il rumeno ha una sua affascinante musicalità che ben si adatta anche a partiture più estreme, come già ampiamente dimostrato da Negura Bunget / Dordeduh) e contraddistinta da quel pathos drammatico che porta i nostri a lambire i territori dei magnifici Eye Of Solitude del connazionale Daniel Neagoe, ma anche la successiva Embrace Of Earth si rivela una chiusura degna per un disco che si colloca ben oltre la sufficienza e che, a tratti, palesa le indiscutibili doti di una band dalle potenzialità ancora tutte da scoprire.
Proprio la giovane età dei musicisti e la loro manifesta volontà di non limitarsi ad un semplice e timido compitino mi fa pensare che di questi interessanti rumeni sentiremo parlare in termini ben più positivi anche nel prossimo futuro.
Tracklist:
1. Portrait of Rust
2. Mirrors of Flesh
3. Pendulum of Doubt
4. Triangle of Lies
5. The Horrific Pale Awakening
6. Plânge glia de dorul meu
7. Embrace of Earth
Line-up :
Denis Ungurean – Vocals
Alex Cozaciuc – Guitars (lead), Programming, Drums, Keyboards
Iulia Bulancea – Bass
Orza Radu – Drums
Cosmin Farcău – Guitars (rhythm)
Florentin Popa – Keyboards