Aegonia – The Forgotten Song

Gothic/folk/doom metal è quello che si trova tra lo spartito di questa dozzina di perle ammantate dai tenui colori della foresta, una magia raccontata tramite un suggestivo concept fantasy.

Metal dalle atmosfere fantasy, folk e gothic è quello che ci propongono i bulgari Aegonia, band nata per volere della cantante Elitsa Stoyanova e del polistrumentista Nikolay Nikolov.

Attiva dal 2011 la band arriva solo oggi al debutto con The Forgotten Song, opera molto suggestiva che raccoglie umori e suoni della tradizione popolare di quella nazione.
Nikolov, oltra a cantare e suonare la chitarra, si diletta con il kaval, flauto tradizionale, mentre il violino accompagna magicamente il sound di brani dalle atmosfere fuori dal tempo.
Gothic/folk/doom metal è quello che si trova tra lo spartito di questa dozzina di perle ammantate dai tenui colori della foresta, una magia raccontata tramite un suggestivo concept fantasy creato dal chitarrista con lo pseudonimo di Nea Stand.
The Forgotten Song ammalia, trasportando l’ascoltatore in un’altra epoca ed in luoghi leggendari grazie alle atmosfere create da bellissimi brani come Rain Of Tears, l’epica grazia di Battles Lost And Won, il folk gotico di The Stolen Song e l’incedere potente della monumentale The Severe Mountain.
Opera affascinante, intensa e suggestiva, The Forgotten Song non mancherà di stupire positivamente gli amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.In the Lands of Aegonia
2.Rain of Tears
3.With the Mists She Came
4.Restless Mind
5.Dreams Come to Me
6.Battles Lost and Won
7.The Offer
8.The Stolen Song
9.Gone
10.The Severe Mountain
11.A Bitter Fate
12.The Ruins of Aegonia

Line-up
Nikolay Nikolov – vocals, guitar, kaval
Elitsa Stoyanova – vocals, violin
Atanas Georgiev – bass
Ivan Kolev – drums

https://www.facebook.com/aegonia

Enchantya – On Light And Wrath

Atmosfere gotiche, growl e female vocals come da copione, ricamano un sound coinvolgente, sempre animato da un’anima metallica valorizzata dalla buona tecnica dei musicisti coinvolti.

Gli Enchantya fanno parte della scena gothic metal portoghese dal 2004, anno di uscita del primo demo, e On Light And Wrath è il secondo lavoro su lunga distanza, dopo un’attesa di sette anni dal debutto Dark Rising.

Licenziato dalla Inverse Records, l’album risulta un buon esempio di gothic metal dalle sfumature sinfoniche e dalle ottime cavalcate heavy/prog, arma in più del combo proveniente da Lisbona.
Atmosfere gotiche, growl e female vocals come da copione, ricamano un sound coinvolgente, sempre animato da un’anima metallica valorizzata dalla buona tecnica dei musicisti coinvolti.
La provenienza dalla terra dei Moospell e sopratutto degli Heavenwood si fa sentire eccome e On Light And Wrath si nutre in parte di queste ispirazioni, insieme alla sempre presente influenza scandinava che non va a snaturare un approccio che rimane personale e convincente.
I musicisti, come già scritto, a livello strumentale ci sanno fare e le varie tracce risplendono di questa virtù, che il sestetto riversa su undici brani con una marcia in più, specialmente quando la musica è lasciata libera di percorrere sentieri metallici, rocciosi, ma nello stesso tempo raffinati ed ottimamente interpretati dalla singer Rute Fevereiro.
Last Moon Of March, Poet’s Tears, Downfall To Power e once Upon A Lie sono i brani migliori di un lavoro che segnaliamo agli amanti del metal gotico e sinfonico.

Tracklist
1.Turn Of The Wheel
2.Last Moon Of March
3.The Beginning
4.Poet’s Tears
5.Near Life Experience
6.Alma
7.Downfall To Power
8.Hide Me
9.Deception (Since You Lied)
10.Once Upon A Lie
11.From The Ashes

Line-up
Rute Fevereiro – Vocals
Bruno Santos – Guitars
Fernando Barroso – Bass
Fernando Campos – Guitars
Pedro Antunes – Piano, Keys, Orchestrations
Bruno Guilherme – Drums

ENCHANTYA – Facebook

2 Wolves – ….Our Fault

Tra Swallow The Sun e The 69 Eyes, la band finlandese ci consegna un bellissimo esempio di musica dark/gothic valorizzata da melodie che entrano nell’anima come lame nel burro, dimostrandosi un nome da segnare sul taccuino alla voce imperdibili per gli amanti di queste sonorità.

Questo bellissimo lavoro in arrivo dalla Finlandia è la quarta opera gotica dei 2 Wolves, quintetto di Lappeenranta attivo dal 2011.

Licenziato dalla Inverse Records, ….Our Fault è composto da nove bellissimi brani che uniscono dark/gothic e melodic death metal in un sound oscuro, melanconico ed accattivante senza rinunciare all’anima estrema che potenzia tracce dalle bellissime melodie crepuscolari.
Growl e voce dal taglio dark/gothic si danno il cambio tra le atmosfere create da un sound in cui molta importanza hanno i tasti d’avorio, protagonisti di tappeti melanconici sui quali il gruppo appoggia chitarre di stampo melodic death, quindi dal taglio classico in un contesto death metal che a tratti rallenta in cadenzate marce doom.
Un sound che fin dall’opener Unwritten Names si mette in luce per un talento melodico straordinario, che rimane di altissimo livello per tutta la durata del disco.
Splendido il doom/death di Of Storm And Stars, uno dei brani più riusciti di questo quarto lavoro targato 2 Wolves che offre il meglio man mano che passano i minuti, con il quintetto che, quando indurisce il suono, mette in mostra tutto il talento dei gruppi nordici per queste sonorità.
Ancora Departures And Arrivals sugli scudi, mentre con le conclusive Tuhat Kertaa e The Fault Is Ours si torna al gothic/dark dei primi brani, alternando potenza ed appeal melodico in un’atmosfera splendidamente melanconica.
Tra Swallow The Sun e The 69 Eyes, la band finlandese ci consegna un bellissimo esempio di musica dark/gothic valorizzata da melodie che entrano nell’anima come lame nel burro, dimostrandosi un nome da segnare sul taccuino alla voce imperdibili per gli amanti di queste sonorità.

Tracklist
1. Unwritten Names
2. Strange Patterns
3. Of Storm and Stars
4. Regret
5. Dreaming Beneath
6. Departures and Arrivals
7. Blame
8. Tuhat Kertaa
9. The Fault is Ours

Line-up
Ilkka Valkonen – Vocals
Jere Pennanen – Guitar
Petri Määttä – Guitar
Sami Simpanen – Bass
Niko Pennanen – Drums, Programming

2 WOLVES – Facebook


Descrizione Breve

Forever Still – Breathe In Colours

Album dedicato dunque ai più giovani fruitori di musica rock, Breathe In Colours riuscirà sicuramente a conquistare molti cuori alternative dark.

Secondo lavoro per i Forever Still, band danese composta dalla cantante e tastierista Maja Shining e dal polistrumentista Mikkel Haastrup, raggiunti per questo album dal batterista Rune Frisch e dal chitarrista Inuuteq Kleemann (quest’ultimo solo in sede live).

Breathe In Colours è un concept futuristico, in stile Blade Runner, raccontato per mezzo di un sound nervoso, alimentato da energiche scosse alternative metal ed oscurato da atmosfere dark/gothic.
Ottima e varia la prova della cantante, ad alzare il livello di un’opera che si sviluppa per trentacinque minuti di metal moderno,con dieci brani che raccolgono ispirazioni ed influenze che vanno dai Lacuna Coil ad una versione elettronica degli Evanescence, il tutto giocato sull’alternanza tra sfumature pop e sferzanti schiaffi nu metal.
L’album, prodotto alla perfezione, è il classico lavoro studiato per entrare nelle grazie dei ragazzi sotto i vent’anni, con la vocalist che spazia tra urla metalliche e linee melodiche ruffiane, al sound che non si scosta da quanto descritto in precedenza.
Trentacinque minuti bastano e avanzano, anche perché le tracce seguono tutte la via intrapresa dal gruppo con l’opener Rewind e la successiva Fight!.
Album dedicato dunque ai più giovani fruitori di musica rock, Breathe In Colours riuscirà sicuramente a conquistare molti cuori alternative dark: in campo ci sono tutte le armi per riuscire nell’impresa, vedremo se la Nuclear Blast ci avrà visto giusto anche questa volta.

Tracklist
1. Rewind
2. Fight!
3. Breathe In Colours
4. Is It Gone?
5. Survive
6. Do Your Worst
7. Pieces
8. Rising Over You
9. Say Your Goodbyes
10. Embrace The Tide

Line-up
Maja Shining – Vocals, piano, theremin, additional synths
Mikkel Haastrup – Guitar, bass, synths, piano
Rune Frisch – Drums
Inuuteq Kleemann – Live guitar

FOREVER STILL – Facebook

Coil Commemorate Enslave – The Unavoidable

La musica è violenta ma sì lieve che porta il nostro animo molto in alto.

Post black metal per esprimere con la giusta profondità pensieri e tormenti, là dove una volta c’era solo carta ora ci sono nere vibrazioni.

La proposta sonora dei Coil Commemorate Enslave è un post black metal con momenti atmospheric, minimale nelle forma ma molto ricca nella sostanza, con una parte molto importante di tematiche depressive metal. Il deus ex machina è Consalvo che suona tutti gli strumenti, una delle menti black metal più interessanti che abbiamo in Italia, e al quale in questo giro si è affiancato alla voce Daniele Rini degli Ghost Of Mar, il quale fa un gran lavoro e completa alla perfezione il musicista principale. Una delle maggiori peculiarità della creatura di Consalvo è la sua grande capacità di fare melodie molto belle in mezzo al caos del post black metal. Il disco è più melodico se confrontato con i precedenti, che sono tutti caldamente consigliati, anche perché c’è un ben preciso percorso musicale che è ancora in pieno compimento. Maggiore melodia significa anche un pathos più corposo e questo disco veste perfettamente chi vuole un qualcosa di sentimentale dal codice black metal, che permette di esprimere in maniera adeguata una gamma pressoché infinita di sensazioni. Nella musica dei Coil Commemorate Enslave trova dimora il gotico, come sentimento ottocentesco di sbigottimento di fronte alla nostra vita e ai suoi accadimenti, e che soprattutto interpreta il tutto rimaneggiandolo attraverso una bellezza che è debitrice consapevole della morte. Uno dei pezzi più belli del disco e canzone da fare ascoltare nelle scuole è La Voce, una messa in musica del poema omonimo di Giovanni Pascoli, che potrebbe essere considerato un nume tutelare di questo progetto. La musica è violenta ma sì lieve che porta il nostro animo molto in alto. Ci sono anche tracce di neofolk lungo questo bellissimo viaggio in musica, una delle esperienze più belle in campo black metal altro che si possa fare. Ci vuole grande talento e molto lavoro per fare un post black di questo livello: qui c’è tanto talento e concretezza, anche se il disco si fa ascoltare come se fosse un sogno.

Tracklist
1.Intro
2.Anti prophet
3.Dirt
4.Nothing else but black
5.Nemesis
6.E.F.S.D.
7.The snake and the rope
8.La voce

Line-up
Consalvo – All Instruments

Daniele Rini – Vocals

COIL COMMEMORATE ENSLAVE – Facebook

Idle Hands – Mana

La band americana continua il suo viaggio nel mondo del dark/gothic ed anche Mana, come il precedente lavoro, si nutre del buio della notte, un mondo oscuro pregno di atmosfere new wave in potenziata dall’anima heavy metal che agita il sound dei nostri.

Dopo l’ep di debutto licenziato sul finire dello scorso anno, è arrivato il momento anche gli Idle Hands di pubblicare il primo lavoro sulla lunga distanza.

La band americana continua il suo viaggio nel mondo del dark/gothic ed anche Mana, come il precedente lavoro, si nutre del buio della notte, un mondo oscuro pregno di atmosfere new wave in potenziata dall’anima heavy metal che agita il sound dei nostri.
Solo un brano (Blade And The Will) era presente nella track list dell’ep, il resto sono tutti brani inediti e risultano un buon passo in avanti per il gruppo di Portland, che ci avvolge nel suo nero mantello musicale.
Erede del dark rock ottantiano, il sound di questi undici brani ci catapulta nel mondo ombroso dei Sisters Of Mercy, mentre dagli anni novanta gli Idle Hands pescano tra le atmosfere gotiche dei Type 0 Negative per tornare nel decennio precedente, rispolverando l’U.S. metal dei Metal Church in un mix di piacevole metal/rock dalle tinte dark.
La voce segue i canoni del dark rock e della new wave, così da risultare di gradimento per gli amanti del genere; come scritto in precedenza la band ha fatto un passo avanti significativo nel personalizzare il proprio sound, grazie anche ad una track list che risulta di buon livello lungo tutta la durata dell’opera.
Jackie, Don’t Waste Your Time e Double Negative i brani più significativi di questo buon lavoro targato Idle Hands, consigliato a chi negli anni ottanta non viveva di solo metal classico.

Tracklist
1. Nightfall
2. Jackie
3. Cosmic Overdrive
4. Don’t Waste Your Time
5. Give Me To The Night
6. Blade And The Will
7. Dragon, Why Do You Cry?
8. Double Negative
9. It’ll Be Over Before You Know It
10. A Single Solemn Rose
11. Mana

Line-up
Gabriel Franco – Vocals, Guitar, Studio Bass
Sebastian Silva – Lead Guitar
Colin Vranizan – Drums

IDLE HANDS – Facebook

Xaon – Solipsis

Accompagnato da un bellissimo ed alquanto evocativo artwork, Solipsis risulta un’altra opera di spettacolare metal estremo all’interno della quale vivono in perfetta armonia death melodico, gothic/dark, symphonic black, doom/death e power creando un assalto sonoro, maestoso ed epico.

Tornano gli svizzeri Xaon con il successore del già bellissimo debutto licenziato un paio di anni fa ed intitolato The Drift.

Nel frattempo la band è diventata un duo formato da Vincent Zermatten alle chitarre e Rob Carson alle orchestrazioni e al microfono (poi raggiunti dl vivo da altri cinque musicisti) e rilascia per la Mighty Music questo monumentale lavoro intitolato Solipsis.
Accompagnato da un bellissimo ed alquanto evocativo artwork, Solipsis risulta un’altra opera di spettacolare metal estremo all’interno della quale vivono in perfetta armonia death melodico, gothic/dark, symphonic black, doom/death e power creando un assalto sonoro, maestoso ed epico.
Su tutta questa tempesta di suoni ed atmosfere si staglia il vocione del singer, che alterna vari toni in una performance sugli scudi, rabbiosa, epica ed evocativa.
Dall’opener Monolith si entra nell’armageddon sonoro creato dai Xaon, una battaglia di note apocalittiche dove le orchestrazioni fanno il bello e cattivo tempo, in un sound che cambia ritmiche e sfumature, cangiante come un camaleonte ma fortemente evocativo in ogni passaggio.
Le melodie che sono la linfa di brani capolavoro come Eros o Cipher non placano la furia estrema con cui il gruppo affronta la materia in un’apoteosi di suoni che creano un sound belligerante, epico e bombastico.
Pensate a cosa potrebbero creare Emperor, Bal Sagoth, Paradise Lost, Dark Tranquillity e Septic Flesh chiusi in una stanza a jammare ed avrete un’idea di come suona questo monumentale e imperdibile lavoro.

Tracklist
1. Monolith
2. Carillon
3. Solipsis
4. Mobius
5. Eros
6. Cipher
7. Beast
8. River
9. Mask

Line-up:
Vincent Zermatten – Guitars
Rob Carson – Vocals/Orchestrations
Live Members
John Six – Bass
Jordan Kiefer – Drums
Onbra Oscouŗa – Guitars
Klin HC – Guitars
Julien Racine – Drums

XAON – Facebook

Locus Animae – Luna

La poetica del gruppo è quella di avanzare attraverso musica originale e di ispirazione neoclassica verso territori gotici ma anche di avanguardia.

I Locus Animae sono un gruppo proveniente da Novara, attivo dal 2012.

Inizialmente hanno cominciato come gruppo black metal, poi hanno sviluppato una poetica tutta loro, come si può sentire in maniera molto netta in questo nuovo ep, Luna. La poetica del gruppo è quella di avanzare attraverso musica originale e di ispirazione neoclassica verso territori gotici ma anche di avanguardia. La musica è delicata e sognante, ma anche possente e perentoria quando, con reminiscenze del black metal delle origini. Luna è la continuazione del ciclo cominciato con il precedente Prima Che Sorga Il Sole, che era un ottimo lavoro. Spicca l’azzeccato gioco fra la bellissima voce femminile di Vera Clinco dei Caelestis, che si completa benissimo con il cantato sia in chiaro che in growl di Gregory Sobrio. Il gruppo è tecnicamente di livello e porta molto in alto il pathos delle canzoni. Il sentire è gotico, forte di un sentimento anche mediterraneo che porta a vedere le cose in una maniera molto diversa dal gotico nordico, ad esempio. La presenza di un afflato neoclassico nella musica dei Locus Animae è molto forte ed è una delle colonne portanti del loro suono. Il cantare in italiano conferisce forse il vero valore aggiunto di questo gruppo, la metrica della nostra lingua si sposa benissimo con questo suono, e ne è la narrazione perfetta. Fin dalla prima canzone, L’Incanto Della Sirena, si capisce che non siamo al cospetto del solito combo di gothic metal, qui si va molto oltre: Luna parla di ricordi, tasselli della nostra vita che rimangono nel caleidoscopio di ciò che pensiamo di sapere. Stupisce la forza dirompente dell’album, la completezza del sound dove non c’è un cosa fuori posto, un’incongruenza, un qualcosa di sbagliato. Il sentimento è il motore primo di tutto, e i Locus Animae hanno un nome che è adattissimo alla loro musica, perché parla alla nostra anima. La comparsa di quando in quando nella musica del black metal attraverso intarsi molto preziosi è un ulteriore segno della bravura e della grandezza di questa band. La forma dell’ep è il giusto spazio per poter godere di queste composizioni così dolci e forti, che parlano di un mondo che possiamo vedere se abbandoniamo il delirio che ci viene proposto quotidianamente.

Tracklist
1.L’Incanto Della Sirena
2.Il Cantico Del Mai Nato
3.Crepuscolo
4.All’Imbrunire
5.Eclissi – Come La Terra Baciò La Luna

Line-up
Gregory Sobrio – Clean Vocals, Growl, Scream –
Nicolò Paracchini – Bass, Scream –
Brian Cara – Rhythm Guitar –
Emmanuele Iacono – Lead Guitar –

LOCUS ANIMAE – Facebook

Lord Vampyr – Death Comes Under the Sign of the Cross

Death Comes Under the Sign of the Cross è composto da dieci brani che convogliano diversi generi per portare un nuovo attacco metallico, un bombardamento dalle detonazioni black, heavy, power e gothic, legati insieme da sfumature melodiche sempre in primo piano.

Nuovo album per i romani Lord Vampyr, band estrema romana che prende il monicker dal suo leader, storico singer e fondatore dei Theatres Des Vampires.

Siamo giunti al sesto full length da quando i Lord Vampyr apparvero per la prima volta sulla scena metallica nostrana con il debutto De Vampyrica Philosophia, licenziato nell’ormai lontano 2005.
Death Comes Under the Sign of the Cross è composto da dieci brani che convogliano diversi generi per portare un nuovo attacco metallico, un bombardamento dalle detonazioni black, heavy, power e gothic, legati insieme da sfumature melodiche sempre in primo piano.
L’intro ci accompagna verso la title track, una partenza all’insegna dell’heavy metal classico con le ispirazioni che nei brani successivi vanno dalla scena degli anni ottanta a quella estrema del decennio successivo, con la band che ci travolge con potenti cavalcate, in cui atmosfere gothic, a tratti, spezzano la tensione che in un attimo torna altissima.
Un sound, quello delle varie Crown Of Hypocrisy e Christvampire, che affonda le sue radici nel metal classico per essere poi rimodellato dai Lord Vampyr, che riescono a creare questo buon ibrido.
La parte sinfonica che introduce Upon The Throne Of Lies e la devastante Violent Awareness of the Absence of God portano alla conclusiva The Crusade Of Violence, sottofondo di una battaglia che in poco tempo si trasforma in un sanguinario massacro.
Nonostante vi si possano trovare si trovino riferimenti ai vari Mercyful Fate, Cradle Of Filth, Moonspell e Iron Maiden, Death Comes Under the Sign of the Cross resta comunque un lavoro a cui non mancano personalità ed impatto.

Tracklist
1. Intro
2. Death Comes Under The Sign Of The Cross
3. Crown Of Hypocrisy
4. Christvampire
5. Iconoclast Heresy
6. At War
7. Upon The Throne Of Lies
8. Utopia God
9. Violent Awareness Of The Absence Of God
10. The Crusade Of Violence

Line-up
Lord Vampyr: All Vocals
Ferenc Nadasdy: Bass, Keyboards, Programming
Andrea Taddei: Guitars
Fabrizio Curcio: Guitars
Diego Tasciotti: Drums

LORD VAMPYR – Facebook

Rotting Christ – The Heretics

The Heretics è tutt’altro che un lavoro scialbo e trascurabile , perché in più di un brano si riconoscono i tratti avvolgenti e corrosivi dei tempi migliori, abbinati ad altre tracce gradevoli ma di maniera, rese comunque interessanti dal ricorso a voci salmodianti o recitanti e da riferimenti lirici mai banali.

Tornano con il loro tredicesimo album su lunga distanza i Rotting Christ, icona del metal ellenico la cui storia ormai ultratrentennale è costellata da alcuni capolavori, da ottimi dischi e da altri buoni ma certo non epocali.

A questo novero appartengano sostanzialmente tutti i lavori sopraggiunti dopo Theogonia, quello che almeno personalmente ritengo il vero ultimo e indiscutibile squillo discografico della band dei fratelli Tolis.
Negli anni Sakis ha lodevolmente provato a rendere più vario il sound inserendovi elementi etnici o ricorrendo anche ad ardite sperimentazioni (vedi la collaborazione con Diamanda Galas in Aealo), ma questo ha fatto smarrire d’altro canto quel dono della sintesi esibito di norma tramite il caratteristico riffing, essenziale ma assolutamente trascinante nel suo crescendo.
E così era più che lecito pensare che anche The Heretics fosse soprattutto il pretesto per i Rotting Christ per intraprendere un nuovo tour, in compagnia degli altri campioni del metal sudeuropeo come i Moonspell, con il rischio di una frettolosa archiviazione a favore dei grandi lavori incisi a cavallo tra i due secoli.
Ma The Heretics, in realtà, è tutt’altro che un lavoro scialbo e trascurabile, perché in più di un brano si riconoscono i tratti avvolgenti e corrosivi dei tempi migliori, abbinati ad altre tracce gradevoli ma di maniera rese comunque interessanti dal ricorso a voci salmodianti o recitanti e da riferimenti lirici mai banali; se è vero che la freschezza compositiva degli anni migliori è ormai un ricordo e che i momenti rimarchevoli del disco, alla fin fine, riconducono a quegli schemi che chi ama i Rotting Christ conosce a menadito, non si può negare che canzoni come In The Name of God, Heaven and Hell and Fire, Fire God And Fear e The Raven siano efficaci, coinvolgenti e sicuramente in grado di surriscaldare adeguatamente l’atmosfera dei locali che vedranno prossimamente la band greca esibirsi dal vivo.
Considerando le voci che avevano anticipato l’uscita del lavoro definendolo fiacco e privo di motivi di interesse, unito al fatto che, almeno per certa critica, vi sono band di nome (in compagnia dei nostri citerei per esempio i Dream Theater) che oggi, anche che riscrivessero la bibbia del metal riceverebbero delle stroncature a prescindere, sono stato piacevolmente sorpreso da The Heretics, che non è certo reato considerare un’opera degna della fama di Sakis e soci a condizione di non attendersi che ogni volta venga pubblicato un nuovo Non Serviam.
D’altra parte l’album tende a crescere dopo ogni ascolto, un sintomo che spesso si rivela indicativo dell’effettivo valore di un disco, e francamente, se quella manciata di brani che ho citato fossero stati scritti da una band all’esordio se ne parlerebbe con ben altra enfasi; per cui, a fronte della contrapposizione tra chi riterrà The Heretics una delusione ed altri che ne canteranno le lodi in eterno, senza voler fare un facile esercizio di “cerchiobottismo” mai come questa volta si può tranquillamente affermare che la verità sta esattamente nel mezzo.

Tracklist:
1. In The Name of God
2. Vetry Zlye (Ветры злые)
3. Heaven and Hell and Fire
4. Hallowed Be Thy Name
5. Dies Irae
6. I Believe (ΠΙΣΤΕΥΩ)
7. Fire God And Fear
8. The Voice of the Universe
9. The New Messiah
10. The Raven

Line-up:
Sakis Tolis: vocals, guitar
Themis Tolis: drums
Vangelis Karzis: bass
George Emmanuel: guitar

Guest Musicians:
Irina Zybina (GRAI): Vocals on ‘Vetry Zlye’
Dayal Patterson: Intoning on ‘Fire God and Fear’
Ashmedi (MELECHESH): Vocals on ‘The Voice of the Universe’
Stratis Steele: Intoning on ‘The Raven’

ROTTING CHRIST – Facebook

Idle Hands – Don’t Waste Your Time

Tutto sommato una buona partenza per la band di Portland, con un album consigliato alle anime oscure amanti tanto del dark rock dei Sisters Of Mercy che del metal classico di scuola statunitense alla Metal Church.

Gli Idle Hands sono una metal band proveniente da Portland formata da ex membri degli Spellcaster, band della scena metallica dell’Oregon con tre full length all’attivo prima dello scioglimento avvenuto lo scorso anno.

Gabriel Franco (voce e chitarra), Sebastian Silva (chitarra) e Colin Vranizan (batteria), raggiunti da David Kimbro (basso), tornano dopo pochi mesi con l’ep di debutto per questa nuova realtà.
Gli Idle Hands suonano un metal dalle tinte gotiche, che alterna alle atmosfere dark un sound che prende ispirazione dal metal tradizionale di scuola statunitense.
Ne escono cinque brani racchiusi in questo ep intitolato Don’t Waste Your Time, che si apre con l’arpeggio melodico di Blade And The Will, seguita da By Way Of Kingdom e l’ottima Can You Hear The Rain, il brano sicuramente più riuscito nonchè orientato verso il dark rock ottantiano.
Ed infatti il meglio gli Idle Hands lo tirano fuori quando la musica lascia territori marcatamente metal per un rock robusto, ma figlio del dark/gothic classico, come appunto avviene in Can You Hear  The Rain e nella conclusiva I Feel Nothing.
Tutto sommato una buona partenza per la band di Portland, con un album consigliato alle anime oscure amanti tanto del dark rock dei Sisters Of Mercy che del metal classico di scuola statunitense alla Metal Church.

Tracklist
1. Blade And The Will
2. By Way Of Kingdom
3. Can You Hear The Rain
4. Time Crushes All
5. I Feel Nothing

Line-up
Gabriel Franco – Vocals/Guitar
Sebastian Silva – Guitar
David Kimbro – Bass
Colin Vranizan – Drums

IDLE HANDS – Facebook

Silver Dust – House 21

Un mix di Type O Negative, Sisters Of Mercy e Secret Discovery in versione Grand Guignol, con qualche passaggio estremo e modern metal: un buon ascolto per gli amanti dei suoni gothic/dark del nuovo millennio.

Il mondo del rock da Grand Guignol si arricchisce di un altro spettacolo, questa volta offerto da un quartetto di artisti, musicisti ed eleganti anime nere chiamato Silver Dust, capitanato dal chitarrista e cantante Lord Campbell che, tramite la Escudero Records, licenzia la seconda opera della sua carriera intitolata House 21.

Dieci brani (più la cover del classico Bette Davis Eyes portato al successo dalla cantante Kim Carnes e che vede come ospite Mr.Lordi), è quello che ci propongono questi alternative gothic rockers francesi, saliti sul palco di un virtuale teatro nei sobborghi parigini per dar vita al concept di House 21, in un’atmosfera di grigio e nebbioso mondo gotico, animato da accenni al metal moderno, danze tribali ed arrangiamenti magniloquenti che a tratti arricchiscono il sound.
I Silver Dust cercano di variare le atmosfere rimanendo legati ad un mood horror rock convincente, anche se la moltitudine di sfumature che compongono il mondo musicale creato dalla band a tratti porta leggermente fuori tema.
The Unknown Soldier, Forever e The Witches Dance sono i brani migliori di questo mix di Type O Negative, Sisters Of Mercy e Secret Discovery in versione Grand Guignol, con qualche passaggio estremo e modern metal: un buon ascolto per gli amanti dei suoni gothic/dark del nuovo millennio.

Tracklist
1.Libera Me
2.The Unknown Soldier
3.House 21
4.Forever
5.Once Upon A Time
6.La La La La
7.Bette Davis Eyes (feat. Mr.Lordi)
8.This War Is Not Mine
9.The Witches Dance
10.It’s Time
11.The Calling

Line-up
Lord Campbell – Vocals, guitar
Tiny Pistol – Guitars, vocals
Kurghan – Bass
Mr.Killjoy – Drums

SILVER DUST – Facebook

Porn – The Ogre Inside Remixed

I suoni sono davvero interessanti e il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero quello di rileggere in maniera alternativa il disco originale, portandolo ad un altro livello. Nel campo dell’elettronica oscura è una delle migliori uscite degli ultimi tempi.

Album di remix del disco The Ogre Inside, uscito nel 2017 come primo episodio di una trilogia basata sul protagonista Mr. Strangler, che è anche il cantante del gruppo.

Gli Ogre sono un gruppo francese di ebm gothic metal, con una forte carica pop e ottime melodie, che si alternano perfettamente con pezzi maggiormente crudi e veloci. Il disco originale, uscito l’anno scorso, ha avuto un buon successo, e qui rinasce nuovamente grazie agli ottimi remix dei produttori An Erotic End Of Times, Heartlay, Thot e Aura Shred, che interpretano il disco in maniera differente, portando a galla nuove ricchezze nascoste. Il gruppo francese possiede qualità notevoli, poiché riesce a fare una sintesi molto originale di generi diversi, come l’ebm, il synth pop in quota Depeche Mode, soprattutto come modello sul quale plasmare la propria materia, e un tocco di metal gotico. Con questi remix si pone l’accento soprattutto sulla parte elettronica del tutto, e ne viene fuori un disco notevole, forse migliore rispetto all’originale, sicuramente altrettanto potente e visionario. Come per qualsiasi remix ben riuscito, molti meriti sono da ascrivere a colui o colei che lo produce, ma la materia prima deve essere per forza buona, sennò il risultato non arriva. Invece qui ogni canzone remixata è notevole, perché si scava a fondo per cogliere nuovi diamanti. La produzione è ottima ,e mette in risalto la vena di questi francesi che compongono molto bene, e i remix mettono in evidenza questo loro aspetto. The Ogre Inside è un disco che tratta in maniera profonda e approfondita le miserie e le tensioni morali e carnali dell’essere umano, quella guerra lunga una vita che ci contraddistingue nel regno animale. Non possiamo vincere questa battaglia, come ci fanno capire molto bene gli Ogre, ma possiamo ballarci sopra con loro e non è poco. L’ascoltatore verrà portato in giro fra erotismo, il fascino della decadenza e la nostra vera natura che viene fuori sempre e comunque. I suoni sono davvero interessanti e il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero quello di rileggere in maniera alternativa il disco originale, portandolo ad un altro livello. Nel campo dell’elettronica oscura è una delle migliori uscite degli ultimi tempi.

Tracklist
1 The Ogre Inside (Heartlay Remix)
2 Close The Window (An Erotic End Of Times Remix)
3 Dream On (An Erotic End Of Times Remix)
4 She Holds My Will (Heartlay Remix)
5 You’ll Be The Death Of Me (An Erotic End Of Times Remix)
6 Sunset Of Cruelty (An Erotic End Of Times Remix)
7 The Ogre Inside (An Erotic End Of Times Remix)
8 She Holds My Will (An Erotic End Of Times Remix)
9 Sunset Of Cruelty (THOT Remix)
10 The Ogre Inside (Aura Shred Remix)
11 Close The Window (Aura Shred Remix)
12 Sunset Of Cruelty (Aura Shred Remix )

Line-up
Mr Strangler : Vocals, drums programming, synth
Shade : Guitar
The One : Synth, guitar
The Priest : Bass
Zinzin Stiopa : Guitar

PORN – Facebook

Lacuna Coil – The 119 Show-Live In London

The 119 Show-Live In London immortala la band sul palco del O2 Forum Kentish Town nella capitale inglese, con Cristina Scabbia e compagni accompagnati dal gruppo circense Incandescence, per quello che risulta uno spettacolo sonoro e visivo straordinario.

Questo articolo sarebbe stato più completo se alle note avessimo potuto godere del supporto video, perché i Lacuna Coil hanno fatto le cose in grande per festeggiare i loro vent’anni nella scena metal/rock, un ventennio di soddisfazioni per loro e per chi ha a cuore la scena tricolore, che ha messo a tacere chi ha sempre guardato al gruppo con malcelata invidia.

Praticamente da sempre con Century Media, segno del valore assoluto della band e della propria discografia, la band viene glorificata in questa uscita che possiede tutte le caratteristiche dell’evento; una fama cresciuta dal 1998 attraverso una serie di ottimi lavori che hanno fatto scuola, otto full length che hanno accompagnato il metal moderno dalle tinte dark/gothic del gruppo nel nuovo millennio, con una Cristina Scabbia lanciata anche nel mondo della TV (è da poco passata la sua partecipazione al programma The Voice Of Italy) ed un ultimo album (Delirium, licenziato un paio di anni fa) che ha confermato i Lacuna Coil tra tra i massimi esponenti del genere.
The 119 Show-Live In London immortala la band sul palco del O2 Forum Kentish Town nella capitale inglese, con Cristina Scabbia e compagni accompagnati dal gruppo circense Incandescence, per quello che risulta uno spettacolo sonoro e visivo straordinario.
L’opera esce nelle versioni: Blu-ray+DVD+2CD, 2CD+DVD, Digital Album e sicuramente non deluderà chi ha sempre seguito la band italiana, protagonista di uno spettacolo assolutamente perfetto con i due vocalist ed i loro compagni d’avventura in perfetta forma.
I Lacuna Coil, che sono probabilmente il gruppo più famoso e seguito in tutto il mondo tra quelli battenti bandiera tricolore, nel momento della loro piena maturazione regalano questo racconto della propria vita artistica in ventotto splendidi brani che hanno fatto la storia del genere a cavallo del nuovo millennio.
Troviamo quindi tutti quelli che hanno portato alla band il successo mondiale, ma anche qualche chicca suonata per l’occasione, toccando tutte le tappe di una lunga carriera per una celebrazione del verbo Lacuna Coil che diventa essenziale per il fans quanto per chi cerca un qualcosa che ne riassuma l’operato in tutte le sue sfumature.
Non resta che fare i complimenti ai Lacuna Coil per lo straordinario traguardo raggiunto, che è anche quello di rappresentare l’orgoglio dell’anima rock/metal del nostro sempre più bistrattato paese.

Tracklist
1. Intro
2. A Current Obsession
3. 1.19
4. My Wings
5. End Of Time
6. Blood, Tears, Dust
7. Swamped
8. The Army Inside
9. Veins Of Glass
10. One Cold Day
11. The House Of Shame
12. When A Dead Man Walks
13. Tight Rope
14. Soul Into Hades
15. Hyperfast
16. I Like It
17. Heaven’s A Lie
18. Senzafine
19. Closer
20. Comalies
21. Our Truth
22. Intermezzo
23. Falling
24. Wide Awake
25. I Forgive (But I Won’t Forget Your Name)
26. Enjoy The Silence
27. Nothing Stands In Our Way
28. Final Credits
II Behind The Curtains
III Enter The Coil

Line-up
Cristina Scabbia – Female Vocals
Andrea Ferro – Male Vocals
Marco Coti-Zelati – Bass Guitar, Guitars, Keyboards, Synths
Ryan Blake Folden – Drums
Diego Cavallotti – Guitars

https://www.facebook.com/lacunacoil

Malacoda – Restless Dreams

E’ un’opera di spessore questo Restless Dreams, dalla durata importante (un’ora circa) lungo la quale gli incubi di Silent Hill prendono vita grazie alla musica del gruppo canadese.

Recensiti lo scorso anno sulle nostre pagine in occasione dell’uscita dell’ep Ritualis Aeterna, tornano i canadesi Malacoda, interessante band che nel proprio sound coniuga gothic metal, heavy/power e metal melodico, oscuro e dalle tematiche horror, ma pur sempre pervaso splendide melodie.

I Got A Letter, traccia inserita nel precedente lavoro, anticipava il concept dietro a questo nuovo full length intitolato Restless Dreams, che vede il gruppo alle prese con il videogioco Silent Hill 2 e le sue terrificanti avventure tra le nebbie malvagie della famosa città fantasma (da cui è stata tratta in passato anche la versione cinematografica).
Un uomo riceve una lettera dalla defunta moglie che lo invita a Silent Hill: inizia così per lo sventurato protagonista un viaggio delirante tra le nebbie opprimenti e gli incubi del terrificante luogo maledetto, accompagnato dalla musica dei Malacoda i quali confermano tutte le buone impressioni suscitate all’ascolto del precedente lavoro.
E’ un’opera di spessore questo Restless Dreams, dalla durata importante (un’ora circa) lungo la quale gli incubi di Silent Hill prendono vita grazie alla musica del gruppo canadese guidato Lucas Di Mascio, protagonista di una prova al microfono molto coinvolgente, tra toni gotici e melodici e screams malefici, mentre la musica segue la formula collaudata di un heavy metal dai rimandi gothic e dalle sfumature estreme, dal piglio orrorifico e drammatico, che concede aperture melodiche suggestive.
Non rimane che essere testimoni del drammatico viaggio del protagonista tra il grigio soffocante del terrorizzante luogo, mentre la band si muove tra le parti della vicenda con maestria.
L’atmosfera che pervade le varie tracce è oscura e pronta a esplodere in terrificanti passaggi horror/metal; i momenti di altissima tensione si sprecano e l’album non perde un’oncia della suo teatrale e drammatico piglio, donando brani che coniugano con facilità disarmante l’anima gotica dei più melodici Type O Negative al dark black metal dei primi Katatonia e al U.S. metal di Iced Earth e Metal Church.
I brani seguono la storia, veri e propri capitoli che raccontano le terrificanti vicende nella città fantasma e che offrono, nella conclusiva Our Special Place, il sunto in una dozzina di minuti dell’intero nuovo lavoro targato Malacoda.

Tracklist
01. The Fog of Memory
02. I Got A Letter
03. Wrapped In Laments
04. In Static
05. Knives
06. Mannequin Heart
07. Youth Is Innocence
08. Doppleganger
09. Darkness Leads The Way
10. The Labyrinth Within
11. Dominance
12. Abstract Care
13. The Symbol Of Pain
14. Our Special Place

Line-up
Lucas Di Mascio – Vocals/Bass/Guitar/Keys
Tiny Basstank – Bass
Mick D Kiss – Guitar
Vlad “The Vampire” Prokhorov – Drums

MALACODA – Facebook

Cultes Des Ghoules – Sinister, Or Treading The Darker Paths

Un disco che continua il tenebroso percorso, e dà la conferma che i Cultes Des Ghoules siano davvero un grande gruppo, perché dopo un disco monumentale come Coven non era facile produrre qualcosa di così valido.

Torna il misterioso collettivo polacco di black metal che si cela dietro al nome Cultes Des Ghoules.

Di loro non si sa quasi nulla, se non che hanno frequenti cambi di formazione, ma la musica rimane di alta qualità e molto poco convenzionale. Il loro black metal è peculiare, nel senso che si parte dal genere nella veste più classica e convenzionale, per arrivare ad un qualcosa che sa di gotico, con passaggi quasi new wave nella melodia, e non sono assenti passaggi death e thrash. Il tutto è molto teatrale e al contempo realistico, quasi un black metal che si dipana davanti ai nostri occhi con le sue nere e neoromantiche vicende. Il precedente disco Coven, Or Evil Ways Instead Of Love era un monolite che poggiava su due dischi, una vera e propria opera black, mentre questo Sinister, Or Treading The Darker Paths è più immediato, maggiormente assetato di sangue, con le grandi intuizioni che hanno reso questo gruppo una solida leggenda underground. Gli ascoltatori dei Cultes Des Ghoules sanno che non vi sarà mai nulla di scontato nella loro musica e che tutto qui scorre nel sangue e nella nera perdizione, come un maledetto feuilleton ottocentesco. Ogni canzone differisce dall’altra, proprio come la loro interpretazione del verbo del nero metallo, è il rito va avanti come vogliono loro senza pose né pause. Il black metal per sua stessa definizione è materia che viene plasmata da chi la produce, e non il contrario come altri generi, e qui c’è un modo molto gotico e decadente di farlo. La produzione ha quel giusto tocco di bassa fedeltà che rende migliore il tutto, e anche l’uso di tastiere ed altri strumenti meno canonici per il genere è fatto con sagacia e gusto. Il risultato è un disco che continua il tenebroso percorso, e dà la conferma che i Cultes Des Ghoules siano davvero un grande gruppo, perché dopo un disco monumentale come Coven non era facile produrre qualcosa di così valido

Tracklist
1.Children of the Moon
2.Woods of Power
3.Day of Joy
4.The Serenity of Nothingness
5.Where the Rainbow Ends

The Eternal – Waiting For The Endless Dawn

Sicuramente siamo di fronte alla prova più ambiziosa dei The Eternal, i quali non hanno lasciato nulla di intentato per mettere sul piatto quella che potrebbe essere la loro opera definitiva; ora tocca gli appassionati l’onere di fornire un riscontro adeguato a questa meritevole band australiana.

Premetto che, in quanto fan della prima ora dei My Dying Bride, mi ritengo orfano di quella grande band che furono i Cryptal Darkness, a mio avviso i più pregiati e credibili epigoni dei maestri di Halifax che ci sia stato modo di ascoltare.

Tutto questo ha a che fare con il nuovo album degli australiani The Eternal, non tanto per stile musicale (qui siamo in presenza di un gothic metal raffinato ed orecchiabile, ma insidiosamente malinconico in più momenti), ma in quanto il cantante e chitarrista Mark Kelson vi diede vita nel 2003 proprio dopo aver chiuso la storia dei Cryptal Darkness, i quali lasceranno ai posteri un capolavoro come They Whispered You Had Risen.
The Sombre Light of Isolation, full length d’esordio con il nuovo monicker, sgombrò subito il campo da equivoci, facendo intendere che le emozioni nei The Eternal si sarebbero dovute ricercare in una sapiente costruzione melodica, piuttosto che nelle struggenti litanie chitarristiche del più estremo gothic death doom.
I nostri, dopo una quindicina d’anni di attività, non hanno certo raggiunto quel successo commerciale che forse poteva essere plausibile con l’offerta di sonorità più morbide e alla portata di un maggior numero di ascoltatori, per cui immagino che Kelson, cinque anni dopo l’ultimo full length, abbia pensato che fosse il caso di badare meno al mercato lasciando fluire la propria ispirazione senza porsi particolari paletti: eccoci quindi alle prese con Waiting For The Endless Dawn, album ben poco ammiccante per un pubblico abituato all’usa e getta, con la sua ora e un quarto di durata ed i venti minuti della sola opener The Wound.
La cosa più importante, però, fatte tutte queste considerazioni, è che l’album si rivela una prova magnifica, che porta a scuola gran parte delle band che si cimentano con il genere, incluse anche alcune tra le più note.
Nell’operato dei The Eternal i riferimenti sono importanti, così non si può fare a meno di ritrovare in certi brani un sentore dei Swallow The Sun più orecchiabili e suadenti degli ultimi lavori (e infatti nella sesta traccia abbiamo la sempre gradita partecipazione di Mikko Kotamaki), oppure di ritrovare come ospite alle tastiere anche quel Martin Powell che con il suo violino rese unici non solo i My Dying Bride ma anche gli stessi Cryptal Darkness.
Nonostante la loro lunghezza, tutti i singoli brani per assurdo sarebbero delle potenziali hit, essendo dotati di chorus difficilmente removibili dalla memoria, ma i The Eternal paiono aver volutamente esagerato in tal senso, quasi a sfidare l’ascoltatore nel carpire la bellezza in una struttura molto meno scontata di quanto possa apparire a prima vista.
The Wound, A Cold Day to Face My Failure, la meravigliosa In the Lilac Dusk (il brano che vede la partecipazione di Kotamaki) sono le tre tracce che meglio impressionano (e che da sole formerebbero il minutaggio di un normale quanto splendido full length …) ma, in generale, Waiting For The Endless Dawn è un lavoro dal livello medio davvero elevato, al quale manca solo quel pizzico di sintesi che deriva appunto dalla durata che potrebbe spaventare chi non possiede la pazienza dell’ascoltatore medio del doom.
Come già accennato, l’album va adeguatamente lavorato nonostante una sua apparente levità stilistica, proprio perché dato il suo protrarsi diversi passaggi chiave potrebbero sfuggire nel corso dei primi ascolti: sicuramente siamo di fronte alla prova più ambiziosa dei The Eternal, i quali non hanno lasciato nulla di intentato per mettere sul piatto quella che potrebbe essere la loro opera definitiva; ora tocca gli appassionati l’onere di fornire un riscontro adeguato a questa meritevole band australiana.

Tracklist:
1. The Wound
2. Rise from Agony
3. A Cold Day to Face My Failure
4. I Lie In Wait
5. Don’t Believe Anymore
6. In the Lilac Dusk
7. Waiting for the Endless Dawn

Line up:
Richie Poate – Guitars, Songwriting (tracks 1-4, 6)
Mark Kelson – Guitars, Vocals, Mandolin, Lap steel, Songwriting (tracks 1-4, 6, 7), Lyrics (tracks 1-4, 6, 7)
Marty O’Shea – Drums, Songwriting (track 1)
Dave Langlands – Bass, Songwriting (track 1)

Guests
Martin Powell – Keyboards
Mikko Kotamäki – Vocals (track 6)
Emily Saaen – Vocals (additional)
Erica Kennedy – Violin

THE ETERNAL – Facebook

Hanzel Und Gretyl – Satanik Germanik

Satanik Germanik è un album non imprescindibile ma senz’altro gradevole, costellato di buone intuizioni ritmiche e melodiche: basta ed avanza per ascoltarlo con un certo interesse.

In auge fin dagli anni novanta, gli Hanzel Und Gretyl, nonostante esibiscano un monicker, i titoli degli album e, in genere, un immaginario che riporta alla Germania, sono in realtà un duo newyorchese composto da Kaizer Von Loopy e Vas Kallas.

Anche le sonorità prescelte, sotto forma di un industrial elettronico (specialmente nella prima fase della carriera), ha reso la coppia decisamente contigua a sonorità tipicamente teutoniche, portandola a supportare nei tour americani i colossi germanici Rammstein, oltre a Marylin Manson e i Prong.
Con un tale pedigree era difficile attendersi dagli Hanzel Und Gretyl un album deludente, specialmente se si hanno nelle corde certe sonorità marziali, a tratti volutamente becere ed eccessive nonché intrise di un particolare senso dell’humour.
Satanik Germanik, ottavo full length della discografia, prosegue dunque sulla falsariga del precedente Black Forest Metal, che aveva già visto un indurimento in direzione metallica del sound e va detto che questa ibridazione si rivela davvero efficace.
Ogni brano è connotato da un groove spesso irresistibile e, anche quando i ritmi si rallentano parzialmente, ne scaturiscono cose notevoli, come I Am Bad Luck, condotta dalla lasciva interpretazione di Vas Kallas.
A fare da contraltare arriva puntualmente la successiva Trinken mit der Kaizer (Die Bierz from Hell), dai riff squadrati di scuola rammsteiniana, episodio trascinante quanto antitetico ad ogni idea di raffinatezza musicale.
In generale, però, la bravura nel trattare la materia in modo tale da renderla credibile, esibita da questi collaudati musicisti, rende la raccolta una buona occasione di rifarsi le orecchie per coloro ai quali mancano dannatamente Lindemann e soci, senza dimenticare spunti provenienti dai migliori Manson, Rob Zombie o Ministry, il tutto condito in salsa germanica meglio di quanto saprebbero fare le stesse band autoctcone.
Se il rischio di scadere nel kitsch fine a sé stesso è molto alto, gli Hanzel Und Gretyl lo scongiurano brillantemente grazie ad un’attenzione alla forma canzone che rende ogni episodio degno d’attenzione, con menzione particolare per i più riusciti e coinvolgenti Black Six Order, Weisseswald e Hellfire und Grimmstone, oltre alle tracce di apertura e di chiusura, Golden Dammerung e Kinamreg Kinatas, che sono di fatto lo stesso brano basato su canti simil-gregoriani poggiat,i nel primo caso, su una base elettronica e, nel secondo, scossi invece da un più pesante riffing.
Satanik Germanik è un album non imprescindibile ma senz’altro gradevole, costellato di buone intuizioni ritmiche e melodiche: basta ed avanza per ascoltarlo con un certo interesse.

Tracklist:
1. Golden Dammerung
2. We Rise as Demons
3. Black Six Order
4. Weisseswald
5. I Am Bad Luck
6. Trinken mit der Kaizer (Die Bierz from Hell)
7. Hellfire und Grimmstone
8. Sonnenkreuz
9. Unter alles
10. 13 Moons
11. Kinamreg Kinatas

Line-up:
Kaizer Von Loopy – Guitars, Programming, Vocals
Vas Kallas – Vocals, Bass

HANZEL UND GRETYL – Facebook

Cinnamun Beloved – Stain

Se siete fans del genere e vi piace curiosare nell’underground mondiale in cerca di nuove ed affascinanti realtà, i Cinnamun Beloved appagheranno la vostra fame di musica metallica dal taglio gotico e sinfonico.

La scena metal sinfonica si arricchisce di sempre nuove realtà, molte delle quali non arriveranno al successo di quelle poche band che hanno ormai fatto la storia di queste sonorità, ma che, ad un livello più che dignitoso creano opere meritevoli d’attenzione.

Nell’underground, i gruppi che propongono la loro versione più o meno riuscita del genere non si contano più, magari sempre legati all’abusata formula voce femminile, ritmiche power, sinfonie orchestrali ed atmosfere gothic, comunque in grado di soddisfare i fans del genere, affezionati a questi cliché.
In arrivo dall’Argentina, i Cinnamun Beloved sono il classico esempio di quanto appena scritto, con Sabrina Filipcic Holm, suadente vocalist a capitanare un quintetto al secondo album dopo l’esordio The Weird Moment dato alla luce nel 2012.
Sleaszy Rider licenzia Stain, album che del genere si nutre, con la voce della cantante protagonista in una raccolta di brani che non escono dai canoni delle sonorità tanto care ai vari Nightwish, Within Temptation ed Evanescence, sinfoniche ma non bombastiche, raffinate ma allo stesso tempo rese grintose e potenti da ritmiche power.
Le atmosfere gotiche sono presenti, così come le orchestrazioni, il sound si aggira tra le nebbie notturne del dark rock con quel briciolo di eleganza che risulta il punto di forza dell’album, mentre la Holm, senza strafare, si dimostra una buona interprete della scuola delle cantanti symphonic metal.
Stain è un buon lavoro, la sontuosa perfezione stilistica dei top player del genere è ancora lontana, ma all’ascolto dei vari brani l’impressione di essere al cospetto di un gruppo con le proprie potenzialità ancora da esprimere in toto è alta: quindi, se siete fans del genere e vi piace curiosare nell’underground mondiale in cerca di nuove ed affascinanti realtà, i Cinnamun Beloved appagheranno la vostra fame di musica metallica dal taglio gotico e sinfonico.

Tracklist
1. Symbols Of Beginning
2. So Far
3. Ride The Night
4. I Don’t Wanna Be
5. Together
6. Furious As The Wind
7. Storyline
8. The Scent
9. Without Your Caress
10. Another Day
11. Symbols Of Beginning II

Line-up
Sabrina Filipcic Holm – Vocals
Matvas Sala – Drums
David Nupez del Prado – Guitars
David Saavedra – Bass
German Esquerda – Keyboards

CINNAMUN BELOVED – Facebook

Black Vatican – The Black Vatican

The Black Vatican si lascia ascoltare volentieri anche se il fatto di mantenere una stessa ritmica per tutti i cinquanta minuti del lavoro lascia diverse perplessità.

Provenienti da Kansas City, i Black Vatican sono un trio alla propria prima uscita all’insegna di un gothic sinfonico dagli esiti alterni.

Infatti, dopo un primo brano, The Darkened (Sacred) Wine, che non sarebbe affatto male se non venisse affossato da una voce femminile a dir poco rivedibile, a partire dalla seconda traccia Dark Promises si ricominciano ad intravedere qualità interessanti e una buona capacità di creare atmosfere decadenti e tutt’altro che banali.
I riferimenti per i Black Vatican sono dei Cradle Of Filth dalle ritmiche meno spinte, ai quali si potrebbe aggiungere qualcosina dei Bal Sagoth per l’uso prevalente della voce maschile recitante (accompagnata però da un gracchiante screaming) e, in generale, pur non brillando certo per originalità, The Black Vatican si lascia ascoltare volentieri anche se il fatto di mantenere una stessa ritmica per tutti i cinquanta minuti del lavoro lascia diverse perplessità.
Resta sicuramente un buon gusto negli arrangiamenti che si scontra, però, con un certo minimalismo che pervade tutti gli altri aspetti; From The Asylum chiude l’album così com’era iniziato, senza che arrivi mai l’auspicato cambio di passo a livello ritmico e compositivo: troppo poco per andare oltre ad una risicata sufficienza.

Tracklist:
1. The Darkened (Sacred) Wine
2. Dark Promises
3. Revelations Cries
4. Into Abyssful Terror
5. Lady of Dis
6. Restless Anastasia
7. Borrowed Time (Sin’s Solace)
8. From the Asylum

Line-up:
Erick Ramos – Bass, Vocals
Cole Roberts – Guitars
Isaac Byrd – Drums