Rendezvous Point – Universal Chaos

Universal Chaos è un lavoro in piena sintonia con la terra di origine del gruppo, che mette comunque in primo piano la capacità tecnica, specialmente nelle molte ritmiche classicamente prog metal.

Dalla notevole scena progressive scandinava arrivano i Rendezvous Point, band formata da musicisti che gravitano o hanno gravitato intorno a realtà importanti come Borknagar, Leprous, Solefald, ICS Vortex e Ihsahn.

Universal Chaos è il loro secondo lavoro sulla lunga distanza, successore del debutto Solar Storm uscito quattro anni fa, ed è un maturo e personale esempio di progressive metal dalle sfumature post rock, meno introspettivo di quello dei Leprous, ma pregno di quegli umori e sensazioni musicali tipiche del sound scandinavo.
Si tratta di un gruppo di musicisti nati e cresciuti nel panorama estremo che hanno evoluto la propria idea di musica tracciando una strada progressiva ben delineata, mostrando capacità tecniche ed un talento smisurato per suoni ed atmosfere che emozionano, introspettive ma legate tanto al metal quanto al rock.
Universal Chaos risulta dunque un lavoro in piena sintonia con la terra di origine del gruppo, che mette comunque in primo piano la capacità tecnica, specialmente nelle molte ritmiche classicamente prog metal.
Tre quarti d’ora di musica dalla naturale emozionalità, una raccolta di brani che ha nell’opener Apollo, nella superba The Takedown e nelle armonie post rock di Resurrection i brani più rappresentativi, anche se si tratta del tipico album da far proprio nella sua interezza e con il dovuto tempo.
I Rendezvous Point confermano con questo nuovo lavoro la qualità altissima delle opere progressive della scena scandinava, fucina di talenti musicali fuori dal comune.

Tracklist
1.Apollo
2.Digital Waste
3.Universal Chaos
4.Pressure
5.The Fall
6.The Takedown
7.Unfaithful
8.Resurrection
9.Undefeated

Line-up
Geirmund Hansen – Vocal
Nicolay Tangen Svennæs – Keys
Petter Hallaråker – Guitar
Gunn-Hilde Erstad – Bass
Baard Kolstad – Drums

https://www.facebook.com/RendezvousPointOfficial

Alberto Rigoni – Prog Injection

Un album alquanto sperimentale, ma comunque orecchiabile anche per chi non è abituale frequentatore di questo tipo di lavori, grazie a brani fluidi e facilmente leggibili, che riesce ad unire la grande tecnica esecutiva dei protagonisti ad un buon talento compositivo.

Ennesima opera strumentale per il talentuoso bassista e compositore nostrano Alberto Rigoni (BAD As, Vivaldi Metal Project, The Italians, ex Twinspirits), questa volta accompagnato alla batteria da Thomas Lang (Glenn Hughes, Paul Gilbert e Peter Gabriel) e da Alessandro Bertoni, tastierista residente a Los Angeles dove lavora come insegnante di musica e session in studio e dal vivo.

Prog Injection è composto da otto brani di rock strumentale progressivo, con il basso di Rigoni che detta ritmiche su cui la batteria di Thomas Lang ha il suo ruolo importantissimo e le tastiere ricamano melodie di diverso approccio e sfumature; un album alquanto sperimentale, ma comunque orecchiabile anche per chi non è abituale frequentatore di questo tipo di lavori, grazie a brani fluidi e facilmente leggibili, che riescono ad unire la grande tecnica esecutiva dei protagonisti ad un buon talento compositivo.
Bellissima Omega, la traccia più “leggera” dell’album, dove gli strumenti scorrono liberi sullo spartito progressivo scritto da Rigoni, ed altrettanto notevole la successiva Liquid, dalle tastiere che in alcuni momenti ricordano i Goblin più psichedelici.
Il resto di Prog Injection veleggia leggero su acque di rock progressivo di alto livello, assolutamente consigliato agli amanti del rock strumentale, conferma il talento del bassista e dei suoi bravissimi ospiti.

Tracklist
1. XYX
2. Metal Injection
3. Blood Shuga
4. Death Stick
5. Omega
6. Liquid
7. Low and Disorder
8. Iron Moon

Line-up
Alberto Rigoni – Bass and Chapman stick
Thomas Lang- Drums
Alessandro Bertoni – Keyboards
Jeff Hughell – Bass on track 4.

ALBERTO RIGONI – Facebook

Majesty Of Revival – Timeless

Timeless è un’autentica sorpresa e non può mancare nel lettore degli amanti della musica progressiva fuori dai soliti cliché.

I Majesty Of Revival sono un gruppo ucraino in attività da una decina d’anni e giunto con questo ottimo Timeless al quarto lavoro sulla lunga distanza.

Fresco di firma con Wormholedeath, il quartetto prende le distanze dal sound classico dei primi album per dedicarsi ad una sorta di crossover progressivo che rende questo nuovo lavoro a suo modo originale nell’universo metallico underground.
Timeless è composto da una decina di brani per quaranta minuti abbondanti di saliscendi compositivi, tra venature alternative, anima progressive e metal che sicuramente guarda più al futuro che al glorioso passato.
Dimitriy Pavlovskiy e compagni danno vita ad un caleidoscopio di note e suoni, violenti ed estremi, crepuscolari o progressive di notevole bellezza, passando da atmosfere ed ispirazioni diverse senza mai perdere il filo di un discorso che trova nelle spettacolari scale musicali tra melodia e furia estrema di S7 e della title track i suoi apici.
In Timeless si trova più di un richiamo a band distanti tra loro ma dalla genialità compositiva quale comune denominatore, un mix spettacolare e che lascia senza fiato di Voivod, Primus, Mars Volta e Devin Townsend, tutto racchiuso in un unico sound.
Timeless è un’autentica sorpresa e non può mancare nel lettore degli amanti della musica progressiva fuori dai soliti cliché.

Tracklist
01. Destroy Space
02. Disposable Clown
03. Void
04. S7
05. Dream Dealer
06. Sinners & Saints
07. Doppelgänger
08. Consciousness Beyond..
09. Timeless
10. Bury Me

Line-up
Dimitriy Pavlovskiy – Guitars, Vocals
Vladimir Yakubovsky – Keyboards
Tom Penzel – Bass
Vasiliy Irzak – Drums

MAJESTY OF REVIVAL – Facebook

Tanagra – Meridiem

Qualche riserva si manifesta riguardo alla prolissità dei brani, ma per il resto la musica del gruppo convince, potente e melodica com’è e in alcuni momenti rimembrante i Kamelot, ma personale quanto basta per non risultare troppo derivativa.

Il power metal non è sicuramente nel suo periodo più florido, essendo tornato almeno in Europa a far parlare di sé più che altro per la reunion della famiglia Helloween che per gli ultimi lavori pubblicati, alcuni assolutamente riusciti, ma ancora lontani dal livello altissimo di qualche decennio fa.

I Tanagra sono un gruppo statunitense e la loro provenienza garantisce quel tocco power e progressivo che impedisce al sound di risultare anonimo conferendogli un’eleganza propria del prog metal made in U.S.A.
Siamo arrivati al secondo album, dopo il debutto licenziato quattro anni fa ed intitolato None of This Is Real, e la band dell’Oregon piazza questi sette lunghissimi brani incentrati su un sound ben strutturato e che alterna parti più prettamente power ad altre in cui l’anima progressiva prende il sopravvento, risultando l’arma vincente di Meridiem.
Qualche riserva si manifesta riguardo alla prolissità dei brani, ma per il resto la musica del gruppo convince, potente e melodica com’è e in alcuni momenti rimembrante i Kamelot, ma personale quanto basta per non risultare troppo derivativa.
Meridiem è un album classico, composto da sette brani che hanno nelle lunghe trame della title track posta in apertura, nella progressiva ed heavy Etheric Alchemy e nei dieci tellurici minuti di The Hidden Hand i momenti più convincenti, rivelandosi adatto perché consigliato agli amanti del power progressivo battente bandiera a stelle e strisce.

Tracklist
1.Meridiem
2.Sydria
3.Etheric Alchemy
4.Silent Chamber
5.The Hidden Hand
6.Across the Ancient Desert
7.Witness

Line-up
Tom Socia – Vocals
Steven Soderberg – Guitars
Erich Ulmer – Bass
Josh Kay – Guitars
Christopher Stewart -Drums

TANAGRA – Facebook

Painqirad – Empires’ Sema’yi

Qui tutto ha il suo tempo, la crescita di melodie molto diverse da come le intendiamo è graduale e credibile, portando avanti l’essenziale concetto che ascoltare la musica di popoli diversi fa parte del processo di comprensione della loro cultura.

Nel sottobosco musicale ci sono spesso vere e proprie gemme da scoprire e da cullare, come questo lavoro del multistrumentista Damiano Notarpasquale sotto il nome Painqirad.

Damiano è uno studioso della musica in tutte le sue forme e si è sviluppata in maniera binaria: l’universo metal è sempre stata la sua passione, mente ha portato avanti studi classici musicali al conservatorio studiando inizialmente clarinetto e trombone, per poi avvicinarsi al jazz, al sassofono e alle musiche del mondo, in special maniera quella araba. Questo lavoro è infatti una bellissima dichiarazione d’amore in musica per il mondo e la sue diversità. Damiano si è innamorato della musica araba nel 2014 e la sua seconda tesi di conservatorio è un metodo per trombone per suonare musica araba e turca. Nasce da queste sonorità, unite ad una certa visione del metal, questo disco che è qualcosa di magnifico, un’eruzione musicale, un’unione di stili e di ritmi diversi che si incontrano nel deserto e proseguono ben oltre. Preponderante è la parte della musica araba, che possiede una metrica molto diversa dalla nostra, e che in questo caso viene supportata da intarsi metal molto adeguati. Il disco è stato registrato in soli dieci giorni, ma c’è un lavoro immenso dietro, con una produzione maestosa che ne rende al meglio le atmosfere. Empires Sema’Yj è un disco dall’immaginario potentissimo, trasporta in un futuro, o forse un passato in cui le dune incontravano il silicio, montagne di sabbia da attraversare senza posa, un miraggio nel caldo soffocante del deserto e tanto altro. Damiano riesce a rendere della atmosfere magiche ed uniche, unendo alla perfezione tutte le componenti e facendolo non in maniera fragorosa e caciarona nella quale ci si imbatte altrove in più di un qualche caso. Qui tutto ha il suo tempo, la crescita di melodie molto diverse da come le intendiamo è graduale e credibile, portando avanti l’essenziale concetto che ascoltare la musica di popoli diversi fa parte del processo di comprensione della loro cultura. E qui l’ascolto è ricchissimo, per un risultato unico nel suo genere.

Tracklist
1.Tahmila
2.Saz Temple
3.Nubah No. 10
4.Dunes
5.Allayl Nahawand
6.Taksim
7.Nawakht
8.Iron, Far Away

Line-up
Damiano Notarpasquale – soprano clarinet, G clarinet, alto sax, tenor sax, trombone, ney, zurna, bağlama, algerian mondol, mandolin, keyboards, guitars, bass, bendir, darbuka

PAINQIRAD – Facebook

At The Dawn – The Battle To Come

Gli At The Dawn hanno indurito il sound senza perdere quell’approccio melodico e raffinato, marchio di fabbrica della scena italiana, facendo sì che il lavoro offerto sia quanto mai coinvolgente.

Tornano con un nuovo album ed una formazione per due quinti rinnovata gli At The Dawn a confermare il buon stato di salute della scena tricolore nel genere.

Il terzo album della band imolese si intitola The Battle To Come, è stato registrato, prodotto e mixato dalla coppia Simone Mularoni (DGM) e Simone Bertozzi (Arcana13, Ancient Bards) ai Domination Studio e vede all’opera, oltre ai chitarristi Michele Viaggi, Michele Vinci e al cantante Stefano De Marco, la sezione ritmica nuova di zecca composta da Andrea Raffucci al basso e Antero Villaverde alla batteria.
Il nuovo album vede il quintetto sterzare verso un sound più power ed epico, sempre ispirato da un’anima più progressiva, ma sicuramente più potente e diretto rispetto a quello offerto fin qui.
Cavalcate heavy/power potenti, crescendo epici, tastiere che ricamano trame sinfoniche su mid tempo rocciosi, fanno di The Battle To Come un album diretto e metallico, raffinato come da tradizione dei gruppi nostrani e quindi assolutamente godibile.
Ovvio che il genere per sua natura non lascia spazio a nulla che non sia già stato scritto e suonato, ma gli At The Dawn, grazie ad un buon mix tra songwriting, perizia tecnica e produzione regalano ai fans del genere un gioiellino musicale.
Dopo l’intro è di Brotherhood Of Steel il compito di aprire le porte e darci il benvenuto in un nuovo album che non registra attimi di stanchezza, anche nei brani più melodici e lineari come l’elegante power/aor di A Rose In The Dark.
Il power/heavy/prog metal trova la sua naturale incarnazione nelle possenti e suggestive Anthem Of Thor, The Call, The Forsaken Ones, con la nuova sezione ritmica sugli scudi e Viper Of The Sands potente brano dai ricami prog metal.
Gli At The Dawn hanno indurito il sound senza perdere quell’approccio melodico e raffinato, marchio di fabbrica della scena italiana, facendo sì che il lavoro offerto sia quanto mai coinvolgente.

Tracklist
01. The Battle To Come
02. Brotherhood Of Steel
03. Cadaver Synod
04. Anthem Of Thor
05. Dragon Heart
06. A Rose In The Dark
07. The Call
08. Torquemada (The Hand Of God)
09. The Forsaken Ones
10. Viper Of The Sands
11. King Of Blood And Sand

Line-up
Michele Viaggi – guitars
Michele Vinci – guitars
Stefano De Marco – vocals
Andrea Raffucci – bass
Antero Villaverde – drums

AT THE DAWN – Facebook

Starbynary – Divina Commedia – Purgatorio

Divina Commedia – Purgatorio è un altro lavoro che merita applausi a scena aperta dal primo all’ultimo minuto di musica offerta dagli Starbynary.

Finalmente i notevoli Starbynary pubblicano la seconda parte della trilogia dedicata alla Divina Commedia e, ovviamente, dopo essere partiti con l’Inferno tocca ora al Purgatorio, raccontato attraverso le note create dai cinque musicisti nostrani.

La band continua nella sua straordinaria opera con un altro capitolo tutto da ascoltare, dopo gli sfavillanti e precedenti lavori, dal debutto Dark Passenger uscito nel 2014 ed appunto Inferno, bellissimo album del 2016 che dava il via alla trilogia incentrata sull’opera dantesca.
Il cantante Joe Caggianelli ed il chitarrista Leo Giraldi tornano accompagnati dal tastierista Luigi Accardo, dal bassista Sebastiano Zanotto e dal batterista Alfonso Mocerino, con uno spettacolare e magniloquente album di power progressive metal che, se da una parte risulta di chiara ispirazione Symphony X (ricordo che nel primo album Mike Lepond fu ospite d’eccezione al basso), deborda di una personalità marcata, di grande fascino e di un songwriting che rimane di altissimo lungo la sua intera durata.
Per oltre un’ora si va su e giù per scale progressive tra solos metallici eleganti, raffinati, ma che non si fanno pregare quando l’atmosfera drammatica richiede un impatto graffiante, ritmiche al cardiopalma ed un sontuoso uso dei tasti d’avorio, mai come in questo album protagonisti così come la prestazione del cantante.
A tratti gli Starbynary ci vanno davvero pesante: Underneath the Stones è squarciata da parti estreme, le ritmiche di Running And Screaming si avvicinano pericolosamente al thrash, così come la sontuosa Laying Bound alterna richiami sinfonici a schiaffi power metal feroci.
Walking Into Fire è una metal song progressiva che, se non fosse cosa pressoché scontata, mette in mostra la notevole tecnica degli Starbynary, mentre Eden e Stars calmano le acque, aprendosi ad un sound che si scrolla la tensione ed i ritmi serrati e ci porta verso le porte del Paradiso, prossima ed obbligatoria tappa del viaggio che la band ha intrapreso nelle pagine di una delle opere letterarie più importanti di tutti i tempi.
Divina Commedia – Purgatorio è un altro lavoro che merita applausi a scena aperta dal primo all’ultimo minuto di musica offerta dagli Starbynary.

Tracklist
01 – On The Shores Of Purgatory
02 – Miserere
03 – Underneath The Stones
04 – Blindness
05 – In The Smoke
06 – Running And Screaming
07 – Laying Bound
08 – The Suffering
09 – Walking Into Fire
10 – Eden
11 – Stars
12 – Ary (Bonus Track)

Line-up
Joe Caggianelli – Vocals
Leo Giraldi – Guitars
Luigi Accardo – Keyboards
Alfonso Mocerino – Drums
Sebastiano Zanotto – Bass

STARBYNARY – Facebook

Hidden Lapse – Butterflies

Con Butterflies l’asticella della qualità si è alzata non di poco, a conferma delle enormi potenzialità degli Hidden Lapse.

La vena melodica e progressiva dei nostrani Hidden Lapse non si è ovviamente esaurita con Redemption, lavoro uscito un paio di anni fa, e la band torna a scrivere un’altra pagina della sua storia con questo nuovo album, intitolato Butterflies e licenziato ancora dalla Rockshots Records.

Questo nuovo lavoro conferma tutte le buone parole spese per l’album precedente, risultando leggermente più metallico ma sempre elegante e sinuoso, valorizzato da melodie splendidamente incastonate in un sound che a tratti risulta di una forza d’urto devastante.
La band è ancora più compatta e sfoggia, oltre alla notevole interpretazione della cantante Alessia Marchigiani e al gran lavoro del chitarrista Marco Ricco, una sezione ritmica potentissima, più presente e potente rispetto al passato e tecnicamente ineccepibile.
Romina Pantanetti al basso e Alessio Monacelli alla batteria sono l’arma in più di Butterflies, anche se, come scritto in precedenza, la sensazione di essere al cospetto di un gruppo compatto è forte come dimostrano i nove brani.
Butterflies parte deciso, Dead Jester è un opener power progressiva devastante, la splendida voce della singer ricama linee melodiche su un sound che ricorda i Dream Theater più metallici dell’ultimo Distance Over Time.
The Letter 0 si avvicina più ai maestri Symphony X, brano che risulta un piccolo capolavoro prog metal con la track list che non inciampa, regalando qualche spunto elettronico come nel precedente album (Glitchers) e corre dritta verso il traguardo, tra qualche accenno alla scena tricolore (Vision Divine) e bordate di power metal tecnico da applausi (Grim Poet, Cruel Enigma).
Con Butterflies l’asticella della qualità si è alzata non di poco, a conferma delle enormi potenzialità degli Hidden Lapse.

Tracklist
1. Dead Jester
2. Third
3. The Letter 0
4. Stone Mask
5. Glitchers
6. Grim Poet
7. Sleeping Beauty Syndrome
8. Cruel Enigma
9. Dust
10. Silent Sacrifice (rearmed) – Bonus Track

Line-up
Alessia Marchigiani – Vocals
Marco Ricco – Guitars and Vocals
Romina Pantanetti – Bass
Alessio Monacelli – Drums

HIDDEN LAPSE – Facebook

Ship of Theseus – The Paradox

Un gioiello di splendore metallico, realizzato da musicisti tanto preparati quanto colti, autori di un lavoro variegato ed intrigante.

Per certi gruppi la definizione di power prog metal è quanto mai banale e riduttiva. Sicuramente, lo è per i nostrani Ship of Theseus, formati da ex componenti di Extrema e Temperance tra gli altri.

La libertà da vincoli espressivi pare realmente essere la prola d’ordine di questo super-gruppo, creativo come pochi, responsabile di un approccio stilistico al metal quanto mai vario e composito, in grado, ogni volta, di abbinare potenza ed eleganza. Gli Ship of Theseus sono cupi e possenti, introspettivi e melodici, romantici e devastanti a seconda dei frangenti sonori dei vari brani. Le composizioni sono elaboratissime e possono, a seconda dei momenti, richiamare alla mente i Threshold più oscuri, certe trame fra progressive e techno-thrash dei primi Sieges Even e Nevermore, quando non addirittura il genio elettronico-sperimentale di Devin Townsend. I passaggi più sinfonici deliziano invece coloro che amano l’intelligente pomposità di Magellan, Vanden Plas e Shadow Gallery. Esplosivi, teatrali, virtuosistici, delicati o deflagranti a seconda del contesto, a volte onirici ed eterei; e tutto questo – si badi bene – senza soluzione di continuità: gli Ship of Theseus si rivelano epici e cerebrali al pari dei migliori Alter Bridge. Quando il metal è durezza evocativa, e senza scomodare i Dream Theater. Tra gli ospiti, inoltre, brilla il grande Gregg Bissonette.

Tracklist
1- The Paradox
2- Reborn
3- Time Has Come
4- Hear Me Out
5- Blue
6- Suspended
7- Like a Butterfly
8- The Promise
9- Reflections in the Mirror
10- The Cage
11- Wounded
12- Ending

Line up
Giorgio Terenziani – Bass
Paolo Crimi – Drums
Michele Guaitoli – Vocals
Marco Cardona – Guitars
Alessandro Galliera – Guitars

SHIP OF THESEUS – Facebook

Disen Gage – The Big Adventure

Un lavoro che richiede un approccio non comune ma che lascerà pienamente soddisfatti coloro che cercano qualcosa di alto valore musicale e di profondamente diverso: una grande avventura, come recita il titolo.

Il progetto Disen Gage nasce nel 1999 in Russia ed è dal 2016 una formazione flessibile di musicisti allo scopo di portare l’attenzione totalmente sulla musica intesa come flusso libero di note ed improvvisazioni.

La proposta dei Disen Gage è un prog rock dalle sfumature metal interpretato come fosse free jazz, con uno scorrimento molto inusuale. Non esistono linearità, ritornelli o forma canzone, è un continuo fluttuare in uno spazio infinito dove tutto è fluido e muta repentinamente. Anche l’ascolto non è comune, esso può cominciare in qualsiasi punto lo vogliate. Grandissima è la varietà di generi affrontati, anche se sarebbe molto scorretto parlare di steccati in questa opera, che è l’ultima propaggine di un’avventura musicale molto interessante. Colpisce la poderosa struttura che disegna un universo musicale immenso e molto variopinto. Si naviga a cuor leggero trasportati dalle eccezionali note di un magma musicale che cambia vorticosamente, ma che non perde mai l’eleganza e la bellezza. Le musiche del gruppo sono molto fini, si possono cogliere aspetti che si avvicinano alla poetica musicale dei Pink Floyd, con la chitarra del fondatore Konstantin Mochalov che ci porta lontano, per poi essere sbalzati in un giro funky che diventa quasi una polka, e questo è solo un minuto della loro musica. I Disen Gage sono musicisti che amano sperimentare e trovare sbocchi inusuali alle loro idee, ma soprattutto sono grandissimi amanti delle sette note, sanno di maneggiare una ricchezza immensa e non se la lasciano scappare, plasmandola a loro volere. Tutto ciò viene dalla Russia e non a caso, poiché è una terra dove ci sono notevoli ensemble e solisti che viaggiano in dimensioni molto differenti da quella normale. Un lavoro che richiede un approccio non comune ma che lascerà pienamente soddisfatti coloro che cercano qualcosa di alto valore musicale e di profondamente diverso: una grande avventura, come recita il titolo.

Tracklist
1.Shiroyama
2.Adventurers
3.Chaos Point
4.Enough
5.All the Truths’ Meeting
6.Selfish Tango
7.Carnival Escape
8.Fin

Line.up:
Konstantin Mochalov — guitar & sound engineering
Eugeny Kudryashov — drums
Nikolai Syrtsev — bass
Sergei Bagin — guitar & synth

Guests:
Igor Bukaev — accordion/button accordion in 2
Ekaterina Morozova — piano in 3 & 8
Vasily Tsirin — cello in 4
Vadim Sorokin — mixing all tracks, synth in 6 & bass in 8

DISEN GAGE – Facebook

Asymmetric Universe – When Reality Disarticulates

When Reality Disarticulates è il biglietto da visita di questo notevole trio che agisce con il monicker Asymmetric Universe: da segnare sul taccuino perché la sensazione è che questo sia solo l’avvio di un percorso artistico molto interessante.

Per gli amanti del metal e del rock strumentale, una nuova e giovane band si affaccia sulla scena tricolore: sono i torinesi Asymmetric Universe, all’esordio autoprodotto con quattro brani racchiusi in un ep intitolato When Reality Disarticulates.

Federico Vese (Chitarra), Nicolò Vese (Basso) e Gabriele Bullita (Batteria) danno alle stampe diciannove minuti di musica progressiva contaminata da vari generi ed influenze lontanissime tra loro come il progressive metal, il jazz, la fusion e la musica orchestrale ed elettronica.
Di queste proposte, specialmente in contesti più estremi come il death metal più tecnico, ne abbiamo ascoltate un bel po’ nel corso degli anni, quindi la relativa novità della proposta, a mio parere, è messa in secondo piano da una prova di grande spessore a livello strumentale e dalla comunque ottima fruibilità all’ascolto di questi primi quattro brani; questi giovani musicisti piemontesi, infatti, dimostrano una sorprendente maturità nell’amalgamare una pregevole tecnica con una forma canzone perfettamente delineata, così da essere compresa anche da chi non è un grande estimatore della musica strumentale.
Echi crimsoniani si intrecciano con progressive e metalliche partiture care ai Dream Theater, inframezzate o legate a forti accenni jazz/fusion, tra l’opener Trees Houses Hill, la funambolica Hermenuetic Shock e gli arcobaleni di note che colorano gli spartiti di Off The Beaten Track e The Clouds Passing By.
When Reality Disarticulates è il biglietto da visita di questo notevole trio che agisce con il monicker Asymmetric Universe: da segnare sul taccuino perché la sensazione è che questo sia solo l’avvio di un percorso artistico molto interessante.

Tracklist
1.Trees Houses Hill
2.Hermenuetic Shock
3.Off The Beaten Track
4.The Clouds Passing By

Line-up
Federico Vese – Guitar
Nicolò Vese – Bass
Gabriele Bullita – Drums

ASYMMETRIC UNIVERSE – Facebook

Myrath – Shehili

Di un album come Shehili resta sempre ben in evidenza la sua natura metallica, una potente tempesta di sabbia musicale che travolge senza trovare ostacoli, esaltata da raffinate sinfonie che passano agevolmente dal classico symphonic prog metal al sound intriso della tradizione musicale araba.

Parlare di Shehili in poche righe non è assolutamente facile a causa della quantità debordante di musica dalla quale si viene travolti che rende questo quinto e ultimo lavoro dei tunisini Myrath un capolavoro di progressive/power/folk metal.

Shehili è il nome di un vento che soffia nel Sahara, e che, insieme ad antiche leggende, porta con sé questi nuovi dodici brani firmati da una band unica, protagonista di un sound che oltre al power/progressivo di Kamelot e Dream Theater si profuma di antiche pozioni e fragranti essenze provenienti dal deserto, affascinante luogo di leggende e misteri che antichi popoli si tramandano da millenni.
L’ascolto dell’album si rivela così un’emozione unica, tra percussioni tribali, strumenti del folklore tunisino, ritmiche power/prog e songwriting impeccabile: un’esperienza da non perdere per chi ama la musica ed il suo universo senza barriere, quando al comando c’è la bellezza dell’arte, qui portata alla sublimazione da un sound dai mille risvolti e dettagli che si presentano davanti a noi fin dalle prime note dell’intro Asl, foriera di rossi tramonti sulla sabbia del deserto, prima che Born To Survive ci spalanchi del tutto le porte di questa sontuosa opera metal.
Di un album come Shehili resta comunque ben in evidenza la sua natura metallica, una potente tempesta di sabbia musicale che travolge senza trovare ostacoli, esaltata da raffinate sinfonie che passano agevolmente dal classico symphonic prog metal al sound intriso della tradizione musicale araba.
Il singolo Dance, la successiva Wicked Dice, brano dall’appeal eccezionale, la sinfonica ed orientaleggiante Lili Twil, Mersal e la conclusiva title track risplendono nella notte del deserto come le più fulgide delle stelle in questo firmamento musicale chiamato Myrath.

Tracklist
01.Asl (Intro)
02.Born To Survive
03.You’ve Lost Yourself
04.Dance
05.Wicked Dice
06.Monster In My Closet
07.Lili Twil
08.No Holding Back
09.Stardust
10.Mersal
11.Darkness Arise
12.Shehili

Line-up
Anis Jouini – Bass
Malek Ben Arbia – Guitars
Elyes Bouchoucha – Keyboards, Vocals (backing)
Zaher Zorgati – Vocals
Morgan Berthet – Drums

MYRATH – Facebook

Equaleft – We Defy

Un album riuscito, anche in presenza delle spigolose ed intricate vie della tecnica, che il gruppo dimostra a tratti di saper maneggiare senza stancare l’ascoltatore, il cui ascolto è consigliato agli amanti del thrash moderno e del death core tecnico e progressivo.

Quelli della Raising Legend Records continuano a proporci ottime realtà nate specialmente nel loro paese, il Portogallo.

E’ il momento degli Equaleft, band proveniente da Oporto e fautori di un thrash metal moderno pregno di groove e molto tecnico, con passaggi progressivi al limite del djent.
Il quintetto, attivo dal 2004, arriva con We Defy al secondo lavoro sulla lunga distanza, cinque anni dopo il precedente Adapt & Survive ed un ep uscito una decina d’anni fa.
We Defy alterna momenti ipertecnici ad altri più lineari che poi sono il punto di forza di un album che non cede proprio grazie a questi chiaroscuri che impediscono all’ascoltatore di rimanere imbrigliato nelle tele di brani come la title track, uno di quelli che più si avvicinano al djent.
Quando gli Equaleft decidono di picchiare decisi e diretti, il thrash/groove metal moderno prende il sopravvento, rallentato da macigni sonori in cui il growl di matrice deathcore è un grido abissale.
Da questo lato Mindset è uno dei brani più riusciti dell’intero lavoro, così come la devastante Strive e la progressiva Fragments.
Un album riuscito, anche in presenza delle spigolose ed intricate vie della tecnica, che il gruppo dimostra a tratti di saper maneggiare senza stancare l’ascoltatore, il cui ascolto è consigliato agli amanti del thrash moderno e del death core tecnico e progressivo.

Tracklist
1.Before Sunrise
2. Once Upon a Failure (ft. André Ribeiro from Sullen and Sollar – guitar solo)
3. We Defy
4. Mindset
5. Endless
6. Strive
7. Overcoming
8. Fragments
9. Realign (ft. Nuno Cramês “Veggy” – guitar solo)
10. Disconnected
11. Uncover the Masks (ft. José Pedro Gonçalinho – saxophone)

Line-up
Miguel “Inglês“ – Vocals
Bernardo “Malone“ – Guitar
Miguel Martins – Guitar
Marco Duarte – Drums
André Matos – Bass

EQUALEFT – Facebook

Avem – Meridiem

Meridiem dei progsters austriaci Avem è un lavoro collocabile tra quelli di matrice progressiva, moderna e pregna di umori che alternano sfumature alternative, metal e dark.

I viennesi Avem firmano per Wormholedeath che licenzia il loro primo album sulla lunga distanza intitolato Meridiem, un lavoro collocabile tra quelli di matrice progressiva, moderna e pregna di umori che alternano sfumature alternative, metal e dark.

Dietro al microfono la voce grintosa della singer Nora Bendzko a cui alle sue spalle agiscono quattro musicisti che sanno unire una buona tecnica strumentale, obbligatoria se si suona il genere e feeling di stampo rock, per un risultato che in generale soddisfa.
Potrebbero storcere il naso gli ormai obsoleti puristi del genere, fuorviati dall’atmosfera alternative di molti dei brani presenti, ma è un dettaglio che non inficia le buone sensazioni che lasciano brani come l’opener Sun-Chaser, Bermuda o Whispers On The Wind.
Progressive metal moderno dunque, un ramo dell’immenso albero progressivo che sta regalando ottimi lavori in questi ultimi anni e che viene alimentato da band come gli Avem, andando oltre ai soliti schemi e confezionando lavori di grande respiro, freschi, metallici e maturi.
Il piglio aggressivo e drammatico di Lost Cosmonaut si scontra con il rock progressivo attraversato da ritmiche sapientemente congegnate di Earth-Shaker o le sfumature tooliane di Sonder in un’alternanza di suoni ed atmosfere che rendono questa ora di musica un ascolto ampiamente soddisfacente per chi ama il genere.
Gli Avem risultano una band dalle potenzialità enormi, vedremo in futuro la direzione che prenderà la loro musica, aperta a qualsiasi tipo di evoluzione, per ora promossi senza riserve.

Tracklist
01.Sun Chaser
02.How I Got My Wings
03.Bermuda
04.Star Gazer
05.Lost Cosmonaut
06.Phantoms
07.Earth Shaker
08.Whispers On The Wind Feat. Andreas Gammauf
09.Chernobyl
10.Storm Facer Feat. Alexander Hirschmann
11.Sonder
12.LDV

Line-up
Reece Tyrrell – Guitars
Florian Uhl – Bass
Seppo Uhari – Drums
Nora Bendzko – Vocals
Manu Sharma – Keyboards

AVEM – Facebook

Lyfordeath – Nullius In Verba

Oscuro, pesante, dai ritmi serrati e dal grande impatto, il sound della band portoghese reclama un posto nelle novità più convincenti del panorama estremo del loro paese e non solo, l’album è un esempio dell’alta qualità dei gruppi lusitani, sempre un passo avanti quando si tratta di metal estremo dalle atmosfere più cupe.

A confermare l’ottima salute della scena estrema portoghese irrompono sul mercato i Lyfordeath, trash/death metal band fuori con il primo lavoro su lunga distanza intitolato Nullius in Verba.

Oscuro, pesante, dai ritmi serrati e dal grande impatto, il sound della band portoghese reclama un posto nelle novità più convincenti del panorama estremo del loro paese e non solo, l’album è un esempio dell’alta qualità dei gruppi lusitani, sempre un passo avanti quando si tratta di metal estremo dalle atmosfere più cupe.
Un’anima progressiva vive tra i solchi di Nullius In Verba, così come le tante sfumature nero/gotiche che portano ai re del metal estremo portoghese, i Moonspell.
Ma attenzione, di black metal nell’album non esiste traccia, fin dall’opener Tenebrae è un oscuro thrash metal potenziato di mid tempo death che detta le regole, avvolto da un drappo nero di ispirazione dark/gothic che invece esalta l’atmosfera di brani davvero pesanti come Mortal, nove minuti in cui litanie doom/dark vengono soppiantate da sfuriate thrash metal per una delle tracce più interessanti dell’album.
Il canto, che raggiunge toni profondi nelle parti più pulite, si avvicina non poco a quello più famoso del sacerdote dei Moonspell, Fernando Ribeiro, mentre l’opera si conclude con le due parti della title track, sunto del credo musicale della band, tra death, thrash, atmosfere dark e poetici passaggi recitati.
Nullius In Verba è un album consigliato agli amanti delle sonorità descritte, una delle tante sorprese che ci riserva l’underground estremo.

Tracklist
1.Prophetia
2.Tenebrae
3.Lumine
4.Dawn of Souls
5.Mortal
6.Carved in the Bones
7.Ignio
8.The Day the Hell Froze
9.Deus Ex Machina
10.Nullius in Verba – Act. 1
11.Nullius in Verba – Act. 2

Line-up
Gil Dias – Vocals
Emanuel Ribeiro – Bass, Back Vocals
João Almeida – Guitar
Carlos Moreira – Guitar
Luís Moreira – Drums

LYFORDEATH – Facebook

Dayslived – Flectar

Flectar è una raccolta di musica tutta da ascoltare, progressiva, metallica, a tratti intrisa di poesia come nella migliore tradizione del genere, scaraventando in un angolo la tecnica per esaltare l’ascoltatore con canzoni emozionanti.

Nella scena progressive metal italiana le sorprese sono sempre dietro l’angolo e a noi divoratori di musica non rimane che archiviare a distanza di pochissimo tempo splendide opere provenienti da ogni angolo del nostro troppe volte bistrattato (e non solo parlando di musica) stivale.

Una premessa doverosa, scaturita dopo l’ascolto di Flectar, nuovo album dei torinesi Dayslived, band nata nel 2010 con un album di debutto licenziato nel 2015 (The Black Mouse) e un ep live uscito un apio d’anni fa (Reborn & Lived).
Lanciato sul mercato dalla Rockshots, il nuovo lavoro del quintetto è stato prodotto con la collaborazione di Marco Strega dei magnifici Materdea, mentre per il mastering la band si è affidata a Tony Lindgren nei Fascination Street Studios.
Con queste premesse Flectar non poteva certamente deludere, ed infatti l’album, con i suoi dieci brani, esplora l’universo progressivo partendo dagli anni settanta per arrivare ai giorni nostri, un viaggio musicale affascinante che convincerà anche i più conservatori tra gli amanti dei suoni progressivi.
Preso per mano dalla notevole interpretazione della vocalist Monik Fennelles, davvero personale e molto interpretativa, il sound del gruppo si nutre di tradizione e modernità, alternando ispirazioni che vanno dal prog rock degli Yes, fino a solcare lidi metallici di scuola Dream Theater e persino pulsioni elettroniche, strada che il progressive moderno sta attraversando grazie alle opere di Leprous e Haken.
Ne esce ovviamente una raccolta di musica tutta da ascoltare, progressiva, metallica, a tratti intrisa di poesia come nella migliore tradizione del genere, scaraventando in un angolo la tecnica per esaltare l’ascoltatore con canzoni emozionanti come il singolo Along Your Miles, Triora, Behind My Skin e la conclusiva Mater Musica, brano che in dieci minuti riassume l’intero concept musicale di Flectar, gioiello progressivo da non perdere per alcun motivo
.
Tracklist
01.Another Start
02.Flectar
03.Along Your Miles
04.Triora
05.My Angel Said
06.Touching The Clouds
07.Their Violent Game
08.Dark Exile
09.Behind My Skin
10.Non Frangar
11.Mater Musica

Line-up
Monik Fennelles – Vocals
Marco Allemandi – Guitars
Matteo Sabetta – Piano & Keyboards
Thor Jorgen Aesir – Bass
Gaetano Pira – Drums

DAYSLIVED – Facebook

Noemi Terrasi – Black Seagull

Black Seagull è un lavoro molto suggestivo e pervaso da un’attenzione particolare per le melodie: un ottimo biglietto da visita per Noemi Terrasi ed un ascolto consigliato agli amanti del progressive metal e delle opere strumentali.

Progressive rock/metal strumentale dall’ottima tecnica, ideale colonna sonora di un concept ispirato ad una catastrofe ambientale, è quanto si trova in Black Seagull, primo lavoro della chitarrista siciliana Noemi Terrasi.

Il gabbiano fatica a prendere il volo, il suo ambiente ancora una volta è messo a dura prova dall’uomo e da quel petrolio, portatore di ricchezza e sofferenza: una storia della quale nostro malgrado siamo stati fin troppe volte testimoni, che raccontata dalla chitarra della giovane musicista e compositrice, davvero brava nel tenere a bada inutili virtuosismi e a puntare sull’emozionalità della propria musica.
Black Seagull è composto da quattro brani per quasi mezz’ora di musica strumentale che passa agilmente da atmosfere prog metal a più pacate sfumature ambient rock, piacevole nel suo andamento drammatico e di denuncia, ma con un’aura di speranza che avvolge in particolare la seconda parte di Ice Wind e la conclusiva The Way Home.
Il crescendo di tensione della title track apre la mente al quadro drammatico della storia, e la Terrasi fa iniziare una sorta di countdown prima che la sua chitarra esploda in trame progressive e metalliche, sempre alternate a sfumature pacate disegnando melodie vincenti di scuola Dream Theater.
Black Seagull è un lavoro molto suggestivo e pervaso da un’attenzione particolare per le melodie: un ottimo biglietto da visita per Noemi Terrasi ed un ascolto consigliato agli amanti del progressive metal e delle opere strumentali.

Tracklist
1.Black Seagull
2.Steel Eyes
3.Ice Wind
4.The Way Home
Line-up
Noemi Terrasi

NOEMI TERRASI – Facebook

Walls Of Babylon – The Dark Embrace

La Revalve rispolvera il primo album dei progsters Walls Of Babylon, lavoro uscito nel 2015 che metteva in mostra le ottime potenzialità del gruppo, poi confermate con il secondo A Portrait of Memories uscito lo scorso anno.

La Revalve rispolvera il primo album dei progsters Walls Of Babylon, lavoro uscito nel 2015 che metteva in mostra le ottime potenzialità del gruppo poi confermate sul secondo A Portrait of Memories uscito lo scorso anno.

Di prog metal si tratta, suonato ottimamente e dalle buone intuizioni compositive espresse già da The Dark Embrace, composto da nove brani inediti più la cover degli Stratovarius, Hunting High And Low.
La band mette sul piatto grande personalità ed una sagacia compositiva che rispecchia gran parte del metallo progressivo moderno: atmosfere tese, dal piglio drammatico, ritmiche possenti e valorizzate da perfetti cambi di tempo inseriti con gusto e senza strafare, melodie a cascata e refrain dal buon appeal.
Sin dall’opener Puppet Of Lie gli Walls Of Babylon ci vanno giù pesanti e la partenza risulta travolgente con l’aiuto delle seguenti The Defeat ed Alone.
Più power rispetto a quello che si ascolterà sul suo successore, The Dark Embrace ha nelle sue trame le ispirazioni che decretano il buon risultato qualitativo della musica suonata dai nostri, con la mente che vaga tra le opere di Evergrey e Dream Theater e quella furia power che lo fa più europeo.
Bene ha fatto la Revalve a riproporlo per chi ha apprezzato il gruppo marchigiano dall’ultimo album e che non potrà sicuramente fare a meno delle varie The Emperor e Revenge Of Morpheus, picchi di questa bellissima opera progressivamente metallica.

Tracklist
1.A Puppet of Lies
2.The Defeat
3.Alone
4.The Dark Embrace
5.Honor and Sorrow
6.The Emperor
7.A New Beginning
8.Revenge of Morpheus
9.A Warm Embrace
10.Hunting High And Low

Line-up
Valerio Gaoni- Vox
Fabiano Pietrini- Guitar
Francesco Pellegrini -Lead guitar
Matteo Carovana- Bass
Marco Barbarossa- Drums

WALLS OF BABYLON – Facebook

Steorrah – The Alstadt Abyss

The Alstadt Abyss risulta dunque l’ennesimo lavoro di buona qualità dove progressive, metal e poi post rock, jazz e atmosfere fusion trovano il loro habitat, ricamando note su note in tele progressive.

Di questi tempi il termine progressive ha assunto una miriade di significati ed il genere si è trasformato in un lungo fiume musicale nutrito da centinaia di affluenti lungo il suo corso.

Ormai questo storico temine è usato come il prezzemolo e i fans tradizionali si sono dovuti adattare alle tante anime di un genere sviluppatosi in modo inaspettato dopo anni di stasi e conservatorismo.
Gli Steorrah, band tedesca con due album ed un live già licenziati, tornano con questo ennesimo esempio di come il progressive rock ed il metal alleandosi abbiano regalato ottima musica, cercando di instaurare legami con altri generi e dando la possibilità, grazie soprattutto al tanto bistrattato (dai fans storici del prog) metal estremo di abbattere confini che anni fa erano invalicabili.
The Alstadt Abyss risulta dunque l’ennesimo lavoro di buona qualità nel quale progressive, metal e poi post rock, jazz e atmosfere fusion trovano il loro habitat, ricamando note su note in tele progressive.
Saturnalia For Posterity e gli undici minuti della cangiante Where My Vessel Dwells, insieme alla conclusiva e seattantiana title track, ci presentano un gruppo che non ha paura di navigare sul fiume musicale di cui si parlava, esplorando isolette doom e dissonanze post rock, nel lungo corso da affrontare prima che i Steorrah scrivano la parola fine ad un album intrigante e ben congeniato.
La tecnica, al servizio di brani già di per sé, labirintici non intacca la fluidità dell’ascolto che si fa interessante ad ogni passaggio.

Tracklist
1.The Silver Apples Of The Moon
2.Sea Foam Empyrean
3.Saturnalia For Posterity
4.Wolves & Seagulls
5.Where My Vessel Dwells
6.Spheroid Nine
7.The Altstadt Abyss

Line-up
Andreas März – Vocals, Electric & Acoustic Guitars
Christian Schmidt – Drums & Piano
Nicolao Dos Santos – Electric Guitars & Backing Vocals
Raoul Zillani – Bass Guitars & Backing Vocals

STEORRAH – Facebook

Cellar Darling – The Spell

I Cellar Darling sono autori di musica salvifica, una di quelle poche entità musicali che portano luce anche quando descrivono l’ombra, e che nobilitano le nostre orecchie e il nostro cuore.

Secondo disco dei Cellar Darling, gruppo folk e anche prog metal fondato da tre ex membri degli Eluveitie, Anna Murphy, Ivo Henzi e Merlin Sutter.

Non aspettatevi però cose in quota Eluveitie, perché qui siamo di fronte a qualcosa di profondamente diverso. I Cellar Darling sono un gruppo che possiede un’incredibile capacità di fare musica metal melodica, bilanciata e molto sognante. La voce di Anna porta l’ascoltatore lontano, in una terra dolce ma che può diventare insidiosa in ogni momento, e la salvezza la può offrire soltanto la musica. Le canzoni scorrono benissimo, Anna si integra alla perfezione con il resto del gruppo, la realtà diventa sogno e viceversa, il tutto con un timbro ed uno stile pressoché unico. Il disco è un concept album sulle vicende di una ragazzina nata in un mondo in cui tutto è quasi stato distrutto dalla stessa razza umana, e lei va alla dolorosa ricerca del senso della vita. A parte il fatto che questo incipit ci ricorda terribilmente quanto questo sia prossimo a diventare realtà, la storia si dipana divisa nei capitoli che sono le canzoni, e sarà anche messo in vendita un audiolibro con lo stesso titolo del disco, letto da Anna, che ha una voce spettacolare, da dea, infatti non è a caso figlia di due cantanti operistici. Il disco è un continuo gioco di luci e tenebre, è delicato e forte, contiene in sé molte cose ed il loro contrario, possiede un grandissimo fascino e non stanca mai, usando elementi diversi per arrivare ad una sintesi innovativa e molto valida. E’ assai raro ascoltare in un gruppo una tale melodia ed un così grande bilanciamento fa i componenti e la loro musica. I Cellar Darling sono autori di musica salvifica, una di quelle poche entità musicali che portano luce anche quando descrivono l’ombra, e che nobilitano le nostre orecchie e il nostro cuore. E’ molto forte l’elemento prog nel loro modo di comporre, nel senso che le canzoni vanno sempre verso l’alto e non sono mai statiche. Molto azzeccati sono anche gli inserti di violino, pianoforte e altri strumenti che li possono far catalogare come folk, ma i Cellar Darling vanno ben oltre i generi, vanno oltre qualsiasi catalogazione, bisogna solo ascoltarli, chiudere gli occhi ed immergersi nella loro musica.

Tracklist
1. Pain
2. Death
3. Love
4. The Spell
5. Burn
6. Hang
7. Sleep
8. Insomnia
9. Freeze
10. Fall
11. Drown
12. Love Pt. II
13. Death Pt. II

Line-up
Anna Murphy – vocals, hurdy-gurdy, multi-instrumentalist –
Merlin Sutter – drums –
Ivo Henzi – guitars, bass –

CELLAR DARLING – Facebook