Darkhaus – When Sparks Ignite

Ottimo lavoro in un genere molto più difficile da gestire di quanto si possa pensare

L’alleanza o l’alchimia tra il metal e sonorità pop dal taglio elettronico e dark, ha portato in questi anni molta fortuna ai gruppi che si sono cimentati nel genere, con singoli ruffiani e dalle ritmiche irresistibili, passati senza soluzione di continuità nei club e sui canali satellitari, ad uso e consumo di chi preferisce ascolti poco impegnativi e alternativi al solito rock da classifica.

Con alterne fortune, le band in questione non si contano più, il sound proposto ultimamente sta tirando leggermente la cinghia non fosse appunto per gruppi come i Darkhaus, al secondo lavoro dopo l’esordio My Only Shelter uscito ormai tre anni fa.
Una band dal taglio internazionale, non solo per il sound proposto, ma soprattutto nella line up che vede Gary Meskil dei ben più temibili Pro Pain, affiancato da una manciata di musicisti di diverse nazionalità.
Infatti dietro al microfono troviamo lo scozzese Ken Hanlon, l’austriaco Rupert Keplinger alla sei corde ed il tedesco Paul Keller alle pelli, senza dimenticare l’altro arrivo da casa Pro Pain, Marshall Stephens.
Una band internazionale appunto come la propria proposta: When Sparks Ignite infatti segue il mood del primo lavoro, un rock/metal dal taglio moderno elettronico e dark pop, molto melodico, con tutti brani di ampio respiro e qualche riff grintoso piazzato qua e là per piacere (non poco) ai fans orfani degli ultimi Sentenced, e dei Rammstein meno marziali.
Il cantato melodico e ruffiano, porta con sé molto della dark wave anni ottanta, così come qualche atmosfera da vampirelli metropolitani che faranno la gioia dei fans più giovani.
Tutto funziona però e molto bene, l’album è colmo di belle canzoni, orecchiabili e curate in ogni dettaglio, non una nota fuori posto, come si evince dall’ascolto dell’album, e in molti casi i chorus si stampano in mente al primo passaggio.
Cinquanta minuti per un album del genere non sono pochi, ma il gruppo non perde un colpo collezionando una raccolta di brani che mantiene un appeal altissimo per tutta la sua durata.
Difficile trovare un brano che spicchi sul resto, ma vi propongo tre titoli: l’opener All Of Nothing, After The Heartache e To Live Again, tracce che non mancheranno di affascinare, melodiche, ruvide e pregne di appeal radiofonico.
Ottimo lavoro in un genere molto più difficile da gestire di quanto si possa pensare, promosso a pieni voti.

TRACKLIST
1. All Of Nothing
2. The Last Goodbye
3. Feel My Pain
4. Second Chance
5. After The Heartache
6. Helpless
7. Devil’s Spawn
8. Oceans
9. Lonesome Road
10. To Live Again
11. Tears Of Joy
12. Bye Bye Blue Skies

LINE-UP
Ken Hanlon – Vocals
Rupert Keplinger – Guitars
Marshall Stephens – Guitars
Gary Meskil – Bass
Paul Keller – Drums

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