Gli Ecnephias, con il loro disco autointitolato di recente pubblicazione, stanno ottenendo unanimi riscontri non solo all’interno dei nostri confini, a conferma dell’innegabile livello qualitativo raggiunto in quest’ultima occasione, ed inevitabilmente sono stati molti gli aspetti ed i retroscena sviscerati nel corso di quest’intervista.
Il nostro interlocutore però, contrariamente al solito, non è stato Mancan bensì il tastierista Sicarius, altra figura chiave nell’economia del combo lucano, in virtù del suo ormai lungo sodalizio con il leader e fondatore di questa magnifica realtà del metal tricolore.
Non per questo la lunga chiacchierata è stata meno interessante, anzi, si è rivelata una ghiotta opportunità per osservare il pianeta Ecnephias da un’angolazione diversa dal solito …
ME Il nuovo disco è arrivato in tempi relativamente brevi rispetto a quello precedente.
Forse “Necrogod” non vi aveva del tutto soddisfatti oppure state vivendo una fase creativa molto prolifica?
Siamo molto soddisfatti di “Necrogod”, è stato un album importante, direi di passaggio in un certo senso, perché ci ha dato ulteriore conferma del fatto che la strada intrapresa con il sound di “Inferno” era quella giusta.
In seguito abbiamo deciso di lasciarci andare ed osare ancora di più, di abbandonarci totalmente alla nostra ispirazione ed assecondare quel naturale istinto di evoluzione musicale alla base delle nostre personalità; ci siamo ritrovati, quindi, a scrivere ed arrangiare tanto materiale in poco tempo con grande naturalezza, e non ti nego che sono rimasti fuori dall’album almeno tre o quattro brani che non si amalgamavano del tutto con gli altri, questo a prova del fatto che abbiamo cercato di comporre senza forzare o programmare niente.
ME La scelta di autointitolare l’album ha un significato preciso?
“Ecnephias” è sicuramente il nostro album più maturo, più lungo di durata, più vario, un album in cui abbiamo cercato di fondere tutti gli elementi caratterizzanti dei nostri lavori precedenti con qualcosa di nuovo, soprattutto per quanto riguarda i suoni e gli arrangiamenti; con questo titolo abbiamo voluto marchiare il nostro cammino fino ad ora, come per dire: “questi sono gli Ecnephias, una band in continua evoluzione, dalla quale potete aspettarvi tutto e il contrario di tutto”.
Il titolo omonimo ci sembrava perfetto anche per chiudere nel modo più giusto un capitolo importante della nostra storia, rappresentato dagli ultimi tre album (“Inferno”, “Necrogod” ed “Ecnephias”, ndr) che costituiscono liricamente e musicalmente quella che noi chiamiamo “Trilogia di Thelema”.
ME C’è, quindi, un filo conduttore a livello lirico nel nuovo disco, così come accadeva in “Necrogod”?
Il filo conduttore a livello lirico è una nostra caratteristica fin dai tempi di “Ways of Descention”.
L’argomento cardine è sempre l’occultismo: “Ways of Descention” era un concept più che altro narrativo, per certi aspetti quasi cinematografico, ispirato ad una vicenda storica; “Inferno” era invece un concept poetico sul demoniaco, inteso sia in senso letterale che simbolico; “Necrogod” possiamo definirlo un concept descrittivo, per certi versi anche geografico, sugli elementi oscuri degli antichi culti pagani.
Il nuovo album è un concept psicologico, un percorso filosofico e onirico sulla Via della Mano Sinistra, che a tratti può ricordare alcune atmosfere Lynchiane.
ME Come e quando è nata la decisione di smorzare le asperità presenti in “Necrogod” per approdare ad una forma espressiva più elegante ma altrettanto convincente?
Come ti dicevo non credo si possa parlare di una decisione vera e propria, è stata un’evoluzione del tutto naturale, dettata dall’ispirazione del momento.
ME In sede di recensione ho scritto che “Ecnephias” volge più lo sguardo ai Moonspell che non ai Rotting Christ, band che costituiscono senza dubbio due tra i vostri maggiori punti di riferimento.
Personalmente vedo in quest’album un parallelismo con la svolta che fecero all’epoca i Moonspell pubblicando “Darkness and Hope”, disco che a me piacque molto anche se diversi lo ritengono un lavoro minore: sei d’accordo?
Con questa domanda sfondi una porta aperta, perché personalmente adoro quell’album ed è forse quello dei Moonspell al quale sono più legato in assoluto, in quanto mi ricorda un periodo molto particolare della mia vita.
Credo che il parallelismo da te notato sia giusto, nel senso che in entrambi i casi la svolta è scaturita da un’attitudine, come dire, più “rockeggiante”; le atmosfere più sinistre del Black-Death delle origini si sono tramutate in sonorità più malinconiche, per molti aspetti ancora oscure (anche per via delle liriche), ma molto più vicine al Gothic Rock, alla Darkwave e al Metal classico: proprio per questo motivo la definizione più adatta per la nostra musica attualmente è “Dark Metal”.
ME La matrice mediterranea è sempre ben presente nel vostro sound, questa volta però avete “esagerato” inserendo un brano cantato in dialetto e dagli evidenti influssi folk.
Detto che “Nia Nia Nia” è un esperimento riuscitissimo, ci racconti la genesi di questa canzone?
E’ venuta fuori da un’idea di Mancan; l’intenzione originaria credo fosse quella di una ninna nanna sinistra, malsana: il risultato è un brano “sperimentale”, per via del contrasto tra le atmosfere folk della strofa e quelle black del refrain.
Ti racconto un simpatico aneddoto su questo pezzo: una notte, molto tardi, sono andato a trovare Mancan in sala prove, ero abbastanza ubriaco e lui, che non lo era meno di me, stava appunto lavorando a questo pezzo.
Quando l’ho ascoltato ho subito pensato che sarebbe stato uno dei migliori brani dell’album; abbiamo continuato a lavorarci insieme per un paio d’ore bevendo e fumando, e siccome non avevo con me il synth, ho provato a cazzeggiare una possibile melodia con la voce, una melodia che si incastrasse con le chitarre e il growl del refrain.
Il risultato ci ha convinti a tal punto che in seguito mi sono limitato semplicemente a riregistrare quella stessa melodia con il mio strumento; tipico esempio di arrangiamento di un brano degli Ecnephias.
ME A livello vocale, secondo me, Mancan ha raggiunto il picco della sua carriera.
Ormai il suo timbro vocale è un marchio di fabbrica pari a quello di Fernando Ribeiro e Peter Steele.
Non avete mai pensato, però, alla luce della struttura più melodica del nuovo album, di rinunciare all’utilizzo del growl?
Ci abbiamo pensato qualche volta, però devi sapere che, essendo noi molto eclettici, nel nostro futuro potrebbe succedere di tutto; potremmo mantenerci su questo equilibrio attuale (cosa molto probabile), oppure fare un album tutto cantato, molto soft, o magari uno ultra-tirato, tutto in growl.
ME Quale è, invece, il vostro orientamento per il futuro riguardo all’uso o meno della lingua italiana all’interno dei vostri lavori?
Credo che continueremo sempre ad utilizzare l’italiano, essendo ormai la mescolanza d’idiomi uno dei nostri marchi di fabbrica.
ME I vostri ultimi album hanno goduto complessivamente di una buona accoglienza da parte degli addetti i lavori.
Come sono andate invece le cose a livello di riscontri di vendita?
Considerando i tempi veramente neri per l’industria musicale, a causa della pirateria dilagante negli ultimi dieci anni, non possiamo certo lamentarci, abbiamo degli ottimi riscontri; non ti nego però che se tutti i downloads dei nostri album (più di 10.000 per “Inferno”, ad esempio) fossero stati acquisti legali, avremmo potuto avere il giusto e meritato riscontro anche economico per il nostro lavoro.
A questo proposito mi permetto di lanciare un messaggio a tutte le persone per le quali “scaricare” è routine: con le vostre manine sulla tastiera del pc, sempre pronte a scaricare intere discografie al giorno, state uccidendo la musica (e tutte le persone che lavorano nell’industria musicale) e porterete prima o poi ad un mondo totalmente privo di quell’atmosfera magica dei decenni passati (quella dei vinili, delle musicassette e dei cd); comprate i dischi, respiratene l’odore, comprateli esattamente come comprate il pane, l’acqua o la birra.
ME Sono solo io a pensare che “Nyctophilia” sia un brano eccezionale, che potrebbe fare sfracelli se adeguatamente promosso (in un paese normale, purtroppo)?
Ti preannuncio che sarà il prossimo brano ad essere diffuso sul web ufficialmente, proprio perché lo riteniamo uno dei pezzi migliori dell’album; speriamo che trascini ulteriormente la promozione, soprattutto per quanto riguarda le vendite, che ad oggi stanno andando già abbastanza bene.
ME La vostra attività live, al di là degli impegni professionali di ciascuno di voi, probabilmente è meno intensa di quanto vorreste.
Quanto pesa questo aspetto secondo te nella crescita di una band a livello di mera popolarità?
L’attività live è fondamentale, perché una band dimostra la sua validità soprattutto lasciando il segno dal vivo; certo è che oggi, tra promoters mafiosetti e “tangenti” richieste all’ordine del giorno, non è affatto facile avere un’attività live dignitosa.
Noi in questi anni abbiamo avuto la fortuna di suonare, almeno in Italia, un po’ dappertutto, spesso in contesti prestigiosi e quasi sempre come headliner o co-headliner.
Ora ce la stiamo mettendo tutta per intraprendere al più presto un tour europeo, con lo scopo di farci conoscere ulteriormente oltre i confini italiani.
ME Riallacciandomi al contenuto lirico di “Necrogod” e di diversi brani all’interno della vostra discografia, non posso fare a meno di chiederti quale sia il tuo rapporto con la religione e con il soprannaturale in genere.
Personalmente mi definisco un agnostico, con dei momenti di ateismo e altri di spiritualità.
Vivo molto male il mio agnosticismo, nel senso che sono tormentato dal dubbio e non riesco a credere né nella mera materialità dell’esistenza, né nella presenza di un piano sovrannaturale.
Tralasciando i miei dubbi esistenziali, c’è solo una cosa di cui sono veramente certo: la mia estrema opposizione ideologica verso tutte le religioni organizzate.
Sono però profondamente affascinato da tutto ciò che riguarda il mondo dell’occulto, sia artisticamente che filosoficamente.
ME Ormai il tuo sodalizio con Mancan dura da diversi anni, assieme avete visto gli Ecnephias crescere fino a diventare una delle realtà più importanti del metal italiano: com’è lavorare con un musicista dalla personalità decisamente spiccata come la sua?
Tra me e Mancan c’è una grandissima affinità artistica, oltre che un’amicizia fraterna.
Questo credo sia il motivo principale per cui il nostro sodalizio ha varcato la soglia dei dieci anni.
Per me lavorare con lui è abbastanza semplice e piacevole, in quanto abbiamo lo stesso modo di vedere le cose, sia da un punto di vista compositivo che organizzativo.
Parliamo molto e ci confrontiamo dettagliatamente sulle rispettive idee, spesso litighiamo, ma litighiamo sempre nel rispetto reciproco e dai nostri litigi nascono i pezzi e le decisioni migliori.
Lui è molto lunatico, a volte sfiora la follia, e per questo motivo alcuni ex-componenti non sono riusciti a durare a lungo; non erano in sintonia con il suo carattere.
Per me è stato diverso, in quanto pur essendo meno lunatico, sono altrettanto folle.
ME Com’è distribuito il lavoro compositivo all’interno della band?
Il lavoro compositivo è distribuito ogni volta in maniera diversa, in base anche al livello d’ispirazione di ognuno di noi al momento della realizzazione di un album.
Gli ultimi due album, fatta eccezione per qualche cosa scritta da me e Nikko, sono stati composti interamente da Mancan, proprio perché negli ultimi due anni lui è stato particolarmente ispirato.
Io invece ultimamente ho vissuto un periodo di scarsissima ispirazione e ho cercato di dare un apporto significativo solo per quanto riguarda gli arrangiamenti e alcune soluzioni armoniche o strutturali.
In passato invece ho scritto diversi brani da solo ed altri a quattro mani con Mancan, sia per quanto riguarda le musiche che le liriche.
Molto importante è poi il lavoro in sala prove, dove ognuno cerca di dire la propria e si giunge all’arrangiamento definitivo di ogni brano prima di entrare in studio.
ME Non c’è dubbio che gran parte degli appassionati identifichino gli Ecnephias con la figura di Mancan.
Ci racconti qualcosa sugli altri vostri compagni d’avventura?
Posso dirti che Miguel è un campione olimpionico di bevute, che io e Nikko gli stiamo dietro alla grande e che Demil, essendo un po’ più responsabile, a volte si sacrifica ed è costretto a guidare.
Scherzi a parte, Demil, Nikko e Miguel sono tre grandi musicisti che, con il loro modo di suonare, hanno contribuito enormemente a delineare le coordinate stilistiche del nostro sound da “Inferno” in poi.
ME Dove affondano le tue radici musicali e quali sono i tastieristi che maggiormente ti hanno influenzato?
Il mio battesimo di fuoco con il mondo del Rock e del Metal è avvenuto quasi vent’anni fa con 5 nomi in particolare, ai quali poi ne sono seguiti tanti altri: Litfiba, Goblin, Iron Maiden, Black Sabbath e Ozzy Osbourne.
Sono invece due i tastieristi ad aver influito maggiormente sulla mia formazione musicale: Antonio Aiazzi dei Litfiba e Claudio Simonetti dei Goblin.
ME A mio avviso, oggi, la salute del metal italiano è inversamente proporzionale al degrado progressivo della nazione: a livello underground nascono ogni anno decine di band competitive, preparate e dai grandi margini di crescita.
Le beghe di cortile ed i provincialismi però impediscono di fare fronte comune per creare un movimento forte e coeso: tu come la pensi al riguardo?
Io credo che in Italia ci siano due grandi problemi: il primo è l’esterofilia del pubblico, unica spiegazione al fatto che band straniere, spesso neanche tanto valide, vendano molto di più di quelle italiane e raccolgano maggiori consensi anche in sede live.
Gli italiani (non tutti per fortuna) non sostengono le band italiane, anzi, se una di queste ha successo, sono i primi a criticarla, anche pesantemente; qui giungiamo al secondo grande problema, rappresentato appunto da queste critiche, che sono spesso causate da una grande invidia di fondo: quasi tutti gli ascoltatori di questo genere musicale hanno delle band, alcune sono valide, altre no, e i personaggi che suonano nelle band poco valide (e i loro amici), quando si accorgono che altre ottengono dei risultati mentre le loro restano nell’anonimato, iniziano a boicottarle, facendolo soprattutto in sede live o insultandole sul web.
Tutto ciò, moltiplicato per ogni città e ogni regione, porta a quelle beghe di cortile di cui parlavi.
C’è insomma un particolarismo regionale pressoché identico a quello del Medioevo: Nord contro Sud, isole contro terraferma, “guelfi e ghibellini” nella stessa città o regione.
ME Il 22 marzo si esibirà in quel di Romagnano Sesia, per l’unica data prevista in Italia, un’accoppiata storica come quella formata da Moonspell e Septic Flesh.
Quanto di grande hanno fatto in passato queste due band lo conosciamo tutti, ma cosa ne pensi del loro stato di salute attuale?
Le ritengo due band davvero grandiose, che ad oggi hanno ancora molto da dire.
I Moonspell in particolare sono uno dei miei gruppi preferiti da molti anni; della loro musica ho sempre apprezzato la sincerità, la capacità di stupire ad ogni lavoro: non hanno mai avuto paura di sperimentare e non si sono mai limitati a riprodurre semplicemente, di album in album, la stessa formula consolidata, come invece fanno da più di vent’anni altre band, spesso per non deludere le aspettative di un pubblico poco incline all’evoluzione.
Quest’attitudine dei Moonspell è molto simile alla nostra.
ME Per finire, dopo questi ultimi anni di intensa attività compositiva, cosa ci dobbiamo attendere dagli Ecnephias nel prossimo futuro?
Nel prossimo futuro ci sarà sicuramente un nuovo videoclip entro la tarda primavera, che scriverò e dirigerò personalmente come ho fatto in passato per “A Satana”; poi cercheremo di dare priorità all’attività live.
A tal fine stiamo valutando diverse proposte che, se tutto va per il verso giusto, dovrebbero permetterci di fare almeno due tour europei entro la fine dell’anno.
Inizieremo a pensare seriamente ad un nuovo album il prossimo anno, anche se nel frattempo ci stiamo portando avanti con il lavoro componendo già del nuovo materiale.