Digitando il monicker Funeral su “metal-archives” spuntano ben undici band di varia estrazione geografica e stilistica, ma i Funeral che trattiamo in questa recensione sono gli originali e probabilmente tra questi gli unici titolati, almeno per il proprio passato, a portare un nome talmente impegnativo, oltre che teoricamente indicativo del genere proposto.
La band norvegese è sulle scene ormai da vent’anni, ma la sua produzione è stata piuttosto diradata nel tempo se consideriamo che Oratorium è solo il quinto full-length effettivo pubblicato in quest’arco temporale. I motivi sono molteplici, ma sicuramente i numerosi cambi di line-up, dovuti anche alla tragica scomparsa di due componenti della band, oltre ad una certa instabilità nel ruolo di vocalist, possono essere individuati come le più probabili cause di questa parsimonia dal punto di vista compositivo. Tenendo fede al proprio monicker, come dicevamo, i nostri sono partiti proponendo partiture funeree nel solco del doom più rallentato e contemporaneamente intriso di riflessi gotici, ma nel corso del tempo la proposta si è progressivamente diversificata, a partire da “From These Wounds” del 2006 fino ad arrivare alla forma attuale, che sicuramente è assai lontana dal funeral doom che conosciamo attraverso gli eccellenti lavori di Mournful Congregation, Evoken o Worship. Il suono del combo condotto da Anders Eek, unico superstite dalla formazione originale, oggi si presenta come un ipotetico e indubbiamente particolare connubio tra il gothic dei The Vision Bleak (in particolare per le orchestrazioni) e il black avanguardistico di scuola norvegese, Borknagar in particolare (soprattutto per le parti vocali), il tutto ovviamente rallentato secondo i tradizionali dettami del doom. Il risultato che ne scaturisce è un sound interessante ma in certi momenti discontinuo nel suo scorrere; ogni brano possiede momenti di alto lirismo, con riff granitici e grondanti disperazione, assoli liquidi e dalle limpide melodie, ma sovente il pathos viene interrotto da passaggi interlocutori nei quali la band, con l’intento di inserire ulteriori elementi nel proprio sound finisce solo per diluire la durata dei brani perdendo così di vista l’aspetto emozionale. Tutto ciò rende piuttosto complesso l’ascolto di Oratorium che in ogni caso resta un buon disco, suonato e prodotto con perizia e con un cantante sufficientemente versatile come Sindre Nedland (già alle prese come tastierista e clean vocalist negli ottimi In Vain, nonché fratello di Lars dei Solefald); inoltre una durata superiore ai settanta minuti tende ancor più a disperdere il livello d’attenzione dell’ascoltatore. Detto che in questo lavoro spiccano, tra le sette lunghe tracce, Hate, Song of the Knell e la traccia di chiusura Will You Have Me?, quelle che maggiormente racchiudono passaggi vicini alla ragione sociale del gruppo, i Funeral del 2012 sono una band senz’altro meritevole di attenzione ma difficile da collocare all’interno di un genere come il doom più estremo, nel quale la coerenza stilistica appare più un pregio che non un difetto. Probabilmente questo disco potrà rivelarsi molto più appetibile per chi apprezza le band che sono state citate come possibili termini di paragone o per chi preferisce l’ascolto di sonorità cupe ma ricercate e sicuramente non dai tratti catacombali.
Tracklist :
1. Burning with Regret
2. Hate
3. Break Me
4. Song of the Knell
5. From the Orchestral Grave
6. Making the World My Tomb
7. Will You Have Me?
Line-up :
Anders Eek – Drums, Guitars, Vocals
Mats Lerberg – Guitars, Vocals
Erlend E. Nybø – Guitars
Rune Gandrud – Bass
Sindre Nedland Vocals