Grave Pleasures – Motherblood

Motherblood è una perfetta ed ideale immersione nelle sempre gradite ed attuali sonorità del post punk/ dark wave: i Grave Pleasures riprendono tutto il meglio dell’epopea sviluppatasi nell’ultimo ventennio del secolo scorso e la restituisce con un piglio moderno ma non troppo, preservandone con cura le fondamentali linee guida.

Seconda uscita su lunga distanza per i Grave Pleasures, band anglo-finnica già conosciuta nei primi anni del decennio con il monicker Beastmilk.

Motherblood è una perfetta ed ideale immersione nelle sempre gradite ed attuali sonorità del post punk/ dark wave: la band guidata dal vocalist Mat McNerney riprende tutto il meglio dell’epopea sviluppatasi nell’ultimo ventennio del secolo scorso e la restituisce con un piglio moderno ma non troppo, preservandone con cura le fondamentali linee guida.
Motherblood è un viaggio in una macchina del tempo che non odora di stantio e i riferimenti più o meno marcati agli eroi dei primi anni ottanta (The Cure), ai successivi campioni della gothic wave (Sisters Of Mercy) e ai continuatori della specie in versione più pop (Echo & The Bunnymen), sopraggiungono sotto forma di una serie senza soluzione di continuità di potenziali hit che non lasciano tregua né lo spazio a considerazioni sulla freschezza o sull’opportunità di una simile proposta.
I Grave Pleasures propongono soprattutto, con grande maestria, quella forma canzone che certi odierni epigoni dell’epoca talvolta perdono di vista: l’impressione è che questo mix di musicisti dal diverso background (pensiamo solo che Juho Vanhanen, co-autore assieme al vocalist di gran parte del materiale, fa parte dei grandi Oranssi Pazuzu) abbia raggiunto l’ideale quadratura del cerchio con quest’album che regala musica allo stesso tempo cupa e ballabile, drammatica ed ariosa.
Arrivate alla quarta traccia, Joy Through Death, molte band avrebbero solo cercato di scrivere altrettanti brani con funzione di riempitivo, paghe di una tale espressione qualitativa: due bombe come Infatuation Overkill e Be My Hiroshima non si compongono né per caso né tutti i giorni, ma i Grave Pleasures offrono ancora una mezza dozzina di canzoni trascinanti tra le quali spiccano Mind Intruder e le conclusive Deadenders e Haunted Afterlife.
Non si deve commettere l’errore di pensare che l’approdo alla Century Media equivalga ad un’accentuazione commerciale dell’approccio dei nostri: ovviamente Motherblood è un album di notevole fruibilità, ma lo è solo per chi conserva dentro di sé quel seme oscuro gettato a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 e che non ha mai smesso di far germogliare le proprie funeste infiorescenze.
Del resto l’approccio alla materia dei Grave Pleasures si sorregge sull’equilibrio tra le varie componenti del sound, con le diverse anime che si intrecciano in un morboso abbraccio senza che l’una finisca mai per prevalere sull’altra; troppo spesso il post punk del nuovo secolo è caratterizzato da una grande attenzione per la forma che finisce per restituire un’oscurità solo di facciata: con i Grave Plesaures questo non accade e gli orfani delle grandi band ottantiane possono avvicinarsi a Motherblood con la certezza di vedere ampiamente ripagata lo loro fiducia.

Tracklist:
01. Infatuation Overkill
02. Doomsday Rainbows
03. Be My Hiroshima
04. Joy Through Death
05. Mind Intruder
06. Laughing Abyss
07. Falling For An Atom Bomb
08. Atomic Christ
09. Deadenders
10. Haunted Afterlife
11. There Are Powers At Work In This World

Line up:
Mat McNerney – Vocals
Juho Vanhanen – Guitars
Aleksi Kiiskilä – Guitars
Valtteri Arino – Bass
Rainer Tuomikanto – Drums

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