Gli uruguayani Inner Sanctvm hanno una storia quantomeno particolare: intanto per la provenienza geografica, considerando che la “Republica Oriental” non è certo uno dei paesi sudamericani maggiormente prolifici in campo metal, poi il fatto piuttosto inusuale che Christi Testamenta, il loro secondo full-length, arriva dopo “soli” diciotto anni dall’esordio intitolato “Frozen Souls”.
Nonostante gli ottimi responsi ottenuti dal disco e la conseguente acquisizione di una buona popolarità nel proprio continente, gli Inner Sanctvm non sopravvissero alle tensioni interne che portarono il fondatore Heber W.Hammer ad abbandonare la band decretandone, di fatto, quella che pareva esserne la fine.
Lo stesso Heber, dopo un altro tentativo fallito di riportare in auge la propria creatura, pare aver trovato la quadratura del cerchio andando a pescare altri musicisti sudamericani sparsi un pò ovunque nel mondo, a partire dal batterista originario Alvaro Garcia, che oggi vive a Perugia, per arrivare ai cileni Francisco Martin, bassista in forza agli svedesi The Gardnerz e Anton Reisegger, qui alle prese dietro il microfono ma attivo come chitarrista nel supergruppo estremo Lock Up.
La tenacia di Heber è stata senz’altro premiata, a giudicare dal risultato che ne è scaturito: infatti, anche se paradossalmente il sound dei nostri sembra essere rimasto fedele ai dettami stilistici di quel lontano 1994, la genuinità e l’ intensità sprigionata dal quartetto scongiura il pericolo di derubricare Christi Testamenta come un banale riciclaggio di idee.
Questo disco si rivela un perfetto esempio di come si possano omaggiare in maniera competente le proprie radici musicali, che sono rinvenibili in maniera piuttosto evidente nei primi Celtic Frost e gli stessi Venom; la voce ruvida, sgraziata, eppure dannatamente efficace di Anton declama testi di argomento religioso su un tappeto sonoro che miscela con encomiabile misura death, thrash e doom, regalandoci tre quarti d’ora di musica trascinante.
Una serie di brani ottimi, che sicuramente non spiccheranno per la loro originalità, ma in grado comunque di tenere inchiodato l’ascoltatore in virtù di un songwriting lineare e con un Heber capace di inanellare con continuità riff davvero coinvolgenti; la ciliegina sulla torta sono le due cover, una decisamente più canonica come Return To The Eve (Celtic Frost), l’altra invece più inusuale, anche se strettamente connessa alle tematiche trattate nel disco, ovvero Heaven On Their Minds tratta da “Jesus Christ Superstar”.
Qui Giuda non possiede la voce “nera” ed elegante del compianto Carl Anderson ma, tramite il ringhio di Anton, esprime se possibile ancora meglio la rabbia e il risentimento del personaggio nella rappresentazione scenica; per quanto mi riguarda ciò è quello che si dovrebbe intendere per cover: non una riproposizione fedele ma, per quanto ben eseguita, piuttosto sterile, quanto penetrare l’anima del brano originale piegandola al proprio stile e alle proprie peculiarità.
Nel complesso questo è un disco che, oltre a non deludere chi ama questo tipo di sonorità, si rivela di gran lunga superiore a certi lavori pretenziosi ma di relativa qualità e di ancor più dubbia genuinità pubblicati ultimamente.
Tracklist :
1. Machines
2. Hemoglobin
3. Waking the Dead
4. The Emperor Wears No Clothes
5. Trial by Fire
6. The Good Shepherd
7. Myths of Creation
8. Wisdom’s Call
9. Dark Frozen Mud
10. And the Truth Shall Make You Free
11. Return to the Eve (Celtic Frost cover)
12. Heaven on Their Minds (From the OST Jesus Christ Superstar)
Line-up :
Francisco Martin – Bass
Anton Reisenegger – Vocals
Heber Hammer – Guitars
Alvaro Garcia – Drums