Una delle accuse più frequenti che vengono rivolte alle band dedite al funeral o al death doom (da quelli a cui il genere non piace, ovviamente) è quello di muoversi sempre all’interno di confini ristretti senza aprirsi a variazioni sul tema.
Il fatto che ciò avvenga o meno non determina affatto la bontà di un lavoro, ad ogni buon conto Return, terzo album degli Ixion, dimostra ampiamente che i musicisti appartenenti a questo filone musicale sanno perfettamente cosa sia una progressione stilistica.
Il duo francese, messosi in evidenza con due ottimi lavori come To The Void e Enfant de la Nuit, continua con Return a sviluppare il proprio immaginario fantascientifico/spaziale ammantandolo però stavolta di sonorità più ariose, che in diversi frangenti si aprono al post metal così come a certo progressive; il tutto però avviene senza che si abbia neppure per un attimo la sensazione che il background doom degli Ixion venga snaturato, visto che a livello di impatto emotivo e melodico l’album costituisce un ulteriore passo avanti anche in senso qualitativo.
Se i ritmi restano sempre molto controllati, prendono maggiormente corpo elementi atmosferici che mantengono saldo il legame con il doom grazie alla malinconia, sempre elemento portante di uno sviluppo melodico che appartiene di diritto ad un progressive velatamente oscuro ma anche dai tratti sognanti; succede così che Julien Prat e Yannick Dilly finiscano per regalare momenti di una bellezza cristallina, all’interno di uno sviluppo compositivo che assume aspetti davvero peculiari, pur rinvenendo a tratti riferimenti inevitabili all’afflato cosmico dei Pink Floyd e, restando sul territorio francese, a quello degli ultimi Monolithe ma con una maggiore tendenza alla creazione di una forma canzone, o addirittura degli Alcest, per la naturale levità di certi passaggi.
Appare esemplare, per cogliere appieno l’essenza dell’album, una traccia splendida come Hanging in the Sky, molto vicina alla meraviglia provocata dall’ultimo album dei Throes Of Dawn, nella quale la ricerca melodica tocca vette altissime, con un assolo di chitarra posto nel finale difficilmente rimovibile dalla memoria; va detto, effettivamente, che il lavoro strumentale di Julien Prat stupisce per equilibrio ed esecuzione in più di un frangente, così come sono appropriati i suoi interventi in growl a supportare le fluide clean vocals di Yannick Dilly.
Considerando che anche nel doom, come in tutti gli altri generi, purtroppo, esistono frange di tradizionalisti che storcono il naso di fronte agli scostamenti stilistici delle band, temo che questo lavoro degli Ixion corra il rischio di non essere compreso da molti: io stesso, del resto, ritengo che, quando un gruppo ha fatto le cose nel migliore dei modi in passato restando in un alveo compositivo ben definito, non ci sia motivo per cambiare strada, ma Return va ben oltre queste spicciole considerazioni, rivelandosi a mio avviso uno dei lavori più emozionanti dell’anno.
L’unico consiglio che mi sento di fornire a chi desidera farlo proprio è quello di approcciarlo ben sapendo che l’album avrà l’impatto emotivo di una carezza e non di uno scossone: stabilito questo, non vi saranno più ostacoli di sorta ad impedire che il flusso sonoro di Return attraversi gli animi sensibili, pronte ad accogliere la limpida bellezza delle note che si dipanano da Out Of The Dark fino alla conclusiva meraviglia atmosferica rappresentata da The Dive (Fade to Blue Part 2).
Tracklist:
1. Out of the Dark
2. Into Her Light
3. Hanging in the Sky
4. Back Home
5. The Ocean
6. Contact
7. World of Silence
8. Stranger
9. The Dive (Fade to Blue Part 2)
Line-up
Julien Prat
Yannick Dilly