Il post metal, potendolo di fatto considerarlo un “non genere”, è per forza di cose caratterizzato da confini piuttosto indefiniti.
Così capita che con tale marchio vengano etichettati per esempio sia i lavori degli Alcest che quelli dei Neurosis, e direi che tra queste estremità la distanza è oggettivamente molta, se non troppa; però, anche tra band di maggiore contiguità stilistica le differenze restano comunque notevoli.
Avendo parlato di recente degli ottimi Heretoir sorge spontaneo fare un parallelismo con i francesi Lòdz, autori con questo Time Doesn’t Heal Anything di un buon lavoro ma incapaci, a mio avviso, di incidere alla stessa maniera dei succitati tedeschi per diversi motivi.
Il primo e fondamentale è che in loro rinvengo quel pizzico di manierismo che in The Circle era assente, laddove l’alternanza tra i passaggi melodici e le sfuriate metalliche avveniva in maniera più fluida e spontanea.
Detto ciò, l’operato del gruppo transalpino appare senz’altro valido, con il suo stile che non va ad attingere, come sarebbe stato lecito pensare, ai connazionali più illustri, bensì si nutre di diversi riferimenti nobili nei momenti più pacati, passando da Cure a Katatonia e mostrando con una certa continuità un gusto melodico di prima qualità.
Oltre a quello già citato altri due sono sostanzialmente gli aspetti che rendono Time Doesn’t Heal Anything un album buono ma non eccezionale: il primo, in effetti, non è una qualcosa di imputabile alla band di Lione ma un fatto contingente, visto che il primo brano Negligence è, per distacco, il migliore del lotto, finendo per offuscare tutto quanto viene dopo, mentre il secondo e più calzante è la sensazione che i brani siano stati composti seguendo una sorta di manuale Cencelli del post metal, con i pur ben costruiti accessi di rabbia che si palesano esattamente nel momento in cui ce li si attende.
Time Doesn’t Heal Anything è senz’altro un lavoro soddisfacente per chi predilige soprattutto queste sonorità, perché i Lòdz sanno come maneggiarle e incastrarle con una maestria che va loro riconosciuta, ma a mio avviso freschezza e spontaneità qui non sono rinvenibili nella misura in cui sarebbe stato lecito aspettarsi … peccato.
Tracklist:
1. Negligence
2. Time Doesn’t Heal Anything
3. The Sound Of Deceit
4. Shattered Dreams
5. Nothing Else To Do
6. Cataract
7. This Feeling
8. Everything Is Fine
Line up:
Ben
Eric
Vince
Olivier