I milanesi Mascharat sono una black metal band piuttosto particolare, se non per il sound che è abbastanza aderente agli schemi compositivi classici, sicuramente per le tematiche affrontate.
Il monicker scelto, infatti, indica la via concettuale intrapresa dal gruppo, che affronta nel corso dell’album, non a caso autointitolato, il tema della maschera e in genere del travestimento quale allegoria, con riferimenti specifici al rito del carnevale veneziano, evento nel corso del quale, soprattutto nel remoto passato, la possibilità per ogni individuo di celare la propria identità portava per un breve periodo ad un livellamento sociale oltre a fornire un pretesto per dare sfogo a pulsioni represse consentite appunto dall’anonimato.
Venendo all’aspetto prettamente compositivo, siamo di fronte ad un black metal piuttosto tradizionale, anche se non troppo ruvido, cantato in italiano e bene eseguito e prodotto, all’interno del quale non si rinuncia comunque a momenti più riflessivi.
L’album parte con due brani che facevano parte del demo pubblicato nel 2014, tra le quali una traccia molto lunga come Médecin de peste, dal testo interamente in francese, e tutto sommato non si percepisce un grande scostamento rispetto ai brani di più recente composizione, se non una maggiore propensione all’interno di questi ultimi verso melodie inquiete e passaggi più ricercati (per esempio il finale madrigalesco di Mora che sfuma nello strumentale Vestibolo).
Mascharat è un lavoro nel quale la band lombarda dimostra una lodevole chiarezza d’intenti e una profondità espressiva che fornisce un tocco in più anche negli stessi momenti aderenti al black più tradizionale: i testi nella nostra lingua, declamati con uno screaming aspro ma comprensibile, non sono affatto banali e costituiscono più che in altri casi un elemento importante nell’economia dell’opera.
Complessivamente ci troviamo di fronte ad un album di valore, alla luce anche della sua perfettibilità, rinvenibile soprattutto nella tendenza a diluire eccessivamente i contenuti, in quanto nell’ambito di un black metal piuttosto ortodosso offrire brani superiori o vicini ai dieci minuti di durata è inusuale e anche un po’ rischioso, benché uno dei più lunghi, Iniziazione, con i suoi accenni doom nella parte centrale, si riveli alla fine uno degli episodi migliori del disco.
Con questo omonimo esordio su lunga distanza i Mascharat finalizzano un lavoro avviato agli inizi del decennio e, nel contempo, pongono solide le basi per il loro futuro percorso musicale.
Tracklist:
1. Intro
2. Bauta
3. Médecin de peste
4. Mora
5. Vestibolo
6. Simulacri
7. Iniziazione
8. Rito
9. Outro