One Tail, One Head – Worlds Open, Worlds Collide

Ferocia black, attitudine rivolta verso gli antichi suoni della fredda Norvegia: un altro bel disco dalla scena di Trondheim.

Attesa durata circa 10 anni, ma ora finalmente è arrivato il primo full length di One Tail, One Head per l’etichetta Terratur Possession, da sempre attenta alle sonorità norvegesi black underground.

Anno importante il 2018 per il Nidrosian Black Metal, che ha visto lo stupefacente esordio dei Mare, per me tra i dischi dell’anno, e che ora ci propone un’altra opera proveniente da Trondheim, dove lo spirito del puro black regna sovrano intrecciato ad atmosfere ancestrali e dal forte aroma ritualistico. Nella formazione della band che purtroppo ha annunciato lo scioglimento, si intrecciano musicisti che hanno una storia importante all’interno della scena underground scandinava. Ritroviamo Sundli, drummer sia degli attuali Mare che, in passato, di Aptorian Demon (qualcuno ricorderà Libertus splendida e furente opera del 2012), Luctus, qui vocalist, ma chitarrista nei leggendari Behexen e bassista sempre nei Mare, Dark Sonority e Celestial Bloodshed e infine Asli, chitarra nei grandiosi Vemod. Tutti artisti che vivono il black e conoscono un’ispirazione sincera per questa arte pura e multiforme. Epitaffio adeguato è Worlds Open, Worlds Collide dove rifulge un feroce black che nasconde al proprio interno una certa attitudine punk e la capacità di intrecciare atmosfere disperate e antiche nella propria trama sonora, dieci brani viscerali che non colpiscono immediatamente ma mostrano lentamente la propria anima irrequieta (la title track) e la propria disperazione (Stellar Storms), affondando i denti nella scuola norvegese ma capaci di dosare i momenti frenetici condotti dai riff delle chitarre con momenti più introspettivi dal taglio psichedelico offerti dal synth. Sonic landscapes con afflato cosmico, in An Utter Lack of Meaning, Hitherto Unbeknownst, Suddenly Revealed, ci danno tregua prima degli attacchi sferzanti e incompromissori di Firebirds e Rise in Red, in cui la furia è incontrollabile e lo scream disarticolato rappresenta un valore aggiunto. I dieci minuti finali di Summon Surreal Surrender suggellano l’opera con un intreccio strumentale sempre feroce ma capace di finezze (un grande basso) che li porta su lidi dal taglio maggiormente progressivo e foriero di sviluppi in una futura rinascita della band. Ottima opera degna di attenzione in questo fecondo 2018.

Tracklist
1. Certainly Not
2. Arrival, Yet Again
3. Worlds Open, Worlds Collide
4. Stellar Storms
5. An Utter Lack of Meaning, Hitherto Unbeknownst, Suddenly Revealed
6. Firebirds
7. Sordid Sanctitude
8. Rise in Red
9. Passage
10. Summon Surreal Surrender

Line-up
ⷚ – Drums
Åsli – Guitars
Luctus – Vocals
Andras Marquis T. – Bass

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