Fungus Family – The Key Of The Garden

The Key Of The Garden è uno dei migliori album ascoltati di recente in ambito progressive e non ha assolutamente nulla da invidiare né a più pubblicizzate produzioni straniere, né a quelle dei nomi storici della nostra scena.

La storia dei Fungus Family, band genovese che, non solo a mio parere, meriterebbe ben altra fama rispetto a quella ristretta agli appassionati più puri e duri del progressive, si arricchisce di un nuovo capitolo discografico, The Key Of The Garden, che va a chiudere la trilogia iniziata con Better Than Jesus (2010), seguito da The Face Of Evil (2014).

Il percorso del gruppo, che i più conoscono e continuano a chiamare semplicemente Fungus, è stata funestata dalla prematura scomparsa del fondatore e principale compositore AJ Blissett nel 2015, per cui non deve stupire se sono stati necessari cinque anni per dare un seguito al bellissimo precedente album.
AJ continua giustamente ad essere accreditato nelle note di presentazione come membro effettivo in qualità di compositore, e questo non deve apparire un semplice omaggio o un artificio retorico, perché appare evidente dall’ascolto di The Key Of The Garden come sia stata data grande continuità al suo impulso creativo sfruttando, probabilmente, molta della musica mai pubblicata che egli stesso ha lasciato in eredità, integrandola al meglio con un lavoro di squadra (ecco il senso di “Family” appunto) non così scontato in ambito progressive.
Del resto il sound dei Fungus incarna al meglio ciò che si intende per progressivo nell’accezione più pura del termine: i brani sono spesso in costante divenire, sorta di jam psichedeliche che lasciano spazio anche a evoluzioni strumentali che non scadono mai in onanistici virtuosismi, ma ciò non preclude la presenza di passaggi dall’enorme impatto melodico ed emotivo che rendono più facilmente assimilabile di quanto possa apparire un lavoro pur così sfaccettato.
Con l’imprimatur di un mito come Nik Turner, che suona il flauto in Eternal Mind (brano a dir poco meraviglioso, peraltro) ed il sax in Becoming to Be, Dorian Deminstrel e soci tra i gruppi contemporanei possono trovare un possibile, quanto puramente indicativo, termine di paragone nei folli e altrettanto psichedelici Bigelf, mentre loro stessi ci suggeriscono quali siano le loro band di riferimento coverizzando i Pink Floyd (See Emily Play) e i Family (The Weaver’s Answer), a cui possiamo aggiungere, volendo pescare nel mazzo, i Van Der Graaf Generator e gli imprescindibili King Crimson sessantiani, ma da sonorità talmente caleidoscopiche ed imprevedibili ognuno può rinvenire altri molteplici richiami.
Ciò che conta è che The Key Of The Garden si rivela un viaggio a ritroso nel tempo che non appare affatto nostalgico, in quanto sonorità che traggono linfa dagli anni d’oro del progressive vengono rielaborate con una freschezza ed una personalità che tengono alla larga quell’autoreferenzialità che spesso affligge diversi musicisti dell’epoca allorché si ripropongono ai giorni nostri.
Le lunghe Suite n. 5 (part 1) e 1q84 si rivelano ampiamente esaustive riguardo al talento e alle doti dei Fungus, i quali offrono un’ora circa di musica che non è per nulla facile da descrivere, per cui mi limito a dire che questi suoni appagano l’udito e l’anima, ma non solo; infatti, avendo avuto la possibilità di assistere alla presentazione dal vivo dell’album circa due mesi fa, la sensazione è stata che sul palco l’offerta della band acquisti, se possibile, ulteriore forza e profondità, grazie alla personalità del frontman e alla tecnica impeccabile dei suoi compagni d’avventura.
In definitiva, The Key Of The Garden è uno dei migliori album ascoltati di recente in ambito progressive e non ha assolutamente nulla da invidiare né a più pubblicizzate produzioni straniere, né a quelle dei nomi storici della nostra scena.

Tracklist:
1 Suite n. 5 (part 1)
2 Eternal Mind
3 Demo-crazy
4 1q84
5 Becoming to Be
6 Suite n. 5 (part 2)
7 See Emily Play (Pink Floyd Cover)
8 Holy Picture
9 The Weaver’s Answer (Family Cover)

Line-up:
Alejandro J. Blissett: Composer
Dorian Deminstrel: Lead & Backing Vocals, Acoustic Guitar
Carlo “ZeroTheHero” Barreca: Bass & Noises
Alessio “Fuzz” Caorsi: Electric Guitar
Claudio Ferreri: Organ, Piano & Keyboards
Cajo: Drums

featuring:
Nik Turner: Space Saxophone (Becoming to Be) & Magic Flute (Eternal Mind)
Daniele Barreca: Percussions (The Weaver’s Answer)

FUNGUS FAMILY – Facebook

Deorc Absis – The Nothingness Transfiguration

Il suono dei Deorc Absis oscilla tra black e death metal, con un’importante parte sinfonica che arricchisce molto il tutto.

Black death metal dissonate e schizofrenico, molto tecnico e davvero inusuale.

L’esordio degli italiani Deorc Absis per l’etichetta americana Redefining Darkness Records è uno di quei dischi che colpiscono duro e che stupiscono. La levatura tecnica è elevata, come notevole è la capacità compositiva, le tre canzoni sono strutturate in maniera labirintica, e dentro ci sono molte cose. Il loro suono oscilla tra black e death metal, con un’importante parte sinfonica che arricchisce molto il tutto. Il gruppo ha un impatto violento, ma non esibisce solo la potenza, preferendo l’effetto dell’insieme alla singola voce musicale. E il risultato è un suono molto originale, che crea un effetto cinematografico sull’ascoltatore, nel senso che il racconto procede per racconti di immagine, e la lunga durata delle tracce permette uno sviluppo esauriente delle stesse. Si potrebbe pensare che tre pezzi possano essere pochi, ma tre canzoni con questa intensità e con questa densità richiedono un’attenzione speciale, con un occhio di riguardo per la qualità, che con un numero maggiore di pezzi potrebbe diluirsi, mentre qui rimane inalterata. Una ricerca notevole permea questo disco, e la poetica musicale messa in campo qui è rivolta verso il futuro, usando elementi del passato ma guardando sempre avanti.
Il lavoro del gruppo è notevole, una menzione speciale va all’incredibile basso di Marcello Tavernari che costruisce fisionomie mostruose, colonna portante del suono dei Deorc Absis. L’esordio è notevole e merita attenzione, musica estrema fatta con passione e competenza.

Tracklist
1.Stasis
2.Epanastasis
3.Metamorphosis

Line-up
Claudio Miniati: Vocals
Alessandro D’Antone: Guitars
Marcello Tavernari: Bass
Marco Taiti – Drums

DEORC ABSIS – Facebook

IL VUOTO

Il video di Her Fragile Limbs, dall’album Vastness (Hympnotic Dirge).

Il video di Her Fragile Limbs, dall’album Vastness (Hympnotic Dirge).

Il Vuoto – Her Fragile Limbs
Directed by Erik Labossiere
Filmed by Erik Labossiere & Kristin Wagner
She of the Void: Jasmin Bieber
He of the Snow: Erik Labossiere

“It isn’t very frequent that I listen to an album and within the first couple moments, feel completely connected with it. ‘Vastness’ is absolutely beautiful and breathes its narrative with every thoughtful track. Upon listening to “Her Fragile Limbs” I felt absolutely compelled to create a video for it. An album anguishing over the emotion of death required a video that was as visceral and lonely as that feeling, and our characters journey through life, death, and the void attempted to reflect that emotional complexity. This was an absolute privilege to create.”
– Erik Labossiere (Wikked Twist Films)

Mr.Woland – Kerigma

La band è alle prese con un sound carico di potenza live ma perfettamente in grado di alzare la temperatura fino a raggiungere temperature infernali anche su disco.

Mr.Woland (uno dei tanti nomi dati al Diavolo) non poteva che usare il rock’n’roll per diffondere il suo messaggio e in quel di Padova ha convocato cinque rockers dando loro il potere di creare rock’n’roll irresistibile, irriverente, diretto e sfrontato, un concentrato di energia che, liberata, cattura e fornisce anime al signore oscuro.

La band è alle prese con un sound carico di potenza live ma perfettamente in grado di alzare la temperatura fino a raggiungere temperature infernali anche su disco.
La Jetglow Recordings licenzia questa mezz’ora abbondante di musica intitolata Kerigma, una mitragliatrice che falcia senza pietà a colpi di hard rock e punk rock, il tutto mixato in un cocktail mortale a base di Turbonegro, Motorhead, Danko Jones ed altri tre quarti della scena scandinava a cavallo dei due secoli, dando vita ad una jam all’insegna di un power rock’n’roll che diverte, esalta, ipnotizza fino a che il signor Woland non si porterà via la nostra anima.
I due singoli fin qui estratti (Margarita e A Breakthrough) danno fin troppo bene l’idea di quello che si può trovare in questo adrenalinico debutto, anche se il consiglio è quello di ascoltarlo per intero lasciandosi catturare dal diavolo in persona.

Tracklist
1.Stay Tun (a)
2.The Ides of March
3.Mexico
4.Margarita
5.A Breakthrough
6.Not on Sale
7.Hatred
8.Flaming Roads
9.Sex O.S.
10.Rainproof
11.Father Pyo
12.Walk On

Line-up
Simov – Vocals
Il Pupilla – Guitars
GG Rock – Guitars
Millo – Bass
Tiz – Drums

MR.WOLAND – Facebook

DESECRATE

Il video di In His Image.

Il video di In His Image.

New single In His Image, is the first song of 2019 for Desecrate, after the last album Orpheus (2015), tour and change of line up.

Recorded and directed by Fabio Palombi (Blackwave studio)

IN HIS IMAGE (Lirycs)

Truth is considered profane
Only illusion is sacred
Repress all your doubts In divinity
This ignorance is a web
Of contradictions and delusions

Religion gives faith
in a better life in heaven

I would rather be a devil
In alliance with truth
Than an angel
In alliance with falsehood
God did not make man
In His image
Man made God
In his image

Religion gives faith
in a better life in heaven
Religion destroys
the life we want on earth

You are the Absolution
You have the power

I would rather be a devil
In alliance with truth
Than an angel
In alliance with falsehood
God did not make man
In His image
Man made God
In his image

You are the Absolution
You have the power

Relics Of Humanity – Obscuration

Obscuration è un ep che vale la pena non perdere se si è fan del brutal death di scuola statunitense, snodandosi in un quarto d’ora abbondante di efferatezze sonore degne dei gruppi storici della scena.

Nuovo ep all’insegna del più puro ed efferato brutal death metal da parte dei Relics Of Humanity, band attiva da più di dieci anni nella capitale bielorussa Minsk, in una terra ancora da scoprire del tutto in ambito metallico, ma che sa sempre regalare gradite sorprese.

Una manciata di demo ed un paio di full length (Guided by the Soulless Call del 2012 e Ominously Reigning upon the Intangible licenziato due anni dopo) è la discografia che porta in dote il gruppo, ora tornato a devastare i padiglioni auricolari dei fans del death più estremo e brutale con Obscuration, ep composto da sei tracce che formano un muro sonoro potentissimo costruito si mid tempo ed accelerazioni senza soluzione di continuità
Echi di Suffocation ed Immolation si rinvengono tra le partiture estreme di brani schiacciasassi come When Darkness Consumes God’s Throne e Legions Of The Unbowed, con i quali i Relics Of Humanity aggrediscono e travolgono con il loro tellurico sound.
Obscuration è un ep che vale la pena non perdere se si è fan del brutal death di scuola statunitense, snodandosi in un quarto d’ora abbondante di efferatezze sonore degne dei gruppi storici della scena.

Tracklist
1.Retson Retap
2.Ani Kihu Alamu
3.When Darkness Consumes God’s Throne
4.Whipping the Cursed
5.Legions of the Unbowed
6.Stench of Burning Heavens

Line-up
AJ – Vox
Pavel – Drums
Sergey – Guitrs
Pavel – Bass

RELICS OF HUMANITY – Facebook

Norsemen – Bloodlust

L’impronta è quella di scuola scandinava che viene arricchita da spediti attacchi di matrice thrash/black, per una serie di brani uno più epico e potente dell’altro che rende Bloodlust un esordio di tutto rispetto da parte di questi quattro guerrieri lombardi.

Bloodlust è il primo lavoro dei bergamaschi Norsemen, quartetto arrivato all’esordio su lunga distanza tramite la Time to Kill Records, dopo un ep uscito un paio di anni fa ma che viene interamente incluso con i suoi quattro brani all’interno di questo nuovo lavoro.

Il genere offerto è un death metal epico e guerresco, un’orda di note rabbiose che travolge i nemici non lasciando anima viva al suo passaggio: l’impronta è quella di scuola scandinava che viene arricchita da spediti attacchi di matrice thrash/black, per una serie di brani uno più epico e potente dell’altro che rendono Bloodlust un esordio di tutto rispetto da parte di questi quattro guerrieri lombardi.
L’ottima prova strumentale dei musicisti (Antonio Brignoli alla chitarra, Beppe Bergamaschi al basso e Paolo Munziello alla batteria), un vocalist che usa a suo piacimento growl e scream di stampo black (Federico Rota) ed un sound che è comunque abbastanza personale e dall’impatto devastante, fanno di questo debutto un album imperdibile per gli amanti del death metal epico, grazie ad almeno una manciata di brani esaltanti.
Evil Master, Black Mountain, la spettacolare Fenrir, la debordante Odin, le conclusive Warrior’s Fate e Time Wrecked Kingdom sono le classiche canzoni che, mi si conceda un luogo comune in questo caso inevitabile, non fanno prigionieri, elevando l’album ed i suoi creatori ai vertici del genere.

Tracklist
1. Intro
2. Evil Master
3. Black Mountain
4. Fenrir
5. Bloodlust
6. Odin
7. Serpent
8. Surtur
9. Warrior’s Fate
10. Time Wrecked Kingdom

Line-up
Antonio Brignoli – Guitar
Beppe Bergamaschi – Bass
Paolo Munziello – Drum
Federico Rota – Vocals

NORSEMEN – Facebook

Mosh-Pit Justice – Fighting the Poison

Il thrash-core della Grande Mela non muore mai e fa scuola anche nella Bulgaria di questa notevole e potentissima band.

Nati sette anni or sono, i bulgari Mosh-Pit Justice sono un entusiasmante trio, arrivato già al quarto album. Il loro è un thrash assai aggressivo e potentissimo, di scuola newyorkese (Nuclear Assault e Overkill, omaggiati in copertina), che non esclude comunque, col suo approccio molto core, inattese aperture epico-melodiche, in stile Sanctuary.

L’energia degli otto pezzi non viene mai meno e lascia quasi senza respiro l’ascoltatore. Il fatto, peraltro, che certe tracce raggiungano i sei minuti dice non poco circa la capacità dei tre di costruire canzoni anche alquanto articolate, senza alcuna caduta. La band dell’Europa orientale riesce quindi a lasciare il segno, con una voce duttile e cori ben curati. La chitarra la fa naturalmente da padrona, ottimamente supportata da una sezione ritmica che guarda al thrash ottantiano, con frutto, competenza e una adeguata capacità di aggiornamento. La velocità e le variazioni ritmiche sono le due costanti del lavoro, con un sound moderno e dinamico, arioso e dalla grande forza, con assoli marziali ed a tratti quasi epici. Con i loro inni di battaglia (urbana), i Mosh-Pit Justice si candidano ad un posto al sole e quanti amano il thrash metal impregnato di hardcore ne saranno conquistati. Veramente un grandissimo lavoro, massiccio e dalla notevole forza d’impatto.

Track list
1- Round to Decay
2- Feed Me to the Flames
3- God Wills It
4- The Serpent’s Call
5- State of Damnation
6- In the Final of Days
7- Prove Your Faith
8- Forging Our Fate

Line up
Maryian Georgiev – Bass
Georgy Peichev – Vocals
Staffa Vasilev – Guitars / Drums

MOSH PIT JUSTICE – Facebook

Albireon – La Bellezza Di Un Naufragio 1998-2018

Madrigali, cose antiche e belle che richiedono di ascoltare e soffermarsi, di cercare dentro e fuori dal proprio sé, o forse solo di chiudere gli occhi e di abbandonarsi ad una poesia che apre il cuore e porta al naufragio.

Disco di canzoni della loro carriera riarrangiati, riregistrati e reinterpretati per un gruppo italiano fra i maggiori della scena sperimentale neo folk mondiale, gli Albireon.

Nato nell’ormai lontano 1998, il gruppo ha saputo toccare con la sua musica eterea, molti cuori, ha attraversato molti mari e ora compie questo bellissimo naufragio. La musica degli Albireon è un qualcosa che ve ben oltre l’accezione comune di musica, è un viaggio all’interno del proprio cuore, un ricercare delle cose antiche e forse sopite ma ancora vive. Albireon è un sogno ad occhi aperti, un modo altro di fare poesia, i testi sono quasi tutti dei capolavori di bellezza della lingua italiana, accompagnati da una musica antica, eppure non vi capiterà spesso di ascoltare qualcosa di così moderno e fresco. Le loro visioni nascono da loro stessi ma anche dalla lettura di pagine o dalla visione di film che potremmo definire immortali, è uno sguardo verso le cose piccole della vita, uno zoom sui particolari che ti fa cogliere l’insieme. Per questo importante anniversario il gruppo ha chiamato ospiti importanti: in Celebrazione di Un Oblio canta Mauro Berchi, membro dei Canaan, dei Neronoia e capo della Eibon Records, una voce che arriva direttamente dalla fine del mondo. Oltre a lui troviamo Francesca Nicoli degli Ataraxia, Oliver dei Sonne Hagal, dei quali gli Albireon fanno un’incredibile cover, Spighe, Bard degli Oberon, Tony Wakeford, deus ex machina dei Sol Invictus, Gianni Pedretti dei Colloquio, Corrado Videtta dei mai abbastanza celebrati Argine e Daniele Landolfi degli Instant Lakes. Insomma il meglio di una scena, quella neo folk, che in Italia ha radici importanti e ha regalato momenti immensi e bellissimi, fortunatamente relegati in una nicchia di persone che ama il bello (ma conosce e vive anche il brutto) e che sa coglierlo anche e soprattutto nelle piccole cose: una scena che crea cose fantastiche ma che ricerca l’oblio in continua contraddizione. Chi ha scoperto e apprezza gli Albireon non torna indietro, perché è così forte e abbagliante la delicata bellezza delle loro canzoni che non se ne può fare a meno. Questo lavoro è una celebrazione ma al contempo un rielaborare la propria tradizione, e le loro canzoni acquistano, se possibile, un bellezza maggiore. Madrigali, cose antiche e belle che richiedono di ascoltare e soffermarsi, di cercare dentro e fuori dal proprio sé, o forse solo di chiudere gli occhi e di abbandonarsi ad una poesia che apre il cuore e porta al naufragio.
E sono bellissime e molto esplicative le loro parole :
“ Abbiamo imparato che non c è un traguardo da raggiungere, nessun posto speciale da conquistare, l’unica verità che abbiamo invece scoperto nei nostri 20 anni di esistenza come band è che non esiste destinazione, ma solo il viaggio stesso… Un viaggio che valeva la pena compiere e che ci ha regalato qualcosa che ha definito per sempre le nostre vite e con noi quelle di chi ha amato la nostra musica, offrendoci un sorriso o una lacrima durante i nostri concerti, o ha condiviso le nostre emozioni comprando i nostri dischi. Non siamo altro che una nave perduta su una spiaggia lontana, un manipolo di eroi dimenticati da tempo, un paio di canzoni che potrete canticchiare quando avrete voglia di qualcosa di visionario e malinconico… ma è stato un naufragio che non ci pentiremo mai di aver vissuto, così come questa ricerca di noi stessi, questo oblio che lentamente ci avvolge ”

Tracklist
1 Canto Del Vento Lontano 2018
2 Nel Nido Dei Ragni Funamboli – Remix
3 Celebrazione Di Un Oblio feat. Mauro Berchi
4 Gli Aironi – Remix 2018
5 Snowflake 2018 Feat. Tony Wakeford
6 Chaosinsomnia
7 Ninèta 2018 Feat. Francesca Nicoli
8 Liù Dorme – Remix 2018
9 Imbrunire 2018 – Feat. Gianni Pedretti
10 Mr. Nightbird Hates Blueberries 2018
11 Il Deserto Dei Tartari 2018 – Feat. Corrado Videtta And Daniele Landolfi
12 Like Stars In Winter Rapture – Remix 2018
13 Ala Di Falena 2018 – Feat. Sonne Hagal
14 Inquietudine – Remix 2018
15 Through Winter Fires 2018 – Medieval Mix Feat . Bard Oberon
16 Ballata Delle Rovine – Remix 2018
17 Spighe (Sonne Hagal Cover)
18 Falene

Line-up
Davide Borghi – Vocals, Guitar, Lyrics
Carlo Baja-Guarienti – Keyboards, Piano, Flute
Stefano Romagnoli – Programming, Samples, Recording
Elia Albertini – Bass Guitar
Lorenzo Borghi – Drums

ALBIREON – Facebook

Leash Eye – Blues, Brawls & Beverages

Potenza e melodia, tanto groove, un pizzico di sfumature blues e desertiche fanno di Blues, Brawls & Beverages un lavoro riuscito, con le oggettive differenze rispetto al precedente album, ma con ancora le carte in regola per soddisfare gli amanti del rock a stelle e strisce.

Dopo sei anni dall’ultima fatica (Hard Truckin’ Rock) torna sulle strade, che dalla Polonia portano alle highway americane, il tir dei rockers Leash Eye.

Il gruppo della capitale mette l’acceleratore a tavoletta e travolge tutto, prima di fermarsi per una meritata sosta e farsi scappare una jam che vede le proprie influenze scatenarsi in undici potenti bordate southern rock dai rimadi grunge e groove metal.
Blues, Brawls & Beverages conferma l’ottima reputazione della band, attiva addirittura dal 1996, come una realtà tutta da scoprire del panorama rock del suo paese, più conosciuto negli ambienti musicali per le gesta estreme di Behemoth e compagnia che per una scena di stampo rock.
Qualche cambio di line up ed un sound che si sposta sempre più verso coordinate southern, fanno di questo nuovo lavoro una manna per gli amanti del genere, ovviamente dall’impatto che rimane alimentato da una forte componente groove e che vede i Leash Eye percorrere le highway che hanno visto viaggiare a suo tempo, Corrosion Of Conformity, Kyuss, primi Soundgarde e i sempre attuali e leggendari Lynyrd Skynyrd.
Il nuovo singer (Lukasz Podgórski), dall’ugola molto più melodica e meno bruciata del precedente cantante, si destreggia con mestiere tra le trame dei vari brani che hanno come comune denominatore un’atmosfera sudista che ne valorizza l’aspetto “americano” del sound.
Potenza e melodia dunque, tanto groove, un pizzico di sfumature blues e desertiche fanno di Blues, Brawls & Beverages un lavoro riuscito, con le oggettive differenze rispetto al precedente album, ma con ancora le carte in regola per soddisfare gli amanti del rock a stelle e strisce.

Tracklist
1.Bones
2.Moonshine Pioneers
3.On Fire
4.Lady Destiny
5.The Disorder
6.Planet Terror
7.Twardowsky, J.
8.Furry Tale
9.Jackie Chevrolet
10.One Last Time
11.Well Oiled Blues

Line-up
Marecki – Bass
Opath – Guitars
Piotr Sikora – Keyboards
Lukasz Podgórski – Vocals
Bigos – Drums

LEASH EYE – Facebook

Strana Officina – Law Of The Jungle

Law Of The Jungle ferma letteralmente il tempo: Daniele Ancillotti, Dario e Rolando Cappanera, ed Enzo Mascolo si voltano e sembrano tornare indietro per poi ripensarci e, con orgoglio, guardare avanti mentre quarant’anni di hard & heavy passano tra i solchi di brani duri come l’acciaio e tellurici mid tempo che appassionano come tanti anni fa.

A distanza di pochi mesi dall’uscita delle due raccolte Non Finirà Mai e The Faith, la Jolly Roger licenzia il nuovo lavoro di inediti della Strana Officina, nove anni dopo Rising To The Call.

L’album della leggendaria band toscana si intitola Law Of The Jungle, è composto da dieci rocciosi brani, di cui tre cantati in lingua madre, che tramandano la tradizione dello storico gruppo.
Senza nessun compromesso e neppure sorprese la band nel più puro spirito underground ed old school dà alle stampe un classico album hard & heavy, mantenendo intatte attitudine ed impatto.
Produzione e suoni volutamente di matrice vecchia scuola (e non potrebbe essere altrimenti), ritmiche che richiamano a più riprese la new wave of british heavy metal, ed un’atmosfera “live” fanno di Law Of The Jungle un album heavy metal con tutti gli attributi al loro posto, confermando il ritorno agli antichi splendori della vecchia guardia metallica made in Italy.
Law Of The Jungle ferma letteralmente il tempo: Daniele Ancillotti, Dario e Rolando Cappanera, ed Enzo Mascolo si voltano e sembrano tornare indietro per poi ripensarci e, con orgoglio, guardare avanti mentre quarant’anni di hard & heavy passano tra i solchi di brani duri come l’acciaio e tellurici mid tempo che appassionano come tanti anni fa.
Crazy About You, The Wolf Within, l’oscura Snowbound, The Devil And Mr Johnson, Difendi La Fede, inno che potrebbe rappresentare tutte le generazioni di metalheads, sono brani che contribuiscono ad alimentare l’aura leggendaria intorno al gruppo, confermando l’immortalità di questi suoni.

Tracklist
01. Law Of The Jungle
02. Crazy About You
03. Endless Highway
04. The Wolf Within
05. Snowbound
06. The Devil And Mr. Johnson
07. Love Kills
08. Difendi La Fede
09. Guerra Triste
10. Il Buio Dentro

Line-up
Daniele Ancillotti – Vocals
Dario Cappanera – Guitar
Enzo Mascolo – Bass
Rolando Cappanera – Drums

STRANA OFFICINA – Facebook

Inter Arma – Sulphur English

Incandescente fusione di sludge, death, black e doom per la band statunitense, che abbina con grande personalità pesantezza e atmosfera.

Arde senza tregua il furore creativo degli statunitensi Inter Arma che, attivi dal 2007, giungono al loro quarto full length dopo lo splendido Paradise Gallows del 2016.

Credevo fosse difficile superare il livello del sopracitato album, ma i cinque musicisti della Virginia portano a compimento una mastodontica opera, abbondantemente sopra i sessanta minuti, dove sono fuse ad alta temperatura incandescenti scorie sludge, doom, death e black. L’approccio alla materia è brutale e personale  ed ogni musicista non si risparmia e dà il meglio della sua arte. Da rimarcare, senza indugi, la prova del drummer T.J.Childers, che rende il suono di quest’opera qualcosa di sensazionale per la ferocia, la vitalità e l’intensità che lasciano a bocca aperta, portandoci su un piano emozionale molto alto. L’opera è esplicitamente dedicata a due amici e musicisti importanti della scena sludge, Bill Bumgardner betterista di Indian, Lord Mantis e Alan Guerra, batterista dei Bell Witch, e colpisce per la totale mancanza di punti deboli; ogni brano, nove in tutto, rappresenta un’ esperienza sensoriale magistrale che prosciuga ogni energia presente nel nostro corpo. La band colpisce duro con inventiva e personalità fin dall’inizio e non teme di inerpicarsi anche in strade difficili come il breve strumentale Observances of the path, cosi come le cadenze dark blues di Stillness dove l’interpretazione del singer Mike Paparo ci trascina lentamente in abissi di perdizione e catarsi; stupefacente la sua capacità, durante l’intera opera, di esprimersi in growl, scream e harsh vocals sempre con personalità, ”colorando” il tutto con tinte dark e sinistre. L’opera non è facile, tante sono le suggestioni emanate, ma la band sembra non avere alcun limite creando muri di suono dove non filtra alcuna luce e la densità della materia è soffocante (The Atavist Meridian) e mi ripeto, con un lavoro della batteria che lascia a bocca aperta. Ogni brano offre momenti di esaltazione, sia per potenza, convinzione e ispirazione; la ferocia di Citadel, con le chitarre che ci regalano una parte solistica da pelle d’oca mi ha tramortito, cosi come le atmosfere notturne, atmosferiche di Blood on the lupines, che contorcono il blues con aromi psichedelici portandoli a un punto di fusione lacerante e apocalittico. Questi artisti sono in costante crescita e sale già l’ aspettativa per le prossime opere che non potranno che essere avvincenti. Per me uno dei dischi dell’anno.

Tracklist
1. Bumgardner
2. A Waxen Sea
3. Citadel
4. Howling Lands
5. Stillness
6. Observances of the Path
7. The Atavist’s Meridian
8. Blood on the Lupines
9. Sulphur English

Line-up
T.J. Childers – Drums, guitars, bass, acoustic guitars, lap steel, keyboards, percussion, noise, vocals
Steven Russell – Guitars
Trey Dalton – Guitars, percussion, vocals
Mike Paparo – Vocals, percussion
Joe Kerkes – Bass

INTER ARMA – Facebook

BIRD

Il video di “Mother of pain”.

Il video di “Mother of pain”.

“Mother of pain”, il primo singolo autoprodotto dei Bird, nuova incarnazione degli storici heavy rockers napoletani Whiskeycold Winter, è online anche in free streaming sui canali Bandcamp e Youtube ufficiali del gruppo;

Ascolto consigliato a tutti gli amanti dell’ heavy psych rock di matrice 70s e Sabbathiana.

BANDCAMP: https://bird10.bandcamp.com/releases

YOUTUBE: https://youtu.be/72SXSv3Rc1o

FACEBOOK: https://www.facebook.com/BIRDheavyRock/

Disen Gage – The Big Adventure

Un lavoro che richiede un approccio non comune ma che lascerà pienamente soddisfatti coloro che cercano qualcosa di alto valore musicale e di profondamente diverso: una grande avventura, come recita il titolo.

Il progetto Disen Gage nasce nel 1999 in Russia ed è dal 2016 una formazione flessibile di musicisti allo scopo di portare l’attenzione totalmente sulla musica intesa come flusso libero di note ed improvvisazioni.

La proposta dei Disen Gage è un prog rock dalle sfumature metal interpretato come fosse free jazz, con uno scorrimento molto inusuale. Non esistono linearità, ritornelli o forma canzone, è un continuo fluttuare in uno spazio infinito dove tutto è fluido e muta repentinamente. Anche l’ascolto non è comune, esso può cominciare in qualsiasi punto lo vogliate. Grandissima è la varietà di generi affrontati, anche se sarebbe molto scorretto parlare di steccati in questa opera, che è l’ultima propaggine di un’avventura musicale molto interessante. Colpisce la poderosa struttura che disegna un universo musicale immenso e molto variopinto. Si naviga a cuor leggero trasportati dalle eccezionali note di un magma musicale che cambia vorticosamente, ma che non perde mai l’eleganza e la bellezza. Le musiche del gruppo sono molto fini, si possono cogliere aspetti che si avvicinano alla poetica musicale dei Pink Floyd, con la chitarra del fondatore Konstantin Mochalov che ci porta lontano, per poi essere sbalzati in un giro funky che diventa quasi una polka, e questo è solo un minuto della loro musica. I Disen Gage sono musicisti che amano sperimentare e trovare sbocchi inusuali alle loro idee, ma soprattutto sono grandissimi amanti delle sette note, sanno di maneggiare una ricchezza immensa e non se la lasciano scappare, plasmandola a loro volere. Tutto ciò viene dalla Russia e non a caso, poiché è una terra dove ci sono notevoli ensemble e solisti che viaggiano in dimensioni molto differenti da quella normale. Un lavoro che richiede un approccio non comune ma che lascerà pienamente soddisfatti coloro che cercano qualcosa di alto valore musicale e di profondamente diverso: una grande avventura, come recita il titolo.

Tracklist
1.Shiroyama
2.Adventurers
3.Chaos Point
4.Enough
5.All the Truths’ Meeting
6.Selfish Tango
7.Carnival Escape
8.Fin

Line.up:
Konstantin Mochalov — guitar & sound engineering
Eugeny Kudryashov — drums
Nikolai Syrtsev — bass
Sergei Bagin — guitar & synth

Guests:
Igor Bukaev — accordion/button accordion in 2
Ekaterina Morozova — piano in 3 & 8
Vasily Tsirin — cello in 4
Vadim Sorokin — mixing all tracks, synth in 6 & bass in 8

DISEN GAGE – Facebook

Imago Imperii – Fate Of A King

I bolognesi Imago Imperii danno alle stampe il loro secondo full lenght, un concept all’insegna di un power metal epico, sinfonico e valorizzato da un’anima neoclassica consigliato agli amanti del genere, che troveranno più di un riferimento alle opere passate di Grave Digger, Rage e Gamma Ray.

Accompagnato da un bellissimo artwork (opera dell’artista russo Wadim Kashin) arriva sul mercato il secondo lavoro dei bolognesi Imago Imperii, quintetto attivo dal 2011 e con alle spalle, otre ad un ep il full length Legendaria, licenziato tre anni fa.

La band che tra le sue fila vede cimentarsi alla chitarra il bravo Luke Fortini, anche nei thrashers Hyperion e protagonista su queste pagine lo scorso anno con il suo album solista (Inside), licenzia un lavoro ispirato, di matrice power metal, tradizionalmente influenzato dal sound dei maestri tedeschi, ma valorizzato da sinfonie tastieristiche che fanno da tappeto ad intense cavalcate heavy power in cui il chitarrista ricama solos neoclassici di ottima fattura.
Fate Ok A King è dunque un’opera classica, in cui la musica accompagna il concept, ambientato nell’Inghilterra medievale al tempo dell’invasione normanna, narrando le vicende di Harold Godwinson, ultimo Re Anglosassone.
The Tapestry è l’intro di ordinanza, ricorda le atmosfere che facevano da prologo ai concept più famosi dei Grave Digger e lascia poi alla tellurica Saxon Warriors il compito di aprire le danze.
Si nota subito che Fortini e la sua sei corde sono l’arma in più del gruppo nostrano, fautore di un power metal epico e roccioso, che alterna mid tempo potenti ed epici a cavalcate in doppia cassa ispirati da Grave Digger, Rage ed in parte Gamma Ray.
La parte sinfonica, altrettanto importante dona quel tocco di pomposa epicità in brani travolgenti come Kingdom’s United e Marching For Hope, mentre le guerresche Battle Of Stamford Bridge e Conqueror risultano il cuore pulsante ed indomabile dell’album.
Completano la line up degli Imago Imperii il singer Gwarner, il tastierista Ivanhoe e la sezione ritmica composta da Nick al basso e Iskandar alla batteria, tutti protagonisti di prestazioni convincenti e che fanno di Fate Of A King un lavoro da non perdere per tutti gli amanti del power metal dai tratti epici, sinfonici e neoclassici.

Tracklist
1.The Tapestry
2.Saxon Warriors
3.Kingdom’s United
4.Fate of a King
5.The Landing
6.Battle at Stamford Bridge
7.Conqueror
8.Marching for Hope
9.King’s Nightmare
10.Harold Rex
11.End of an Era

Line-up
Gwarner – Vocals and Concept
Ivanhoe – Keyboards and Programming
Lüke – Guitars
Mick – Bass guitar
Iskandar – Drums

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Skyfever – Rear View Mirror

E’ fuor di dubbio che brani come Get Out e Signs travolgano con una carica ed un’orecchiabilità irresistibili, ma il rock’n’roll che piace a noi vive e si rigenera lontano da lavori come Rear View Mirror.

Supportati nientemeno che da Alice Cooper , il quale dichiara di essere un loro accanito fan, tornano sul mercato i rockers irlandesi Skyfever con il loro nuovo ep di quattro brani intitolato Rear View Mirror.

Noto per essere incluso nelle playlist di famosi stadi inglesi come Stamford Bridge ed Anfield, il gruppo di Dublino licenzia queste quattro bombe da classifica dal grande appeal, adatto per ascolti distratti e cori cantati sotto la doccia dopo il primo ascolto.
Si tratta di rock da spararsi in auto mentre il canale radio d’ordinanza ci ricorda la classifica di quello che più piace in giro per il mondo, magari tra un singolo pop ed uno rap, innocuo come tutto quello che è mero music business.
Diventeranno ancora più famosi gli Skyfever? Direi che le carte in regola ci sono tutte, citando più o meno tutto quello che è passato negli ultimi vent’anni di rock commercialmente perfetto, passando dal mid tempo ruffiano alla scarica adrenalinica, dalla dose equilibrata di elettronica a quella più pop oriented.
E’ fuor di dubbio che brani come Get Out e Signs travolgano con una carica ed un’orecchiabilità irresistibili, ma il rock’n’roll che piace a noi vive e si rigenera lontano da lavori come Rear View Mirror.

Tracklist
1.Get Out
2.Signs
3.Sunny Days
4.Kings

Line-up
Luke Lang—Vocals
Tyson Harding—Guitars
Brian Clarke—Guitars
Ciaran O’Brien—Bass
Karl Hand—Drums

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POLYNOVE POLE

Il video di “On The Edge Of The Abyss”, dall’album Polynove Pole.

Il video di “On The Edge Of The Abyss”, dall’album Polynove Pole.

Ukrainian melodic doom/death metal band Polynove Pole release new official lyric video for “On The Edge Of The Abyss”, song taken from self-titled mini-album.

The lyric video previously was premiered via No Clean Singing – https://www.nocleansinging.com/2019/04/19/an-ncs-video-premiere-polynove-pole-on-the-edge-of-the-abyss/

Polynove Pole was formed in the fall of 2004 in Lviv, Ukraine.
After the first demo recordings in 2005, the band started to perform at local concerts, and then on rock festivals of western Ukraine and capital city Kyiv.

In the beginning of 2008, the first EP “Pure Souls” was officially released, and at the end of the same year a full-length album “On Seven Winds” as well.

Due to active concert activity and selection of musician line-up, the band came to prominence as one of the leading groups of Western Ukraine. New songs of PolynovePole were represented in tribute-albums and collections of Ukrainian rock music.

The band’s next EP, “Under the Cold Stone”, was released in 2009 and became the heaviest and the most melodic at that time in the discography.

Since 2010, a long pause has taken place in the history of the band. After taking time off, the band joined forces with new members and resumed work on new material.

The band resurgence started in November 2017, with a new release, “On The Edge Of The Abyss”.

Polynove Pole delivered the record with lyrics that appeared in Ukrainian and English for the first time.

https://www.facebook.com/polynove.pole/
http://polynovepole.com/en/

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: UNA STAGIONE ALL’INFERNO

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare le interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta vi diamo la possibilità di ascoltare l’audio intervista di Mirella (coadiuvata in questa occasione da Diego Banchero) con il gruppo genovese Una Stagione all’Inferno.

Jag Panzer – Mechanized Warfare

Doverosa riedizione per un classico dello US power, ancora oggigiorno splendidamente carico di suggestioni musicali d’alta scuola.

Sul fatto che gli Jag Panzer siano parte integrante della storia del metal, non solo americano, credo nessuno avrà nulla da obiettare.

Del resto, sotto le insegne dell’hard & heavy più classico, i nostri sono nati nel lontano 1981. Il loro sesto album, Mechanized Warfare, vide la luce nel 2001, prodotto da Jim Morris, per la Century Media. Lo ristampa, ora, la sempre volitiva ed attenta Punishment 18 Records. Abbiamo così l’opportunità imperdibile di riassaporare un autentico classico, duro e puro, come da tradizione del miglior US power. Delle dieci tracce che vanno a comporre l’album, l’opener Take To the Sky, Unworthy e la penultima Power Surge superano i sei minuti, mentre la conclusiva All Things Renewed ben oltrepassa i sette: la cosa già la dice lunga sulla scrittura musicale degli Jag Panzer, articolata e progressiva, senza rinunciare minimamente ad una sola oncia di un approccio al metal sempre potentissimo e solenne, epico e stentoreo. Mechanized Warfare svolgeva e svolge un discorso musicale di classe assolutamente superiore, vincente in ogni magica sfaccettatura dei suoi solchi. Si ascolti ad esempio l’intensa The Scarlet Letter, ispirata al capolavoro di Hawthorne. Tristi e malinconiche le melodie delle canzoni, una gemma le complesse progressioni musicali alle quali la band si abbandona sempre senza alcuna autoindulgenza. Aggressività e fascino: il binomio di una grandissima band. Ieri come oggi. Stupenda e molto dark anche la grafica.

Tracklist
1- Take to the Sky
2- Frozen in Fear
3- Unworthy
4- The Silent
5- The Scarlet Letter
6- Choir of Tears
7- Cold Is the Battle
8- Hidden in My Eyes
9- Power Surge
10- All Things Renewed

Line up
Chris Broderick – Guitars
John Tatley – Bass
Henry Conklin – Vocals
Mark Briody – Guitars
Rikard Stjernquist – Drums

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