Škan – Death Crown

Come avrà modo di scoprire chi vorrà ascoltare Death Crown, l’idea di black metal negli Škan è ben più ampia e variegata in virtù di un sound in continua trasformazione ed evoluzione.

Per fortuna non sempre la musica segue percorsi predefiniti: per esempio non era per nulla prevedibile ascoltare sonorità di questo tipo da una band texana inserita nell’ampio calderone del black metal.

Gli Škan, in realtà, partono da quella base stilistica per diramare la loro proposta verso territori molti lontani anche per immaginario da quelli normalmente battuti da chi proviene da oltreoceano.
Non sono quindi impronte cascadiane quelle che risultano impresse in Death Crown, bensì meno visibili ma più profonde tracce di uno spirito inquieto che molto attinge in tal senso nella cultura dei nativi americani fin dal monicker: da questo ne deriva un sound che mostra diversi volti, da quelli più introspettivi (che sono la maggioranza) a quelli più robusti che sono sovente lanciati su ritmi medi e inframezzato da ottimi passaggi di chitarra solista.
Anche per questo la definizione di band dedita al black death sta un po’ stretta agli Škan, i cui intenti per volere del leader Joseph Merino sono ben più ampi sia dal punto di vista musicale che concettuale: se Death Crown può sembrare una canonica sfuriata black metal, sebbene arrivi dopo un intro che già promette sonorità poco convenzionali, la sua parte finale ci dice già che da ogni brano della band è lecito attendersi variazioni di ritmo e di atmosfere, tanto più che le diverse tracce sono collegate tra loro a creare una sorta di continuum sonoro, che sfocia poi in un brano magnifico come The Womb, dove predomina un suono di chitarra molto particolare inserito in un contesto dai tratti psichedelici.
La stessa Iron & Blood si muove su coordinate molto simili prima di sfociare nei due brani più lunghi dell’album, Father Qayin, per certi versi la canzone più ritmata e immediata del lotto, e For The Love Of Death, nella quale vengono ancora disegnate pennellate chitarristiche struggenti che conducono al termine di un disco bellissimo e sorprendente, non tanto per un suo insito carico innovativo quanto per la capacità di Merino e soci di mutare le carte in tavola senza perdere mai di vista la propria idea di metal; come avrà modo di scoprire chi vorrà ascoltare Death Crown, questa è infatti ben più ampia e variegata in virtù di un sound in continua trasformazione ed evoluzione nel corso dell’album.
Uno splendido lavoro, consigliato a prescindere dagli steccati di genere

Tracklist:
1. Initium
2. Death Wish
3. A Mort
4. The Womb
5. Au Dela
6. Iron & Blood
7. Father Qayin
8. For The Love Of Death

Line-up:
Joseph Merino – Guitars, Vocals
David Baxter – Drums
Rob Zim – Bass
Ron van Herpen – Guitars

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