Spiace davvero che certi dischi talvolta vengano giudicati negativamente a causa di una presunta immobilità stilistica, mente altri, aventi analoghe caratteristiche di fedeltà al genere proposto, vengano portati ad esempio di integrità artistica.
Probabile che un tale equivoco possa coinvolgere anche questo settimo full-length, in quasi vent’anni di onorata carriera, degli Svartsyn, ovvero del musicista svedese Ornias, che di fatto ha sempre gestito la band come un suo personale progetto. Black Testament è, essenzialmente, ciò che ogni appassionato del black più ortodosso vorrebbe ascoltare: atmosfere maligne condotte da una screaming feroce, nessuno svolazzo tastieristico o compiacimento melodico, solo dosi massicce di misantropia riversate in un songrwriting statico quanto si vuole, ma ugualmente dotato di grande fascino. Le variazioni sul tema sono pressoché inesistenti, Ornias conduce la sua macchina infernale verso un’apocalisse ineluttabile, senza sorprendere né deludere, semplicemente continuando a proporre con coerenza e competenza la propria musica e senza svendere malignità in versione plastificata (brani come Carving A Temple e Rising Beast son lì a dimostrarlo). Se tutto ciò sia sufficiente per poter considerare Black Testament un disco riuscito, pur se lontano dai capolavori del genere, dipende dalle aspettative di ciascuno: per quanto mi riguarda la quarantina di minuti da dedicare all’ascolto di questo lavoro sono senz’altro ben spesi.
Tracklist :
1. Intro
2. Revelation in the Waters
3. Venom of the Underworld
4. Demoness with Seven Names
5. Carving a Temple
6. Eyes of the Earth
7. Rising Beast
8. Black Testament
Line-up : Ornias – All Instruments, Vocals