Al netto delle tematiche trattate, quest’esordio dei The Committee è uno dei migliori che mi sia capitato di ascoltare in questa prima metà del 2014 e, alla fine, questo è ciò che più conta.
Una copertina a dir poco sospetta e molti altri particolari inerenti questa band potrebbero scoraggiare l’ascolto da parte di chi cerca di tenersi alla larga da dischi che possano, in qualche modo, mostrare un preciso schieramento degli autori a livello ideologico.
Passando al vaglio tutti gli aspetti, dalla grafica ai testi, istintivamente verrebbe da collocare questa band, che ha la propria base operativa in Belgio, piuttosto a destra ma, al riguardo, i The Committee dichiarano di essere apolitici, essendo il loro unico intento quello di dare una voce ai morti, in particolare a quelli che, nelle diverse guerre che hanno insanguinato l’Europa negli ultimi cent’anni, si sono trovati dalla parte degli sconfitti. A questo punto devo necessariamente fidarmi del russo Igor Mortis e soci (tutti provenienti da nazioni differenti), perché, fortunatamente, per farmi ricredere mettono sul piatto un argomento potentissimo quale è la musica, che giunge a spazzare via buona parte delle remore nell’avvicinamento a questo disco. Power Through Unity, infatti, è uno splendido album a base di un black doom dai toni perennemente drammatici e solenni, come impone del resto la scelta lirica della band che verte essenzialmente su una rilettura dei momenti più tragici della storia russa dalla rivoluzione in poi. Una produzione impastata il giusto, che forse toglie limpidezza ai suoni rendendoli nel contempo ancora più cupi, una scelta stilistica che predilige ritmi medi o rallentati, e brani che mantengono sempre alta una certa tensione emotiva, sono le caratteristiche peculiari di un lavoro che, indubbiamente, si rivela una piacevole sorpresa, presentando al suo interno due episodi formidabili per intensità quali By My Bare Hands e The Last Goodbye, entrambi pesantemente influenzati dal doom, ma senza che per questo il resto della tracklist sia trascurabile: Not Our Revolution e The Man of Steel sono due mid-tempo di grande spessore, nei quali i The Committee si muovono come una sorta di versione raffinata degli Immortal, con le chitarre a tessere con il caratteristico tremolo linee melodiche di sicuro coinvolgimento. Non da meno neppure Katherine’s Chant, che nella parte finale riprende la melodia dell’omonimo e notissimo canto popolare sovietico, mentre Power Through Unity costituisce l’emblema dell’auspicata coesione tra i popoli russi e germanici, riuscendo a inserire in maniera efficace i temi portanti dei due inni nazionali all’interno della canonica struttura black. Il tema della riscrittura della storia a seconda di chi sia il detentore del potere è sicuramente sempre attuale (e noi italiani lo sappiamo molto bene), così come è altrettanto evidente che i punti di vista possano cambiare, a seconda del vissuto delle popolazioni coinvolte e, in ogni caso, penso che nessuno possa avere qualcosa da eccepire sulla condanna delle atrocità subite dai deportati nei gulag o sulla commiserazione delle vittime delle guerre; detto questo, ribadisco che questo album d’esordio dei The Committee, al netto delle tematiche trattate, è comunque uno dei migliori che mi sia capitato di ascoltare in questa prima metà del 2014 e, alla fine, questo è ciò che più conta.
Tracklist:
1. Not Our Revolution
2. The Man of Steel
3. By My Bare Hands
4. The Last Goodbye
5. Katherine’s Chant
6. Power Through Unity
Line-up:
Marc Abre – Bass, Backing Vocals
William Auruman – Drums, Percussion
Aristo Crassade – Guitars, Backing Vocals
Igor Mortis – Vocals, Guitars
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