Autori Vari – Sludge Doom And Hard Noise

Sludge Doom and Hard Noise è un riassunto delle produzioni e coproduzioni di Taxi Driver Records, il tutto concepito e guidato dall’amore per la musica, ed è inoltre uno sguardo esaustivo sulla bellezza di un certo underground italiano.

Un bellissimo sampler gratuito con il passato, il presente ed il futuro del mondo Taxi Driver, che non è solo un’etichetta discografica, ma un modo di fare e di vivere la musica.

Chiuso qualche anno fa il negozio sito nel centro storico di Genova, che era diventato il punto di riferimento per appassionati e non solo, il duo Sara e Maso ha sempre continuato a vendere on line e soprattutto non ha smesso di essere un’etichetta sempre votata al rumore e sensibile alla scena locale; inoltre Taxi Driver è anche webzine con Tomorrow Hit Today.
Questa super raccolta, in download gratuito sul loro bandcamp raccoglie moltissimi nomi, alcuni li potreste già conoscere, altri li sentirete qui per la prima volta e sarà un gran piacere. Incredibile la varietà e la qualità, troviamo molte declinazioni di generi e sottogeneri, dallo stoner allo sludge, all’elettronica alla psichedelia pesante, in un turbinio di colori e suoni. La raccolta vi regalerà grandi gioie, ci sono nomi della scena genovese come i sempre immensi CRTVTR, gli Ut e i Bells Of Ramon qui con un magnifico inedito che precede l’uscita del loro prossimo disco, e si sente che il gruppo è maturato tantissimo e potrebbe essere una delle migliori cose hard rock che Genova abbia mai concepito. Anche i Desert Rider ci regalano un assaggio di ciò che sarà il loro futuro. La raccolta dà l’idea della portata del lavoro che Taxi Driver ha portato avanti in questi anni, per non parlare di Genova Urla e degli altri concerti organizzati negli anni. Sludge Doom and Hard Noise è un riassunto delle produzioni e coproduzioni di Taxi Driver Records , il tutto concepito e guidato dall’amore per la musica, ed è inoltre uno sguardo esaustivo sulla bellezza di un certo underground italiano. La qualità è molto alta e vi verrà voglia di comprare e supportare, o anche solo di andare a vedere i concerti, perché underground vuol dire anche militanza e tutti abbiamo un compito.
Il rumore continua.

Tracklist
1.PETROLIO – Eating Lights Slowly
2.CAMBRIAN – Hooded Mantanaut
3.BELLS OF RAMON – Long Way To Loose
4.HUMULUS – The Great Hunt
5.DESERT RIDER – Pilgrim Of Chaos
6.UT – Panda Love
7.MOCK THE MANKIND – A Great Depression
8.HIBAGON – Orogenesis
9.NUDIST – Bloody Waters
10.CRTVTR – Sol Guerrilla
11.IDLEGOD – Idlegod
12.LLEROY – Primate
13.ORION – Lucid Dreams
14.THE LAND OF THE SNOW – States Of Longing
15.SONIC WOLVES – Wolfwitch
16.ROSARIO – To Peak And Pine

TAXI DRIVER RECORDS – Facebook

JOHN MALKOVITCH! – The Irresistible New Cult of Selenium

Un ottimo post rock ambient di provincia, sembrerebbe facile ma non lo è affatto.

Gruppo di musica post rock e ambient di larghissimo respiro da Pontecane, frazione del comune umbro di Fratta Todino in provincia di Perugia, conferma vivente che la provincia è molto più creativa della città.

Questo è il loro disco di debutto, quattro tracce che arrivano direttamente dalle loro lunghe jam, e si sente chiaramente che questi ragazzi sono per davvero amanti della musica. La loro è un post rock ambient molto cinematografico, con tanti riverberi e una calma imperante che assume significati diversi a seconda della necessità e dell’umore compositivo. Si viaggia bene in questo disco, per chi ama un certo tipo di musica, totalmente alieno sia dal termine commerciale che da quello alternativo. La musica dei John Malkovitch! è un luogo mentale, un posto non tanto di comfort quanto di vita dei pensieri, qui nascono forme, si vedono luci e si sta bene. Questa musica aiuta il pensiero, è cerebralmente feconda e molto piacevole, invita alla calma e alla riflessione. La produzione è buona e mette in risalto le doti del gruppo; nei meandri delle loro canzoni ci si perde davvero, ed è bello condividere in questa maniera movimenti musicali da saletta. I pontecanesi non si inventano nulla, ma quello che suonano lo fanno bene e lasciano un buon sapore nelle nostre orecchie. Un ottimo post rock ambient di provincia, sembrerebbe facile ma non lo è affatto.

Tracklist
1.Darker Underneath The Surface
2.Twice In A Moment, Once In A Lifetime
3.Zenit
4.Nadir

JOHN MALKOVITCH! – Facebook

Khoy – Negativism

E’ davvero affascinante ascoltare un suono come questo, veloce ed espressivo, senza essere per nulla autoreferenziale, per un ep è davvero buono.

Ep di esordio in downlaod libero per i piemontesi Khoy, all’insegna dell’hardcore più moderno, veloce, caotico e tecnico.

Questo gruppo possiede una notevole potenza, usa lo strumento hardcore in molte delle sue accezioni, riuscendo a plasmare sempre la materia per produrre ottime canzoni. All’interno del loro suono si possono ritrovare molte influenze, dall’hardcore in quota Converge, a qualcosa di screamo passando per momenti emo molto intensi. Inoltre alcune canzoni richiamano molto la struttura delle canzoni mathcore, con un andamento frastagliato, con diversi cambi di ritmo, tenendo sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore. Ci sono anche momenti più dilatati, ma sempre all’insegna del rumore e della potenza. Un ep che stupisce per varietà e suono complessivo, perché c’è un sentimento che impera dentro il disco, ed è una cosa grande. Grazie alla giovane età di questi ragazzi il suono è maggiormente rivolto verso la modernità piuttosto che verso la classicità dell’hardcore, ma è presente anche quella.E’ davvero affascinante ascoltare un suono come questo, veloce ed espressivo, senza essere per nulla autoreferenziale, per un ep è davvero buono. Il disco è frutto di una cospirazione diy, e lo potete trovare sia in forma fisica che in download libero; compratelo o scaricatelo, soprattutto ascoltatelo perché è un disco divertente e dal grande cuore.

Tracklist
1.My Love For You Is Like A Truck Berserker
2.Tapeworm
3.Misleading Existence For Fancy Thinkers
4.Whorehouse
5.That One Time I Got Drunk Before 2 p.m.

Line-up
Saibbo: Guitar
Gio: Drums
Alex (Turboburrasca): Bass/Vocals
Simo: Guitar/Vocals

KHOY – Facebook

Fish Taco – Il Suono Dei Campi

I Fish Taco traggono ispirazione dal grunge e dal rock alternativo anni novanta, eruttando in una maniera del tutto inaspettata, anche grazie a testi che si possono definire sconvolgenti per sincerità e potenza.

Ci sono momenti nei quali, pur ascoltando molta musica la maggior parte della quale senza molto gusto, ci si trova a pensare a quale disco, a quale commistione di suoni farebbe piacere dedicare uno o più ascolti.

Missione non semplice, perché raramente arriva il colpo di fulmine, oppure l’innamoramento dopo un lungo corteggiamento. E invece, quando meno te lo aspetti arriva nelle tue orecchie un disco gigantesco, un insieme di opera parole e musiche che ti danno una scossa. I fautori di tutto ciò sono i Fish Taco da Ardea, e il disco si chiama Il Suono dei Campi. Il disco suona benissimo, con la prepotenza ed i sentimenti del rock, una fortissima ossatura grunge e molti sconfinamenti nello stoner. La produzione fa risaltare un rock distorto che nasce da un impasto sonoro molto bene congegnato, che è davvero personale. I Fish Taco traggono ispirazione dal grunge e dal rock alternativo anni novanta, eruttando fuori in una maniera del tutto inaspettata, anche grazie a testi che si possono definire sconvolgenti per sincerità e potenza. Ci sono dei passaggi sull’immigrazione, che viene vista da noi solo come tale, ovvero come entrata nel nostro paese, e mai come uscita degli individui dal loro habitat e dai loro affetti. I testi ci portano a ragionare, sono amari e spronano a vivere come pochi altri gruppi. In Italia è difficile avere un gruppo come i Fish Taco, sia per la loro bravura musicale, sia per la loro brutale sincerità, perché chi racconta la verità in maniera cruda dura poco in Italia, la patria del meglio non vedere o sentire. Qui entra in gioco l’ascoltatore, che ascoltando e valorizzando questo disco ha innanzitutto la possibilità di godere di un disco notevolissimo, ed inoltre può effettuare una precisa scelta di campo, schierandosi dalla parte di chi si guarda dentro e fuori anche se ciò fa male.
Un album che in un’altra galassia sarebbe un disco epocale, o anche in un mondo normale.
Attenzione, questo disco vi guarda dentro, e non vi lascia come eravate prima d’averlo sentito.

Tracklist
1.Lampedusa
2.Ardea
3.Zero gradi
4.Confine
5.Magnete
6.L’aratro
7.Lorenzo
8.Polyphemus
9.La prospettiva di chi perde
10.1992

Line-up
Salvatore Tortora
Matteo Gherardi
Daniele Picchi
Umberto Andreacchio
John Mezza

FISH TACO – Facebook

Neverending Winter – Хиус

Le canzoni sono composte molto bene, ogni traccia fa storia a sé e si sentono chiaramente le stimmate dell’ottimo gruppo folk metal, ma definire tali i Neverending Winter è alquanto riduttivo, poiché sono molto di più.

L’inverno ultimamente va di moda grazie alla serie tv Trono di Spade e anche alla maledetta voglia del suo ritorno indotto da questo caldo.

Dalla Siberia, e più precisamente da Tomsk, arriva questo ottimo gruppo di folk metal e molto altro. Dopo l’esordio con titolo omonimo del 2013. il gruppo quasi ogni due anni sforna un nuovo disco, e sono tutti molto buoni e disponibili in download libero sul loro bandcamp, come il presente disco. I Neverending Winter fanno folk metal declinato in molte e diverse accezioni, ma soprattutto hanno una grandissima energia, attraverso la quale riescono a rendere benissimo alcune atmosfere. Il cantato in russo si addice benissimo a questa musica forte come gli alberi della Siberia, cattiva come gli animali che la popolano, e misteriosa come gli spiriti che la popolano. Tutto scorre molto bene, tra aperture melodiche di gran valore, anche con strumenti tradizionali, e sfuriate black, anche se il substrato delle loro composizioni è death metal. Le canzoni sono composte molto bene, ogni traccia fa storia a sé e si sentono chiaramente le stimmate dell’ottimo gruppo folk metal, ma definire tali i Neverending Winter è alquanto riduttivo, poiché sono molto di più.
Ascoltando Хиус si entra nell’enciclopedica conoscenza del metal che hanno questi siberiani, che trovano sempre la soluzione più adeguata al momento e al pathos dello stesso. Dischi come questo decretano la grande forza del movimento folk metal russo, che stra sfornando prodotti sorprendenti. Basti pensare che questo gruppo è senza contratto, si auto produce e si auto promuove, e raggiunge questi risultati. Certamente sono molto bravi, e spero si facciano conoscere il più possibile, perché questo disco è un legame con un qualcosa di ancestrale che tutti possediamo, ed è una qualità che stiamo perdendo. L’inverno senza fine è anche dentro di noi oltre che all’esterno, e bisogna essere molto forti per affrontarlo, e questa musica può dare molto in tal senso.

Tracklist
1.Intro
2.By snowridges (По застругам)
3.Neverending winter (Бесконечная зима)
4.Heeus (Хиус)
5.Sib Ir

NEVERENDING WINTER – Facebook

In Articulo Mortis – Testament

Un album che, senza far gridare al miracolo, piace proprio per le sue melodie, mentre la parte estrema rimane nello standard, come molte volte accade.

C’è una bella differenza tra black metal sinfonico e melodico: il primo è guidato da orchestrazioni classiche, il più delle volte cinematografiche e pompose, e la verve black viene messa in secondo piano dal monumentale suono orchestrato per stupire gli amanti del metal estremo con velleità sinfoniche.

Il back metal melodico, invece, mantiene inalterata la componente estrema raffinandola con melodie classiche, specialmente nel gran lavoro delle sei corde, qualche spunto progressivo ed un elegante uso dei tasti d’avorio dalle reminiscenze classic dark.
E’ quello che succedeva qualche anno fa in Testament, primo full lenght dei transalpini In Articulo Mortis, ristampato in questi mesi e che ci presenta un gruppo molto interessante.
Nato nel lontano 1992 e scioltosi ufficialmente nel 2013, il gruppo diede alle stampe due demo, prima di questo full length licenziato nel 2012 ed ora tornato sul mercato grazie alla Herbert West Productions.
Testament presenta un melodic black metal dalle influenze nordiche, poco appesantito di orchestrazioni ma  fluido nel suo essere classico e permeato da sfumature dark e incentrato su mid tempo in cui melodie pianistiche ed atmosfere malinconiche fanno da variante ad un andamento robusto, con uno scream abbastanza uniforme ad accompagnare la musica per tutta la sua durata.
Un album che, senza far gridare al miracolo, piace proprio per le sue melodie, mentre la parte estrema rimane nello standard, come molte volte accade.
Un male per molti ma non per tutti, date un ascolto a questo lavoro, nel suo insieme merita.

TRACKLIST
1.In articulo mortis
2.Le don obscur
3.Succubus
4.La rose et le marbre
5.My Underwater Queen
6.Embrace the Reapers Wrath
7.Lunar State
8.Diaboli in amorem

LINE-UP
J – Drums
C – Guitars
M – Guitars, Bass
S – Vocals

Buioingola – Il Nuovo Mare

I Buioingola spaziano su assi differenti e, partendo da una base crust, sviluppano un suono molto originale con inserti neo industrial, incursioni nel doom, soprattutto perl’incedere, e tanta oscurità.

Trattando Il Nuovo Mare, bisogna annotare ed incassare una notizia buona ed una cattiva. Dato che siamo tutti metallari vi lascio prima la notizia cattiva: molto probabilmente questo sarà l’ultimo disco dei Buioingola.

La notiza buona ed in parte consolatoria consiste nel fatto che è davvero un gran disco, un viaggio oscuro per fugare la falsa luce che ci avvolge. Il trio toscano, dopo un demo di tre tracce nel 2012 ed un lp per Sentient Ruin Laboratories nel 2013, Dopo L’Apnea, portano a compimento con questo lavoro un percorso poetico e musicale davvero notevole. I Buioingola spaziano su assi differenti e, partendo da una base crust, sviluppano un suono molto originale con inserti neo industrial, incursioni nel doom, soprattutto per l’incedere, e tanta oscurità. Il gruppo assorbe la lezione semantica di certi ensemble come Neurosis, Killing Joke, ma anche Cure (molto probabilmente capiremo appieno solo dopo anni l’estrema importanza di Robert Smith e compagni per la musica oscura), e una certa new wave. Permane come motore primo una ruvidezza e cattiveria crust hardcore punk, ma si va molto lontani, ed il risultato è stupefacente, perché lega assieme suoni ed orizzonti diversi uniti sotto la bandiera dell’oscurità. Dolore, angoscia e nessuna speranza di salvarsi, proprio come in un nuovo mare di tenebra che ci avvolge e ci porta alla consapevolezza che siamo soprattutto dolore. I testi in italiano rendono moltissimo, e non sono certo un freno, perché il gruppo è molto apprezzato all’estero. Un bellissimo viaggio tra crust, doom punk e oscurità anni ottanta e novanta, per un disco che va ascoltato e apprezzato con molteplici passaggi, non perché sia particolarmente difficile, ma proprio per il suo grande valore.

TRACKLIST
1. Polvere
2. Latenza
3. Irriconoscibile
4. Attesa
5. Eclisse
6. Silenzio
7. Il giorno dopo

LINE-UP
Diego Chuhan – chitarra, voce
Thomas Gianardi – batteria, campionamenti
Omar Bovenzi – basso, voce

BUIOINGOLA – Facebook

Heading West – What We’re Made Of …

Gli Heading West riescono a creare un giusto connubio fra la melodia, la velocità e le dinamiche del metal moderno.

Gli Heading West sono un giovane gruppo diviso in ordine sparso in Emilia Romagna, che riesce a fare un’ottima miscela di metalcore, hardcore melodico e metal moderno. Il tutto è molto orecchiabile e melodico, prodotto bene e piace.

Ai tempi della mia gioventù mi ci sarei perso in un disco così, e la cosa bella è che ora c’è un disco così. O meglio, un ep così, perché questo esordio è sulla corta distanza, ma è molto incisivo e colpisce dritto al bersaglio. I ragazzi viaggiano bene, hanno ben chiaro dove andare e lo dimostrano con un disco che è una chiara dichiarazione di intenti. Gli Heading West hanno voglia di esportare un suono che è certamente molto legato alle sonorità a stelle e strisce, ma lo fanno in una maniera molto personale e con melodie difficilmente rintracciabili oltreoceano, o meglio riescono a creare un giusto connubio fra la melodia, la velocità e le dinamiche del metal moderno. Questo ep mostra che, credendo nella propria musica, si possa fare un bel disco, piacevole e anche commerciale ma al punto giusto. Soprattutto questi ragazzi non fanno proprie tutte le mie elucubrazioni. Gli Heading West vanno veloci e belli compatti, passano sopra le nostre casse lasciando un odore molto piacevole di gioventù e belle speranze, ed è bello anche il momento in sé, senza tanti se e tanti ma.

TRACKLIST
1.Payback
2.Deep Waters (feat. Nicola Roccati of The End At The Beginning)
3.Struck
4.Purple Teeth
5.S.O.Y.F.A.S.H.

LINE-UP
Davide Guberti – vocals
Alessandro Frank Cotti – guitar / back vocals
Riccardo Savani – guitar
Francesco Gariboldi – bass / back vocals
Francesco Neri – drums

HEADING WEST – Facebook

Don’t Try This At Home – #01

Questo disco è una delle tante vie giovanili e moderne al metal, e dato che la mente deve essere aperta ascoltatelo, perché ne vale la pena e perché è una bella mazzata, e ogni tanto prendere due schiaffi sonori fa bene.

Da Udine il debutto in free download per questo giovane gruppo di metalcore e hardcore.

Il loro suono non è inedito, ma i ragazzi friulani rielaborano molto bene una materia molto sfruttata ultimamente, come quella del metalcore. I Don’t Try This At Home sono molto potenti e diretti, riuscendo ad inserirsi molto bene su di una onda estremamente frequentata. Il suono di questo ep di esordio, in download libero dal loro bandcamp, è un metalcore veloce, ben prodotto e con finalmente i bassi al posto giusto, poiché troppe volte si ascoltano gruppi del genere con i treble troppo alti, senza profondità. I Don’t Try This At Home invece hanno un gran tiro, sanno sempre cosa fare e lo fanno bene, e per certi versi potrebbero essere considerati eredi di una certa scena hardcore anni novanta, forse inconsapevole progenitrice del metalcore. Certamente il metalcore fa storcere il naso a molti, e per certi versi a ragione, ma questi dovrebbero ascoltare #01 per ricredersi, almeno per quanto riguarda questi friulani. Disco veloce, pesante, con molti ottimi risvolti, suonato con tecnica ma soprattutto mettendo a frutto la molteplicità di ascolti fatti. All’interno della stessa canzone possiamo ascoltare molti cambi di registro, con variazioni sul tema e molto altro. Questo disco è una delle tante vie giovanili e moderne al metal, e dato che la mente deve essere aperta ascoltatelo, perché ne vale la pena e perché è una bella mazzata, e ogni tanto prendere due schiaffi sonori fa bene.

TRACKLIST
1.Mushroom
2.Paranoid Alienation
3.The Beast Within
4.Jeff Buckley
5.Vicious Circle

LINE-UP
Giuliano Bergantin – Vocals
Giovanni Stella – Guitar
Federico Sbaiz – Guitar
Alessandro Cartelli – Bass
Thomas Macorig – Drum

DON’T TRY THIS AT HOME – Facebook

Krepitus – Eyes of the Soulless

Eyes of the Soulless è classico il disco che ti dà la giusta carica al risveglio e spazza via le tensioni e le frustrazioni al termine di una giornata di lavoro: una terapia di rara efficacia e priva di effetti collaterali.

Subito un full length di assoluto valore per i canadesi Krepitus, i quali danno seguito al demo fatto uscire nel 2014.

La band proveniente dall’olimpica Calgary riesce nel non facile intento di dare alla luce un lavoro a tratti entusiasmante, pur andando ad attingere dall’inesauribile pozzo rappresentato dal metal estremo di matrice novantiana: un’ideale sintesi del sound contenuto in Eyes of the Soulless potrebbe citare i Carcass, con un minore carico morboso ed una maggiore propensione al thrash e al death melodico, oppure i migliori Iced Earth lanciati verso sonorità più estreme: da questo notevole ed ipotetico incontro di stili scaturisce un album capace di smuovere anche le membra più inerti, in virtù di reiterate cavalcate che partono da The Decree of Theodoseus ed arrivano fino all’ultima nota di My Desdemona senza perdersi in fronzoli, ricami o attimi meditabondi. La voce di Teran Wyer è un ringhio di rara efficacia che neppure per un attimo lascia spazio a tonalità pulire mentre il resto della band rovescia la sua incalzante gragnuola di colpi ricca di groove ed impreziosita con regolarità da magnifici assoli di matrice heavy.
Difficile estrapolare i brani migliori da questa tempesta perfetta: obbligato a scegliere mi prendo Exile e Eyes of the Soulless, dove i Krepitus riversano ancor più un gusto melodico a tratti sorprendente per qualità.
Non fatico ad immaginare quale possa essere la resa sonora dal vivo del quartetto canadese con un sound ed un approccio di questo tipo, peccato solo che le probabilità di vederli dalle nostre parti non siano molte (ma non si sa mai).
Eyes of the Soulless è classico il disco che ti dà la giusta carica al risveglio e spazza via le tensioni e le frustrazioni al termine di una giornata di lavoro: una terapia di rara efficacia e priva di effetti collaterali, se non gli inevitabili rischi per le vertebre cervicali, causa headbanging ininterrotto.

Tracklist:
1.The Decree of Theodoseus
2.Apex Predator
3.Exile
4.Sharpen the Blade
5.Eyes of the Soulless
6.Desolate Isolation
7.Erroneous
8.My Desdemona

Line up:
Curtis Beardy – Bass
Teran Wyer – Guitars/Vocals
Harley “Rage” D’orazio – Drums
Matt Van Wezel – Guitars

KREPITUS – Facebook

Antier – De La Quimera, El Dolor

L’impressione è che negli Antier la componente strumentale sia messa in subordine allo spoken word, impedendo che sia la musica a costituire il vero fulcro dell’album.

E’ difficile parlare con la necessaria equidistanza di un album che, alla fine, si basa su spoken word declamati in una lingua che non si padroneggia a sufficienza.

L’idea di inserire parti parlate su una base musicale fatta di liquido post rock non è nuova: solo qualche settimana fa abbiamo recensito su MetalEyes l’ottimo album dei The Chasing Monster e questo offre la possibilità di partire proprio da lì per commentare questo lavoro dei catalani Antier.
Se sono simili le coordinate di base, con un sound dall’incedere tra il sognante ed il malinconico a fungere da colonna sonora a testi recitati, sono altrettanto differenti i contenuti e gli esiti: dove la band italiana colpiva nel segno in virtù di una scrittura musicale sempre volta alla ricerca di armonie di cristallina bellezza, gli iberici tendono più a creare un substrato atmosferico privo di decise linee guida melodiche; e se, nel primo caso, due ospiti dalla buona impostazione interpretavano in inglese le parti dei protagonisti di un racconto che per lo più inframmezzava i brani, in De La Quimera, El Dolor la voce enfatica ma di limitata espressività del drummer Santiago Arderiu si erge spesso a protagonista del lavoro, rivelandosi alla lunga piuttosto stucchevole. In sintesi, sembra proprio che negli Antier la componente strumentale si riveli soprattutto un accompagnamento allo spoken word, impedendo che sia la musica a costituire il vero fulcro.
Questo limita non poco la fruizione dell’album, proprio perché vengono meno due elementi chiave quale l’immediata comprensione dei testi, preclusa ai non ispanici, ed una componente musicale in grado di reggersi da sola, se non nei brani che restano maggiormente immuni dall’invadenza verbale, a dimostrazione delle non disprezzabili doti compositive del duo di Barcellona.
Non dubito che chi abbia dimestichezza con la lingua possa gradire maggiormente un lavoro valido dal punto di vista musicale ma che, per tutte le caratteristiche sopra descritte, difficilmente farà un altro giro nel lettore dopo il primo ascolto.

Tracklist:
1.Nada Está Escrito
2.Al Arder Bajo El Cielo
3.Más Allá De La Miseria
4.De La Quimera, El Dolor
5.Sin Dejar De Respirar
6.En Un Último Suspiro
7.Del Hambre, La Desidia
8.Al Final Todo Fue

Line-up:
Santiago Arderiu: Drums and vocals
Victor Gil: Guitars

Guillem Laborda: Keys on 1, 4 & 5
Gemma Llorens: Cellos on 2 & 4
Marta Catasús: Vocals on 4

ANTIER – Facebook

Radien – Maa

I Radien centrano l’obiettivo al primo colpo, ma ovviamente è doveroso attenderne la riprova alle prese con un minutaggio più consistente.

Maa è la prima uscita ufficiale dei Radien, sludge band finnica.

L’ep consta di due tracce lunghe una dozzina di minuti che si dipanano, appunto, lungo sonorità sludge doom che si tengono alla larga da stonerizzazioni assortite, spingendosi maggiormente verso lidi post hardcore, accentuati dall’uso di un tono vocale caratteristico di quest’ultimo genere.
Varjot parte in maniera abbastanza canonica, per poi distendersi in un avvolgente e minaccioso crescendo, mentre Viimeinen è molto più rocciosa, indulgendo più a lungo sui riff ribassati e distorti che il quartetto di Helsinki maneggia con buona padronanza, lasciando intendere grandi potenzialità ed altrettanto margini di manovra per il futuro.
Del resto, quando ci si lancia in un settore come questo, per fare la differenza bisogna, in primis, conferire al proprio sound un’intensità che vada a compensarne con gli interessi la ridotta varietà e la quasi totale asenza di sbocchi melodici: i Radien centrano tale obiettivo al primo colpo, ma ovviamente è doveroso attenderne la riprova alle prese con un minutaggio più consistente.

Tracklist:
1. Varjot
2. Viimeinen

Line up:
Jyri – Vocals, synth
Tommi – Bass, vocals
Felipe – Guitar, vocals
Mikko – Guitar, vocals
Tuomo – Drums

RADIEN – Facebook

Evil Reality – Winners And Losers

Gli Evil Reality producono un disco molto bello ed interessante, originale e con una grande anima gotica, anche se non disdegnano e possiedono molta sapienza pop.

Ep d’esordio per questo gruppo milanese di metal sperimentale e felicemente spiazzante.

Ascoltando l’ep si finisce infatti in diversi generi, quali il gothic, l’industrial più melodico e il groove metal. La melodia è molto forte e strutturata, e la bella voce femminile di Sorrow rende moltissimo. Le canzoni sono tutte ben costruite e le parti aggressive e più dolci sono ben bilanciate. L’influenza dei Rammstein in alcuni momenti è molto forte, ma l’originalità del gruppo non è ma in discussione. Winners And Losers è anche un disco orecchiabile e radiofonico, coniugando bene la ricerca musicale con una giusta accessibilità per tutti o quasi. Stupisce la maturità del gruppo, questa conoscenza del percorso da intraprendere e anche la capacità di essere duri e dolci anche nella stessa canzone, senza essere schizofrenici. Il metal di Winners And Losers è sicuramente un metal altro, moderno ma anche molto gotico nel gusto. Il concept dell’ep sono le emozioni che viviamo in questa vita, suddivisi tra vincenti e perdenti. Gli Evil Reality producono un disco molto bello ed interessante, originale e con una grande anima gotica, anche se non disdegnano e possiedono molta sapienza pop. Insomma un bel sentire, ed è solo l’inizio.

TRACKLIST
1- Will to Power
2- Frail
3- Excluded
4- Bittersweet Lullaby
5- Losers’ Kingdom

LINE-UP
Sorrow – voice
Envy – guitar and 2nd voice
Shame – bass guitar
Shy – keyboards
Aloof – drums

https://www.facebook.com/Evil-Reality-235272533479256/

Ursa – The Yerba Buena Session

Gli Ursa riescono a mantenere un’ottima tensione per tutto il disco, e queste sessioni assumono il carattere di jam composte molto bene.

Gli Ursa sono la dimostrazione che con talento e passione si può fare un ottimo doom stoner metal, pur provenendo da un ambito diverso dell’universo metal.

I tre provengono da Petaluma in California, stato fresco della legalizzazione dell’erba, e questo disco è appunto un lungo viaggio in cinque canzoni in download libero.
La nascita degli Ursa si deve ad un progetto parallelo di tre quarti dei Cormorant, un buon gruppo black metal. I tre si staccano momentaneamente dal gruppo madre per fare del doom stoner di alta qualità.
Il loro suono parte dalle coordinate classiche del genere, con un passo arioso ma che non tralascia momenti maggiormente veloci, anche con l’ottimo ausilio di un organo. Gli Ursa riescono a mantenere un’ottima tensione per tutto il disco, e queste sessioni assumono il carattere di jam composte molto bene. Una delle grandi protagoniste in questo disco è l’epicità delle canzoni, e anche i testi riflettono un amore per il fantasy e per il fantastico in genere. A volte spunta il loro amore per il black metal in alcune energiche tirate, che non sono di fatto black ma che lasciano trasparire ciò. Ci si deve addentrare in The Yerba Buena Sessions per carpirne il forte carattere e la gran classe, e per gustare a fondo questo ottimo ed epico doom stoner.
In definitiva un disco che vi stupirà e che conferma l’ottima via americana al doom epico.

TRACKLIST
1.Wizard’s Path
2.Frost Giantess
3.Thirteen Witches
4.Scourge of Uraeus
5.Dragon’s Beard

LINE-UP
Brennan – Drums & Synth
Matt – Bass & Vocals
Nick – Guitars & Synth

Into My Plastic Bones – A Symbolic Tennis Pot

Un tuffo freschissimo nelle acque del miglior indie noise rock degli anni novanta, tanto per intenderci Touch & Go et similia.

Un tuffo freschissimo nelle acque del miglior indie noise rock degli anni novanta, tanto per intenderci Touch & Go et similia.

Nati a Torino nel 2006 come trio strumentale, questi ragazzi si sono poi trasformati in una macchina di noise math e dintorni. Il loro suono è scarno, minimalista ed estremamente affascinante e tocca corde a cui non si può rimanete indifferenti. La qualità del disco è davvero alta, si sarebbe voluto ascoltare un disco così anche in anni nel quale questo genere furoreggiava nelle orecchie alternative. Gli Into My Plastic Bones esprimono una forza ed un’energia incredibili, supportate da una forza compositiva che lascia stupefatti. Tutto sembra molto semplice e nervoso, con chitarre che sgusciano creando inusitate linee melodiche con la parte ritmica. Il disco è stato registrato in presa diretta all’Oxygen Recording Studio di Verzuolo in provincia di Cuneo e poi rimasterizzato da un certo Bob Weston a Chicago, e si sente. Il disco non contiene sovraincisioni o correzioni, e la sua vera imperfezione è ulteriore motivo di bellezza.
Un disco molto bello, che risente di una certa atmosfera che sembrava ormai dimenticata, ma che può ancora regalare molte gioie se fatta nella giusta maniera.

TRACKLIST
1.Sumizome / 666
2.Overstepping bounds
3.Cheap canvas
4.Sawn
5.This endless conversation
6.Supermarket macarena
7.Flyby
8.Ngunza

INTO MY PLASTIC BONES – Facebook

Beneath A Godless Sky – Beneath A Godless Sky

Provenienti dalla banlieue nord est di Parigi, questi ragazzi al debutto propongono un più che convincente metal fatto di metalcore, prog e djent, con una forte base tecnica e buona capacita compositiva.

Provenienti dalla banlieue nord est di Parigi, questi ragazzi al debutto propongono un più che convincente metal fatto di metalcore, prog e djent, con una forte base tecnica e buona capacita compositiva.

Attualmente molti gruppi cercano di inserirsi nel giro prog metal djent che conta, o nel metalcore più tecnico, ma pochi ne hanno le capacità per appartenervi. I Beneath A Godless Sky, a partire dal bellissimo nome, riescono subito a colpire l’ascoltatore con la loro potenza, ma trovano sempre anche grandi melodie che bilanciano la forza delle loro composizioni. Un gusto moderno per il metal, ma anche un tecnica all’altezza della loro ricerca musicale. Non ci sono ansie e tentativi di raggiungere campi proibiti, ma tutto viene ricondotto alle proprie capacità, in questo caso assai notevoli. Questo ep omonimo è il risultato di anni e anni di gavetta in varie salette musicali, e rispecchia il retroterra di ciascun musicista. L’ep è molto godibile e forte, ed è caldamente consigliato a chi vuole ascoltare metal moderno fatto bene.

TRACKLIST
1.Intro
2.The wall
3.Divided
4.Broken streets
5.Fake smile
6.Faith + one

BENEATH A GODLESS SKY – Facebook

VV.AA. – Mister Folk Compilation Volume IV

La qualità delle prime tre era alta, ma questo quarto episodio è fantastico, dal livello altissimo.

Arriva uno dei più bei regali, non parliamo di Natale, che non esiste, ma come regalo in assoluto. Arriva la quarta raccolta in download gratuito di folk e viking metal del sito Mister Folk, semplicemente il migliore portale italiano e non solo riguardante il genere.

Dopo una breve pausa dovuta ai suoi mille impegni, Fabrizio Giosuè, la mente e il braccio di Mister Folk, ha ripreso alla grande il sito, che è migliorato, diventando più ricco e con molte recensioni sulle migliori produzioni del campo.Oltre ad essere un gran bel sito, Mister Folk ogni tanto rilascia delle bellissime raccolte di folk viking metal da tutto il mondo, sempre in free download. La qualità delle prime tre era alta, ma questo quarto episodio è fantastico, dal livello altissimo. Ci sono gruppi da tutto il mondo e la raccolta fotografa in maniera molto dettagliata e precisa la scena mondiale underground, quella migliore insomma. Il genere, negli ultimi anni, ha conosciuto una certa ribalta mondiale, soprattutto nei paesi scandinavi e in Russia, ma lo si può trovare nelle nazioni più disparate, anche dove te lo aspetteresti di meno come la Spagna e il Cile, invece il folk metal è un linguaggio comune a molti musicisti. Il livello delle produzioni folk metal non è sempre buono, anche perché è facile cadere nel ridicolo in questo genere, ma se seguirete i consigli di Mister Folk riuscirete sempre ad ascoltare il meglio, come in questa raccolta. In questo episodio vi sono anche gruppi italiani molto validi, come Scuorn, M.a.i.m. o Gotland, e ciò conferma l’ottima situazione della scena italiana, che a mio avviso ha un taglio molto particolare. La quarta raccolta di Mister Folk testimonia inoltre anche un cambiamento nella composizione del genere, che a mio avviso sta trovando una fantastica sintesi tra folk e metal, anche grazie ad una maggiore melodia, questo almeno nelle produzioni migliori. Insomma, questa raccolta è veramente valida, fatta con passione e competenza, le qualità che hanno portato Fabrizio a pubblicare anche la bibbia del genere, Folk Metal – Dalle Origini al Ragnarok – per la Crac Edizioni, e anche il bellissimo Tolkien Rocks – Viaggio Musicale nella Terra di Mezzo, vero e proprio duplice atto di amore per la musica metal e per Tolkien. Nello zip della raccolta vi sono due estratti dei libri.
Impreziosisce il tutto la fantastica copertina e booklet interno ad opera della disegnatrice Elisa Urbinati, andate sul suo sito www.elisaurbinati.it, ne vale davvero la visione.
Chiude idealmente il tutto una cover del vate caro agli dei, Quorthon, in arte Bathory, perché senza di lui tutto questo non sarebbe stato possibile.

TRACKLIST
1) Skyforger – Rāmava
2) SIG:AR:TYR – Northen
3) ODR – Fuochi Nelle Valli
4) Grimtotem – Kütral
5) An Theos – Chemarea Străbunilor
6) Scuorn – Fra Ciel’ E Terr’
7) Song Of Chu – Yu Ren
8) Storm Seeker – Jack
9) Æxylium – The Blind Crow
10) Heather Wasteland – The Sverd
11) Gotland – Traitor Or Savior
12) Goblin Hovel – The Menace
13) Helroth – To Forgotten Gods
14) Illdåd – Moder Natur
15) Ulfsark – Flames Of War
16) Harmasar – Porcu
17) Tears of Styrbjørn – Years Of Victory
18) Yomi – Fires Of War
19) M.A.I.M. – Freedom Tank
20) Boisson Divine – Sent Pencard
21) Bloodshed Walhalla – Drangon’s Breath (Bathory cover)

MISTER FOLK – Facebook

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Dopethrone – 1312

Un piccolo regalo dei Dopethrone, tre tracce in free download in attesa del loro nuovo disco.

Un piccolo regalo dei Dopethrone, tre tracce in free download in attesa del loro nuovo disco.

I Dopethrone prendono al volo le possibilità che offre la rete nel condividere musica con gli utenti, ed ecco un ep in download libero per saziare la voglia del gruppo canadese. Tre canzoni con la consueta carica di marcezza e distorsione che contraddistingue questo gruppo, uno dei migliori in campo stoner e sludge. I Dopethrone hanno un passo veramente importante, un incedere distorto e possente, che lascia solo fumo e macerie. Questo ep non offre nulla di nuovo, ma con il trio non si cerca la novità, ma la sostanza e qui di sostanza ce n’è molta. Le storie sono quelle del disagio che vive ad ogni latitudine, anche nell’apparentemente pulito Canada. Qui giacciono oscure forze che sono bene evidenziate dai Dopethrone. Questo ep è forse ancora più decadente e sludge di Horchelaga, il loro ultimo full length del 2015, dedicato all’omonimo quartiere di Montreal, dove tutto è in vendita. Un gruppo che si conferma sempre ad alti livelli, con uno stile ben riconoscibile, a differenza di molti altri gruppi dello stesso genere, che sta diventando molto ripetitivo, ma finché ci sono i Dopethrone non c’è pericolo. È anche gratis dai, voi dovete solo comprare la droga.

TRACKLIST
1. SHOT DOWN
2. DRIFTER
3. SKAG REEK

DOPETHRONE – Facebook

Blood Chalice – Demo 2016

Se i Blood Chalice manterranno le aspettative nate dopo aver ascoltato questi cinque pezzi del demo, il disco che dovrà uscire l’anno prossimo sarà un bel sentire.

Terza parte del trittico in cassetta estivo della portoghese Signal Rex, questo Demo 2016 è il debutto per il quartetto finlandese formato da veterani della scena estrema.

I Blood Chalice fanno black metal senza compromessi e lo fanno per glorificare Satana.Il loro suono è un omaggio alla prima scena, registrato con la giusta dose di lo fi, per emozionare ancora di più chi vive in buie caverne mentali, dove soffia solo un gelido vento. Ascoltando i Blood Chalice si comprende come il metal anni ottanta e l’hardcore punk siano stati importanti per la nascita del black metal. Un certa costruzione musicale ottantiana e la furia iconoclasta e nichilista sono due profonde radici del metallo nero, e i Blood Chalice ce lo dimostrano in pieno. Se i Blood Chalice manterranno le aspettative nate dopo aver ascoltato questi cinque pezzi del demo, il disco che dovrà uscire l’anno prossimo sarà un bel sentire, anche perché il curriculum dei quattro componenti è importante, in una terra che è essa stessa già un calice di sangue.

TRACKLIST
01. Desecration Of The Inri
02.The Descent
03. Necromancy
04. Saint Fornicator
05.Unholy Glorification

BLOOD CHALICE – Facebook