Mammoth Weed Wizard Bastard – Yn Ol I Annwyn

Si conclude la trilogia iniziata nel 2015: cosmic doom per i gallesi Mammoth Weed Wizard Bastard, band personale con una forte identità.

Si chiude la trilogia, intrapresa nel 2015 con “Noec Ac Anoeth” e proseguita nel 2017 con “Y Proffwyd Dwyll” e i gallesi Mammoth Weed Wizard Bastard dimostrano, ancora una volta, di essere una band unica, capace di sedurre e ammaliare con il loro cosmic doom proiettato verso spazi oscuri e ancora insondati.

La band si è creata una propria identità nell’arco di breve tempo, quattro anni, e oggi con la nuova opera conclude il suo viaggio intergalattico regalandoci più di un’ora di suoni potenti, misteriosi variando la struttura degli otto brani, rendendoli assolutamente coinvolgenti. I cinque musicisti creano arte a un livello superiore immergendoci totalmente nel liquido amniotico delle loro influenze, siano esse atmosfere da “soundscapes” di immaginari film siano essi delicati abbozzi acustici, siano essi infiniti viaggi galattici; potenza, capacità melodica e fascino sono miscelati sublimamente e sono sovrastati dalla incredibilie e “otherwordly” voce di Jessica Ball, che con arti seduttive magiche è capace di penetrarti nel cuore e nel cervello senza più uscirne: le atmosfere incantate di Fata Morgana ci conducono in paesaggi fiabeschi e rilassanti, prima che le chitarre di Davies e Leon ristabiliscano tensione e potenza. La varietà di strutture ci porta ad assaporare lati melodici finora inediti della band che con i quattro minuti di Du bist jenzt nicht in der zukunft propone con affascinanti keyboards e suoni di archi un lato diversamente “pop” straniante e algido. L’uso abbastanza costante di moog e cello “colorano” le strutture dei brani ammorbidendo l’atmosfera che rimane comunque sempre tesa e viscerale; la ritmica incalzante e ipnotica della title track ci ricorda che la band, pur variando i suoni, ha ben chiaro in mente cosa vuol ottenere, un articolato e coinvolgente cosmic space doom. I brani sono molto ben suonati, mostrano una evoluzione lenta e costante e anche in uno strumentale lungo, come Katyusha, dall’incedere maestoso e sinistro, i musicisti mantengono grande convinzione e rendono i tredici minuti un lungo trip multidimensionale. Influssi del suono Hawkwind sono ormai perfettamente intessuti nei brani e un’ attitudine prog permea l’atmosfera generale; la band dichiara di non essere affatto interessata alla scena doom attuale, preferendo evolvere un suono che ora rappresenta completamente la loro identità. A detta del chitarrista Paul Davies l’eventuale sviluppo futuro del suono potrebbe essere un synth album, una soundtrack per un immaginario film, senza chitarre: progetto affascinante sicuramente ma spero ugualmente che la trilogia non ponga fine a questo progetto unico e assai affascinante.

Tracklist
1. Tralfamadore
2. The Spaceships of Ezekiel
3. Fata Morgana
4. Du bist jetzt nicht in der Zukunft
5. Yn Ol I Annwyn
6. Katyusha
7. The Majestic Clockwork
8. Five Days in the Abyss

Line-up
Jessica Ball – Vocals
James Carrington – Drums
Paul Michael Davies – Guitars, Effects
Wes Leon – Guitars, Effects
Stuart Sinclair – Bass

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WOWS

Ci avviciniamo sempre di più all’Argonauta Fest (7 maggio 2016 a Vercelli, dalle ore 18.00 alle Officine Sonore).
Questa volta ci parlano i Wows, uno dei gruppi più eterogenei del panorama Argonauta.

iye Come è nato il gruppo ?

La band è nata nel 2008, i membri sono ancora gli stessi fatta eccezione per il nuovo acquisto ai synth e ai suoni malati Kevin Follet. Abbiamo iniziato con delle cover ma ben presto e per bisogno ci siamo ritrovati a scrivere musica nostra. Dopo un primo disco di assestamento abbiamo trovato la nostra via con il nostro ultimo lavoro, Aion.

iye Quali sono le vostre influenze sonore ?

Molteplici e si dovrebbe distinguere tra i vari componenti. Nel metal però abbiamo trovato un punto d’incontro che ci permette di creare musica anche se ognuno di noi ha radici molto differenti. Il nostro fine non è di cavalcare un genere specifico ma di permettere ad ogni musicista di esprimersi a pieno e raggiungere così l’armonia tra tutti noi.

iye Come siete approdati su Argonauta ?

Grazie ad amici che ci hanno visto suonare dal vivo e che ci hanno consigliato di mandare il nostro Aion ad Argonauta. L’entusiasmo è stato subito reciproco. Siamo ancora elettrizzati al pensiero di far parte di questa scena.

iye Cosa vi aspettate dall’Argonauta Fest ?

Ci aspettiamo una botta di energia così potente da non farci distinguere la realtà dal sogno.

iye Progetti futuri ?

Bottomline: non mollare.
Una cosa che ci sta particolarmente a cuore è quella di fare gruppo, non solo tra noi ma tra tutte le band della scena. Stiamo unendo le idee e gli spiriti attraverso la pagina di Doometal Doometal Doometal, attraverso la quale pubblichiamo le opere e gli eventi delle band italiane a non; inoltre per mezzo della Nihilist Diffusion and Booking stiamo organizzando serate in tutto il nord Italia tra band che hanno voglia di spaccare teste.
Ah, ovviamente stiamo scrivendo il terzo disco ed in più stiamo progettando una release per il prossimo inverno.

wows2

Video :

Mesarthim – Isolate

Isolate è un’opera senz’altro leggera ma, nonostante questa sua levità, i Mesarthim riescono per lo più a non rifugiarsi in soluzioni melodiche troppo banali

Il duo australiano denominato Mesarthim, con questo primo album contraddistinto da un sound atmosferico spruzzato di black metal, offre uno spaccato musicale invero molto gradevole.

Lo screaming in sottofondo ed una base ritmica accelerata non varranno certo ad ottenere i favori dei blacksters più puri, ma resta inconfutabile il fatto che le melodie prodotte in Isolate siano davvero belle, per quanto semplici nel loro reiterarsi all’interno dei pezzi.
I titolo dei brani e la stessa copertina offrono l’idea di armonie dal respiro cosmico e Interstellar ne costituisce l’emblema in quanto esempio meglio riuscito, laddove la linea melodica resta impressa non solo per la sua linearità ma, anche e soprattutto, per il suo fluido integrarsi con le asprezze metalliche, che comunque restano sempre in secondo piano.
L’unico rischio di una simile operazione, però, è quello di spingere questo incedere soave delle note fino ai pericolosi confini delle melensaggine, andando a lambire talvolta i territori del neoclassicismo formato “famiglia del Mulino Bianco” in stile Allevi, nonostante le asprezze ritmiche e vocali.
Isolate è un’opera senz’altro leggera ma, nonostante questa sua levità, i Mesarthim riescono per lo più a non rifugiarsi in soluzioni melodiche troppo banali, portando l’ascoltatore ad armonizzarsi con un mondo circostante che, per chi è stato dotato suo malgrado da madre natura di una sensibilità superiore alla media, si dimostra un involucro sempre meno accogliente.

Tracklist:
1. Osteopenia
2. Declaration
3. Interstellar
4. Abyss
5. Floating
6. Isolate

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