Kalamata – Same

Il trio teutonico Kalamata esordisce con un album space rock psichedelico che spacca.
Geniale sia l’artwork, che ricorda i deliri onirici dei Tool, sia i titoli delle canzoni, che letti insieme passano un messaggio forte e chiaro all’ascoltatore: You Have To Die Soon Mother Fucker. Non perdiamo tempo quindi, mettiamoci subito in cammino, la colonna sonora è garantita.
Come nel miglior viaggio che presenta un paesaggio mutevole, batteria, basso e chitarra sapientemente alternati si inseguono in riff potenti e ipnotici, a tratti più pungenti, in altri più nervosi.
Il giro di chitarra iniziale di You si lega in modo subliminale alle sinapsi; quando la canzone esplode ormai è radicata dentro il cervello. Have sconfina del post rock con suoni più veloci e vibranti. Die è calda e avvolgente, mistica: grazie anche ad un ascolto diretto con le cuffie non è solo un viaggio fisico, ma spirituale, ascetico, magari aiutato da sostanze psicotrope. E c’è qualcosa dei Tool anche per come la chitarra stride verso la fine della canzone.
Strutture math un po’ troppo ripetitive rendono Soon una canzone noiosa, al punto che dopo alcuni ascolti del disco si tende, arrivati a questo punto, a premere il tasto skip.
Mother riprende il vigore dell’inizio dell’album, Fucker è un rimando agli Sleep di Jerusalem, lenta, incessante, inesorabile, subliminale.
Same è album di esordio davvero piacevole, caratterizzato da suoni puliti e precisi, che soddisferà senza fatica gli amanti del genere, affamati di aggiungere un altro gruppo alla loro playlist.

Tracklist :
1. You
2. Have
3. To
4. Die
5. Soon
6. Mother
7. Fucker

Line-up :
Peter Jaun: chitarra
Olly Opitz: batteria
Maik Blumke: basso

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Jussipussi – Greatest Tits

Dall’underground italiano stanno venendo fuori molti dischi di musica pesante davvero interessanti, ed è al piccolo cabotaggio che dobbiamo rivolgerci se si vuole ascoltare buona musica.

Questi giovani terroni trapiantati a Milano ci regalano stoner metallico veloce e di ottima fattura.

Il disco è stato una vera sorpresa: seppure loro non siano insieme da tanto, in sette prove vengono fuori questi cinque pezzi.
Il pianeta si chiama Queens of the Stone Age, ma i Jussipussi annettono nuovi territori mischiando la sacra materia con i Red Fang e i Clutch più corrosivi.
Il loro nome deriva da un tipo di pane finlandese, che pare non abbia assolutamente nulla da vedere con la pussy. I Jussipussi si presentano in maniera fortunatamente poco seria, poi li ascolti e ti impressionano veramente poiché possiedono un groove davvero notevole, un passo molto superiore.
I brani scorrono bene, ascoltandoli non si pensa al genere, ma si viene trascinati da questo misto di melodia e cartavetro, ora seguendo un’impennata, ora planando placidi su delle spogliarelliste.
I Jussipussi vi faranno divertire con canzoni come Vultures che sono vere chicche, canzoni che qualcuno oltre oceano vorrebbe scrivere ma non ce la fa.
I ragazzi prendono tutto con molta ironia ma hanno le carte in regola per diventare un gruppo importante, hanno talento e musicalità da vendere, in più non si prendono troppo sul serio e ciò non guasta mai.
Dall’underground italiano stanno venendo fuori molti dischi di musica pesante davvero interessanti, ed è al piccolo cabotaggio che dobbiamo rivolgerci se si vuole ascoltare buona musica.
Un bel disco, una gradita sorpresa da Taxi Driver Records.

Tracklist:
1 The Bliss of a New Black Dawn
2 Warning Sign
3 Vultures
4 Explant ( Feat.Giacomo Boeddu from Isaak )
5 Bury You Deep

Line up:
Francesco Borrelli : Batteria
Michele Cigna : Chitarra
Marco Giarratana : Voce
Antonio Petrotta : Basso

JUSSIPUSSI – Facebook

Hombre Malo – Persistent Murmur of Words of Wrath

“Persistent Murmur of Words of Wrath” è un lavoro che non deluderà affatto chi predilige la freschezza compositiva rispetto all’esibizione della mera tecnica strumentale.

Creatura strana questo secondo full-length dei norvegesi Hombre Malo: benché il tipo d’impatto sia lo stesso, ogni brano che si succede in tracklist sposta leggermente le coordinate sonore da uno stile estremo all’altro, tenendo così sempre ben desta l’attenzione dell’ascoltatore.

Pur essendo inserita convenzionalmente nella famiglia stoner /sludge, in effetti la band di Oslo immette nel proprio sound pesanti elementi hardcore e noise, finendo per creare un avvincente crossover stilistico, sempre all’insegna di un approccio molto diretto e corrosivo.
L’Etranger apre l’album in effetti sotto l’egida di uno stoner caracollante, vetriolico e tutto sommato nei canoni, ma Crosses and Marching Feet cambia repentinamente le carte in tavole con le sue sfuriate hardcore-punk.
I suoni dopati di Golden sono propedeutici alla notevole Vladislav , che si dipana lungo sei minuti di stoner doom lisergico e coinvolgente; abbastanza lunga anche Reaching the Shore, dotata di un ottimo refrain e di un riffing decisamente pesante .
Elena mostra efficacemente il versante noise degli Hombre Malo, mentre Deathbed Conversion costituisce l’epilogo del disco con la sua protratta parte centrale dominata da umori psichedelici.
Indubbiamente interessanti, i quattro scandinavi rifuggono ogni raffinatezza stilistica dando la priorità all’impatto della loro musica: in alcuni frangenti possono apparire una versione grezza dei primi Jane’s Addiction, in altri la vena stoner emerge in maniera prepotente ma, in generale, Persistent Murmur of Words of Wrath è un lavoro che non deluderà affatto chi predilige la freschezza compositiva rispetto all’esibizione della mera tecnica strumentale.

Tracklist:
1.L’étranger
2.Crosses and marching feet
3.Golden calf
4.Vladislav
5.Reaching the shore
6.Elena
7.Deathbed conversion

Line-up:
The Muerto – vox
Tom – bass
Boris – guitar
Joakim – drums

HOMBRE MALO – Facebook

Mos Generator / Isaak – Split

Disco diviso a metà per due band che sono state separate alla nascita, almeno dopo l’ascolto di questo split album.

Disco diviso a metà per due band che sono state separate alla nascita, almeno dopo l’ascolto di questo split album.

Nel lato A troviamo i Mos Generator: il gruppo, di lunga militanza nella scena stoner rock americana, ci delizia con un pezzo di quasi dodici minuti che spazia davvero alla grande tra musica da colonna sonora di film anni settanta/ottanta a pezzaccio stoner settantiano.
La classe non è davvero acqua e i Mos Generator, con un pezzo che sembra davvero un manuale sonoro, si confermano una delle migliori band del panorama stonato, sebbene a mio avviso non godano della fama che meriterebbero.
Nell’altro lato troviamo gli Isaak: il gruppo genovese sta crescendo molto e, in questo caso, mette sul piatto un gran canzone di 16 minuti che conferma la sua inclinazione all’epicità.
Nati come gruppo stoner, gli Isaak si stanno evolvendo in qualcosa che non è ancora definitivo ma sta già dando grossi risultati e questo split è una tappa decisiva della loro crescita.
Eccezionale la copertina di Solomacello che, come è noto, fa anche i coperchi.

Tracklist:
Lato A : Mos Generator
Lato B : Isaak – The Choice

Line-up:

Mos Generator
Tony Reed
Shawn Johnson
Scooter Haslip

Isaak
Giacomo H Boeddu
Massimo Perasso
Andrea Tabbì De Bernardi
Francesco Raimondi

MOS GENERATOR – Facebook

ISAAK – Facebook

Wyld – Stoned

Ottimo esempio di heavy/stoner questo Ep di debutto dei parigini Wyld.

Da Parigi arriva questa band che, se confermerà le buone sensazioni avute all’ascolto di questo Ep, al prossimo giro potrebbe davvero fare il botto (qualitativamente parlando).

Loro sono gli Wyld e suonano un heavy/stoner che più americano non si può, devoti allo zio Zakk Wylde ed ai suoi Black Label Society.
Niente di nuovo, vero, ma il bello è che gli Wyld fanno tutto davvero bene presentandoci tre brani, più un’outro strumentale da applausi, votati alle sonorità d’oltreoceano, tremendamente orecchiabili e settantiani, una vera sferzata di adrenalina pura, cantati alle grande dal bravissimo Raphael Maarek.
Le coordinate dell’Ep sono appunto un heavy/stoner-ock’n’roll sparato a mille, come nell’opener Venomous Poison, oppure cadenzato e potentissimo come in Just Another Lie.
Le influenze del resto sono palesi, oltre ai BLS, le canzoni richiamano anche le ultime fatiche dei Black Stone Cherry e dei gruppi che hanno riportato in auge i suoni stonerizzati, con più di un occhio al southern dei maestri Down e Corrosion of Conformity.
Efficace e dall’ottimo impatto la sezione ritmica (Jerome Serignac al basso e Remi Choley alle pelli) e buoni i ricami delle due chitarre, tra ritmiche stonate e solos heavy/rock della coppia Chante Basma e Jeffrey Jacquart.
La title-track conferma il buon talento dei cowboys parigini e l’outro strumentale Crossroads ci dà appuntamento ad un futuro full-length che, a questo punto, diventa un passo obbligatorio per la band.
La valutazione finale risente della brevità del lavoro, ma la band transalpina conferma la buona salute dell’odierno genere guida delle sonorità provenienti dal nuovo mondo, reclamando la giusta dose di attenzione.

Tracklist:
1. Venomous Poison
2. Just Another Lie
3. Stoned
4. Crossroads

Line-up:
Raphael Maarek – Lead Vocals
Chante Basma – Rhythm Guitars, Backing vocals
Jeffrey Jacquart – Lead, Rhythm Guitars
Jérôme Sérignac – Bass Guitar, Backing vocals
Gabriel Deloffre – Drums

Kal-El – Pakal

Stoner Rock classico e fumoso in arrivo dalla Norvegia

Stoner Rock classico e fumoso in arrivo dalla Norvegia. Dalla città di Stavanger arriva questo rumoroso combo norvegese che ci propone uno stoner rock in rigoroso stile Kyuss, Monster Magnet e Slo Burn.

Niente di nuovo ed eccezionale, ma sicuramente un buon album, che dà una certa carica. Ormai raramente capita di ascoltare un album di stoner bene fatto e suonato decentemente. I Kal – El sono al di sopra della media e si sente. Infatti questa è la prima uscita stoner della WormHoleDeath, etichetta che ha finora spaziato nei territori metal. Per tutta la durata del disco lo spirito del rock è tangibile, i ragazzi hanno passione e stile, e non sono per nulla presuntuosi ma, anzi, lavorano molto di olio di gomito. Forse la loro non più verdissima età li rende molto più maturi e consapevoli rispetto ad altre band più giovani. Lo stoner c’è, ed è anche un album divertente.

Tracklist:
1 Falling Stone
2 Upper Hand
3 Spaceman
4 Solar Windsurf
5 Quasar
6 Qp9
7 Fire Machine
8 Black Hole

Line-up:
Ulven – Voce
Roffe – Chitarra
Liz – Basso
Bjudas – Batteria

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Rhino – Rhino

La Sicilia si conferma, con l’esordio dei Rhino, terra di ottimi artisti e nuovo fulcro dello stoner tricolore.

One, two, three, four rock’n’roll … anzi stoner rock.

Dalla Sicilia, sotto gli influssi dei vapori vulcanici dell’Etna e non solo, arrivano a noi i Rhino con il loro stoner desertico e dai rimandi psichedelici, assuefatti da dosi massicce di Kyuss, Black Sabbath, Sleep e molto rock’n’roll. Jammano che è un piacere i ragazzi siciliani, la loro musica grezza e potente stordisce come un mega joint fumato nei pressi delle fauci di quel vulcano e ci sembrerà di essere inghiottiti dal cono di questo gigante neanche troppo addormentato. I quattro brani che formano questo EP di esordio regalano atmosfere legate allo stoner americano, con suoni impastati come da copione, riff settantiani e un’aura “tossica” che rende il tutto molto freak. A parte la bellissima Bing Bong Bubbles, la più psichedelica del lotto, con i suoi rimandi pinkfloydiani e vicina al capolavoro “Cloud Eye” di un’altra band siciliana come gli Elevators To The Grateful Sky, l’album è una lunga jam composta da tanto spirito rock’n’roll ipervitaminizzato da bombardate di hard rock acido, supportate da una sezione ritmica potente, composta da Marco “Franksquirt” al basso e Alfredo “Frankhobo” alla batteria, i quali non mollano un attimo il tiro ed accompagnano i deliri distorti delle due chitarre, in mano a Seby “Redfrank” e Francesco “Feliscatus”, quest’ultimo alle prese anche con il microfono. Spiral Target, Hiperviper e la grandiosa For My Pleausure, brano sopra le righe dove sono presenti rimandi al blues sporcato da iniezioni di Kyuss, Fu Manchu e Monster Magnet (praticamente il meglio dello stoner psichedelico a stelle e strisce), formano un tris di song che non fanno prigionieri, assottigliando sempre di più la linea che passa dalla Sicilia al deserto americano. Buon banco di prova questo demo per i Rhino, ora più che mai pronti al gran salto del full-length.

Tracklist:
1.Spiral Target
2.Hiperviper
3.Bing Bong Bubbles
4.For My Pleausure

Line-up:
Marco “Franksquirt” – Bass
Alfredo “Frankhobo” – Drums
Seby “Redfrank” – Guitars
Francesco “Feliscatus” – Guitars,Vocals

RHINO – Facebook

ArtemisiA – Stati Alterati Di Coscienza

Il terzo album degli ArtemisiA ci porta sui territori del rock cantato in italiano ma dalle energiche venature metal, rendendosi potenzialmente appetibile a diverse fasce di ascoltatori.

Il terzo album degli ArtemisiA ci porta sui territori del rock cantato in italiano ma dalle energiche venature metal, rendendosi potenzialmente appetibile a diverse fasce di ascoltatori.

Dopo diversi ascolti è difficile non scorgere alcune similitudini con quella che, a mio parere, nella prima metà degli anni ’90 è stata per distacco la miglior rock band italiana, ovvero i Timoria; a questo nobile influsso gli ArtemisiA uniscono una propensione a sonorità maggiormente cupe che spesso sconfinano in territori stoner-doom.
La cura nella stesura dei testi, un sound che riesce a mantenere una certa pulizia nonostante la sua connotazione retrò, la varietà e l’incisività della maggior parte dei brani, ci consegnano un lavoro assolutamente degno della massima considerazione.
Brani dalla differente impronta come la delicata Insana Apatia, la potente Nel Dipinto, la cangiante Mistica e l’inquietante, conclusiva Presenza, testimoniano la riuscita di un album ambizioso che si porta appresso un solo piccolo difetto che, magari per molti non sarà affatto tale, ma che per me costituisce un aspetto da limare per quanto possibile in futuro: la bravissima Anna Ballarin, dotata di una voce versatile e potente (anche se la preferisco nei momenti più soffusi, nei quali la sua espressività raggiunge il culmine) ricorre sovente al bizzarro accorgimento di troncare una parola in corrispondenza dell’ultima sillaba per poi riprenderla unendola a quella successiva (“rapi / ta e corrotta”), una soluzione che, anche se funzionale al rispetto di una certa metrica, rende piuttosto farraginosa la fruizione dei testi.
Al di là questo particolare Stati Alterati Di Coscienza è un disco che merita il supporto incondizionato degli appassionati, oltre che per la sua indubbia qualità, anche in virtù di uno stile che di questi tempi non trova molti corrispettivi: un motivo in più approvare l’operato degli ArtemisiA.

Tracklist:
1.La Strega Di Port Alba (Maria La Rossa)
2. Il Bivio
3.Insana Apatia
4.Il Pianeta X
5.Nel Dipinto (Artemisia Gentileschi)
6.Mistica
7.Corpi Di Pietra
8.Vanità
9.Il Libro Di Katul
10.Presenza

Line-up:
Anna Ballarin – voce
Vito Flebus – chitarra
Ivano Bello – basso
Gabriele Gustin – batteria

ARTEMISIA – Facebook

Caronte – Ascension

La band proveniente da Parma con questo disco s’impone con prepotenza all’interno della scena doom, in Italia e non solo, creando un disco capace di trovare un feedback immediato nell’ascoltatore.

Quando ho cominciato ad ascoltare Ascension un brivido mi è corso lungo la schiena: puro doom fatto come si deve, proprio di quello che fa tremare il pavimento sotto ai propri piedi.

Bisogna immaginarsi di essere in una stanza piena di esalazioni sulfuree, con percussioni penetranti, un basso che fa vibrare ogni cosa, una chitarra pronta a demolire qualsiasi essere si stagli lungo il suo cammino ed insieme a tutto questo una voce proveniente dai luoghi più abietti che si possano immaginare (stupenda quindi); forse ora potreste avere una vaga idea dei Caronte, ma non basta comunque a farvi intuire la ferocia di cui sto parlando. Sette tracce intrise di esoterismo ed occultismo, come nella migliore tradizione doom, per una durata totale di quasi un’ora, alla fine della quale si entra in uno stato di estasi e tristezza, una bomba pronta ad esplodervi fra le mani senza che voi possiate fare niente; da notare che gli argomenti affrontati vengono trattati con cognizione di causa, tra riferimenti a tradizioni sciamaniche, ad Aleister Crowley e alla teosofia: ci piace. Oltre a tutto questo, come se già non bastasse, uno stupendo booklet e una custodia che meritano un plauso. La band proveniente da Parma con questo disco s’impone con prepotenza all’interno della scena doom, in Italia e non solo, creando un disco capace di trovare un feedback immediato nell’ascoltatore. Gran band, gran disco, nient’altro da dire, se non buon ascolto.

Tracklist:
1. Leviathan
2. Ode To Lucifer
3. Sons Of Thelema
4. Horus Eye
5. Black Gold
6. Solstice Of Blood
7. Navajo Calling

Line-up:
Dorian Bones – Voce
Tony Bones – Chitarra e cori
Henry Bones – Basso
Mike De Chirico – Batteria

CARONTE – Facebook

Sick Monkey – Anatomia Dell’Essere

Le sensazioni che restano impresse dopo l’ascolto di “Anatomia dell’Essere” sono del tutto positive e per questo motivo contiamo di poterci gustare al più presto un album intero degli ottimi Sick Monkey.

Potente, ruvido e genuino: tre aggettivi che servono per inquadrare il sound dei Sick Monkey, alle prese con il loro primo EP Anatomia Dell’Essere.

La band, proveniente dalla sponda orientale del lago di Garda, nasce nel 2007 e musicalmente, come ci informano le note biografiche, trae linfa dallo stoner in stile Kyuss senza precludersi eventuali escursioni in altri generi.
Lo testimonia la title-track posta in apertura che, dopo un avvio cadenzato come ci si aspetterebbe, si sposta in certi frangenti su ritmiche più spedite che lambiscono territori hardcore pur mantenendo complessivamente l’impatto e le chitarre lisergiche dei maestri del desert rock.
Già a partire dalla successiva Entiende il sound si fa più sempre più viscoso e le chitarre più distorte, mentre con la terza traccia Ruggine il quartetto veneto esprime al massimo le proprie potenzialità grazie a quello che sembra essere un vero marchio di fabbrica: riff granitici, una base ritmica spaccaossa e testi mai banali che raccontano i disagi e le problematiche della quotidianità.
Senza Testo (che, nonostante il titolo non è un brano strumentale) rinsalda l’ottimo lavoro svolto dai Sick Monkey chiudendo un EP nel quale si riscontrano sicuramente molte luci e pochissime ombre: a tale proposito è da valutare quanto possa essere funzionale alla riuscita del lavoro l’utilizzo della lingua italiana che, se da una parte consente ai nostri di comporre i testi in maniera più diretta ed efficace, dall’altra potrebbe costituire un ostacolo al tentativo di donare in futuro un respiro internazionale alla loro musica.
Ma, al di là di questa annotazione, le sensazioni che restano impresse dopo l’ascolto di Anatomia Dell’Essere sono del tutto positive e per questo motivo contiamo di poterci gustare al più presto un album intero degli ottimi Sick Monkey.

Line-up:
Marco Fila – Batteria
Antonio Bonizzato – Voce, Basso
Claudio Luce – Chitarra Solista
Pierpaolo Modena – Voce, Chitarra

1. Anatomia dell’Essere
2. Entiende
3. Ruggine
4. Senza Testo