Angerfish – Get Uncovered

Gli Angerfish hanno senz’altro buone potenzialità, che vengono espresse in particolare nei brani in cui regnano atmosfere in linea con il rock americano degli ultimi trent’anni, dimostrandosi assolutamente sul pezzo quando il sound assume una matrice doom/stoner, più in affanno invece nei brani accelerati da un’urgenza thrash/punk.

Gli Angerfish sono un quartetto di rockers provenienti da Fidenza, attivi dal 2015 e con un ep omonimo alle spalle rilasciato lo scorso anno.

Dopo alcuni cambi di line up la band ha trovato stabilità, ed è composta oggi da Elia Buzzetti (voce e chitarra), Enrico Lisè (chitarra), Alex Petrolini (basso) ed Emmanuel Costa (voce e batteria), protagonisti di questo debutto sulla lunga distanza intitolato Get Uncovered.
Il sound proposto dal gruppo nostrano si muove tra l’hard rock, il doom e lo stoner di matrice statunitense, con qualche puntata thrash/punk oriented nelle dirette From Outside e Wash Your Crap, quelli che risultano gli episodi meno riusciti dell’album.
Gli altri brani invece mostrano un sound potente, con gli Angerfish ad esibire i muscoli con una serie di mid tempo che tra le note lasciano intravedere spunti di quei generi che hanno fatto la storia del rock di fine millennio.
L’opener Lazy Woman, la doom/stoner Chaos e la conclusiva Facing Death sono gli episodi che alzano di molto il giudizio su questo lavoro: potenti e monolitici, a tratti drogati di grunge e stoner, risultano l’anima desertica del gruppo, ispirato da Black Sabbath, Black Label Society, Sleep, Kyuss e Soundgarden.
Gli Angerfish hanno senz’altro buone potenzialità, che vengono espresse in particolare nei brani in cui regnano atmosfere in linea con il rock americano degli ultimi trent’anni, dimostrandosi assolutamente sul pezzo quando il sound assume una matrice doom/stoner, più in affanno invece nei brani accelerati da un’urgenza thrash/punk che, a mio avviso, appaiono fuori contesto rispetto a quelle che sono le coordinate di base del sound esibito in Get Uncovered.

Tracklist
1.Lazy Woman
2.Wrapped
3.From Outside
4.Chaos
5.Face to Face
6.Wash your Crap
7.Facing Death

Line-up
Elia Buzzetti – Vocals and Guitar
Enrico Lisè – Lead Guitar
Alex Petrolini – Bass Guitar
Emmanuel Costa – Vocals and Drums

ANGERFISH – Facebook

Grey Czar – Boondoggle

La passione ed il talento portano a fare dischi come questo, una piccola grande gemma che suona molto bene e che potrà piacere trasversalmente agli ascoltatori di generi diversi fra loro.

Attivi dal 2010, gli austriaci Grey Czar propongono un’inusuale miscela di prog, doom e stoner, il tutto con un taglio molto personale e particolare.

La loro musica contiene molti spunti, i ritmi cambiano spesso e i riff vanno a creare un affresco vicino alle opere prog degli anni settanta, seppure con maggiore durezza. Ci sono elementi musicali in questo gruppo che non si possono ritrovare altrove, una certa drammatizzazione della canzone che viene divisa in molti rivoli che poi vanno a sfociare in un fiume che porta al mare. La voce di Roland Hickmann viene utilizzata come uno strumento, elevando ad un altro livello anche i quelli veri che sono sempre ben amalgamati, con una produzione che riesce ad incanalare bene tutto facendoli rendere al massimo. Il respiro delle canzoni tende sempre verso l’alto, per arrivare al cielo con un’epicità che ha preso qualcosa dall’heavy metal, pur essendo fortemente diversa da quel genere. La storia di questi quattro austriaci è comune alla maggior parte dei musicisti nel globo terrestre, ovvero gente che prova e suona sottraendo tempo ad affetti e famiglia, quasi sempre in qualche scantinato dopo aver lavorato tutto il giorno, eppure quel fuoco arde sempre e ti porta, come nel caso dei Grey Czar, a produrre e far uscire il proprio lavoro senza l’ausilio di promoter o etichette. Nella fattispecie, Boondoggle è un’ottima prova, che mostra tante facce diverse di un gruppo dalle notevoli dote e ancora tanta potenzialità. Ciò che stupisce maggiormente è la disinvoltura con la quale cambiano spesso il passo dei loro pezzi, accentuando ora una caratteristica ora un’altra, ma rimanendo sempre fedeli ad un forte struttura, perché si sente che sono un gruppo molto solido. La passione ed il talento portano a fare dischi come questo, una piccola grande gemma che suona molto bene e che potrà piacere trasversalmente agli ascoltatori di generi diversi fra loro. Inoltre i dischi dei Grey Czar sono sempre trampolini per spiccare il volo nei loro infuocati concerti.

Tracklist
1.Age of Man
2.Fire Water Holy Ghost
3.Profession of Faith
4.Weight of Worlds
5.Thunder Bay
6.Forlorn March
7.Sail Away
8.White Velvet
9.Create Break or Animate
10.Vast Empyrean
11.Everqueen
12.Deep Sea

Line-up
Roland Hickmann – Guitar & Vocals
Wolfgang Brunauer – Bass & Vocals
Florian Primavesi – Guitar & Vocals
Wolfgang Ruppitsch – Drums

GREY CZAR – Facebook

Sumeru – Summon Destroyer

Un album affascinante, pesante e monolitico, che trova nelle malsane atmosfere di antichi rituali le sue più forti ispirazioni.

Una lunga jam liturgica, un rito stoner/doom metal dalle molteplici ispirazioni che dal deserto australiano arriva a noi tramite la Wormholedeath in questo caldo autunno 2018.

I Sumeru danno vita a questa lunga e monolitica danza tra le calde pietre di altari naturali, all’ombra dei quali antiche credenze e usanze continuano a scandire la vita degli uomini, dopo il primo lavoro omonimo in formato ep ed il debutto su lunga distanza uscito quattro anni (Holy Lands).
Summon Destroyer è il nuovo capitolo, una nuova danza che si perde nella notte e che si avvale di un sound che unisce drogate parti stoner, lente litanie doom/sludge ed accelerazioni estreme di stampo death.
Il tutto viene ammantato da una spessa coltre evocativa, che per otto brani ci circonda come nebbia che spezza il respiro, entra nel corpo e porta con sé allucinati visioni di rituali dimenticati nel tempo.
Inanis Kultus è un sospiro, un rumore in lontananza che sempre più vicino ci prepara per l’entrata in The Temple, che esibisce riff settantiani e lente marce doom, mentre la title track ed Embrace The Cold smuovono l’apparente stallo con ritmiche cadenzate di stampo hard rock pregne di groove malato.
Summon Destroyer è un lavoro difficile nel quale la tensione rimane altissima, spezzata da Kala Ratri, sorta di intro che ci porta alla seconda parte dell’opera aperta dal metal estremo di Durga! Durga! seguito dalla diretta Rivers Of Lethe, il brano più veloce dell’intero album.
A New Ritual conclude questa nuova fatica targata Sumeru con nove minuti di stoner/doom/sludge che portano allo sfinimento corporale e mentale: le atmosfere pesantissime e pervase da una mistica tensione si fanno ancora più pressanti fino alla conclusione.
Un album affascinante, pesante e monolitico, che trova nelle malsane atmosfere di antichi rituali le sue più forti ispirazioni.

Tracklist
1. Inanis Kultus
2. The Temple
3. Summon Destroyer
4. Embrace The Cold
5. Kala Ratri
6. Durga!Durga!
7. Rivers Of Lethe
8. A New Ritual

Line-up
Matt Power – Vocals
Peter Bursky – Guitar
Chris Wilson – Guitar
Pat Taylor – Bass
Andres Hyde – Drums

SUMERU – Facebook

Xiba – Xiba

Il risultato finale è una mezz’ora circa di musica piuttosto trascinante, capace di entrare velocemente in circolo in virtù di un approccio diretto e grintoso, che fa presagire un impatto notevole anche in sede live.

Esordio per gli spagnoli Xiba con questo ep all’insegna di uno stoner essenziale e ficcante .

La band galiziana esplora il genere con un’attitudine più hardcore/punk che non psichedelica, e in questo tipo di approccio anche l’uso della lingua madre finisce per avere il suo peso.
Il risultato finale è una mezz’ora circa (inclusa una bonus track) di musica piuttosto trascinante, capace di entrare velocemente in circolo in virtù di un approccio diretto e grintoso, che fa presagire un impatto notevole anche in sede live.
Pur senza mostrare niente di nuovo, questo lavoro autointitolato dei Xiba lascia buone sensazioni, con i primi 3 brani (Lugh, Lua Negra e Nocturnio) più aderenti ai dettami dello stoner ed i restanti (Escravo, Vinganza e Kalaikios) che presentano sfumature maggiormente orientate a sonorità estreme, le quali evidentemente paiono far parte del background del gruppo.
Un primo passo incisivo e convincente , quindi, per questa nuova realtà iberica, in attesa di ulteriori conferme su minutaggi più consistenti.

Tracklist:
1. Lugh
2. Lua Negra
3. Nocturnio
4. Escravo
5. Vinganza
6. Kalaikios (bonus track)

Line-up:
Gabi – Bass, Vocals (backing)
Xaco – Drums
Ivi – Guitars, Vocals (backing)
Ioni – Guitars, Vocals (backing)
Hervy – Vocals (lead)

XIBA – Facebook

Switchblade Jesus/Fuzz Evil – Second Coming Of Evil: Chapter 7

Second Coming Of Evil: Chapter 7 risulta è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda lo stoner/sludge, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se siete amanti di queste sonorità

Uscito qualche tempo fa, questo split, come suggerisce il titolo, è il settimo capitolo dell’interessante iniziativa della Ripple Music, che consiste nel portare in superficie ottime band underground con questo tipo di uscite curate nei minimi dettagli.

Il settimo sigillo della label presenta due notevoli band statunitensi, i pesantissimi texani Switchblade Jesus e gli heavy/rocker dell’Arizona Fuzz Evil.
Il trio proveniente dal Texas risulta attivo dal 2010, con il debutto omonimo risalente al 2013: i tre brani presenti in questo split risultano altrettante mazzate heavy/stoner/sludge rock, attraversate da un’aura psichedelica ed un’attitudine vintage che ci riporta negli anni settanta.
Snake And Lion è un brano hard rock che si muove tra pesantezza sludge, blues acido e psych rock travolgente, mentre la seguente Wet Lungs, si apre con un cameo country per poi lasciare spazio ad un riff in crescendo, monolitico e cadenzato.
Heavy Is The Mountain è un perdersi nel deserto affrontando il caldo letale, un trip psichedelico, un incubo stoner/sludge rock che lascia spazio al rock’nroll dei Fuzz Evil.
Altro trio, la band proveniente dall’Arizona mostra un impatto più rock, con uno stoner desert urgente e diretto dal quale scaturiscono quattro scariche di adrenalina dalle quale fanno capolino gli Stooges.
Anche per i Fuzz Evil il mood è settantiano, grazie ad un rock vintage drogato da iniezioni letali di stoner rock che unisce in una jam psychedelica Stooges e Kyuss: una manciata di tracce per convincere l’ascoltatore travolto dalla forza dei loro colleghi texani ed ora ringalluzzito dall’onda desert rock’n’roll di Better Off Alon, Grave And Cupids, If You Know e la più marcia e strippata Flighty Woman.
Second Coming Of Evil: Chapter 7 è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda il genere, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se si è amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.(Switchblade Jesus) Snakes And Lions
2.(Switchblade Jesus) Wet Lungs
3.(Switchblade Jesus) Heavy Is The Mountain
4.(Fuzz Evil) Better Off Alone
5.(Fuzz Evil) Grave And Cupids
6.(Fuzz Evil) If You Know
7.(Fuzz Evil) Flighty Woman

Line-up
Switchblade Jesus :
Jon Elizondo – Drums
Eric Calvert – Guitars
Chris Black – Bass

Fuzz Evil :
Wayne Rudell – Vocals, Guitars
Joseph Rudell – Vocals, Bass
Orgo Martinez – Drums

SWITCHBLADE JESUS – Facebook

Lady Maciste – Laut

I Lady Maciste si presentano agli amanti del genere con un sound diretto e live, con chitarra e batteria a formare un muro sonoro dal piglio stoner, ma non solo.

In questi ultimi anni il rock underground tricolore può vantare di una scena stoner di notevole qualità, con una serie di gruppi che ha fornito agli ascoltatori amanti delle sonorità desertiche album convincenti e di indubbio spessore, tanto che si potrebbe pensare al nostro paese come ad una delle appendici più importanti del sound made in Sky Valley.

Arrivano a scaldare ancora di più questo rovente ottobre i Lady Maciste, duo riminese composto dai fratelli Parma, Gian Luca (chitarra e voce) e Roberto (batteria), con il loro primo lavoro, un ep dal titolo Laut composto da sei brani di stoner rock, psichedelico e bluesy.
I due ex Akemi si presentano agli amanti del genere con un sound diretto e live, chitarra e batteria a formare un muro sonoro dal piglio stoner, ma non solo: tra le trame di brani potenti come l’opener Bruto, la roboante Devil Is My Bride o la introversa Gong, troviamo echi noise e grunge, una mistura sonora che dal rock americano degli anni novanta trova la sua origine, perdendosi nel deserto e ritrovandosi tra accordi di blues sporcato dalla psychedelia e dal punk (Ted Bundy).
L’ep dà il via a questa nuova avventura tutta in famiglia, con i fratelli Parma che riescono a riempire di note rock il sound con l’aiuto di soli due strumenti, un’attitudine diventata una piacevole costante tra le nuove leve dell’alternative rock.
Se vi piace il rock uscito dagli States nell’ultimo decennio del secolo scorso (Queen Of The Stone Age, Kyuss, Sleep e primi Nirvana) Laut è assolutamente consigliato.

Tracklist
1.Bruto
2.Pink
3.Devil Is My Bride
4. Gong
5. Ted Bundy
6. Just A KId

Line-up
Gian Luca Parma – Guitars, Vocals
Roberto Parma – Drums

LADY MACISTE – Facebook

Horehound – Holocene

Holocene si insinua dentro di noi, ammantato da una vena doom/stoner che raccoglie molti degli input naturalmente assimilati di questi tempi dal genere, accompagnandoli con le immancabili sfumature sludge/psichedeliche, marchio di fabbrica degli Horehound.

Il lento incedere sabbathiano viene potenziato da scariche di potente sludge/stoner metal, l’atmosfera evocativa si scontra con quella estrema creando un muro sonoro di notevole spessore con la voce che alterna litanie a rabbiose parti in growl.

Holocene si insinua dentro di noi, ammantato da una vena doom/stoner che raccoglie molti degli input naturalmente assimilati di questi tempi dal genere, accompagnandoli con le immancabili sfumature sludge/psichedeliche, marchio di fabbrica del combo statunitense.
Gli Horehound sono un quartetto di Pittsburgh attivo dal 2015, il primo album omonimo uscì un anno dopo, ed ora Holocene torna a far parlare del gruppo lungo i suoi quarantacinque minuti di musica del destino.
The Kind apre le danze, lenta ed atmosferica traccia che mette subito in risalto la potenza sludge che affiora a tratti, mentre veniamo trasportati in un lungo viaggio psichedelico, accompagnati dal canto della vocalist e violentato da rabbiosi interventi in growl che a loro volta accentuano il lato estremo del sound.
L’Appel Du Vide è il singolo e video che accompagna la nuova avventura firmata Horehound, traccia più varia nella struttura e con un ottimo lavoro ritmico risulta il brano che più alterna i vari elementi che formano la musica del gruppo, mentre con la mastodontica Sloth si torna in lidi sabbathiani.
Gli Horehound si rivelano una monolitica e potente macchina doom/stoner metal, e tra le note spesse e fangose dell’album convivono in un mondo parallelo, nel quale anche il tempo scorre lento, i Black Sabbath, gli Sleep e i Kyuss, uniti attraverso un mood psichedelico e fissati da catene sludge metal in Holocene.

Tracklist
01. The Kind
02. Dier’s Dirge
03. L’appel du Vide
04. Sloth
05. Anastatica
06. Highball
07. Hidden Track

Line-up
JD Dauer -Drums
Brendan Parrish – Guitars
Shy Kennedy – Vocals
Nick Kopco – Bass

HOREHOUND – Facebook

VV.AA. – STB Records Mix Tape – Vol 5

Davvero bello ascoltare un mixtape fatto con passione e grande competenza, ed oltre ad ascoltare ottima musica comincerete a conoscere un’etichetta valida e coinvolgente.

Essere un’etichetta underground e proprorre musica pesante avendo un’importante etica do it yourself non è facile, ma con gusto e voglia i risultati arrivano e la STB Records ne è la dimostrazione.

Nata nel New Jersey nel 2012, la label è dedita alla pubblicazione di musica pesante come stoner, desert stoner e dintorni, generi che gli americani hanno praticamente inventato e che sanno fare molto bene. Ogni uscita della STB Records è un qualcosa creato per fare bene alle orecchie ma anche agli occhi, e i risultati sono quasi sempre ottimi. Ogni mese la rumorosa etichetta fa uscire un mixtape disponibile in “name your price” sul suo bandcamp, al massimo le canzoni possono essere 11 ed illustrano le novità in arrivo e le cose migliori che sta producendo la STB Records e non solo. La qualità media dei mixtapes è notevole e ci sono davvero delle belle chicche: come in una trasmissione radiofonica si viene invogliati ad ascoltare il tutto, perché novità così fanno bene al cuore. In particolare, in questo mixtape numero 5 ci sono molti brani davvero validi, che spaziano in vari generi, ma in particolare colpiscono i The Black Mourning, gruppo indie post punk formato da membri di Subzero, Into Another, Stabbing Westward, Youth of Today, Closer & Ace Frehley tanto per fare due nomi, con il pezzo Maxaluna che è incredibile e sarà contenuto nell’ep di prossima uscita. Poi si spazia con gruppi davvero validi come i newyorchesi Lvger, che fanno un punk oi molto mischiato con il rock and roll, per una miscela che poteva nascere solo a New York City. Un altra notevole band sono i post noise cinematici Sleepbomb, molto originali ed allucinatori. Davvero bello ascoltare un mixtape fatto con passione e grande competenza, ed oltre ad ascoltare ottima musica comincerete a conoscere un’etichetta valida e coinvolgente. Se inizierete con i mixtape della STB Records non potrete più smettere.

Tracklist
1. Birnam Wood – Dunsinane
2. AM – Mervins
3. Grass – Get In The Van
4. The Munsens – Dirge (For Those To Come
5. LVGER – Drop The Ace
6. Ruff Majik – The Deep Blue
7. Black In Mourning – Maxaluna
8. Sleepbomb – Plague
9. Teepee Creeper – Black Snake
10. Warchief – Nightmare Queen

STB RECORDS – Facebook

Somali Yacht Club – The Sun + 1

The Sun + 1 è composto da post rock, stoner, psichedelia, post metal e addirittura da momenti dub, insomma quasi si fosse dalle parti degli Ozric Tentacles visti da un’ariosa prospettiva post rock.

Ristampa in cd, cassetta e digitale per il debutto del trio ucraino Somali Yacht Club, originariamente uscito nel 2014, e ora riedito dalla loro nuova etichetta Robustfellow Prods., per la quale quest’anno è uscita anche la loro seconda fatica The Sea.

La ristampa ha anche una canzone in più rispetto al disco originario, Sun’s Eyes, che doveva originariamente entrare a far parte del disco registrato in un’unica sessione. Il gruppo di Lviv, l’antica Leopoli, è uno degli ensemble maggiormente interessanti usciti negli ultimi tempi, e ascoltando questa ristampa il piacere inonderà i vostri canali auditivi. I tre ucraini fondono insieme vari registri musicali per raggiungere un risultato che è allo stesso tempo notevole e assai piacevole. The Sun + 1 è composto da post rock, stoner, psichedelia, post metal e addirittura da momenti dub, insomma quasi si fosse dalle parti degli Ozric Tentacles visti da un’ariosa prospettiva post rock. Infatti la struttura sonora dei Somali Yacht Club è simile al suddetto genere, nel senso che le canzono si dilatano naturalmente, viaggiando come una nave che pesca molto, e che viaggia però leggera e sinuosa. L’impianto sonoro è minimale, ma non lo è altrettanto il risultato, perché grazie al suo talento e al grande affiatamento il trio regala un disco dolce e sognante, che fa andare lontano e che parla al cuore con diversi linguaggi, volendo fare del bene a chi lo ascolta.
Tutto scorre perfettamente, e potrebbe durare lo spazio di un bellissimo tramonto, basta chiudere gli occhi e lasciarsi prendere.

Tracklist
1. Loom
2. Sightwaster
3. Up In The Sky
4. Signals
5. Sun
6. Sun’s Eyes (bonus track)

Line-up
Mez – guitar, vocals
Artur – bass
Lesyk – drums

SOMALI YACHT CLUB – Facebook

Rainbow Bridge – Lama

Secondo ottimo lavoro per i Rainbow Bridge, band che all’hard rock di matrice settantiana aggiunge blues e stoner, creando un sound avvolgente e psichedelico.

Il ponte dell’arcobaleno torna a solcare i cieli dello stivale, partendo dalla Puglia per disegnare un arco colorato di hard rock blues e stoner dal sentore vintage, tanto per ribadire alle più famose scene scandinave e statunitensi che nell’interpretare il genere ad alto livello non siamo secondi a nessuno.

I Rainbow Bridge, tornati con un nuovo album, confermano le impressioni entusiastiche lasciate con Dirty Sunday, primo lavoro uscito lo scorso anno dopo anni passati a suonare in giro come cover di Jimi Hendrix.
Non mancano le novità rispetto al primo lavoro: infatti Giuseppe JimiRay Piazzolla (chitarra e voce), Fabio Chiarazzo (basso) e Paolo Ormas (batteria) inseriscono in Lama il cantato, così che l’album, pur risultando sempre una sontuosa jam blues/rock/stoner, si avvicina in qualche modo ad un ascolto più facile, anche se l’uso della voce è limitato e soggetto alla lunga ed estenuante marcia nel deserto.
Un basso stonato ci introduce in questa nuova avventura targata Rainbow Bridge, con la title track che lascia il tempo al trip di salire per poi esplodere nella testa dell’ascoltatore, ma è dalla seguente Storm che i riff si fanno più incisivi e di matrice hard rock, con la voce di Piazzolla che entra e dona al brano un’aura settantiana tra Hendrix e Led Zeppelin.
Day After Day, dai tratti psichedelici, riporta il gruppo verso lidi grunge (Alice In Chains) mantenendo un approccio zeppeliniano che ricorda l’atmosfera notturna di No Quarter, mentre con Words si fa un salto nella Sky Valley.
No More I’ll Be Back, con i suoi undici minuti, è la jam con cui i Rainbow Bridge si congedano, lasciandoci a vagare per dopo averci regalato un altro piccolo gioiello di musica pesante, psichedelica e stonerizzata quanto basta per non fare prigionieri.

Tracklist
1. Lama
2. The Storm is Over
3. Day After Day
4. Words
5. Spit Jam
6. No More I’ll be Back

Line-up
Giuseppe JimiRay Piazzolla – Guitar & vocal
Fabio Chiarazzo – Bass guitar
Paolo Ormas – drums

RAINBOW BRIDGE – Facebook

Fvzz Popvli – Magna Fvzz

I Fvzz Popvli possiedono molte ottime idee sonore che permettono di non annoiare mai l’ascoltatore, introducendolo ad una lascivia sonora, e non solo, sconosciuta ai più in questa epoca distopica e senza godimento.

Tornano i romani Fvzz Popvli, il power trio romano che attraverso distorsioni suonate ad ampio volume tanta meraviglia hanno destato in Europa e non solo.

Nati nella capitale nel 2016, i nostri esordiscono l’anno seguente con l’ep dal titolo omonimo e grazie ad esso cominciano a suonare in giro. La loro miscela sonora è composta in primis dal fuzz rock di matrice fortemente psichedelica, ma c’è molto di più. Il gruppo riesce a spaziare in generi diversi, ma soprattutto ha un suo stile molto personale, e anche se il fuzz psych è la componente principale si può trovare nella loro musica un qualcosa di oscuro e di tenebroso, che ne arricchisce ulteriormente il suono e l’immaginario. Nello stesso 2017 entrano a far parte del prestigioso roster della Heavy Psych Sounds e pubblicano il loro debutto su lunga distanza, Fvzz Dei, che è accolto molto bene sia dalla critica che dal pubblico, portandoli ad una ancora più intensa attività dal vivo, dato che il loro habitat naturale è il palco.
Entrare nel loro suono distorto e acido è come entrare in un vortice psichedelico che distorce la realtà e ci fa vivere sensazioni chimiche, ed è proprio questo che vogliamo. La musica proposta dal trio romano è assai credibile, ed è un’evoluzione di un suono che nasce tanti anni fa, ma che nella musica sotterranea non è mai morto e genera ancora oggi molte piacevoli deviazioni. La regina è la chitarra che fa girare intorno a sé gli altri strumenti, ma è solo dall’unione del tutto che si ricava la perfetta fusione sonora, e anche la fusione cerebrale. I Fvzz Popvli possiedono molte ottime idee sonore che permettono di non annoiare mai l’ascoltatore, introducendolo ad una lascivia sonora, e non solo, sconosciuta ai più in questa epoca distopica e senza godimento. Pienezza ed ampia soddisfazione di molti palati sonori è ciò che provoca Magna Fvzz, e la fuzz qui è davvero grande.

Tracklist
1. Let It Die…
2. Napoleon
3. The Deal
4. Get Me
5. Rvmpeltum
6. Cherry Bowl
7. Magnafvzz

FVZZ POPVLI – Facebook

Moto Toscana – Moto Toscana

Moto Toscana è un progetto che parte da qualcosa di conosciuto per andare lontano, generando diverse sensazioni ed invitando ad ascolti ripetuti.

Album di debutto per il trio tedesco Moto Toscana, che partendo dai canoni dello stoner rock riescono a creare un unicum che comprende un basso molto funk, una chitarra fuzz, una batteria che segue il tutto ed una voce che cambia spesso modulo.

Il debito nei confronti dei Kyuss e di quella genia è molto importante, ma è solo il punto di partenza per sviluppare un discorso musicale affatto ovvio, dove il desert rock devia in molte direzioni, ed anche il pop ed il grunge hanno la loro importanza. Il timbro è lascivo e sensuale, l’andamento è sinuoso e minimale. Il gruppo ha registrato il tutto in una sola sessione e si sente l’approccio molto analogico, fatto di passione, ma anche di competenza ed originalità. Il basso è forse l’elemento singolo più innovativo, dato che segue partiture tutte sue, dalla forte impronta funk ed addirittura vicino ad un certo tipo di math rock. La musica dei Moto Toscana è molto introspettiva, minimale ma potente, con un qualcosa che sale ascolto dopo ascolto, e il disco è adatto a molti usi, anche solo per lasciarlo in sottofondo mentre ci si bevono due birre con gli amici, poiché può essere molte cose. Moto Toscana è un progetto che parte da qualcosa di conosciuto per andare lontano, generando diverse sensazioni ed invitando ad ascolti ripetuti. Il contenuto di questo lavoro si discosta enormemente dalla media dei lavori stoner rock attuali, ha un’anima che si potrebbe definire new wave per come riformula l’approccio al genere. Da sentire e risentire.

Tracklist
1. Sickandtwisted
2. Sweet Demise
3. Craving
4. Dolorous
5. Never Over
6. All Of It
7. Ride
8. Exclusive
9. Among The Dead

Line-up
Andy – Vocals
Michi – Bass
Chrisch – Drums

MOTO TOSCANA – Facebook

Backwoods Payback – Future Slam

Due ragazzi ed una ragazza che fanno uno stoner molto particolare a forti tinte grunge ed hard rock, una miscela molto interessante e assai godibile.

I Backwoods Payback sono due ragazzi ed una ragazza che fanno uno stoner molto particolare a forti tinte grunge ed hard rock, una miscela molto interessante e assai godibile.

La formula scelta dal gruppo della Pennsylvania è un qualcosa che si potrebbe avvicinare al modus operandi dei Kylesa, ma in realtà è assai più complesso. L’amore per il suono di Seattle (anche qui una semplificazione agghiacciante dire che il grunge viene principalmente da lì), è dichiarato apertamente con la copertina di Softer Than Love, un singolo del 2017, che è il contrario di Louder Than Love, uno dei migliori episodi del gruppo del mai troppo compianto Chris Cornell. I ragazzi sono in giro da un bel po’ e sono uno dei gruppi più interessanti dell’universo stoner e più in generale della musica pesante, perché la loro proposta è molto originale. Innanzitutto mettono al centro la melodia con una fine e mai sdolcinata ricerca di essa. Potrebbe sembrare una bestialità ma questo disco ha un suono che sembra uno shoegaze stoner a stelle e strisce, ma ovviamente ascoltarlo è la maniera migliore per capire. Ogni canzone è diversa dalla precedente e dalla successiva, e c’è sempre qualcosa di diverso dentro ognuna di esse, come se ogni gradazione di sentimento avesse un suo colore, una sua sfumatura sonora. Ci sono molti echi britannici anche se l’impianto è fortemente a stelle e strisce, la composizione è assai differente dalla moltitudine dei gruppi stoner. Anche la voce è usata in un modo che non è canonico, ed insieme agli strumenti concorre a raggiungere un suono che è un sentire esso stesso. Si può venire facilmente catturati dalla bellezza e dalla sensualità di questo Future Slum, che è un disco che ha più livelli di ascolto e di comprensione, ed è tutto da gustare. I Backwoods Payback hanno uno dei muri sonori più belli, e andare a sbatterci contro è bellissimo.

Tracklist
1.Pirate Smile
2.Lines
3.Whatever
4.It Ain’t Right
5.Threes
6.Cinderella
7.Generals
8.Big Enough
9.Alone
10.Lucky

Line-up
Jessica Baker – Bass
Mike Cummings – Guitars, Vocals
Erik Larson – Drums

BACKWOODS PAYBACK – Facebook

YYYY – Fenómeno entóptico del campo azul

Fenómeno entóptico del campo azul si rivela un lavoro sicuramente non trascurabile, capace di portare all’attenzione degli appassionati di metal anche il piccolo Guatemala.

Una band stoner doom guatemalteca mancava senz’altro all’appello, nel virtuale giro del mondo alla ricerca di interessanti novità musicali da proporre all’interno della nostra webzine.

Il fatto, poi, che questo trio centroamericano venga proposto sul mercato da un’etichetta ucraina (la Loneravn), credo che sia la migliore risposta a chi continua a barricarsi all’interno di confini rafforzati da muri e fili spinati, talvolta fisici ma soprattutto mentali.
Venendo all’aspetto musicale Zike, Denise e Daniel, suonano il genere come da copione, in maniera ruvida e dal buon impatto lisergico, senza troppa preoccupazione per quella che può essere la perfezione sonora (del resto il lavoro è stato registrato in studio dal vivo).
Le parti vocali ci sono, ma rivestono un ruolo piuttosto marginale, mentre al contrario il batti e ribatti tra la chitarra di Daniel e la batteria di Zike costituisce la base fondante del sound degli YYYY, tra passaggi più viscosi ed altri in cui la componente psichedelica si fa più marcata.
Al riguardo, fra i tre brani proposti spicca, anche per sintesi, il più breve II, anche se di fatto non si riscontra poi tutta questa grande differenza tra l’una e l’altra traccia.
Sostanzialmente la mezzora abbondante di stoner offerta dagli YYYY è senz’altro valida e allo stesso tempo gradevole, anche se gli spazi per emergere all’interno della scena sono piuttosto risicati, specialmente se si risiede in una nazione che se ne trova ai margini.
Detto ciò, Fenómeno entóptico del campo azul si rivela un lavoro sicuramente non trascurabile, capace di portare all’attenzione degli appassionati di metal anche il piccolo Guatemala.

Tracklist:
1. I
2. II
3. III – IV

Line-Up:
Zike – Drums
Denise Mendizabal – Acustic guitar
Daniel U. – Guitar and vocals

Twingiant – Mass Driver

Il suono dei Twingiant è cattivo ma psichedelico al punto giusto, con un groove generale, che sarà poi definitivamente compiuto nell’ultimo Blood Feud, il loro miglior disco, ma che qui nasce e diventa massa magmatica e caotica, molto piacevole da sentire a chi si rilassa in mezzo alle bordate.
Autore

Ristampa del primo disco dei Twingiant, band americana di sludge stoner uscita nel 2017 con il suo ultimo lavoro Blood Feud per l’italiana Argonauta Records.

Questa ristampa è a cura della Sludgelord, che oltre ad essere un’etichetta discografica è un ottimo blog di musica pesante e pensante (http://thesludgelord.blogspot.com/)
Mass Driver è un massacro dalla prima all’ultima nota, con quello stile che è proprietà personale del gruppo di Phoenix, Arizona. Questi uomini vogliono fare più rumore possibile e ci riescono molto bene. Le chitarre sono accordate in maniera ribassata e sono devastanti, il basso è una frusta che si abbassa su di noi senza sosta e la batteria segue linee psicotrope. Rispetto all’ultimo Blood Feud, che ha una struttura sonora maggiormente psichedelica, qui le jam sono più disperate e cattive, come se non ci fosse un domani. La voce di Jarrod, che è anche il bassista, percuote le nostre menti senza sosta. Il disco è il degno inizio della carriera di una delle band più pesanti e meno conosciute che ci siano in giro, ma i Twingiant non sono solo questo, perché quando meno te lo aspetti ci sono aperture melodiche che rendono il quadro ancora più prezioso. Chi ama la musica pesante con venature particolari rimarrà impressionato dalla ristampa di questo lavoro, che si rivolge in varie direzioni, declinando in maniere molto diverse uno sludge ed uno stoner fatto solo dai Twingiant. Il loro suono è cattivo ma psichedelico al punto giusto, con un groove generale, che sarà poi definitivamente compiuto nell’ultimo Blood Feud, il loro miglior disco, ma che qui nasce e diventa massa magmatica e caotica, molto piacevole da sentire a chi si rilassa in mezzo alle bordate di un gruppo che è molto interessante e da scoprire in tutti suoi lavori, segnati da un’evoluzione ben precisa, sempre nel nome del rumore sanguinoso.

Tracklist
1.Abduction
2.Awake in the Hull
3.Burning Through
4.Eat the Alien
5.Adrift in Space
6.Concrete Home
7.H.I.S.M.
8.Pale Blue Dot
9.Mass Driver

Line-up
Jarrod – Bass, Vocals
Nikos – Lead/Rhythm Guitar
Tony- Lead/Rhythm Guitar
Jeff – Drums

TWINGIANT – Facebook

Il Vile – Zero

Questo ep di quattro pezzi ha un suono desert rock stoner assai valido, tra riff che guardano dall’altra parte dell’oceano e momenti maggiormente legati al meglio della nostra scena alternativa.

Nuova prova, anche se risale al 2017, per il gruppo stoner rock Il Vile da Verbania.

Questo ep di quattro pezzi ha un suono desert rock stoner assai valido, tra riff che guardano dall’altra parte dell’oceano e momenti maggiormente legati al meglio della nostra scena alternativa. Le canzoni hanno un buon sviluppo e un leggero sentore di blues, ed il cantato in italiano conferisce loro un’aura di malinconia e disillusione che è davvero affascinante. Addirittura, quando il gruppo va leggermente più lento, come in Tagli, dà il meglio e sembra di sentire qualcosa che da tempo si bramava, un suono distorto ma con elementi tipici dell’underground italico. I nostri sono in giro dal 2006, e si sente, poiché riescono sempre ad offrire quello che si sono proposti di fare. Per loro stessa ammissione, il modello è il desert rock stoner, con la differenza che al posto del panorama desertico c’è quello delle valli ossolane, ma la loro sintesi è originale e permette di avere molti sfoghi. Questo disco è il primo dopo l’assestamento nella formazione a quattro, che effettivamente ha dato un qualcosa in più. Zero è anche la conferma che, quando si hanno ottime idee in ambito musicale, il cantato in italiano non sottrae nulla ma anzi aggiunge qualcosa, e in questo caso Il Vile non potrebbe cantare in un altro idioma, perché l’italiano calza a pennello. Questo lavoro è per chi ama il gusto della sabbia e dell’asfalto e cerca qualcosa di qualità, fatto con passione e mestiere.

Tracklist
1. Schiena di serpe
2. Zero
3. Tagli
4. 4 cilindri per l’Inferno

Line-up
Enrico “MAIO” Maiorca – Voce, Chitarra, Parole
Alessandro “CUIE” Cutrano – Chitarra
Paolo “POL” Castelletta – Basso e Cori
Nathan DM Leoni – Batteria

IL VILE – Facebook

Hangman’s Chair – Banlieue Triste

Potenza,drammaticità, melodia sono gli ingredienti primari del quinto album degli Hangman’s Chair: stoner/doom personale e con una forte identità.

Con il quinto full length i francesi Hangman’s Chair proseguono il loro viaggio all’ interno dell’anima triste e disagiata della metropoli parigina; a loro non interessa disegnare con la musica e con i testi paesaggi fantastici o avventurosi, o raccontare storie sociali a lieto fine.

La musica e i testi si inabissano nel degrado sociale, nella noia, nella mancanza di futuro, nelle dipendenze e in tutte quelle situazioni che, a loro dire, rappresentano il “broken French dream”. Attivo dal lontano 2009, il quartetto esprime la propria arte doom e stoner ricorrendo a un suono drammatico, intenso, aggressivo, rifuggendo dai soliti schemi sonori e inoltrandosi in brani visionari e potenti dal forte sapore seduttivo; in Sleep Juice un grande lavoro al basso conduce in territori viziosi dove le vocals di Cedric Toufouti ci ammaliano con toni suadenti, ma decisi nel refrain (“…everything must die tonight”). Le vocals di Cedric sono estremamente convincenti nella ricerca di tonalità il più possibili varie e, non ricorrendo né a growl o scream, rappresentano un vero valore aggiunto perché impreziosiscono i vari brani con fascino e mistero. La tesa Touch the Razor nel suo lungo sviluppo, memore di suoni darkwave, tocca punte drammatiche importanti mentre le chitarre mostrano potenza ed inventiva. E’ un modo diverso di intendere la materia doom, i brani hanno una tensione interiore a tratti insostenibile, ma nascondono una anima melodica dark e seducente molto personale; la voce suadente dai toni morbidi entra sotto pelle e lacera lentamente le nostre terminazioni nervose narrando storie vere di desolazione e disperazione dei sobborghi parigini, dove la vita è spesso condotta ai margini, senza speranza di poterla cambiare. L’opera è lunga (circa 68 minuti) e non perde un grammo del proprio fascino, avvolgendoci in atmosfere notturne e fumose dal taglio cinematografico (gli strumentali Tara, Banlieu Triste e la disperata Sidi Bel Abbes) e stritolandoci con immani ritmi stoner (la kyussiana 04/09/16) carichi di potenza e antico fascino. Tired Eyes nasconde tratti melodici fuori dall’ordinario e il gran finale Full Ashtray con la sua atmosfera pesante ci ricorda una volta di più che il doom sa offrire sempre molteplici varianti emozionali. Opera veramente notevole.

Tracklist
1. Banlieue Triste
2. Naive
3. Sleep Juice
4. Touch the Razor
5. Tara
6. 04 09 16
7. Tired Eyes
8. Negative Male Child
9. Sidi Bel Abbes
10. Full Ashtray

Line-up
Cédric Toufouti – Vocals, Guitars
Julien Chanut – Guitars
Clément Hanvic – Bass
Mehdi Birouk Thépegnier – Drums

HANGMAN’S CHAIR – Facebook

Mr. Bison – Holy Oak

Tante influenze mescolate benissimo, un suono molto personale, un giro continuo, un disco solidissimo che fa viaggiare.

I Mr. Bison sono uno dei migliori gruppi italiani di musica pesante con innesti psichedelici.

Provenienti da Cecina sono al quarto disco, e ad ogni uscita si può notare un miglioramento rispetto a quella precedente. Holy Oak è un disco che suona benissimo, potente, bilanciato e con ottime scelte sonore. La loro musica è uno stoner di livello superiore, con intarsi desert e sconfinamenti negli anni settanta, perché la loro musica ha fortissime radici in quegli anni. Il groove generato da questi signori toscani è un qualcosa che vi conquisterà, come ha già conquistato molti, soprattutto coloro che hanno avuto l’occasione di vederli dal vivo. Cosa li differenzia dagli altri gruppi? I Mr. Bison hanno una maniera differente di trattare la musica, la fanno sgorgare libera e fresca dagli ampli, hanno un tocco southern senza esserlo strettamente, hanno gli anni settanta dentro, ma senza essere derivativi, e riescono sempre ad essere piacevoli usando la musica pesante. Nel loro contesto si muovono moltissimi gruppi, la media qualitativa, soprattutto in Italia, è cresciuta molto, ma gruppi come i Mr. Bison ce ne sono pochi. E questo è un fatto oggettivo, non soggettivo, basta ascoltare Holy Oak, o i dischi precedenti, per capire che qui c’è qualcosa in più: sarà talento o gusto, ma esiste ed è tangibile. Tante influenze mescolate benissimo, un suono molto personale, un giro continuo, un disco solidissimo che fa viaggiare.

Tracklist
1.Roots
2.Sacred Deal
3.Heavy Rain
4.Earth Breath
5.Holy Oak
6.The Bark
7.The Wave
8.Red Sun
9.Beyond the Edge

Line-up
Matteo Barsacchi – Guitar, Vocals
Matteo Sciocchetto – Guitar Vocals
Matteo D’Ignazi – Drums, Sounds

MR.BISON – Facebook

The Red Coil – Himalayan Demons

Un continuo groove sludge stoner metal, con intarsi desert, intensità mostruosa e su tutto una potenza distorta che porta via.

Un continuo groove sludge stoner metal, con intarsi desert, intensità mostruosa e su tutto una potenza distorta che porta via.

Non è mai facile descrivere un disco che fa pensare a molte cose, e non soggettive ma oggettive. I milanesi The Red Coil faranno la gioia di chi ama la musica pesante nelle sue accezioni più disparate, e qui ce n’è per tutti i gusti. Il gruppo suona uno sludge stoner di rara potenza che non fa prigionieri e che costringe e sentirlo disparate volte. Lla band lombarda esordisce nel 2009 con l’ep Slough Off che riceve una buona accoglienza sia dal pubblico che dalla critica. Nel 2013 i nostri escono con il primo disco su lunga distanza, intitolato Lam, che procura loro  diversi concerti in giro per il nord Italia, soprattutto. Ed eccoci infine arrivati al presente Himalayan Demons, un disco gigantesco. La voce graffia ed è un mirino preciso che indirizza le bordate che arrivano dal resto del gruppo. Prendete i migliori Pantera e date loro un respiro sludge stoner e vi avvicinerete un minimo a cosa sia questo disco. Quando l’atmosfera è incendiata dalla loro musica, arrivano aperture melodiche ottime e totalmente inaspettate. Forte è anche l’influenza dello stile southern metal, che qui è presente in maniera diabolica. I The Red Coil sono un autentico godimento, riescono a trovare sempre la soluzione sonora giusta e rendono rovente il vostro impianto stereo, i loro inediti sono fantastici, ma rende bene e velocemente l’idea di cosa siano l’ultima traccia del disco, la cover di When The Leeve Breaks dei Led Zeppelin, fatta in maniera sublime e con la loro fortissima impronta. Un disco pesantemente fantastico.

Tracklist
1. Withdrawal Syndrome Wall
2. Godforsaken
3.Oriental Lodge
4. Opium Smokers Room
5. The Shroud
6. Moksha
7. The Eyes Of Kathmandu
8. When The Levee Breaks

Line-up
Marco Marinoni – voice
Luca Colombo – guitar
Daniele Parini – guitar
Gelindo – bass
Bull – drum

URL Facebook
https://www.facebook.com/theredcoil/